mercoledì 31 luglio 2013

Gli Stati legiferano su aggregati gay e la civiltà europea arretra

Con le ultime legiferazioni della Francia e della Gran Bretagna sono arrivati a 10 i paesi che in Europa hanno legalizzato gli aggregati giuridici composti da coppie dello stesso sesso equiparandole alle tradizionali famiglie fondate sull’unione tra un uomo e  una donna.
Su questa scia di baluardi infranti anche in Italia i tentativi di far passare tale disegno di legge incominciano a intravedersi sempre più forte a cominciare dalla proposta di legge contro la presunta omofobia degli italiani. La classe politica del Bel Paese invece di occuparsi dei problemi del popolo, che deve fare i conti con un tasso di disoccupazione allarmante e con un numero di suicidi ogni giorno sempre più numeroso, sembra che veda nell’omofobia una questione di imminente emergenza. Perché? Da una parte è “l’Europa che ce lo chiede”, infatti, il Consiglio dell’Unione Europea nella sua sessione del 24 giugno ha approvato una risoluzione[1], nel silenzio generale, in cui fa sua l’ideologia gender riconoscendo, non più la classica distinzione uomo-donna, ma,  ben cinque generi: lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, impegnandosi a proteggerli e a promuoverli come normali. Dall’altra parte, anche per i politicanti venduti alle lobby è più facile far passare simili provvedimenti che occuparsi dei problemi reali del Paese, e poi, pare rendano in termini di immagine.
Secondo un censimento del 2006 in Italia 87% degli Italiani si sono dichiarati cattolici. Dato che la dottrina Cattolica considera gli atti omosessuali contrari alla legge naturale ci si chiede, nel caso in cui la legge contro l’omofobia venisse approvata, se saranno perseguiti tutti per discriminazione.
Minata ogni concezione del Sacro, trasformato il continente in uno spazio di libero scambio e di circolazione delle merci e della  forza lavoro, la famiglia resta una delle ultime istituzioni normali contro l’onda anomala della sovversione. E' proprio contro la famiglia che simili provvedimenti, mascherati con l’intento di proteggere i deboli, vanno a colpire, trasformandola in una parodia moderna e sottraendole il ruolo di pilastro fondante della Civiltà.

giovedì 18 luglio 2013

Nuove speranze per il Castello di Santa Severa

Dopo due anni di mobilitazione delle 42 Associazioni costituenti il Comitato per il Castello di Santa Severa finalmente s’intravede una luce per il futuro del grande complesso monumentale.
La giunta Zingaretti ha convocato il Sindaco di Santa Marinella per avviare subito un rapporto ufficiale con l’Amministrazione, cosa che non era stata possibile con la passata giunta Polverini. Anche l’Assessorato alla Cultura regionale è stato interessato dal Comitato alla questione del castello che non può e non deve restare un semplice bene “patrimoniale”, destinato a risanare il bilancio della Regione, così come si era cercato di fare con la precedente amministrazione. Il bene culturale va, viceversa, considerato una risorsa pubblica, fondamentale per la crescita civile e sociale del territorio e per il suo sviluppo turistico ed economico.
Il progetto di “Uso pubblico per fini culturali e turistici del Castello di Santa Severa” elaborato dal direttore del museo civico in collaborazione con il Comitato è stato approvato in via preliminare dalla giunta di S. Marinella e il prossimo lunedi 15 luglio dovrebbe esserlo da parte dell’intero Consiglio Comunale. Questa approvazione permetterà finalmente al Comune di avere una propria proposta chiara e condivisa da portare al tavolo tecnico-politico che sarà istituito con la Regione.
Il progetto del Comitato prevede di includere la costa compresa tra Macchia Tonda e il Castello di Santa Severa in un’unica area naturalistico-archeologica protetta, comprendente anche il fondale marino e la servitù militare. Non ci vuole molto a capire quale attrattiva turistica potrebbe costituire questo luogo, tramite un’accorta politica di salvaguardia della sua bellezza naturale e una sapiente valorizzazione delle valenze ambientali e storico-archeologiche.
Senza impedire ai bagnanti di raggiungere la spiaggia libera, è necessario evitare che questa diventi sempre più “attrezzata” a danno del patrimonio ambientale. Risulta infatti che il parcheggio sul mare, accessibile del “Varco 54”, abbia già parzialmente demolito la duna e che le pulizie dell’arenile non risparmino conchiglie, reperti archeologici e le barriere di protezione naturali messe per delimitare l’area frequentata dai naturisti. Va ricordato che questi ultimi dagli anni 70 hanno assicurato la pulizia e il controllo dell’intero tratto di spiaggia.
Per questo il Comitato esprime la sua preoccupazione sul futuro delle “Sabbie Nere” di Santa Severa, un tratto del litorale ancora per fortuna incontaminato. Pur riconoscendo la necessità di non intasare l’Aurelia, permettendo ai bagnanti di raggiungere in sicurezza uno degli arenili più belli del Lazio, ricordiamo che non si sta parlando di una spiaggia qualsiasi ma di un vero e proprio tesoro.
L’area compresa tra il Castello di Santa Severa, Pyrgi e la Riserva Naturale di Macchia Tonda, protetta da vincoli archeologici e naturalistici, si è preservata nei suoi valori ambientali e storici fino ai giorni nostri dalla lontana preistoria. In essa si trovano ancora tracce di antichi insediamenti neolitici e dell’intensa frequentazione di epoca etrusca e romana. Le dune sono state dichiarate monumento naturale mentre fossi e paludi costiere consentono a molte specie animali di nidificare.



Il Comitato per il Castello di Santa Severa