domenica 29 settembre 2013

Preghiera a San Michele Arcangelo

La preghiera fu formulata da papa Leone XIII come prologo a un famoso esorcismo, che secondo le leggi della chiesa cattolica può essere pronunciato efficacemente da un sacerdote autorizzato dal vescovo, e in forma privata da qualsiasi fedele battezzato.



Latino
In Nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti.
Princeps gloriosissime caelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et colluctatione, quae nobis adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus.
Veni in auxilium hominum, quos Deus creavit inexterminabiles, et ad imaginem similitudinis suae fecit, et a tyrannide diaboli emit pretio magno. Proeliare hodie cum beatorum Angelorum exercitu proelia Domini, sicut pugnasti contra ducem superbiae Luciferum, et angelos eius apostaticos: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Sed proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seducit universum orbem; et proiectus est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt.
En antiquus inimicus et homicida vehementer erectus est. Transfiguratus in angelum lucis, cum tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in ea deleat nomen Dei et Christi eius, animasque ad aeternae gloriae coronam destinatas furetur, mactet ac perdat in sempiternum interitum.
Virus nequitiae suae, tamquam flumen immundissimum, draco maleficus transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum mendacii, impietatis et blasphemiae; halitumque mortiferum luxuriae, vitiorum omnium et iniquitatum.
Ecclesiam, Agni immaculati sponsam, faverrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ad omnia desiderabilia eius impias miserunt manus. Ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suae; ut percusso Pastore, et gregem disperdere valeant.
Adesto itaque, Dux invictissime, populo Dei contra irrumpentes spirituales nequitias, et fac victoriam.
Te custodem et patronum sancta veneratur Ecclesia; te gloriatur defensore adversus terrestrium et infernorum nefarias potestates; tibi tradidit Dominus animas redemptorum in superna felicitate locandas. Deprecare Deum pacis, ut conterat satanam sub pedibus nostris, ne ultra valeat captivos tenere homines, et Ecclesiae nocere.
Offer nostras preces in conspectu Altissimi, ut cito anticipent nos misericordiae Domini, et apprehendas draconem, serpentem antiquum, qui est diabolus et satanas, ac ligatum mittas in abyssum, ut non seducat amplius gentes.

Italiano
Gloriosissimo Principe della Milizia Celeste, Arcangelo San Michele, difendeteci in questa ardente battaglia contro tutte le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia.
Venite in soccorso degli uomini creati da Dio a sua immagine e somiglianza e riscattati a gran prezzo dalla tirannia del demonio.
Combattete oggi le battaglie del Signore con tutta l’armata degli Angeli beati, come già avete combattuto contro il principe dell’orgoglio lucifero ed i suoi angeli apostati; e questi ultimi non potettero trionfare e ormai non v’è più posto per essi nei cieli. Ma è caduto questo grande dragone, questo antico serpente che si chiama lo spirito del mondo, che tende trappole a tutti.
Sì, è caduto sulla terra ed i suoi angeli sono stati respinti con lui.
Ora ecco che, questo antico nemico, questo vecchio omicida, si erge di nuovo con una rinnovata rabbia. Trasfiguratosi in angelo di luce, egli nascostamente invase e circuì la terra con tutta l’orda degli spiriti maligni, per distruggere in essa il nome di Dio e del suo Cristo e per manovrare e rubarvi le anime destinate alla corona della gloria eterna, per trascinarle nell’eterna morte.
Il veleno delle sue perversioni, come un immenso fiume d’immondizia, cola da questo dragone malefico e si trasfonde in uomini di mente e spirito depravato e dal cuore corrotto; egli versa su di loro il suo spirito di menzogna, di empietà e di bestemmia ed invia loro il mortifero alito di lussuria, di tutti i vizi e di tutte le iniquità.
La Chiesa, questa Sposa dell’Agnello Immacolato, è ubriacata da nemici scaltrissimi che la colmano di amarezze e che posano le loro sacrileghe mani su tutte le sue cose più desiderabili. Laddove c’è la sede del beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il pastore, si disperda il gregge.
Pertanto, o mai sconfitto Duce, venite incontro al popolo di Dio contro questa irruzione di perversità spirituali e sconfiggetele. Voi siete venerato dalla Santa Chiesa quale suo custode e patrono ed a Voi il Signore ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti. Pregate, dunque, il Dio della pace a tenere schiacciato satana sotto i nostri piedi, affinché non possa continuare a tenere schiavi gli uomini e a danneggiare la Chiesa.
Presentate all’Altissimo, con le Vostre, le nostre preghiere, perché scendano presto su di noi le Sue Divine Misericordie e Voi possiate incatenare il dragone, il serpente antico satana ed incatenarlo negli abissi. Solo così non sedurrà più le anime.


San Michele Arcangelo



Si festeggia oggi il Principe delle Milizie Celesti, 
l' Angelo-guerriero difensore dell'Ordine Divino dalle forze infere del caos.



sabato 28 settembre 2013

GLI UOMINI DORMONO E QUANDO MUOIONO SI RISVEGLIANO

Gli uomini dormono. Quando muoiono si risvegliano. Come l’acqua fredda viene tratta al calore dal fuoco, l’anima diventa vivente in atto senza perdere la vita dall’incendio della morte. Tutto ciò che fu esistente in potenza diviene in atto. Il corpo è una protesi dell’anima, è una sorta di cucchiaio attraverso cui la natura purissima della persona trova il proprio destino conoscendo. Ed è perciò che non si deve temere neppure il venir meno delle forze, il deperire, proprio perché gli uomini hanno due sostanze: la prima di esse è viva per natura, ed è l’anima, mentre la seconda è morta per natura, ed è il corpo. E fu così che i saraceni, rapiti dai tramonti del Monte Etna, cominciarono a tramandare Empedocle.


Pietrangelo Buttafuoco
 da Il Foglio di venerdì 27 settembre 2013

mercoledì 25 settembre 2013

La Tradizione si situa al di là del tempo


“La tradizione non è il passato.
La tradizione ha a che vedere con il passato
né più né meno di quanto ha a che vedere
col presente o col futuro. Si situa al di là del tempo.
Non si riferisce a ciò che è antico,
a ciò che è alle nostre spalle:
bensì a ciò che è permanente, a ciò che ci sta “dentro”.
Non è il contrario dell'innovazione,
ma il quadro entro cui debbono compiersi
le innovazioni per essere significative e durevoli”.


domenica 22 settembre 2013

Equinozio d'autunno


Oggi ore, 22.44, il sole si trova allo zenit sull'equatore, illuminando tutto il globo allo stesso modo.
Il giorno ha quindi oggi la stessa durata della notte, ma da questo punto in poi, le tenebre avranno la meglio sulla luce. Da sempre, la natura scandisce i ritmi della vita dell'uomo, le cui attività sono sempre state strettamente collegate alle forze della madre terra. Trovandoci inseriti in una società moderna che tende ad appiattire e togliere ogni significato alle specificità ed alle differenze qualitative che intercorrono tra le varie fasi del ciclo annuale, l'uomo moderno continua noncurante le propria vita frenetica e meccanica. Guardando alle radici della nostra Tradizione, scopriamo che inizia un periodo di riflessione e pausa interiore, atto all'analisi e al lavoro su sé stessi, cercando e limando ciò che dentro di sé va corretto, migliorato.
Di seguito un'interessante passo, che si lega anche alla prossima festività di San Michele Arcangelo.

Nei tempi antichissimi dell'evoluzione dell'umanità ogni passo del processo della riproduzione umana era collegato strettamente al corso dell'anno.
Con la festività di S. Michele (29 settembre) abbiamo appena superato l'equinozio d'autunno (23 settembre - dal latino aequus, uguale, e nox, notte). Passiamo da Uriele a Michele: è finita la fase di crescita esteriore nella natura, e nostra verso ciò che è "altro da sé", ed è iniziata la rigenerazione invisibile.
Adesso è Michele alla massima altezza, alla sua culminazione cosmica
L'emiciclo annuale che si avvia con Michele in autunno (e si conclude con Gabriele in inverno) è quello "dalla morte alla vita", ritorniamo dentro, ripieghiamo su noi stessi e nella nostra interiorità, per consentirci poi di rinascere "a nuova vita"; quando - superato l'inverno - verrà inaugurato l'altro emiciclo, polare a questo, quello di Raffaele: "dalla vita alla morte", il tempo in cui saremo nuovamente tutti proiettati fuori di noi, all'esterno.
In questi sei mesi dell'autunno/inverno (Michele e Gabriele) la "materia è contessuta di spirito", mentre nei sei mesi precedenti della primavera/estate (Raffaele e Uriele) era lo "spirito contessuto di materia". Vediamo intorno, ovunque sotto i nostri occhi, avviarsi il processo di "incenerimento della pianta" dopo aver assistito al trionfo della "nascita della pianta". Il bianco secondo Steiner è il colore di riferimento inteso come immagine animica dello spirito. La bellezza luminosa di questo periodo autunnale è quella della veste di Michele, "che a volte riluce di oro solare e a volte risplende interiormente come un'irradiazione argentea": una veste intessuta d'oro (il Sole della stagione precedente - Uriele) e risplendente d'argento (la Terra della stagione seguente - Gabriele).
L'immagine di Michele che tiene la sua spada di ferro puntata sul drago è per l'Uomo, secondo Steiner, un grande "appello rivoltogli per l'azione interiore". Perché egli impari a festeggiare la festa di S. Michele "facendone - appunto - una festa di liberazione da ogni timore o paura, una festa dell'iniziativa e della forza interiori, una festa che sia un appello all'autocoscienza scevra da egoismo."
Lasciamo dunque che in noi, in questa fase autunnale, cresca tutto ciò che tende alla riflessione, "alla libera forte e coraggiosa volontà, contraria ad ogni ignavia e ad ogni paura." In questo modo alla conoscenza della natura possiamo unire un verace processo di autocoscienza.

www.disinformazione.it

sabato 14 settembre 2013

Dante Alighieri - in memoriam

Dante Alighieri 14/09/1321 - 14/09/2013


Oggi cade l'anniversario della morte del sommo poeta. Lo ricordiamo con alcuni suoi profetici versi, validi ora più che mai...

"Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave senza nocchiero in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!"

purgatorio -  6^ canto  



mercoledì 4 settembre 2013

Gerarchia o meritocrazia?


Incontriamo spesso in questa moderna ed avanzata nazione tra le potenze occidentali, molte persone insoddisfatte, che hanno subito ”ingiustizie”, pluripremiati che non hanno trovato il posto che gli s'addiceva, per i loro supposti meriti. ”Io sono un intellettuale e ho il diritto di parlare, in un modo o nell'altro, poiché sono stato premiato", è la replica-tipo che indica la psicologia di queste persone. Come? Un riconoscimento ti dà diritti? Essere bravo e meritevole una volta, ti autorizza a chiedere e di ricevere sempre? In realtà, è vero proprio il contrario. Chi si è dimostrato bravo una volta, si è qualificato per un nuovo compito, per una nuova responsabilità, per un nuovo dovere. E questo è tutto. Certo, è una morale aspra, questa del dovere senza fine da parte dei bravi e della ricompensa a quelli che non sempre sono stati bravi, ma questa è la morale tradizionale, la morale di qualsiasi comunità, spiritualmente sana. Ci può piacere o meno, ma essere bravo significa capire veramente che non si sarà mai abbastanza bravo, per iniziare a chiedere invece di continuare a dare. Questa è la differenza tra la meritocrazia del mondo moderno, liberal-democratico e la gerarchia, che etimologicamente significa governo del sacro. Il grado di sacrum facere, di sacrificio, indica la collocazione organica che compete ad ognuno. Alcuni obietteranno. Il fatto che non sempre siano esistiti in Italia dei criteri oggettivi che valorizzassero le persone è possibile. Ma anche laddove esistono dei criteri oggettivi, si vengono a compiere casualmente delle ingiustizie. Ad esempio per alcuni posti di lavoro vengono considerati solo coloro che hanno concluso la propria carriera accademica con il voto di 110 e lode. Significa questo che non vengono messi da parte molti di quelli bravi? Dunque non sono i criteri oggettivi che decidono la buona preparazione professionale e morale della società. Esistono anche altri criteri, in base ai quali non è la posizione alla quale sei arrivato che qualifica il tuo valore, bensì la tensione morale nella quale si vive.

Nico di Ferro

lunedì 2 settembre 2013

John Ronald Reuel Tolkien, in memoriam


"Tutto ciò che dobbiamo decidere 
è cosa fare col tempo che ci viene dato"

  John Ronald Reuel Tolkien 
02/09/1973 - 02/09/2013

domenica 1 settembre 2013

La fandonia evoluzionista - recensione

Tra gli intoccabili dogmi imposti “dall’alto” perché si prestano perfettamente ad assecondare la moderna visione illuminista e progressista, vi troviamo ai primi posti, l’evoluzionismo. La fandonia evoluzionista, di Rutilio Sermonti si propone in qualche modo, di aprire la mente a chi ripone cieca fiducia in questo intoccabile strumento nelle mani dei poteri forti.

Esso, che vede in Charles Robert Darwin, attraverso il darwinismo,  il maggior esponente, è un concetto talmente diffuso e radicato nelle menti che cercare di far capire ai più, in un dibattito diretto, quello che esso veramente rappresenta significa letteralmente sbattere la testa contro un muro.  Eppure, ad analizzare le cose con occhio attento e libero da ogni pregiudizio, presenta paradossi che lo minano alle fondamenta. Quello che resta fissato nelle giovani menti non è però solo ciò che tale “dottrina” afferma nell’ambito scientifico: esso infatti va a contaminare quella che è la visione del mondo, nonché l’orientamento esistenziale dell’individuo.  Partendo da una formazione scolastica della scienza, si ritiene come giusto e vero solamente ciò che i libri ci dicono essere tale (spesso attraverso artifici tanto abili quanto mistificatori) perché “scientificamente dimostrato”. Ogni contestazione viene in questo modo rifiutata a priori perché comprendente una sfera che oltrepassa il visibile, tangibile e materialmente constatabile. Il tutto si traduce, passando per la conseguente lotta per la sopravvivenza, (selezione naturale) e dunque “vittoria del più forte”, spostandoci sul piano esistenziale, nell’individualismo e nella competitività sfrenata che diviene cavallo di battaglia della visione democratica e liberale: “fatti furbo, fai carriera, arraffa il più possibile” è dunque il motto imperante nella moderna, consumistica, egoistica società. Nozioni che , dunque, ci vengono propinate fin da piccoli tra i banchi di scuola, che ripetiamo meccanicamente e quasi “penetrano” nell’essere, legandosi al falso ottimismo dei progressisti in una concezione della vita e dell’odierno che diventa un vano e mutevole trasformismo, senza alcun punto fermo o cardine.
 Il libro di Sermonti, breve e accessibile a tutti, espone in maniera semplice e senza ricorrere a complicati approfondimenti (che risulterebbero comprensibili solamente a chi possiede una ferrea conoscenza della materia in questione) come l’evoluzionismo altro non sia che strumento che le menti demo liberali hanno pomposamente sfruttato con l’aiuto di media e giornali per precludere ogni “apertura verso l’alto”, frenando così ogni slancio verso l’ascesa spirituale. La prima e fondamentale critica sta nell’evidenziare come nel darwinismo si parta da preconcetti ideati con un sistema logico in grado solo di trarre conseguenze da un’affermazione di partenza di per sé empirica, soggettiva e retorica, invertendo il rapporto per cui si dovrebbe partire dalle prove certe, sulle quali poi elaborare la teoria. Da ciò avendo cercato allo sfinimento le prove per poter giustificare a tutti i costi l’esistenza del famoso anello di congiunzione tra due specie, (tra cui, ovviamente, la via di mezzo tra uomo e scimmia), si scade a ben vedere in esempi miseri e fasulli, casi costruiti sul nulla. Si giunge attraverso l’accettazione passiva delle scoperte eclatanti a noi propinatoci, a considerare verità assoluta una totale falsità.

Un libro permette, in conclusione di far scattare in chi pone una fedeltà assoluta alla tesi evoluzionistica, la scintilla del dubbio. Il dubbio si sa, fa vacillare e stimola la ricerca della Verità. Risparmiandosi di chiarire in un modo che sarebbe sì esauriente al massimo, ma che si perderebbe in complicati e incomprensibili esempi specifici, La fandonia evoluzionista trae da casi eclatanti lo spunto per una ricerca più approfondita sulla non veridicità di un dogma che è diventato quasi utopia ritenere falso.

Magari  alcuni potrebbero, leggendolo, accorgersi come l’uomo a determinate cose non potrà mai dare una spiegazione né potrà mai, attraverso la scienza, sminuire e dominare la natura, sfaldando  così quell’ordine Cosmico, cerchio perfetto eterno e immutabile, che ha fatto e fa la forza delle comunità  tradizionali, e che si dissocia dalla aberrante e  livellatrice visione lineare, evolutiva e progressista .

LA FANDONIA EVOLUZIONISTA, di Rutilio Sermonti, Edizioni Comunitarie, Pagg. 128,
Euro 8.00
Copertina 4riot@libero.it – Impaginazione raido.it
Finito di Stampare nell’Agosto 2009 – Stampato in proprio
disponibile presso:Centro Studi Aurhelio, Via Aurelia 571 A, 00058 -Santa MArinella - RM

mercoledì 28 agosto 2013

J.R.R.Tolkien, scrittore tradizionale e antiprogressista

Contro coloro che discreditano Tolkien e le sue indimenticabili opere letterarie, pubblichiamo, a poca distanza dall'anniversario della sua morte, un'interessante articolo che chiarisce come la sua visione antiprogressista e antimaterialista, quindi fortemente spirituale non possa in alcun modo essere messa in discussione. Egli ha creato un mondo che, tramite i suoi personaggi straordinari e i suoi paesaggi incantevoli, riesce a trasmettere i valori tradizionali adattandoli con un opera che riesce benissimo nel tentativo di far breccia anche nei cuori e nelle menti apparentemente travolte e annebbiate dalla valanga inarrestabile della modernità.
John Ronald Reuel Tolkien è stato, e si può considerare, uno scrittore “tradizionale” o “tradizionalista”? La domanda non è retorica, ma sostanziale. Molte delle polemiche pro e contro questo studioso di letterature antiche e di linguistica, poi divenuto narratore, ruotano in fondo intorno a questo concetto. Se la risposta è “no”, si tratta allora di diatribe che lasciano il tempo che trovano, di scaramucce giornalistiche contingenti, di strumentalizzazioni banalmente “politiche”. Se la risposta è invece “sì” allora la questione assume un diverso aspetto, più importante, più profondo, e si rivela essere uno dei tanti sintomi di come una certa parte del mondo moderno non riesca ad accettare un’opera che è sostanzialmente in contrasto, in opposizione, in distonia con i valori dominanti.
J.R.R.Tolkien dal punto di vista spirituale fu sicuramente un homo religiosus: era un cattolico convinto in una società protestante come quella inglese, un “papista” come venivano sprezzantemente definiti i seguaci della Chiesa di Roma; in più fu tra i cattolici un cattolico tradizionalista, vale a dire ossequioso sì ma assai poco propenso ad accettare le riforme del Concilio Vaticano II: ad esempio, non condivise l’abolizione del latino nella Messa. Devoto della Madonna e del Rosario, lo portava con sé: durante la seconda guerra mondiale, mentre era di guardia nelle postazioni antiaeree essendo inquadrato nell’esercito territoriale (nel 1939 aveva 47 anni), lo recitava regolarmente. Il riferimento ai Vangeli, alla devozione, alla spiritualità, ad un modo di comportarsi cristiano nella vita di ogni giorno, è costante nelle lettere ai suoi figli. Dal punto di vista culturale era, come ben si sa, uno studioso non solo di letteratura anglosassone e inglese, ma di miti, di saghe, di epopee, di antiche tradizioni, i cui simboli e valori contrappose sempre alla Modernità, sia come Weltanschauung, sia come stile, sia come atteggiamento dei protagonisti dei suoi libri.
Dal punto di vista esistenziale coltivava una vera e propria idiosincrasia per tutto quanto aveva a che fare con la società in cui viveva: la burocrazia nella vita universitaria, la pervadenza delle macchina in ogni dove, la distruzione della natura, il rumore ed il fracasso della città, l’industrializzazione.
Dal punto di vista politico si definiva “antiquato reazionario”: patriottico, monarchico, sostanzialmente antidemocratico, condannava l’imperialismo materialista, la progressiva scomparsa delle identità nazionali sia linguistiche, sia addirittura gastronomiche. Possedeva anche quel tanto di individualista e anarchicheggiante, insofferente, che è in ognuno di coloro i quali si sentono di vivere in una società assurda, soffocante, non a misura d’uomo. Insommma, come lo definisce il suoi biografo Humphrey Carpenter, era un “uomo di destra”.
Dal punto di vista narrativo riversò, travasò consciamente e inconsciamente tutte queste caratteristiche spirituali, culturali e umane nei suoi romanzi, soprattutto ne Il Signore degli Anelli, un’opera che voleva essere, secondo quanto esplicitamente disse negli anni Trenta, il tentativo di fornire di una mitologia il suo Paese, l’Inghilterra, che a suo giudizio ne era assolutamente privo. Una società assolutamente carente di miti nella prima metà del Novecento? Per il professor Tolkien qualcosa di inaccettabile, per lui che di miti e di religione si nutriva lo spirito. E così riproponendo dopo secoli un’opera in forma di saga ed epopea adatta ai lettori moderni, questo docente di Oxford ha dotato di un’appassionante mitologia non solo il suo Paese, ma, si può ormai dire con certezza, il mondo intero, dato che i suoi miti sono così universali, così “cattolici” si potrebbe dire ricordandoci l’etimologia greca della parola, che sono stati compresi, accettati e fatti propri da lettori che più lontani dalla mentalità britannica non si potrebbe. E questo, ovviamente, ad di là del successo planetario del film in tre parti di Peter Jackson, che ha dato solo più visibilità alla sua creazione.
Dunque, credo che si possa rispondere alla domanda iniziale positivamente: “Sì, Tolkien si può legittimamente definire e considerare un autore tradizionale”. Ma di quale tradizione? Su questo punto ci sono state polemiche anche speciose e un po’ ridicole: c’è chi lo restringe all’interno della tradizione cattolica e chi invece lo considera un esponente della tradizione classica, o anche pagana. Senza ombra di dubbio la sua formazione è cattolica, ma – lo disse in modo chiaro – scrivendo Il Signore degli Anellinon volle farne esplicitamenbte un’opera religiosa: non si parla mai di riti, di divinità, di espressioni evidenti di spiritualità, tantomeno di quelli cristiano-cattolici. Tutto è inveceimplicito nella sostanza dell’opera, tutto sta nel retroterra, nel sottofondo. E questo retroterra, questo sottofondo è un amalgama inestricabile di tutta la sua formazione interiore: di cattolicesimo e di paganesimo, di Vangelo e di Edda, così come di romanzi arturiani e di saghe islandesi, di mitologia germanica e di riferimenti celtico-irlandesi. La sua insomma, è l’opera di un “pagano convertito”, come Tolkien stesso definiva l’anonimo autore del Beowulf, il poema anglosassone la cui rivalutazione si deve proprio al nostro professore oxoniense. Per questo Il Signore degli Anelli, e gli altri testi che gli fanno da contorno, è importante: proprio per l’originale amalgama di tradizioni diverse portate a dignità di romanzo adatto ai moderni in pieno Ventesimo secolo.
Tolkien e la sua opera sono, dunque, nel solco di una tradizione che penso si possa definire legittima, proprio come accade per tutti quei grandi scrittori la cui apertura mentale, la cui sensibilità profonda, la cui grande cultura, consentono di accogliere ed esternare con la loro arte i simboli di una Tradizione perenne per inconsapevoli che possano esserne, come affermano sia René Guénon sia Julius EvolaUn autore e un libro così non potevano che avere quindi una pletora di avversari, di nemici che esternarono la loro ostilità in modi diversi, spesso contradittori e grotteschi, avendo per così dire fiutato a naso in lui e nei suoi scritti qualcosa di totalmente alieno e incomprensibile. Ovviamente ci interessa quel che è avvenuto in Italia, unico Paese al mondo in cui ci si è letteralmente scannati sulle interpretazioni da dare all’opera tolkieniana sotto un’ottica squisitamente “politica”.
Il Signore degli Anelli venne tradotto integralmente solo nel 1970 dalla Rusconi quando era direttore editoriale Alfredo Cattabiani su consiglio di Elémire Zolla e per la cura di Quirino Principe. All’epoca furono sufficienti questi nomi per metterlo all’indice: il fatto poi che si trattasse di un romanzo “fantastico” e non sociale o realistico o intimistico, e che fosse ambientato in uno pseudo-medioevo, come si disse, fornì altri spunti per condannarlo. La reazione della stampa italica in un periodo di forti tensioni politico-ideologiche fu prima il silenzio, poi l’aria di sufficienza, infine la condanna. Non poteva essere accettato un romanzo che avesse caratterstiche così estranee ai gusti degli intellettuali che condizionavano le patrie lettere. Lo si stroncò da vari punti di vista: il libro era da un verso troppo lungo, illegibile, zeppo di nomi astrusi e incomprensibili, noioso per le sue digressioni e le cronologie in appendice; per altri era un libro puerile, ridicolo, adatto ai bambini; per alcuni ancora era manicheo perchè distingueva troppo nettamente fra Bene e Male, fra buoni e cattivi, ed era anche un po’ razzista perchè i cattivi era regolarmente “brutti”; per altri, al contrario, era ambiguo, dato che non si riusciva a comprendere esattamente la sua posizione in certi momenti-chiave della trama, o rispetto al carattere di determinati personaggi (ad esempio, la regina degli elfi Galadriel).
Smontato il romanzo dal punto di vista letterario, non bastò. Di fronte ad un successo inarrestabile, nonostante la cattiva pubblicità, soprattutto fra i giovani e in particolare fra i giovani di destra che lo avevano eletto a loro libro di culto, ovviamente lo si qualificò dal punto di vista politico: conservatore, reazionario e, ovviamente, fascista. Poiché era letto dai ragazzi di destra che alla fine degli anni Settanta avevano realizzato i famosi Campi Hobbit, la caratteristica dei suoi lettori cadde anche sull’autore: era un fascista, anche perchè si scoprirono alcuni aspetti del libro che inizialmente erano passati in secondo piano, come i temi dell’eroismo, del sacrificio, della dedizione, del cameratismo. Di conseguenza, l’opera divenne tabù per i ragazzi della sponda opposta, quelli di sinistra, che erano costretti a leggerlo di nascosto, come rivelarono, una volta diventati più adulti, negli anni Novanta alcuni personaggi assurti a notorietà pubblica.
Il Signore degli Anelli si può definire veramente un’opera outsider, proprio “fuori posto” nell’Italia politicizzata degli anni Settanta, anche se questa definzione si può senza difficoltà applicare anche alle altre opere di Tolkien. Troppo diverso, troppo alieno, troppo distante dai valori (chiamiamoli così) di una intellettualità progressista che dettava legge su giornali e riviste, ma anche nelle università e nelle piazze. Non poteva che essere respinto quasi a priori per il suo sfondo, per i suoi personaggi, per la sua trama, per i punti di vista che trasmetteva. I suoi nemici di allora furono sostanzialmente politici, perché applicarono al romanzo concetti e definizioni “politiche”, trascinando la polemica su di un campo che non era quello proprio all’opera in sé nelle intenzioni del suo autore. Tolkien, come si è detto, voleva creare un’epopea, una saga, che parlasse di miti creando un mondo alternativo alla Modernità. E come tale venne inteso dai suoi maggiori e più entusiasti lettori degli anni Settante e Ottanta, quei ragazzi di destra che ne accolsero le valenze metapolitiche, vedendo nei suoi personaggi degli archetipi e nei suoi valori dei punti di riferimento, al di là di manifestazioni provocatorie e goliardiche come le scritte inneggianti al “camerata elfo” o ad “Aragorn al potere”, che invece i suoi detrattori consideravano la prova provata della politicità, e quindi della pericolosità, dell’opera da mettere dunque al bando.
Diversa la situazione trent’anni dopo, l’ottica in cui si sono mossi i nemici di Tolkien all’epoca del suo revival all’inizio degli anni Duemila grazie ai film del regista Peter Jackson. Mutati i tempi, mutata la società e soprattutto mutata la politica con il crollo dei “socialismi reali” e la crisi di quella che è stata definita l’“egemonia culturale comunista” in Italia, l’atteggiamento dei critici ha cambiato forma e contenuti in un modo singolare, paradossale e anche grottesco, assumendo l’aspetto di un tentativo – oggettivamente ridicolo – di cooptare Il Signore degli Anelli negandone certe caratteristiche contenutistiche e valoriali, tutto sommato banalizzandolo e, di conseguenza, condannando come strumentalizzanti precedenti interpretazioni. E ciò è avvenuto – non sembri un paradosso – sia da parte di critici di “sinistra” che di “destra”.
A sinistra, nel momento in cui apparve il primo film della serie, La Compagnia dell’Anello (2001-2002) vi fu una specie di gara giornalistica fra chi cercava di scoprire nell’opera di Tolkien specifiche valenze per poterlo considerare “di sinistra” e quindi riabilitarlo ed acquisirlo nell’area progressista, valenze ovviamente soltanto “politiche”: l’opera diventò all’improvviso antinazista, gli Orchi assomigliavano alle SS, essendo stato il romanzo scritto nella sua parte conclusiva durante la seconda guerra mondiale per alcuni Sauron era Hitler e Saruman nientemeno che Mussolini, si disse che Tolkien aveva combattuto contro l’apartheid, e altre amenità del genere. Si sono letti titoli un po’ surreali come “Fascisti giù le mani da Tolkien”, oppure “Eroi, spade ed elmi antifascisti”. Ci sarebbe da ridere su tutto ciò, ma ancora una volta è la dimostrazione come per la cultura progressista, alta e bassa, sia del tutto insensibile alla percezione di certi valori, come per essa un autore è accettabile o meno soltanto in base al suo minore o maggiore tasso di antifascismo. Per accettare Tolkien nel Duemila lo si deve quindi presentare come un ferreo nemico del nazismo e del fascismo, altro non conta, e che questa avversione – nonostante le precisazioni in contrario – deve essere ben percepibile nella sua opera.

Tutto il contesto simbolico e tradizionale non può essere accettato da giornalisti e intellettuali di sinistra. Di conseguenza, per parlar bene del libro deve essere messo in un canto. Depotenziare l’opera per renderla appetibile ad una cultura che non capisce, e quasi odia, il mito è il succo di un libretto pubblicato in occazione dell’ultimo film, dal titolo emblematico de L’anello che non tiene: al Signore degli Anelli non si possono applicare interpretazioni simboliche perchè è un puro e semplice romanzo d’avventura, quasi quasi realistico, e quindi tutte le elucubrazioni che vi si sono fatte intorno non hanno alcun senso. Pur di negare l’evidenza, si fa scendere il romanzo di gradino in gradino sino a considerarlo un’opera da poco, interessante sì, magari anche affascinante, ma in fondo robetta che non è degna di quel che le si è voluto costruire intorno come intepretazione di tipo tradizionale. Che viene considerata solo come una strumentalizzazione bassamente politica, quasi quasi ad uso partitico, organizzata – par di capire – a tavolino.
Ma anche a destra, se vogliamo far rientrare in questa definizione certi liberali, si è tentata un’operazione pressoché simile. In un altro presuntuoso libretto dal titolo definitivo La verità su Tolkien i due giovani autori, quasi fossero degli evangelisti, ci fanno trovare di fronte alla rivelazione che il nostro professore non era né un “fascista” né un “ecologista”. Anch’essi, per poca conoscenza diretta, cadono nell’equivoco dei loro più anziani colleghi di sinistra: poichè veniva letto dai giovani “fascisti” degli anni Settanta Tolkien passava anch’egli per “fascista”, ma così non è. Lapalissiano, e non era certo necessario un intero libro per spiegarlo. Quanto all’ecologista, di certo Tolkien non si sarebbe riconosciuto nell’ecologisno politico e militante di oggi, ma se con tale definizione ci riferiamo al suo amore per la natura e al suo profondo anti-tecnologismo e anti-industrialismo, al suo dolore quando vedeva campagne attraversate da nuove strade, alberi abbattutti, l’invasione delle automobili a Oxford, beh allora ecologista e ambientalista lo era. La Natura è sacra e l’Uomo, pur se definito dalla Bibbia il “padrone della creazione”, non può assolutamente fare quel che vuole, senza limiti e senza regole, nel giardino del mondo. Questo è chiarissimo in tutta la sua opera e negli esempi della sua vita.
Ma i due autori, che si proclamano liberal-liberisti-libertari, e di conseguenza strizzano un occhio alla modernità, all’individualismo ed al progresso di tipo americanoide, per scrollargli di dosso la terribile accusa di essere un uomo della Tradizione, cuciono sul povero professor Tolkien la casacca del “libertario”, quasi dell’“anarchico”, prendendo lo spunto da un paio di episodi della sua vita e dalla struttura sociale della Contea degli hobbit. Tutto vero, ma non è proprio possibile generalizzare: proclamarsi anarchico di fronte alle follie stataliste o burocratiche è qualcosa che abbiamo dentro tutti noi, ma Tolkien non è mai stato né un liberal, né un radical, né un libertarian secondo il concetto anglosassone, non è stato nemmeno un anarco-capitalista come si dice oggi, né un sostenitore di uno Stato minimo. Mordor è una esplicita fusione della dittatura materialista e di massa orientale e del capitalismo selvaggio, dell’industrialismo senz’anima occidentale. Inoltre, nella Terra di Mezzo ognuno manteneva la sua specificità, ma non sono esistite né democrazie né repubbliche, e accanto alla Contea degli hobbit agricola e pacifica, blandamente individualista, vi sono soltanto regni retti da sovrani con tutte le caratteristiche dei re tradizionali, che assommano il potere temporale e l’autorità spirituale, che guariscono i malati, rinsaldano le spade spezzate e con esse sconfiggono il nemico e riconquistano il trono, che fanno rifiorire gli alberi secchi e portano prosperità.
I nemici di Tolkien hanno assunto, dunque, una maschera più ambigua oggi. Non potendo più permettersi di rifiutare un autore ed un libro amati in tutto il mondo, mettendosi così contro una gran massa di pubblico, cercano di piegarlo alle loro ideologie per, ripeto, banalizzarlo, depotenziarlo e renderlo quasi inoffensivo: non portatore di simboli e valenze spirituali, non saga del Ventesimo secolo, ma normale romanzo d’avventura, quasi allo stesso livello dei tanti best sellers made in USA che ci sommergono; non autore tradizionale, ma un antifascista-doc, un libertario e un individualista. Operazioni sottili, ma senza spessore, soprattutto operazioni che lasciano il tempo che trovano dato che sono durate lo spazio di un mattino e poco tempo dopo nessuno se le ricorda più.
Il Signore degli Anelli è la dimostrazione più chiara ed esplicita di come, sapendo utilizzare i mezzi della moderna espressione narrativa, i valori che noi definiamo tradizionali possono essere ancora divulgati ed accettati da grandissime fasce di lettori in tutto il mondo, forse senza neanche rendersi conto di cosa sono e rappresentano. Ma non per questo, credo, essi non lavorano in profondità.
Gianfranco de Turris,
Fonte: Centro Studi la Runa, 

domenica 25 agosto 2013

Perché è importante la bellezza?

Riflessioni a margine delle orribili manifestazioni della Perla che promuovono il senso della "bellezza" nel mondo moderno.

Data la dilagante bruttezza della società moderna in cui ci troviamo a vivere e che sta travolgendo ogni aspetto della vita, dal linguaggio alla musica, dall'arte all'architettura, viene istintivamente da chiedersi che fine abbia fatto la bellezza. Oggi assistiamo addirittura alla celebrazione del brutto attraverso feste come Halloween in cui vestirsi da zombi e simulare atti cannibaleschi fa molto "cool". Perché?
L'architettura dal canto suo ha abbandonato qualsiasi preoccupazione per il dettaglio, per l'armonia, al fine di sacrificare tutto nel nome dell'utilitarismo. Gli edifici sono costruiti tenendo conto esclusivamente della loro utilità senza lasciare spazio ad altro. Come sono straordinari ed espressivi quei santi scolpiti e posizionati talmente in alto, sulle colonne delle cattedrali simbolo della civiltà del passato, tanto che nessuno riesce a scorgere le loro espressioni. Ti domandi allora: quale generosità comandò il sacrificio dell'artista di creare senza mostrare? Quale fede?

Nell'arte della scultura e della pittura assistiamo alla medesima degenerazione verso il culto della bruttezza. Le esigenze universali di bellezza radicate nel profondo della natura umana sono oggi messe in discussione da una correttezza politica che vuole convincerci che ogni persona ha il suo standard di cosa sia bello e cosa sia brutto. Ecco allora che si è fatto spazio la concezione soggettiva che l'arte non sia altro che un'idea e poiché chiunque può avere delle idee ecco che tutto può essere arte e chiunque può pretendere di essere un'artista senza più preoccuparsi del talento, del buon gusto o della creatività.
Nelle grandi civiltà tradizionali la bellezza era considerata un valore, alla stregua della verità e della giustizia. Essa era concepita come una finestra sul sacro in grado di elevare l'animo umano dalla sua condizione terrena, per strapparlo dagli appetiti del quotidiano e condurlo verso il trascendente. Bellezza e sacro sono strettamente collegati. Una volta l'arte era fondata sulla religione e ai più elevati livelli l'arte è stata spesso creata al servizio della religione. Ma anche l'arte che non menziona Dio può avere una forza religiosa come ad esempio Tristan e Isolda di Wagner. Ciò si deve al fatto che la bellezza ci apre alla certezza che la nostra vita non sia solo consumata, ma viene redenta.
Senza radici spirituali l'arte diventa un fantasma, piena di odio e di scherno privata del dono della bellezza. Dietro ogni  grande cultura che ha creato la Civiltà vi è stata tradizione religiosa. La degenerazione moderna verso l'adorazione del brutto nell'arte, nella musica e nell'architettura non è altro che lo specchio della nostra società così com'è nel suo intimo, nelle sue maniere, nel suo linguaggio, nel suo essere e cioè priva di ogni riferimento superiore.

Nel mondo moderno è all'opera un nichilismo attivo che proviene dalla delusione amara di quelle persone che non possono trovare la fede. Il brutto è la manifestazione estetica del loro egoismo, della loro ricerca del piacere e del profitto...
Così, alla stregua di coloro che perdono la loro fede e sentono il bisogno di sbeffeggiare quello che hanno perduto, così sentono gli artisti di oggi, come anche le persone nella vita di ogni giorno, di trattare la vita umana in modo degradante e di ridicolizzare il bisogno del bello.
Ma si dovrebbe rifiutare questa condizione non accettando tale alienazione e sforzarsi di uscire da questo deserto spirituale che ci circonda ricercando l'Ordine, la Bellezza, in cui l'ideale e il reale coesistono in armonia.

Nico di Ferro

sabato 17 agosto 2013

Castello di Santa Severa - Notte di Ferragosto



Antico maniero,
oltraggiato, vilipeso, violentato. 
Le tue mura e la tua bellezza, 
possono essere solo disturbate 
dai Sabba di plebei che danzano al ritmo del disfacimento moderno. 
Tu rimarrai, 
loro passeranno. 
Questa e' la nostra quiete.




lunedì 5 agosto 2013

Pausa Estiva 2013



Il Centro Studi Aurhelio, osserverà una pausa estiva da oggi al 24 Agosto.
Salutiamo tutti i nostri iscritti e sostenitori,
nel segno del Sole invincibile.




mercoledì 31 luglio 2013

Gli Stati legiferano su aggregati gay e la civiltà europea arretra

Con le ultime legiferazioni della Francia e della Gran Bretagna sono arrivati a 10 i paesi che in Europa hanno legalizzato gli aggregati giuridici composti da coppie dello stesso sesso equiparandole alle tradizionali famiglie fondate sull’unione tra un uomo e  una donna.
Su questa scia di baluardi infranti anche in Italia i tentativi di far passare tale disegno di legge incominciano a intravedersi sempre più forte a cominciare dalla proposta di legge contro la presunta omofobia degli italiani. La classe politica del Bel Paese invece di occuparsi dei problemi del popolo, che deve fare i conti con un tasso di disoccupazione allarmante e con un numero di suicidi ogni giorno sempre più numeroso, sembra che veda nell’omofobia una questione di imminente emergenza. Perché? Da una parte è “l’Europa che ce lo chiede”, infatti, il Consiglio dell’Unione Europea nella sua sessione del 24 giugno ha approvato una risoluzione[1], nel silenzio generale, in cui fa sua l’ideologia gender riconoscendo, non più la classica distinzione uomo-donna, ma,  ben cinque generi: lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, impegnandosi a proteggerli e a promuoverli come normali. Dall’altra parte, anche per i politicanti venduti alle lobby è più facile far passare simili provvedimenti che occuparsi dei problemi reali del Paese, e poi, pare rendano in termini di immagine.
Secondo un censimento del 2006 in Italia 87% degli Italiani si sono dichiarati cattolici. Dato che la dottrina Cattolica considera gli atti omosessuali contrari alla legge naturale ci si chiede, nel caso in cui la legge contro l’omofobia venisse approvata, se saranno perseguiti tutti per discriminazione.
Minata ogni concezione del Sacro, trasformato il continente in uno spazio di libero scambio e di circolazione delle merci e della  forza lavoro, la famiglia resta una delle ultime istituzioni normali contro l’onda anomala della sovversione. E' proprio contro la famiglia che simili provvedimenti, mascherati con l’intento di proteggere i deboli, vanno a colpire, trasformandola in una parodia moderna e sottraendole il ruolo di pilastro fondante della Civiltà.

giovedì 18 luglio 2013

Nuove speranze per il Castello di Santa Severa

Dopo due anni di mobilitazione delle 42 Associazioni costituenti il Comitato per il Castello di Santa Severa finalmente s’intravede una luce per il futuro del grande complesso monumentale.
La giunta Zingaretti ha convocato il Sindaco di Santa Marinella per avviare subito un rapporto ufficiale con l’Amministrazione, cosa che non era stata possibile con la passata giunta Polverini. Anche l’Assessorato alla Cultura regionale è stato interessato dal Comitato alla questione del castello che non può e non deve restare un semplice bene “patrimoniale”, destinato a risanare il bilancio della Regione, così come si era cercato di fare con la precedente amministrazione. Il bene culturale va, viceversa, considerato una risorsa pubblica, fondamentale per la crescita civile e sociale del territorio e per il suo sviluppo turistico ed economico.
Il progetto di “Uso pubblico per fini culturali e turistici del Castello di Santa Severa” elaborato dal direttore del museo civico in collaborazione con il Comitato è stato approvato in via preliminare dalla giunta di S. Marinella e il prossimo lunedi 15 luglio dovrebbe esserlo da parte dell’intero Consiglio Comunale. Questa approvazione permetterà finalmente al Comune di avere una propria proposta chiara e condivisa da portare al tavolo tecnico-politico che sarà istituito con la Regione.
Il progetto del Comitato prevede di includere la costa compresa tra Macchia Tonda e il Castello di Santa Severa in un’unica area naturalistico-archeologica protetta, comprendente anche il fondale marino e la servitù militare. Non ci vuole molto a capire quale attrattiva turistica potrebbe costituire questo luogo, tramite un’accorta politica di salvaguardia della sua bellezza naturale e una sapiente valorizzazione delle valenze ambientali e storico-archeologiche.
Senza impedire ai bagnanti di raggiungere la spiaggia libera, è necessario evitare che questa diventi sempre più “attrezzata” a danno del patrimonio ambientale. Risulta infatti che il parcheggio sul mare, accessibile del “Varco 54”, abbia già parzialmente demolito la duna e che le pulizie dell’arenile non risparmino conchiglie, reperti archeologici e le barriere di protezione naturali messe per delimitare l’area frequentata dai naturisti. Va ricordato che questi ultimi dagli anni 70 hanno assicurato la pulizia e il controllo dell’intero tratto di spiaggia.
Per questo il Comitato esprime la sua preoccupazione sul futuro delle “Sabbie Nere” di Santa Severa, un tratto del litorale ancora per fortuna incontaminato. Pur riconoscendo la necessità di non intasare l’Aurelia, permettendo ai bagnanti di raggiungere in sicurezza uno degli arenili più belli del Lazio, ricordiamo che non si sta parlando di una spiaggia qualsiasi ma di un vero e proprio tesoro.
L’area compresa tra il Castello di Santa Severa, Pyrgi e la Riserva Naturale di Macchia Tonda, protetta da vincoli archeologici e naturalistici, si è preservata nei suoi valori ambientali e storici fino ai giorni nostri dalla lontana preistoria. In essa si trovano ancora tracce di antichi insediamenti neolitici e dell’intensa frequentazione di epoca etrusca e romana. Le dune sono state dichiarate monumento naturale mentre fossi e paludi costiere consentono a molte specie animali di nidificare.



Il Comitato per il Castello di Santa Severa

giovedì 6 giugno 2013

“SANTA SEVERA TRA LEGGENDA E REALTÀ STORICA. PYRGI E IL CASTELLO DI SANTA SEVERA ALLA LUCE DELLE RECENTI SCOPERTE”

Al Castello di Santa Severa la presentazione del volume con la partecipazione di Alberto Angela

Sabato 1 giugno si è svolta come da programma la presentazione del volume “Santa Severa tra leggenda e realtà storica. Pyrgi e il Castello di Santa Severa alla luce delle recenti scoperte” curato dall’archeologo Flavio Enei, Direttore del Museo Civico di Santa Marinella. L’importante evento culturale è stato introdotto dal curatore dell’opera che ha presentato gli illustri ospiti venuti per illustrare il lavoro ai numerosi intervenuti. Nella sala conferenze del museo piena all’inverosimile dopo il saluto del sindaco Roberto Bacheca sono intervenuti la Prof.ssa Letizia Ermini Pani, Presidente della Società Romana di Storia Patria, il Prof. Giovanni Colonna, Accademico dei Lincei, Professore Emerito dell’Università di Roma La Sapienza, la Prof.ssa Olga Rickards, Ordinaria di Antropologia, Direttrice del Centro per lo Studio del DNA Antico presso l’Università di Roma Tor Vergata
Il Parroco di Santa Severa Don Stefano Fumagalli ha salutato gli intervenuti dopo la lettura del messaggio inviato da Mons. Gino Reali, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Porto - Santa Rufina.
L’evento è stato ulteriormente arricchito dalla presenza del noto divulgatore scientifico televisivo Alberto Angela che in quanto ormai “amico del museo” e del direttore Enei ha voluto salutare l’uscita del volume con un suo intervento molto applaudito.
Dalla presentazione a più voci è emerso chiaro che si tratta di un lavoro editoriale complesso che raccoglie i risultati degli scavi svolti nell’ultimo decennio in occasione degli interventi di restauro del Castello di Santa Severa in collaborazione con la Soprintendenza e i volontari per i beni culturali del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite. Per la prima volta è stato possibile esplorare con metodo stratigrafico alcuni piccoli ma significativi settori dell’enorme deposito archeologico situato all’interno del castrum romano del III secolo a.C., sul quale si è sviluppato in seguito l’insediamento medievale. L’opera che ospita i contributi di numerosi studiosi si propone di presentare subito una prima informazione sui principali dati emersi dalle ricerche e un
a nuova lettura delle millenarie vicende storico-archeologiche vissute da questi luoghi. Gli scavi hanno permesso di scoprire una straordinaria continuità di frequentazione del sito, ininterrotta a partire almeno dall’età del ferro, iniziando finalmente a gettare luce anche sulle fasi tardo antiche e alto medievali che fino ad oggi erano rimaste di fatto sconosciute. In particolare è stato possibile giungere alla sensazionale scoperta della chiesa paleocristiana di Santa Severa che, insieme al suo battistero, costituisce una delle più antiche presenze cristiane nel litorale nord di Roma e dell’intera Etruria marittima. Un grande contribuito di conoscenze prezioso per difendere il Castello di Santa Severa da qualsiasi tipo di speculazione privata e per avviarlo verso un giusto futuro di valorizzazione culturale e turistica. Un volume di 416 pagine con 786 illustrazioni a colori che ora sarà distribuito in tutte le biblioteche e agli Enti di tutela e ricerca italiani ed europei.

mercoledì 5 giugno 2013

CINQUECENTO RAGAZZI DELLE SCUOLE DI SANTA MARINELLA CONQUISTANO IL CASTELLO DI SANTA SEVERA

Una bella iniziativa ha visto coinvolte le scuole elementari, medie e superiori, per ribadire l'importanza storico-culturale del Castello di S.Severa: un giorno di festa e cultura in difesa di un patrimonio che dev'essere tutelato e valorizzato, anche attraverso eventi come questi pregni dell'entusiasmo e della volontà dei più giovani.

Si è appena svolta la grande manifestazione di fine anno scolastico a cura delle scuole di Santa Marinella e Civitavecchia che negli scorsi mesi hanno adottato il Castello di Santa Severa come ideale memoria storica da conoscere e valorizzare. Ben 45 classi di ogni ordine e grado, dalle elementari al liceo hanno lavorato a un gran numero di ricerche e di attività che sono state presentate il occasione della pacifica e simbolica conquista del Castello, purtroppo ancora chiuso al pubblico dopo anni di restauri. All’arrivo dinanzi alle mura il fiume colorato di ragazzi ha trovato il portone chiuso e soltanto dopo un lungo e prolungato coro generale che ha gridato ritmicamente “Aprite il Castello!!” le grandi porte di legno si sono miracolosamente spalancate e il fiume di ragazzi si è potuto riversare negli ampi cortili medievali. I giovani con i loro insegnati hanno allestito una ricchissima mostra dei lavori che raccontano la storia, l’archeologia e le peculiarità paesaggistiche del complesso monumentale e del territorio circostante. Un gran numero di disegni colorati narrano come antiche storie illustrate fantasiosi attacchi di demoni cattivi che cercano di rubare il castello a chi lo abita…Ovviamente i cattivi vengono sempre sconfitti! Il gran lavoro fatto dagli insegnanti ha consentito di realizzare diversi spettacoli di musica e danza medievale che hanno allietato la bella mattinata nel Cortile delle Barrozze. Giovani danzatrici e musici hanno intrattenuto con vivaci e liete melodie i loro compagni e i genitori intervenuti al suono di flauti, chitarre e tamburi. Molto applauditi i brani Rep con il pezzo dedicato al castello che ha inneggiato alla sua storia e alla necessità di difenderlo come bene di tutti. Ogni ora le “Piccole Guide” hanno assicurato ai compagni la visita del Museo Civico “Del Mare e della Navigazione Antica” descrivendo sala per sala i reperti e le tematiche ad essi collegate.
Un gioco dell’oca castellano e tanti lavori eseguiti dai ragazzi nei laboratori del Museo durante l’intero anno scolastico sono stati posti in bella mostra e sono stati molto apprezzati dai visitatori. A seguire, la comune lettura degli articoli della Costituzione, del Codice dei Beni Culturali e della legge regionale che prevede la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio ha creato un momento di grande attenzione nella suggestiva cornice del castello.
Infine, i ragazzi del Liceo Galilei hanno presentato tramite un’interessante proiezione all’interno del Museo del Mare un ottimo lavoro di sintesi storica sulle vicende di Pyrgi e del successivo insediamento romano e medievale, con approfondimenti sulle indagini archeologiche in corso e sullo studio antropologico della popolazione medievale che sta effettuando l’Università di Roma di Tor Vergata.
La manifestazione è stata il bellissimo risultato del lungo lavoro delle insegnanti che hanno aderito al progetto proposto dal “Comitato Cittadino per la difesa del Castello di Santa Severa”, affinché il complesso monumentale possa avere un degno futuro “di cultura e turismo” e soprattutto possa essere a disposizione dei cittadini e delle scuole del territorio. Una lezione di civiltà e di cultura che ha fatto avvicinare i giovani alla conoscenza del patrimonio e della memoria storica che gli appartiene. Un ottimo risultato per i docenti che si sono impegnati nel lavoro, per il Museo Civico di Santa Marinella, per le tante persone e per le 42 Associazioni del Comitato che da oltre un anno si sta battendo per fare in modo che il Castello di Santa Severa resti un bene pubblico fruibile per tutti, centro di scienza, educazione e ricerca.

Al nuovo sindaco di Santa Marinella che a breve sarà eletto il compito di vincere la battaglia.