venerdì 1 novembre 2013

Aurhelio, da oggi i post cambiano indirizzo

Da oggi 1° Novembre 2013, 
va in pensione il glorioso blog aurhelio.blogspot.com.

In concomitanza con la realizzazione della piattaforma wordpress del Centro Studi Aurhelio, 
i comunicati, le attività e tutti gli eventi verranno veicolati attraverso 
Facebook: con il profilo Centro Studi Aurhelio,
con la mail: cst.aurhelio@gmail.com
con i comunicati stampa sui media locali (quando ce li pubblicano) 
e sul blog www.aurhelio.it

clicca dunque sul nuovo indirizzo, dove troverai anche tutti i post dal 2008 ad oggi,
oltre a tutte le notizie del Centro Studi e delle altre organizzazioni del Fronte della Tradizione




martedì 22 ottobre 2013

A Roma la mostra su Augusto dal 18 Ottobre 2013 al 9 Febbraio 201

Mostra ideata da Eugenio La Rocca organizzata in occasione del bimillenario della morte (19 agosto del 14 d.C.), la mostra presenta le tappe della folgorante storia personale di Augusto in parallelo alla nascita di una nuova epoca storica. Figlio adottivo e pronipote di Cesare, Augusto fu un personaggio dotato di un eccezionale carisma e di uno straordinario intuito politico. Riuscì, laddove aveva fallito persino Cesare, a porre fine ai sanguinosi decenni di lotte interne che avevano consumato la Repubblica romana e a inaugurare una nuova stagione politica: l'Impero. Il suo principato, durato oltre quaranta anni, fu il più lungo che la storia di Roma avrebbe mai ricordato. In quegli anni, l'Impero raggiunse la sua massima espansione, con un'estensione a tutto il bacino del Mediterraneo, dalla Spagna alla Turchia, al Maghreb, alla Grecia, alla Germania. I particolari della sua biografia e della sua folgorante carriera ci sono trasmessi da lui stesso e da storici quali Velleio Patercolo Svetonio, Tacito, Cassio Dione. Sono veramente pochi gli imperatori romani per i quali disponiamo di un così grande numero di fonti scritte. Possiamo in tal modo ricostruire le tappe della sua carriera politica, nel corso della quale ricoprì tutte le più importanti cariche pubbliche, e al tempo stesso seguire la serie disastrosa di lutti familiari che lo privarono in pochi decenni di Agrippa, suo luogotenente e genero, e degli eredi designati a succedergli: il nipote Marcello, figlio della sorella Ottavia; Gaio e Lucio Cesari, figli di Giulia e Agrippa. L'Impero passò così alla sua morte nelle mani di Tiberio, il figlio di Livia, la sua terza e amatissima moglie. La fine delle guerre civili fu abilmente presentata quale epoca di pace, prosperità e abbondanza: divennero allora centrali concetti quali pax, pietas, concordia, cantati da poeti del calibro di Virgilio e Orazio, e da tutti gli intellettuali radunati nel circolo cosiddetto di Mecenate. La mostra alle Scuderie del Quirinale, attraverso una selezione di opere di assoluto pregio artistico tra statue, ritratti, arredi domestici in bronzo, argento e vetro, gioielli in oro e pietre preziose, propone un percorso capace di intrecciare la vita e la carriera del princeps con il formarsi di una nuova cultura e di un nuovo linguaggio artistico, tutt'ora alla base della civiltà occidentale. 

Luogo della mostra: Scuderie del Quirinale di Roma
Costo biglietto ingresso mostra: €12
Orario ingresso mostra:
- da domenica a giovedì dalle ore 10 alle ore 20;
- venerdì e sabato dalle ore 10 alle ore 22.30
.

sabato 19 ottobre 2013

Il Cosmo, il primo "libro" di Dio

Per quanto riguarda il cristianesimo delle società industriali, [..] esso ha ormai perduto i valori cosmici che possedeva ancora nel Medio Evo. Benché il cristianesimo urbano non sia necessariamente "degradato" o "inferiore", la sensibilità religiosa delle popolazioni urbane ne è gravemente depauperata. La loro esperienza religiosa non ha più alcuna "apertura" verso il Cosmo. E' un'esperienza  strettamente privata; la salvezza è un problema tra l'uomo e il suo Dio;  [..] in questi rapporti: uomo-Dio-Storia, il Cosmo non trova alcun posto. Ciò fa ritenere che, anche per un cristiano autentico, il Mondo non è più considerato opera di Dio.

Mircea Eliade, Sacro e profano

giovedì 17 ottobre 2013

Athos. L'atletica e il risveglio interiore dell'uomo moderno.


Reperibile presso il Centro Studi Aurhelio

Oggi le attività atletiche e lo sport in genere sono ridotte ad essere essenzialmente una modalità “per tenersi in forma”, uno strumento per apparire, oppure designato alla ricerca di record tanto effimeri quanto la presunta “gloria” momentanea dei cosiddetti “campioni” che li realizzano. L’attività sportiva competitiva è dominata dal business, dalla corruzione fisica e morale, dal gioco d’azzardo che vi ruota intorno e dalla pressoché totale mancanza di spirito etico.
Lo scritto che segue offre una significativa e sostanziale rettificazione nei confronti della materia trattata. Offre spunti inconsueti di analisi e riflessione, conduce il lettore ad una dimensione di maggior prossimità con lo spirito autentico delle attività atletiche. Indica una effettiva possibilità di recupero a chi pratica le diverse discipline e voglia superarne il piano di semplice potenziamento fisico.
L’autore rievoca la dimensione olimpica dell’atletica nella civiltà classica greco-romana dove, oltre allo sviluppo del corpo, dei nervi, dei muscoli, il dispiegamento dell’azione atletica, attuata in modo spersonalizzato e svincolato dal risultato finale, permetteva il contatto anche con talune forza spirituali (potendosi così determinare possibilità di tipo iniziatico).
Dall’epoca classica a quella moderna non tutto è stato perduto e, seppur ridimensionate, le possibilità di un risveglio interiore permangono.
Le tracce al riguardo sono indagate con efficacia in questo scritto, contributo importante per coloro che intendano, per il tramite della pratica atletica, perseguire una finalità “interiore” che tenga conto delle contingenze dell’epoca in cui viviamo, senza da esse esserne annichilito.

martedì 15 ottobre 2013

Intervista con lo scrittore Pietrangelo Buttafuoco

Il “luogo”, inteso come terra natale, riveste nella produzione letteraria del giornalista e scrittore Pietrangelo Buttafuoco particolare importanza. Gli influssi storico-culturali, le tradizioni, i riti religiosi e sociali della Sicilia caratterizzano i suoi scritti, nutrono la vena dell’ immaginazione, la sua antimodernità.

Il “luogo” travalica perciò il significato di mero dato geografico per diventare “topos” in senso letterario. E non solo.

Questo elemento condiziona lo stile dell’autore, lo rende fastoso, quasi barocco, simile alle fiorite e panciute balaustre di ferro battuto dei balconi siciliani. Il “luogo” emerge prepotente nel gusto dell’iperbole, nelle citazioni dotte, nella capacità dello scrittore di narrare in modo vivo, ideografico, la processione del Venerdì di Pasqua a Cordoba e nella sua Leonforte.

Del resto Buttafuoco si trova a suo agio tra Roma, Atene e Gerusalemme. La sua heimat è una patria ideale, elettiva, punto di partenza di un percorso in cui si stratificano ricordi, affanni e nostalgie comuni ai popoli dell’Europa meridionale. Buttafuoco insomma è un mediterraneo “doc”, dalla penna sanguigna e generosa. Sensibile alle ragioni dei vinti, perciò inattuale nell’accezione nobile di questo termine.

Lo si percepisce quando difende con passione le sue idee contro la “tirannia del tacere” che domina i media e la cultura italiani. Oppure quando sberleffa le contraddizioni della nostra società e l’ipocrisia di un Occidente che, incapace di comprendere il sacro, ha dichiarato guerra alla religione, relegandola nei salotti televisivi, riducendola a materia di competenza dei tribunali.

Autore e commentatore televisivo, nei panni dell’opinionista Buttafuoco collabora con vari periodici della carta stampata. E’ arguto, tagliente, sempre garbato, virtù questa divenuta – ahimè - rara ai giorni nostri, sacrificati alla volgarità e alla banalità. Nei suoi interventi è erudito, scoppiettante, talvolta irrefrenabile. Così come promette il suo cognome che, con un po’ di immaginazione, richiama alla mente i vulcani della sua isola o certi personaggi della Commedia dell’Arte, dai nomi dirompenti come Matamoros e Capitan Spaventa. Nomen est omen ....direbbe qualcuno.

Cominciano quindi questa conversazione, partendo proprio da lì dove “tutto ebbe inizio”, dall’assolata terra dello scrittore.

Dott. Buttafuoco, Lei è nato al centro della Sicilia, isola posta nel cuore del nostro Mediterraneo, mare interno e, a sua volta, congiunzione tra Africa e continente eurasiatico. Una posizione privilegiata per una terra che, nonostante la sua dimensione insulare, è stata nei secoli crocevia fondamentale delle civiltà. Come valuta questa eredità storica e culturale?  

 "Come una benedizione innanzitutto. E poi un privilegio, quindi un vantaggio. La Sicilia è il luogo dove tutto il mondo si dà appuntamento. Non è solo un crocevia, è anche la goccia dove tutte le culture portano la eco degli oceani. Prova ne sia che la corrente spirituale mediterranea solo in Sicilia ha saputo far trasmigrare il nitore del pensiero dell'origine fin dentro il sentimento popolare: da Iside al culto delle sante vergini Agata, Lucia e Rosalia, da Ashurà fino alle processioni della Settimana Santa dove è più chiara l'impronta islamica. Sono i musulmani, infatti, più ancora delle altre civiltà, ad aver dato un'impronta alla mia terra. Ho fatto di proposito l'esempio del Venerdì Santo perchè in quella notte il modo di pregare, la commozione e la profondità del dolore rimanda ad un sentimento che ci fu affinato dai nostri antenati saraceni".

L’emozione generata dai riti del Venerdì Santo a Cordoba e nella sua Leonforte, così come narrati nel suo libro “Cabaret Voltaire”, rammenta infatti al lettore musulmano le celebrazioni di Ashurà, per il martirio dell’Imam Husayn (as). Un pathos ed una sensibilità comune legano quindi la cattolica Europa mediterranea al mondo musulmano?  

 "Credo che il pathos derivi da un istinto, una ricerca del sacro che – a livello popolare – porta la gente a rivolgersi ai segni. I devoti di san Padre Pio sono molto più numerosi di quelli che si presentano ai casting del Grande Fratello ma gli spettatori di questo show sono in grado di avvelenare il sentire popolare. Quelle affinità tra l'antica origine islamica di Sicilia e il cattolicesimo mediterraneo, giusto quelle che nelle processioni della Settima Santa svegliano il ricordo di Ashurà, sono visibili solo agli occhi di chi studia i residui di quella memoria. I musulmani sono quelli che hanno insegnato non solo come preparare la cassata e la cotognata, ma quelli che hanno lasciato un'impronta sulla preghiera. Tutto ciò è chiaro per chi ha orecchie e occhi per intendere ma adesso tutto volge ad un indistinto catalogo folcloristico. Vorrei sottolineare il livello popolare perché malgrado l'aggressione culturale delle elite, nel sentire del popolo c'è un retaggio suggerito dal sangue. Certamente la secolarizzazione borghese ha allontanato i popoli del Mediterraneo dalla propria radice religiosa, sicuramente la forma politica della democrazia, al sacro, sigillo di un'istituzione organica, ha sostituito una generica adesione alla morale corrente, ma il popolo serba sempre una sorpresa: è permeabile ai disegni della Misericordia. Non è un caso che il grido ritmato di ogni ora profonda della Passione è tutto spiegato nella parola mi-se-ri-cor-dia".

Nostalgia del sacro, radici culturali e futuro della nostra Europa. Lei scrive che “il soldato di Pindaro è fratello al saraceno” e cita una frase di Goethe: “il destino d’Europa è l’Islam temperato dai pomeriggi di Grecia”.

 "Quando sento parlare della radice cristiana d'Europa non riesco a trattenere il fastidio, specie perché quanti se ne proclamano alfieri della cristianità, hanno solo un'idea strumentale, per nulla saldata ad un riconoscimento sacrale. Detto questo: le uniche radici legittime dell'Europa sono quelle che rimandano alla duplice madre greco-latina e se il cattolicesimo ha dimenticato tutto ciò sposando adesso un destino di civilizzazione borghese (Dio ce ne scampi: i teo-con) grazie a Dio questa progenitura non l'ha smarrita la chiesa Ortodossa, né l'Islam sciita che ha saputo trovare nel pensiero dell'origine dei popoli quel lievito che vivifica la Rivelazione. Non è un caso che i teologi musulmani riconoscano in Platone, per fare un esempio, un precursore dell'avvicinamento a Dio. Ritengo che il soldato di Pindaro, infine, sia fratello al saraceno perché accanto alla teoretica, c'è un'etica dello stile. L'Islam che nei secoli ha di volta in volta incontrato i popoli - dagli arabi agli africani, dai persiani agli ottomani, dagli indiani all'intero continente euro-asiatico – adesso è pronto a diventare intimamente europeo, così come aveva vagheggiato Goethe. E a ciò si arriverà facendo svegliare a nuovo fulgore il tesoro che promana da Roma e da Atene".

Queste considerazioni sembrano aver ispirato il suo secondo romanzo: “l’Ultima del diavolo”. Un libro dal sapore faustiano, ricco di allegorie, con una trama originale e raffinatissima. E’ stato definito - forse in maniera frettolosa e impropria - un thriller teologico. Si tratta solo di questo?  

 “Decisamente frettolosa la definizione di thriller teologico per L'Ultima del Diavolo. Credo di aver adoperato, al contrario, uno schema senza suspence perché ciò che riguarda la teologia non determina un genere letterario, piuttosto la necessità del raccontare per come la tradizione ha stabilito. E per come i personaggi stessi del libro impongono alle pagine. Shaitan, poi, non è tema di horror, è una presenza che l'Occidente ha messo tra parentesi ma chi ha sensibilità religiosa sa bene quanto sia urgente svelarne le trame e con “l'Ultima del Diavolo” ho ripercorso una strada segnata da altri più autorevoli di me: da Bulgakov a Dante, magari anche il fumetto, ma certamente provando a fare quello che qualcuno, volendo fare una critica, ha involontariamente dato al mio libro un lusinghiero complimento: il primo romanzo musulmano in lingua italiana. Ho cercato, infatti, di scrivere il libro con gli occhi della sensibilità islamica.“

In effetti questo libro ha come fulcro eventi riguardanti l’origine dell’Islam: l’incontro del monaco Bahira col giovane Mohammad, l’unione della tradizione cristiana e musulmana nella figura dell’Imam Mahdi. Gesù e Mohammad visti come due raggi della stessa luce. Ma non solo, tra i personaggi del romanzo compaiono anche sufi, prelati cattolici e ortodossi e innumerevoli sono i richiami simbolici, storici, forse geopolitici. Per dirla col poeta Alighieri, anche lui citato nel libro, quali messaggi Buttafuoco nasconde “sotto ‘l velame de li versi strani”?

 “Messaggi proprio no. A far la battuta io appartengo a quella scuola secondo la quale chi deve mandare messaggi scelga almeno la forma del telegramma: essenziale, tecnica e concisa comunicazione. Scherzi a parte: so di aver lavorato prendendo a prestito una materia alta, ovvero la Tradizione. E non nel senso del sincretismo laddove accomuno l'eredità del cattolicesimo popolare con l'Islam, piuttosto nel senso della Tradizione quale fonte unica: raggi della stessa luce appunto. Sono convinto del fatto che la Verità abbia un ovvio esercizio di dissimulazione incontro alle diverse epoche e ai destini dei popoli: ogni regno ha la propria religio. La vicenda dell'Occidente costretto all'oblio del Sacro (se non all'abiura del Sacro nella sua totalità), invece, ci tocca profondamente e solo una religione universale e vitale, erede della radice greco-romana qual è l'Islam, nella sua declinazione sciita, può caricarsi la responsabilità di tenere viva la speranza e proseguire il cammino della nostra stessa origine. Nell'Ultima del Diavolo metto in scena anche il percorso del Sikander (l'Iskander secondo la lingua araba, l'Alessandro Magno della nostra memoria) quando ravviva l'ara del padre Giove Ammone: dall'oasi in Libia fino a Elia Capitolina, ovvero Al Aqsa.“

Se le dittature governano limitando l’informazione ed esercitando la censura preventiva, i regimi democratici, paradossalmente, sembrano ottenere gli stessi risultati tramite l’eccesso di notizie. Una massa di comunicazioni, la cui attendibilità è difficile da verificare, ottiene lo scopo di (dis)orientare il cittadino. Il risultato sono campagne mediatiche il cui obbiettivo è, secondo le ideologie e i tempi, demonizzare il nemico di classe, lo straniero, il musulmano…..

“Tutto vero. La democrazia, secondo la definizione di un genio quale fu Carmelo Bene, è esclusivamente "condominiale". Non produce poetica, è burocratica e non determina epica. La democrazia fonda la propria ragione sociale sull'impostura. Si priva di legittimità non avendo a fondamento nulla di sacro. Ovviamente non possiamo dirlo in pubblico perché la dittatura del luogo comune impone totale accettazione della trimurti demoniaca per eccellenza: libertà, uguaglianza e fratellanza. Ufficialmente si deve essere democratici. E la unica teologia ammessa in Occidente è quella secondo cui non si può prescindere dalla democrazia. Dall'altro lato ci sono le dittature. Oppure i ridicoli governi di satrapia tipo la Lega Araba, quelli che durante il massacro di Gaza non riuscirono neppure per un minuto a decidere di smettere di vendere petrolio all'Occidente, giusto per ricordare qual è la vera fratellanza. Insomma: non è di questo mondo la Repubblica di Platone.“ 

Abbiamo titolato la nostra rubrica “Al-Qantara”, parola araba che significa “Il Ponte”. Riteniamo infatti che gli uomini abbiano bisogno di costruire “ponti” verso il sacro e le altre culture, piuttosto che preparare nuove crociate. Purtroppo, parte dei media e della politica, promuovono intolleranza e disinformazione sulle vicende riguardanti le etnie e le religioni presenti nel nostro paese. Ci allontaniamo dalla pacifica convivenza tra le genti, tipica dei paesi mediterranei, per vivere anche in Italia un clima di conflitti ed emarginazioni come nel Nord Europa? Siamo in grado di evitare la trappola dello “scontro di civiltà”?

 “Al punto in cui siamo arrivati trovo difficile sfuggire alla trappola. Siamo già dentro la buca dello scontro. Il livello di scontro ha già superato le fasi preparatorie della disinformazione e della propaganda. Sono convinto che la crisi avrà un crescendo a causa della facile infezione che l'odio procura all'una e all'altra parte in gioco. Se da un lato non si può imporre con la forza la religione, dall'altro non si può pensare di forgiare l'individuo secondo i dogmi della superstizione laica. E l'Occidente che ha fatto della rimozione del Sacro il proprio status psicologico e culturale sta portando alle estreme conseguenze quell'idea secondo la quale chiunque non corrisponda ai canoni della liberal-democrazia laica non è nemmeno considerato un nemico, piuttosto un imputato.“

a cura di Hamza Biondo - 01/02/2010

domenica 13 ottobre 2013

Mostra "Canova" Assisi 10 agosto 2013 - 31 gennaio 2014

Fondazione Canova - Possagno TV

Canova  ad Assisi

Un grande evento espositivo nella città di San Francesco: oltre 50 opere, tra statue,  dipinti e incisioni, dal Museo Canova di Possagno alla prestigiosa sede di Monte Frumentario, dal 10 agosto 2013 al 31 gennaio 2014.
Conferenza stampa, Perugia, Palazzo della Provincia (Piazza Italia, n. 11), sabato 15 giugno, ore 11.30.

Tra le opere in mostra, il gruppo della Beneficienza, il Pugilatore Damosseno, Endimione dormiente, Maddalena penitente, la Danzatrice con le mani ai fianchi.

Comunicato stampa

Ad Assisi, uno dei più grandi eventi canoviani italiani di quest’anno: la Mostra “Canova”, voluta dal Comune di Assisi  (Pg)  nella prestigiosa sede del  Palazzo di Monte Frumentario, a pochi passi dalla Basilica di San Francesco.

In esposizione oltre cinquanta opere Antonio Canova, tutte provenienti dal Museo Canova di Possagno per  diffondere la cultura canoviana  in una delle città più visitate al Mondo e per riscoprire i legami artistici e affettivi tra Canova e l’Umbria.

La mostra apre dal 10 agosto 2013 al 31 gennaio 2014. Conferenza stampa, sabato 15 giugno 2013, palazzo della Provincia di Perugia (Piazza Italia, n. 11)

venerdì 11 ottobre 2013

Il valore della civiltà sta nel dono di sé

Durante le mie lunghe passeggiate ho capito che il valore della civiltà del mio impero non riposa sulla qualità dei cibi ma sulla qualità delle esigenze e sul fervore del lavoro. Questo valore non è dato dal possesso, ma dal dono di sé. E' civilizzato innanzi tutto quell'artigiano che si ricrea nell'oggetto; in compenso egli diviene eterno, in quanto non teme più di morire. Ma quest'altro che si circonda di oggetti di lusso comperati dai mercanti, non ne trae alcun vantaggio se non ha creato nulla, anche se nutre il suo sguardo di cose perfette. Conosco quelle razze imbastardite che non scrivono più i loro poemi ma li leggono, che non coltivano più la loro terra ma si fondano anzitutto sugli schiavi. Contro di loro le sabbie del Sud preparano incessantemente nella loro miseria creatrice le tribù vive che saliranno alla conquista delle loro provviste morte. Non amo chi è sedentario nel cuore. Quelli che non offrono nulla non divengono nulla. La vita non servirà a maturarli, e il tempo per loro fluisce come una manciata di sabbia disperdendoli. che cosa offrirò a Dio in loro nome?

Antoine de Saint-Exupéry, Cittadella

martedì 8 ottobre 2013

Identità di genere: la libertà di educazione a rischio in Europa

Come genitori leggiamo  con viva preoccupazione l’intenzione del Dipartimento delle Pari Opportunità di  promuovere le ideologie di genere e l’indifferenza dell’orientamento sessuale nelle scuole italiane di ogni ordine e grado sin dagli asili nido.
Mi riferisco alla “Strategia nazionale per la prevenzione e il contrasto delle discriminazioni basate sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere (2013-2015)” pubblicata il 30 aprile 2013 sul sito dell’UNAR (Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali, Dipartimento per le Pari Opportunità).
Lo scopo di queste linee guida vorrebbe essere quello di contrastare la discriminazione, ma di fatto colpiranno il cuore della famiglia, nella sua componente più  innocente e indifesa, i bambini.
Leggendo le Linee Guida si coglie  l’intento di modellare le coscienze degli studenti sin dalla più tenera età, incidendo in profondità nei loro valori, nella loro formazione morale.
Possiamo dire di conoscere queste ideologie in base alle quali si auspica di indottrinare i nostri figli?
Papa Benedetto XVI afferma che la teoria di genere  è una delle forze che stanno dietro all’attacco al matrimonio, alla famiglia, alla verità della persona umana  e alla fede.
Le ideologie di genere post-moderne sostengono che il sesso biologico è irrilevante, ciò che conta è quello che voglio essere. L’umanità non è divisa tra maschi e femmine, ma  è fatta di individui che scelgono chi vogliono essere.  L’idea è che i sessi non sono due, ma molti. Non nasciamo maschi o femmine, ma possiamo essere maschi e femmine, cioè  in una dimensione di confusione, fluida, tra una sessualità e l’altra. Strettamente legata è l’idea che anche l’orientamento sessuale è indifferente, l’omosessualità, l’eterosessualità ma anche la bisessualità sono indifferenti, non c’è una scelta migliore o peggiore, tutto si equivale.
Le teorie di genere negano la realtà della differenza sessuale. Affermano ad esempio che il sesso viene “assegnato” ad un bambino alla nascita, come se l’identificazione del sesso di un bambino fosse un atto arbitrario,  arrivando ad affermare che il bambino ha la libertà di scegliere il proprio genere  già a 5 anni.
La “Strategia Nazionale” auspica di promuovere queste teorie  attraverso la principale Agenzia educativa che è la Scuola, a cominciare dagli asili nido.
“..A tal fine, sarebbe auspicabile un’integrazione e un aggiornamento sulle tematiche LGBT (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transessuali) nei programmi scolastici..Occorre altresì progettare percorsi innovativi di formazione in materia di educazione alla affettività che partano dai primi gradi dell’istruzione, proprio per cominciare dagli asili nido e dalle scuole dell’infanzia..”
(CAPITOLO 4. GLI ASSI DELLA STRATEGIA paragrafo 4.1. EDUCAZIONE E ISTRUZIONE, pag 17)
In diversi Stati europei si assiste ad un tentativo di manipolare le coscienze degli studenti secondo ideologie e valori non condivisi dalle famiglie.
Bimbi buttati nelle sabbie mobili del relativismo.
Bambini a cui viene insegnato ch
e non si nasce maschi o femmine, ma di un genere malleabile, che non esiste una realtà certa…
Curriculum scolastici che promuovono come indifferente qualunque tipo di unione. Non più la famiglia, ma le famiglie.
In Inghilterra qualche anno fa,  il ministro per l’Istruzione e l’Infanzia Ed Balls è arrivato a pretendere  che le parole  mamma e papà non venissero più utilizzate nelle scuole primarie perché gravemente offensive nei confronti degli omosessuali.  (“Inghilterra, vietato dire mamma e papà a scuola”, il Giornale.it 31/01/2008)
Tutti abbiamo un padre e una madre, e questa è semplicemente la realtà.

…“Nella paternità e maternità umane Dio stesso è presente” (Evangelium  Vitae, Giovanni Paolo II, nr.43)
Il processo di delegittimazione della famiglia è  in corso in buona parte d’Europa, dove dalla Spagna di Zapatero, alla Francia di Holland, si vanno adottando nuovi codici della famiglia che aboliscono i termini di madre e padre, sostituendoli con genitore 1 e genitore 2.
Con la famiglia anche la libertà di educazione è oggi drammaticamente ferita in Europa.

Anche in Italia, se verrà deliberata la legge sull’omofobia,  temiamo che sarà limitata la libertà di parola, di religione e di coscienza dei genitori e quindi il diritto ad educare i figli secondo le proprie convinzioni, diritto garantito dalla Costituzione Italiana e dalla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo.

In Francia in questi giorni il ministro dell’istruzione Vincent Peillon ha reso obbligatoria in tutte le scuole pubbliche  la “Carta della laicità”, sono 15 articoli in cui si afferma tra l’altro che “Nessun allievo può invocare una convinzione religiosa o politica per contestare a un insegnante il diritto di trattare un tema che fa parte del programma”.

In Germania dal 2006 al 2011 si sono contati 35 genitori incarcerati  per essersi rifiutati di mandare i propri figli, frequentanti le primarie, ai corsi di “educazione” sessuale previsti obbligatoriamente dall’ordinamento scolastico. (Zenit, 08/03/2011)
Questi corsi erano ritenuti dai genitori immorali anche per l’uso di immagini e situazioni giudicate pornografiche.
Il governo spagnolo ha introdotto nel 2006 un curriculum scolastico denominato “Educazione alla cittadinanza”.  I contenuti obbligatori  includono temi come ” Identità personale”, ” Educazione emotiva ed affettiva” o” La costruzione della coscienza morale ” . Questi argomenti sono affrontati dal punto di vista del relativismo  mentre idee come la verità, il bene e il male non sono nemmeno considerati come una possibilità. In poco più di tre anni , i genitori spagnoli hanno presentato 55.000 obiezioni di coscienza , rifiutandosi di permettere ai loro bambini di frequentare le lezioni CEF. Creando più di 70 associazioni , sia a livello regionale che locale, per informare, sostenere e aiutare i genitori che hanno obiettato. (“Spanish education for citizenship: an assault on freedom of education and conscience”,  Profesionales por la etica, www.profesionalesetica.org)

Croazia. Nel primo semestre 2013 i bambini croati hanno subito nelle scuole primarie corsi di sessualità, in cui si rappresentano situazioni di sesso esplicito e la pornografia viene utilizzata come strumento didattico (“ I programmi di educazione sessuale per i bambini in Croazia sono stati redatti da pedofili” La nuova Bussola Quotidiana, 04/04/2013) Improntati alle ideologie di genere, si insegna ai bimbi che non nascono né maschi, né femmine..Sospesi a maggio 2013 dalla Corte Costituzionale, leggermente modificati, verranno riproposti anche nel corrente anno scolastico. I genitori croati hanno costituito una associazione  “Vigilare” per chiedere al governo la libertà di non mandare i propri figli a queste lezioni,  la libertà di educare i propri figli.

Papa Benedetto XVI, nel discorso rivolto il 10/01/2011 al Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, affermava di non potere “passare sotto silenzio un’altra minaccia alla libertà religiosa delle famiglie in alcuni Paesi europei, dove è imposta la partecipazione a corsi di educazione sessuale o civile che trasmettono concezioni della persona e della vita presunte neutre, ma che in realtà riflettono un’antropologia contraria alla fede e alla retta ragione”
Sempre il Magistero del Santo Padre afferma “..in Europa, e non solo, si è ormai affermata una visione che vede necessario “espropriare” i genitori dalla funzione di educatori per promuovere un insegnamento dell’educazione sessuale nelle scuole fin dall’infanzia secondo una visione edonistica, che riduce la persona a puro istinto, oggetto di piacere e pulsioni sessuali”

Stati Uniti. Lo Stato del Massachusetts  impone alle scuole di permettere ai bambini che pensano di essere dell’altro sesso di decidere da sè se sono maschi o femmine sin dai 5 anni di età. I bambini, anche piccolissimi, che non si prestano a questa menzogna, di considerare e trattare da maschio un compagno femmina o viceversa, vengono tacciati di bullismo. I terapeuti che vogliono aiutare i bambini che presentano un disturbo dell’identità di genere vengono citati in giudizio. I medici sono incoraggiati a fornire a questi bambini trattamenti che inibiscono la pubertà  e prepararli per il cambiamento di sesso. (Dale o’Leary, La teoria Gender, alienata dalla realtà, 13/04/2013)

“La coscienza morale, sia individuale che sociale, è oggi sottoposta,..,a un pericolo gravissimo e mortale: quello della confusione tra il bene e il male”… “Quando la coscienza questo luminoso occhio dell’anima, chiama “bene il male e male il bene” (Is 5, 20), è ormai sulla strada della sua degradazione più inquietante e della più tenebrosa cecità morale.” (Evangelium Vitae, Giovanni Paolo II, nr .24)
“E’ l’esito nefasto del relativismo che regna incontrastato: il diritto cessa di essere tale, perché non è più solidamente fondato sull’inviolabile dignità della persona, ma viene assoggettato alla volontà del più forte. In questo modo la democrazia, ad onta delle sue regole, cammina sulla strada di un sostanziale totalitarismo. Lo Stato non è più la “casa comune” dove tutti possono vivere secondo principi di uguaglianza sostanziale ma si trasforma in Stato tiranno” (Evangelium Vitae, nr. 20)

La “cultura della  morte” che si è accanita  contro i bimbi nel grembo con le leggi sull’aborto, ora si volge contro i nostri figli già nati.

Guardo negli occhi i miei figli, e resto quasi intimorita di fronte al loro mistero. Li contemplo così come si contemplano le cose di Dio, che non riusciamo ad afferrare compiutamente ma ne intuisci la meraviglia, li guardo  e sento dentro le parole di Gesù: l’angelo di ognuno di questi piccoli in cielo guarda incessantemente la faccia  del Padre Mio che è nei cieli.
“Che cosa è l’uomo perché te ne ricordi, il figlio dell’uomo perché te ne curi? Lo hai fatto poco meno degli angeli di gloria e onore lo hai coronato” (Sal 8,6)
Come contrastare questa cultura relativistica, che nega la bellezza e la dignità dell’Uomo?
La realtà attuale chiede ai genitori una sempre maggiore consapevolezza e vigilanza.
Chiamati ad essere  testimoni della Verità,  a difendere la realtà.
Chiediamo alle Istituzioni il rispetto della famiglia, il rispetto dell’innocenza e della dignità dei nostri figli.
Saldi nella Fede e nella Speranza ricordiamo infine le luminose parole del beato Giovanni Paolo II: “E’ certamente enorme la sproporzione che esiste tra i mezzi, numerosi e potenti, di cui sono dotate le forze operanti a sostegno della “cultura della morte” e quelli di cui dispongono i promotori di una “cultura della vita e dell’amore”. Ma noi sappiamo di poter confidare sull’aiuto di Dio, al quale nulla è impossibile (cfr. Mt 19,26). Con questa certezza nel cuore e mosso da accorta sollecitudine per le sorti di ogni uomo e donna, ripeto oggi a tutti quanto ho detto alle famiglie impegnate nei loro difficili compiti fra le insidie che le minacciano: è urgente una grande preghiera per la vita, che attraversi il mondo intero. Con iniziative staordinarie e nella preghiera abituale, da ogni comunità cristiana, da ogni gruppo o associazione, da ogni famiglia e dal cuore di ogni credente, si elevi una supplica appassionata a Dio, Creatore e amante della Vita.” (Evangelium Vitae, nr 100)

di CC, Notizie ProVita



lunedì 7 ottobre 2013

Penelope e il tentativo di travolgerne l'insegnamento


Penelope. Solo a dei malriusciti nell'anima può saltare in mente di dare un simile nome ad una perturbazione. Questa moda yankee di dare dei nomi femminili agli uragani rappresenta un'altra sconfitta della femminilità autentica!

Penelope rappresenta, all'interno dell'Odissea, l'ideale di donna del mondo omerico, un vero e proprio modello di comportamento. Ella è la sintesi di bellezza, regalità, pudore, fedeltà e astuzia. Una donna capace di aspettare e attendere l'uomo che ama. Senza mai dubitare del suo amore. Infatti, viene definita alter ego di Odisseo Ulisse, come per il figlio Telemaco.

sabato 5 ottobre 2013

Rudyard Kipling - Se (Lettera al figlio, 1910)


Se riesci a conservare il controllo quando tutti
Intorno a te lo perdono e te ne fanno una colpa;
Se riesci ad aver fiducia in te quando tutti 
Ne dubitano, ma anche a tener conto del dubbio;


Se riesci ad aspettare e non stancarti di aspettare,
O se mentono a tuo riguardo, a non ricambiare in menzogne, 
O se ti odiano, a non lasciarti prendere dall'odio,
E tuttavia a non sembrare troppo buono e a non parlare troppo saggio;

Se riesci a sognare e a non fare del sogno il tuo padrone; 
Se riesci a pensare e a non fare del pensiero il tuo scopo;


Se riesci a far fronte al Trionfo e alla Rovina 
E trattare allo stesso modo quei due impostori; 


Se riesci a sopportare di udire la verità che hai detto
Distorta da furfanti per ingannare gli sciocchi
O a contemplare le cose cui hai dedicato la vita, infrante, 
E piegarti a ricostruirle con strumenti logori;


Se riesci a fare un mucchio di tutte le tue vincite 
E rischiarle in un colpo solo a testa e croce,
E perdere e ricominciare di nuovo dal principio 
E non dire una parola sulla perdita; 


Se riesci a costringere cuore, tendini e nervi
A servire al tuo scopo quando sono da tempo sfiniti,
E a tener duro quando in te non resta altro 
Tranne la Volontà che dice loro: "Tieni duro!".


Se riesci a parlare con la folla e a conservare la tua virtù, 
E a camminare con i Re senza perdere il contatto con la gente,
Se non riesce a ferirti il nemico né l'amico più caro,


Se tutti contano per te, ma nessuno troppo;


Se riesci a occupare il minuto inesorabile 
Dando valore a ogni minuto che passa, 
Tua è la Terra e tutto ciò che è in essa, 
E - quel che è di più - sei un Uomo, figlio mio!



Rudyard Kipling

mercoledì 2 ottobre 2013

Mastro Don Gesualdo


A partire da martedì 8 ottobre sarà in scena al Teatro Quirino di Roma l'opera inspirata ad uno dei più famosi romanzi di Giovanni Verga, Mastro Don Gesualdo, regia Guglielmo Ferro. In una società come la nostra fondata sulle ambizioni materiali, abbiamo molto da imparare da Giovanni Verga che ci descrive attraverso il protagonista, Mastro Don Gesualdo, la solitudine e l'estraneità dei meccanismi dell’alienazione provocata dalla spietata logica economica. Ambientato in un'era in cui la corruzione del lusso aveva già incominciato a permeare la nobiltà mentre l'etica utilitaristica e borghese era in ascesa, il romanzo narra la storia di chi ha puntato tutto sull'affermazione sociale e che solo di fronte alla morte, ormai tardi, intende il senso della propria vita. Verga in questo è molto chiaro: non c'è salvezza per chi perde di vista la verticalità della vita.

Teatro Quirino

omaggio a Turi Ferro

martedì 8 ottobre prima stampa ore 20.45

repliche fino al 13 ottobre

M&C Produzioni

Enrico Guarneri
MASTRO DON GESUALDO

di Giovanni Verga

rielaborazione drammaturgica Micaela Miano

con Ileana Rigano, Rosario Minardi

Francesca Ferro, Nadia De Luca

Giovanna Centamore, Vincenzo Volo

Rosario Marco Amato, Pietro Barbaro

Maddalena Longo, Giovanni Fontanarosa

scene Salvo Manciagli

costumi Carmen Ragonese

regia Guglielmo Ferro

domenica 29 settembre 2013

Preghiera a San Michele Arcangelo

La preghiera fu formulata da papa Leone XIII come prologo a un famoso esorcismo, che secondo le leggi della chiesa cattolica può essere pronunciato efficacemente da un sacerdote autorizzato dal vescovo, e in forma privata da qualsiasi fedele battezzato.



Latino
In Nomine Patris, et Filii et Spiritus Sancti.
Princeps gloriosissime caelestis militiae, sancte Michael Archangele, defende nos in proelio et colluctatione, quae nobis adversus principes et potestates, adversus mundi rectores tenebrarum harum, contra spiritualia nequitiae, in caelestibus.
Veni in auxilium hominum, quos Deus creavit inexterminabiles, et ad imaginem similitudinis suae fecit, et a tyrannide diaboli emit pretio magno. Proeliare hodie cum beatorum Angelorum exercitu proelia Domini, sicut pugnasti contra ducem superbiae Luciferum, et angelos eius apostaticos: et non valuerunt, neque locus inventus est eorum amplius in coelo. Sed proiectus est draco ille magnus, serpens antiquus, qui vocatur diabolus et satanas, qui seducit universum orbem; et proiectus est in terram, et angeli eius cum illo missi sunt.
En antiquus inimicus et homicida vehementer erectus est. Transfiguratus in angelum lucis, cum tota malignorum spirituum caterva late circuit et invadit terram, ut in ea deleat nomen Dei et Christi eius, animasque ad aeternae gloriae coronam destinatas furetur, mactet ac perdat in sempiternum interitum.
Virus nequitiae suae, tamquam flumen immundissimum, draco maleficus transfundit in homines depravatos mente et corruptos corde; spiritum mendacii, impietatis et blasphemiae; halitumque mortiferum luxuriae, vitiorum omnium et iniquitatum.
Ecclesiam, Agni immaculati sponsam, faverrimi hostes repleverunt amaritudinibus, inebriarunt absinthio; ad omnia desiderabilia eius impias miserunt manus. Ubi sedes beatissimi Petri et Cathedra veritatis ad lucem gentium constituta est, ibi thronum posuerunt abominationis et impietatis suae; ut percusso Pastore, et gregem disperdere valeant.
Adesto itaque, Dux invictissime, populo Dei contra irrumpentes spirituales nequitias, et fac victoriam.
Te custodem et patronum sancta veneratur Ecclesia; te gloriatur defensore adversus terrestrium et infernorum nefarias potestates; tibi tradidit Dominus animas redemptorum in superna felicitate locandas. Deprecare Deum pacis, ut conterat satanam sub pedibus nostris, ne ultra valeat captivos tenere homines, et Ecclesiae nocere.
Offer nostras preces in conspectu Altissimi, ut cito anticipent nos misericordiae Domini, et apprehendas draconem, serpentem antiquum, qui est diabolus et satanas, ac ligatum mittas in abyssum, ut non seducat amplius gentes.

Italiano
Gloriosissimo Principe della Milizia Celeste, Arcangelo San Michele, difendeteci in questa ardente battaglia contro tutte le potenze delle tenebre e la loro spirituale malizia.
Venite in soccorso degli uomini creati da Dio a sua immagine e somiglianza e riscattati a gran prezzo dalla tirannia del demonio.
Combattete oggi le battaglie del Signore con tutta l’armata degli Angeli beati, come già avete combattuto contro il principe dell’orgoglio lucifero ed i suoi angeli apostati; e questi ultimi non potettero trionfare e ormai non v’è più posto per essi nei cieli. Ma è caduto questo grande dragone, questo antico serpente che si chiama lo spirito del mondo, che tende trappole a tutti.
Sì, è caduto sulla terra ed i suoi angeli sono stati respinti con lui.
Ora ecco che, questo antico nemico, questo vecchio omicida, si erge di nuovo con una rinnovata rabbia. Trasfiguratosi in angelo di luce, egli nascostamente invase e circuì la terra con tutta l’orda degli spiriti maligni, per distruggere in essa il nome di Dio e del suo Cristo e per manovrare e rubarvi le anime destinate alla corona della gloria eterna, per trascinarle nell’eterna morte.
Il veleno delle sue perversioni, come un immenso fiume d’immondizia, cola da questo dragone malefico e si trasfonde in uomini di mente e spirito depravato e dal cuore corrotto; egli versa su di loro il suo spirito di menzogna, di empietà e di bestemmia ed invia loro il mortifero alito di lussuria, di tutti i vizi e di tutte le iniquità.
La Chiesa, questa Sposa dell’Agnello Immacolato, è ubriacata da nemici scaltrissimi che la colmano di amarezze e che posano le loro sacrileghe mani su tutte le sue cose più desiderabili. Laddove c’è la sede del beatissimo Pietro posta a cattedra di verità per illuminare i popoli, lì hanno stabilito il trono abominevole della loro empietà, affinché colpendo il pastore, si disperda il gregge.
Pertanto, o mai sconfitto Duce, venite incontro al popolo di Dio contro questa irruzione di perversità spirituali e sconfiggetele. Voi siete venerato dalla Santa Chiesa quale suo custode e patrono ed a Voi il Signore ha affidato le anime che un giorno occuperanno le sedi celesti. Pregate, dunque, il Dio della pace a tenere schiacciato satana sotto i nostri piedi, affinché non possa continuare a tenere schiavi gli uomini e a danneggiare la Chiesa.
Presentate all’Altissimo, con le Vostre, le nostre preghiere, perché scendano presto su di noi le Sue Divine Misericordie e Voi possiate incatenare il dragone, il serpente antico satana ed incatenarlo negli abissi. Solo così non sedurrà più le anime.


San Michele Arcangelo



Si festeggia oggi il Principe delle Milizie Celesti, 
l' Angelo-guerriero difensore dell'Ordine Divino dalle forze infere del caos.



sabato 28 settembre 2013

GLI UOMINI DORMONO E QUANDO MUOIONO SI RISVEGLIANO

Gli uomini dormono. Quando muoiono si risvegliano. Come l’acqua fredda viene tratta al calore dal fuoco, l’anima diventa vivente in atto senza perdere la vita dall’incendio della morte. Tutto ciò che fu esistente in potenza diviene in atto. Il corpo è una protesi dell’anima, è una sorta di cucchiaio attraverso cui la natura purissima della persona trova il proprio destino conoscendo. Ed è perciò che non si deve temere neppure il venir meno delle forze, il deperire, proprio perché gli uomini hanno due sostanze: la prima di esse è viva per natura, ed è l’anima, mentre la seconda è morta per natura, ed è il corpo. E fu così che i saraceni, rapiti dai tramonti del Monte Etna, cominciarono a tramandare Empedocle.


Pietrangelo Buttafuoco
 da Il Foglio di venerdì 27 settembre 2013

mercoledì 25 settembre 2013

La Tradizione si situa al di là del tempo


“La tradizione non è il passato.
La tradizione ha a che vedere con il passato
né più né meno di quanto ha a che vedere
col presente o col futuro. Si situa al di là del tempo.
Non si riferisce a ciò che è antico,
a ciò che è alle nostre spalle:
bensì a ciò che è permanente, a ciò che ci sta “dentro”.
Non è il contrario dell'innovazione,
ma il quadro entro cui debbono compiersi
le innovazioni per essere significative e durevoli”.


domenica 22 settembre 2013

Equinozio d'autunno


Oggi ore, 22.44, il sole si trova allo zenit sull'equatore, illuminando tutto il globo allo stesso modo.
Il giorno ha quindi oggi la stessa durata della notte, ma da questo punto in poi, le tenebre avranno la meglio sulla luce. Da sempre, la natura scandisce i ritmi della vita dell'uomo, le cui attività sono sempre state strettamente collegate alle forze della madre terra. Trovandoci inseriti in una società moderna che tende ad appiattire e togliere ogni significato alle specificità ed alle differenze qualitative che intercorrono tra le varie fasi del ciclo annuale, l'uomo moderno continua noncurante le propria vita frenetica e meccanica. Guardando alle radici della nostra Tradizione, scopriamo che inizia un periodo di riflessione e pausa interiore, atto all'analisi e al lavoro su sé stessi, cercando e limando ciò che dentro di sé va corretto, migliorato.
Di seguito un'interessante passo, che si lega anche alla prossima festività di San Michele Arcangelo.

Nei tempi antichissimi dell'evoluzione dell'umanità ogni passo del processo della riproduzione umana era collegato strettamente al corso dell'anno.
Con la festività di S. Michele (29 settembre) abbiamo appena superato l'equinozio d'autunno (23 settembre - dal latino aequus, uguale, e nox, notte). Passiamo da Uriele a Michele: è finita la fase di crescita esteriore nella natura, e nostra verso ciò che è "altro da sé", ed è iniziata la rigenerazione invisibile.
Adesso è Michele alla massima altezza, alla sua culminazione cosmica
L'emiciclo annuale che si avvia con Michele in autunno (e si conclude con Gabriele in inverno) è quello "dalla morte alla vita", ritorniamo dentro, ripieghiamo su noi stessi e nella nostra interiorità, per consentirci poi di rinascere "a nuova vita"; quando - superato l'inverno - verrà inaugurato l'altro emiciclo, polare a questo, quello di Raffaele: "dalla vita alla morte", il tempo in cui saremo nuovamente tutti proiettati fuori di noi, all'esterno.
In questi sei mesi dell'autunno/inverno (Michele e Gabriele) la "materia è contessuta di spirito", mentre nei sei mesi precedenti della primavera/estate (Raffaele e Uriele) era lo "spirito contessuto di materia". Vediamo intorno, ovunque sotto i nostri occhi, avviarsi il processo di "incenerimento della pianta" dopo aver assistito al trionfo della "nascita della pianta". Il bianco secondo Steiner è il colore di riferimento inteso come immagine animica dello spirito. La bellezza luminosa di questo periodo autunnale è quella della veste di Michele, "che a volte riluce di oro solare e a volte risplende interiormente come un'irradiazione argentea": una veste intessuta d'oro (il Sole della stagione precedente - Uriele) e risplendente d'argento (la Terra della stagione seguente - Gabriele).
L'immagine di Michele che tiene la sua spada di ferro puntata sul drago è per l'Uomo, secondo Steiner, un grande "appello rivoltogli per l'azione interiore". Perché egli impari a festeggiare la festa di S. Michele "facendone - appunto - una festa di liberazione da ogni timore o paura, una festa dell'iniziativa e della forza interiori, una festa che sia un appello all'autocoscienza scevra da egoismo."
Lasciamo dunque che in noi, in questa fase autunnale, cresca tutto ciò che tende alla riflessione, "alla libera forte e coraggiosa volontà, contraria ad ogni ignavia e ad ogni paura." In questo modo alla conoscenza della natura possiamo unire un verace processo di autocoscienza.

www.disinformazione.it

sabato 14 settembre 2013

Dante Alighieri - in memoriam

Dante Alighieri 14/09/1321 - 14/09/2013


Oggi cade l'anniversario della morte del sommo poeta. Lo ricordiamo con alcuni suoi profetici versi, validi ora più che mai...

"Ahi serva Italia, di dolore ostello,

nave senza nocchiero in gran tempesta,

non donna di province, ma bordello!"

purgatorio -  6^ canto  



mercoledì 4 settembre 2013

Gerarchia o meritocrazia?


Incontriamo spesso in questa moderna ed avanzata nazione tra le potenze occidentali, molte persone insoddisfatte, che hanno subito ”ingiustizie”, pluripremiati che non hanno trovato il posto che gli s'addiceva, per i loro supposti meriti. ”Io sono un intellettuale e ho il diritto di parlare, in un modo o nell'altro, poiché sono stato premiato", è la replica-tipo che indica la psicologia di queste persone. Come? Un riconoscimento ti dà diritti? Essere bravo e meritevole una volta, ti autorizza a chiedere e di ricevere sempre? In realtà, è vero proprio il contrario. Chi si è dimostrato bravo una volta, si è qualificato per un nuovo compito, per una nuova responsabilità, per un nuovo dovere. E questo è tutto. Certo, è una morale aspra, questa del dovere senza fine da parte dei bravi e della ricompensa a quelli che non sempre sono stati bravi, ma questa è la morale tradizionale, la morale di qualsiasi comunità, spiritualmente sana. Ci può piacere o meno, ma essere bravo significa capire veramente che non si sarà mai abbastanza bravo, per iniziare a chiedere invece di continuare a dare. Questa è la differenza tra la meritocrazia del mondo moderno, liberal-democratico e la gerarchia, che etimologicamente significa governo del sacro. Il grado di sacrum facere, di sacrificio, indica la collocazione organica che compete ad ognuno. Alcuni obietteranno. Il fatto che non sempre siano esistiti in Italia dei criteri oggettivi che valorizzassero le persone è possibile. Ma anche laddove esistono dei criteri oggettivi, si vengono a compiere casualmente delle ingiustizie. Ad esempio per alcuni posti di lavoro vengono considerati solo coloro che hanno concluso la propria carriera accademica con il voto di 110 e lode. Significa questo che non vengono messi da parte molti di quelli bravi? Dunque non sono i criteri oggettivi che decidono la buona preparazione professionale e morale della società. Esistono anche altri criteri, in base ai quali non è la posizione alla quale sei arrivato che qualifica il tuo valore, bensì la tensione morale nella quale si vive.

Nico di Ferro

lunedì 2 settembre 2013

John Ronald Reuel Tolkien, in memoriam


"Tutto ciò che dobbiamo decidere 
è cosa fare col tempo che ci viene dato"

  John Ronald Reuel Tolkien 
02/09/1973 - 02/09/2013

domenica 1 settembre 2013

La fandonia evoluzionista - recensione

Tra gli intoccabili dogmi imposti “dall’alto” perché si prestano perfettamente ad assecondare la moderna visione illuminista e progressista, vi troviamo ai primi posti, l’evoluzionismo. La fandonia evoluzionista, di Rutilio Sermonti si propone in qualche modo, di aprire la mente a chi ripone cieca fiducia in questo intoccabile strumento nelle mani dei poteri forti.

Esso, che vede in Charles Robert Darwin, attraverso il darwinismo,  il maggior esponente, è un concetto talmente diffuso e radicato nelle menti che cercare di far capire ai più, in un dibattito diretto, quello che esso veramente rappresenta significa letteralmente sbattere la testa contro un muro.  Eppure, ad analizzare le cose con occhio attento e libero da ogni pregiudizio, presenta paradossi che lo minano alle fondamenta. Quello che resta fissato nelle giovani menti non è però solo ciò che tale “dottrina” afferma nell’ambito scientifico: esso infatti va a contaminare quella che è la visione del mondo, nonché l’orientamento esistenziale dell’individuo.  Partendo da una formazione scolastica della scienza, si ritiene come giusto e vero solamente ciò che i libri ci dicono essere tale (spesso attraverso artifici tanto abili quanto mistificatori) perché “scientificamente dimostrato”. Ogni contestazione viene in questo modo rifiutata a priori perché comprendente una sfera che oltrepassa il visibile, tangibile e materialmente constatabile. Il tutto si traduce, passando per la conseguente lotta per la sopravvivenza, (selezione naturale) e dunque “vittoria del più forte”, spostandoci sul piano esistenziale, nell’individualismo e nella competitività sfrenata che diviene cavallo di battaglia della visione democratica e liberale: “fatti furbo, fai carriera, arraffa il più possibile” è dunque il motto imperante nella moderna, consumistica, egoistica società. Nozioni che , dunque, ci vengono propinate fin da piccoli tra i banchi di scuola, che ripetiamo meccanicamente e quasi “penetrano” nell’essere, legandosi al falso ottimismo dei progressisti in una concezione della vita e dell’odierno che diventa un vano e mutevole trasformismo, senza alcun punto fermo o cardine.
 Il libro di Sermonti, breve e accessibile a tutti, espone in maniera semplice e senza ricorrere a complicati approfondimenti (che risulterebbero comprensibili solamente a chi possiede una ferrea conoscenza della materia in questione) come l’evoluzionismo altro non sia che strumento che le menti demo liberali hanno pomposamente sfruttato con l’aiuto di media e giornali per precludere ogni “apertura verso l’alto”, frenando così ogni slancio verso l’ascesa spirituale. La prima e fondamentale critica sta nell’evidenziare come nel darwinismo si parta da preconcetti ideati con un sistema logico in grado solo di trarre conseguenze da un’affermazione di partenza di per sé empirica, soggettiva e retorica, invertendo il rapporto per cui si dovrebbe partire dalle prove certe, sulle quali poi elaborare la teoria. Da ciò avendo cercato allo sfinimento le prove per poter giustificare a tutti i costi l’esistenza del famoso anello di congiunzione tra due specie, (tra cui, ovviamente, la via di mezzo tra uomo e scimmia), si scade a ben vedere in esempi miseri e fasulli, casi costruiti sul nulla. Si giunge attraverso l’accettazione passiva delle scoperte eclatanti a noi propinatoci, a considerare verità assoluta una totale falsità.

Un libro permette, in conclusione di far scattare in chi pone una fedeltà assoluta alla tesi evoluzionistica, la scintilla del dubbio. Il dubbio si sa, fa vacillare e stimola la ricerca della Verità. Risparmiandosi di chiarire in un modo che sarebbe sì esauriente al massimo, ma che si perderebbe in complicati e incomprensibili esempi specifici, La fandonia evoluzionista trae da casi eclatanti lo spunto per una ricerca più approfondita sulla non veridicità di un dogma che è diventato quasi utopia ritenere falso.

Magari  alcuni potrebbero, leggendolo, accorgersi come l’uomo a determinate cose non potrà mai dare una spiegazione né potrà mai, attraverso la scienza, sminuire e dominare la natura, sfaldando  così quell’ordine Cosmico, cerchio perfetto eterno e immutabile, che ha fatto e fa la forza delle comunità  tradizionali, e che si dissocia dalla aberrante e  livellatrice visione lineare, evolutiva e progressista .

LA FANDONIA EVOLUZIONISTA, di Rutilio Sermonti, Edizioni Comunitarie, Pagg. 128,
Euro 8.00
Copertina 4riot@libero.it – Impaginazione raido.it
Finito di Stampare nell’Agosto 2009 – Stampato in proprio
disponibile presso:Centro Studi Aurhelio, Via Aurelia 571 A, 00058 -Santa MArinella - RM

mercoledì 28 agosto 2013

J.R.R.Tolkien, scrittore tradizionale e antiprogressista

Contro coloro che discreditano Tolkien e le sue indimenticabili opere letterarie, pubblichiamo, a poca distanza dall'anniversario della sua morte, un'interessante articolo che chiarisce come la sua visione antiprogressista e antimaterialista, quindi fortemente spirituale non possa in alcun modo essere messa in discussione. Egli ha creato un mondo che, tramite i suoi personaggi straordinari e i suoi paesaggi incantevoli, riesce a trasmettere i valori tradizionali adattandoli con un opera che riesce benissimo nel tentativo di far breccia anche nei cuori e nelle menti apparentemente travolte e annebbiate dalla valanga inarrestabile della modernità.
John Ronald Reuel Tolkien è stato, e si può considerare, uno scrittore “tradizionale” o “tradizionalista”? La domanda non è retorica, ma sostanziale. Molte delle polemiche pro e contro questo studioso di letterature antiche e di linguistica, poi divenuto narratore, ruotano in fondo intorno a questo concetto. Se la risposta è “no”, si tratta allora di diatribe che lasciano il tempo che trovano, di scaramucce giornalistiche contingenti, di strumentalizzazioni banalmente “politiche”. Se la risposta è invece “sì” allora la questione assume un diverso aspetto, più importante, più profondo, e si rivela essere uno dei tanti sintomi di come una certa parte del mondo moderno non riesca ad accettare un’opera che è sostanzialmente in contrasto, in opposizione, in distonia con i valori dominanti.
J.R.R.Tolkien dal punto di vista spirituale fu sicuramente un homo religiosus: era un cattolico convinto in una società protestante come quella inglese, un “papista” come venivano sprezzantemente definiti i seguaci della Chiesa di Roma; in più fu tra i cattolici un cattolico tradizionalista, vale a dire ossequioso sì ma assai poco propenso ad accettare le riforme del Concilio Vaticano II: ad esempio, non condivise l’abolizione del latino nella Messa. Devoto della Madonna e del Rosario, lo portava con sé: durante la seconda guerra mondiale, mentre era di guardia nelle postazioni antiaeree essendo inquadrato nell’esercito territoriale (nel 1939 aveva 47 anni), lo recitava regolarmente. Il riferimento ai Vangeli, alla devozione, alla spiritualità, ad un modo di comportarsi cristiano nella vita di ogni giorno, è costante nelle lettere ai suoi figli. Dal punto di vista culturale era, come ben si sa, uno studioso non solo di letteratura anglosassone e inglese, ma di miti, di saghe, di epopee, di antiche tradizioni, i cui simboli e valori contrappose sempre alla Modernità, sia come Weltanschauung, sia come stile, sia come atteggiamento dei protagonisti dei suoi libri.
Dal punto di vista esistenziale coltivava una vera e propria idiosincrasia per tutto quanto aveva a che fare con la società in cui viveva: la burocrazia nella vita universitaria, la pervadenza delle macchina in ogni dove, la distruzione della natura, il rumore ed il fracasso della città, l’industrializzazione.
Dal punto di vista politico si definiva “antiquato reazionario”: patriottico, monarchico, sostanzialmente antidemocratico, condannava l’imperialismo materialista, la progressiva scomparsa delle identità nazionali sia linguistiche, sia addirittura gastronomiche. Possedeva anche quel tanto di individualista e anarchicheggiante, insofferente, che è in ognuno di coloro i quali si sentono di vivere in una società assurda, soffocante, non a misura d’uomo. Insommma, come lo definisce il suoi biografo Humphrey Carpenter, era un “uomo di destra”.
Dal punto di vista narrativo riversò, travasò consciamente e inconsciamente tutte queste caratteristiche spirituali, culturali e umane nei suoi romanzi, soprattutto ne Il Signore degli Anelli, un’opera che voleva essere, secondo quanto esplicitamente disse negli anni Trenta, il tentativo di fornire di una mitologia il suo Paese, l’Inghilterra, che a suo giudizio ne era assolutamente privo. Una società assolutamente carente di miti nella prima metà del Novecento? Per il professor Tolkien qualcosa di inaccettabile, per lui che di miti e di religione si nutriva lo spirito. E così riproponendo dopo secoli un’opera in forma di saga ed epopea adatta ai lettori moderni, questo docente di Oxford ha dotato di un’appassionante mitologia non solo il suo Paese, ma, si può ormai dire con certezza, il mondo intero, dato che i suoi miti sono così universali, così “cattolici” si potrebbe dire ricordandoci l’etimologia greca della parola, che sono stati compresi, accettati e fatti propri da lettori che più lontani dalla mentalità britannica non si potrebbe. E questo, ovviamente, ad di là del successo planetario del film in tre parti di Peter Jackson, che ha dato solo più visibilità alla sua creazione.
Dunque, credo che si possa rispondere alla domanda iniziale positivamente: “Sì, Tolkien si può legittimamente definire e considerare un autore tradizionale”. Ma di quale tradizione? Su questo punto ci sono state polemiche anche speciose e un po’ ridicole: c’è chi lo restringe all’interno della tradizione cattolica e chi invece lo considera un esponente della tradizione classica, o anche pagana. Senza ombra di dubbio la sua formazione è cattolica, ma – lo disse in modo chiaro – scrivendo Il Signore degli Anellinon volle farne esplicitamenbte un’opera religiosa: non si parla mai di riti, di divinità, di espressioni evidenti di spiritualità, tantomeno di quelli cristiano-cattolici. Tutto è inveceimplicito nella sostanza dell’opera, tutto sta nel retroterra, nel sottofondo. E questo retroterra, questo sottofondo è un amalgama inestricabile di tutta la sua formazione interiore: di cattolicesimo e di paganesimo, di Vangelo e di Edda, così come di romanzi arturiani e di saghe islandesi, di mitologia germanica e di riferimenti celtico-irlandesi. La sua insomma, è l’opera di un “pagano convertito”, come Tolkien stesso definiva l’anonimo autore del Beowulf, il poema anglosassone la cui rivalutazione si deve proprio al nostro professore oxoniense. Per questo Il Signore degli Anelli, e gli altri testi che gli fanno da contorno, è importante: proprio per l’originale amalgama di tradizioni diverse portate a dignità di romanzo adatto ai moderni in pieno Ventesimo secolo.
Tolkien e la sua opera sono, dunque, nel solco di una tradizione che penso si possa definire legittima, proprio come accade per tutti quei grandi scrittori la cui apertura mentale, la cui sensibilità profonda, la cui grande cultura, consentono di accogliere ed esternare con la loro arte i simboli di una Tradizione perenne per inconsapevoli che possano esserne, come affermano sia René Guénon sia Julius EvolaUn autore e un libro così non potevano che avere quindi una pletora di avversari, di nemici che esternarono la loro ostilità in modi diversi, spesso contradittori e grotteschi, avendo per così dire fiutato a naso in lui e nei suoi scritti qualcosa di totalmente alieno e incomprensibile. Ovviamente ci interessa quel che è avvenuto in Italia, unico Paese al mondo in cui ci si è letteralmente scannati sulle interpretazioni da dare all’opera tolkieniana sotto un’ottica squisitamente “politica”.
Il Signore degli Anelli venne tradotto integralmente solo nel 1970 dalla Rusconi quando era direttore editoriale Alfredo Cattabiani su consiglio di Elémire Zolla e per la cura di Quirino Principe. All’epoca furono sufficienti questi nomi per metterlo all’indice: il fatto poi che si trattasse di un romanzo “fantastico” e non sociale o realistico o intimistico, e che fosse ambientato in uno pseudo-medioevo, come si disse, fornì altri spunti per condannarlo. La reazione della stampa italica in un periodo di forti tensioni politico-ideologiche fu prima il silenzio, poi l’aria di sufficienza, infine la condanna. Non poteva essere accettato un romanzo che avesse caratterstiche così estranee ai gusti degli intellettuali che condizionavano le patrie lettere. Lo si stroncò da vari punti di vista: il libro era da un verso troppo lungo, illegibile, zeppo di nomi astrusi e incomprensibili, noioso per le sue digressioni e le cronologie in appendice; per altri era un libro puerile, ridicolo, adatto ai bambini; per alcuni ancora era manicheo perchè distingueva troppo nettamente fra Bene e Male, fra buoni e cattivi, ed era anche un po’ razzista perchè i cattivi era regolarmente “brutti”; per altri, al contrario, era ambiguo, dato che non si riusciva a comprendere esattamente la sua posizione in certi momenti-chiave della trama, o rispetto al carattere di determinati personaggi (ad esempio, la regina degli elfi Galadriel).
Smontato il romanzo dal punto di vista letterario, non bastò. Di fronte ad un successo inarrestabile, nonostante la cattiva pubblicità, soprattutto fra i giovani e in particolare fra i giovani di destra che lo avevano eletto a loro libro di culto, ovviamente lo si qualificò dal punto di vista politico: conservatore, reazionario e, ovviamente, fascista. Poiché era letto dai ragazzi di destra che alla fine degli anni Settanta avevano realizzato i famosi Campi Hobbit, la caratteristica dei suoi lettori cadde anche sull’autore: era un fascista, anche perchè si scoprirono alcuni aspetti del libro che inizialmente erano passati in secondo piano, come i temi dell’eroismo, del sacrificio, della dedizione, del cameratismo. Di conseguenza, l’opera divenne tabù per i ragazzi della sponda opposta, quelli di sinistra, che erano costretti a leggerlo di nascosto, come rivelarono, una volta diventati più adulti, negli anni Novanta alcuni personaggi assurti a notorietà pubblica.
Il Signore degli Anelli si può definire veramente un’opera outsider, proprio “fuori posto” nell’Italia politicizzata degli anni Settanta, anche se questa definzione si può senza difficoltà applicare anche alle altre opere di Tolkien. Troppo diverso, troppo alieno, troppo distante dai valori (chiamiamoli così) di una intellettualità progressista che dettava legge su giornali e riviste, ma anche nelle università e nelle piazze. Non poteva che essere respinto quasi a priori per il suo sfondo, per i suoi personaggi, per la sua trama, per i punti di vista che trasmetteva. I suoi nemici di allora furono sostanzialmente politici, perché applicarono al romanzo concetti e definizioni “politiche”, trascinando la polemica su di un campo che non era quello proprio all’opera in sé nelle intenzioni del suo autore. Tolkien, come si è detto, voleva creare un’epopea, una saga, che parlasse di miti creando un mondo alternativo alla Modernità. E come tale venne inteso dai suoi maggiori e più entusiasti lettori degli anni Settante e Ottanta, quei ragazzi di destra che ne accolsero le valenze metapolitiche, vedendo nei suoi personaggi degli archetipi e nei suoi valori dei punti di riferimento, al di là di manifestazioni provocatorie e goliardiche come le scritte inneggianti al “camerata elfo” o ad “Aragorn al potere”, che invece i suoi detrattori consideravano la prova provata della politicità, e quindi della pericolosità, dell’opera da mettere dunque al bando.
Diversa la situazione trent’anni dopo, l’ottica in cui si sono mossi i nemici di Tolkien all’epoca del suo revival all’inizio degli anni Duemila grazie ai film del regista Peter Jackson. Mutati i tempi, mutata la società e soprattutto mutata la politica con il crollo dei “socialismi reali” e la crisi di quella che è stata definita l’“egemonia culturale comunista” in Italia, l’atteggiamento dei critici ha cambiato forma e contenuti in un modo singolare, paradossale e anche grottesco, assumendo l’aspetto di un tentativo – oggettivamente ridicolo – di cooptare Il Signore degli Anelli negandone certe caratteristiche contenutistiche e valoriali, tutto sommato banalizzandolo e, di conseguenza, condannando come strumentalizzanti precedenti interpretazioni. E ciò è avvenuto – non sembri un paradosso – sia da parte di critici di “sinistra” che di “destra”.
A sinistra, nel momento in cui apparve il primo film della serie, La Compagnia dell’Anello (2001-2002) vi fu una specie di gara giornalistica fra chi cercava di scoprire nell’opera di Tolkien specifiche valenze per poterlo considerare “di sinistra” e quindi riabilitarlo ed acquisirlo nell’area progressista, valenze ovviamente soltanto “politiche”: l’opera diventò all’improvviso antinazista, gli Orchi assomigliavano alle SS, essendo stato il romanzo scritto nella sua parte conclusiva durante la seconda guerra mondiale per alcuni Sauron era Hitler e Saruman nientemeno che Mussolini, si disse che Tolkien aveva combattuto contro l’apartheid, e altre amenità del genere. Si sono letti titoli un po’ surreali come “Fascisti giù le mani da Tolkien”, oppure “Eroi, spade ed elmi antifascisti”. Ci sarebbe da ridere su tutto ciò, ma ancora una volta è la dimostrazione come per la cultura progressista, alta e bassa, sia del tutto insensibile alla percezione di certi valori, come per essa un autore è accettabile o meno soltanto in base al suo minore o maggiore tasso di antifascismo. Per accettare Tolkien nel Duemila lo si deve quindi presentare come un ferreo nemico del nazismo e del fascismo, altro non conta, e che questa avversione – nonostante le precisazioni in contrario – deve essere ben percepibile nella sua opera.

Tutto il contesto simbolico e tradizionale non può essere accettato da giornalisti e intellettuali di sinistra. Di conseguenza, per parlar bene del libro deve essere messo in un canto. Depotenziare l’opera per renderla appetibile ad una cultura che non capisce, e quasi odia, il mito è il succo di un libretto pubblicato in occazione dell’ultimo film, dal titolo emblematico de L’anello che non tiene: al Signore degli Anelli non si possono applicare interpretazioni simboliche perchè è un puro e semplice romanzo d’avventura, quasi quasi realistico, e quindi tutte le elucubrazioni che vi si sono fatte intorno non hanno alcun senso. Pur di negare l’evidenza, si fa scendere il romanzo di gradino in gradino sino a considerarlo un’opera da poco, interessante sì, magari anche affascinante, ma in fondo robetta che non è degna di quel che le si è voluto costruire intorno come intepretazione di tipo tradizionale. Che viene considerata solo come una strumentalizzazione bassamente politica, quasi quasi ad uso partitico, organizzata – par di capire – a tavolino.
Ma anche a destra, se vogliamo far rientrare in questa definizione certi liberali, si è tentata un’operazione pressoché simile. In un altro presuntuoso libretto dal titolo definitivo La verità su Tolkien i due giovani autori, quasi fossero degli evangelisti, ci fanno trovare di fronte alla rivelazione che il nostro professore non era né un “fascista” né un “ecologista”. Anch’essi, per poca conoscenza diretta, cadono nell’equivoco dei loro più anziani colleghi di sinistra: poichè veniva letto dai giovani “fascisti” degli anni Settanta Tolkien passava anch’egli per “fascista”, ma così non è. Lapalissiano, e non era certo necessario un intero libro per spiegarlo. Quanto all’ecologista, di certo Tolkien non si sarebbe riconosciuto nell’ecologisno politico e militante di oggi, ma se con tale definizione ci riferiamo al suo amore per la natura e al suo profondo anti-tecnologismo e anti-industrialismo, al suo dolore quando vedeva campagne attraversate da nuove strade, alberi abbattutti, l’invasione delle automobili a Oxford, beh allora ecologista e ambientalista lo era. La Natura è sacra e l’Uomo, pur se definito dalla Bibbia il “padrone della creazione”, non può assolutamente fare quel che vuole, senza limiti e senza regole, nel giardino del mondo. Questo è chiarissimo in tutta la sua opera e negli esempi della sua vita.
Ma i due autori, che si proclamano liberal-liberisti-libertari, e di conseguenza strizzano un occhio alla modernità, all’individualismo ed al progresso di tipo americanoide, per scrollargli di dosso la terribile accusa di essere un uomo della Tradizione, cuciono sul povero professor Tolkien la casacca del “libertario”, quasi dell’“anarchico”, prendendo lo spunto da un paio di episodi della sua vita e dalla struttura sociale della Contea degli hobbit. Tutto vero, ma non è proprio possibile generalizzare: proclamarsi anarchico di fronte alle follie stataliste o burocratiche è qualcosa che abbiamo dentro tutti noi, ma Tolkien non è mai stato né un liberal, né un radical, né un libertarian secondo il concetto anglosassone, non è stato nemmeno un anarco-capitalista come si dice oggi, né un sostenitore di uno Stato minimo. Mordor è una esplicita fusione della dittatura materialista e di massa orientale e del capitalismo selvaggio, dell’industrialismo senz’anima occidentale. Inoltre, nella Terra di Mezzo ognuno manteneva la sua specificità, ma non sono esistite né democrazie né repubbliche, e accanto alla Contea degli hobbit agricola e pacifica, blandamente individualista, vi sono soltanto regni retti da sovrani con tutte le caratteristiche dei re tradizionali, che assommano il potere temporale e l’autorità spirituale, che guariscono i malati, rinsaldano le spade spezzate e con esse sconfiggono il nemico e riconquistano il trono, che fanno rifiorire gli alberi secchi e portano prosperità.
I nemici di Tolkien hanno assunto, dunque, una maschera più ambigua oggi. Non potendo più permettersi di rifiutare un autore ed un libro amati in tutto il mondo, mettendosi così contro una gran massa di pubblico, cercano di piegarlo alle loro ideologie per, ripeto, banalizzarlo, depotenziarlo e renderlo quasi inoffensivo: non portatore di simboli e valenze spirituali, non saga del Ventesimo secolo, ma normale romanzo d’avventura, quasi allo stesso livello dei tanti best sellers made in USA che ci sommergono; non autore tradizionale, ma un antifascista-doc, un libertario e un individualista. Operazioni sottili, ma senza spessore, soprattutto operazioni che lasciano il tempo che trovano dato che sono durate lo spazio di un mattino e poco tempo dopo nessuno se le ricorda più.
Il Signore degli Anelli è la dimostrazione più chiara ed esplicita di come, sapendo utilizzare i mezzi della moderna espressione narrativa, i valori che noi definiamo tradizionali possono essere ancora divulgati ed accettati da grandissime fasce di lettori in tutto il mondo, forse senza neanche rendersi conto di cosa sono e rappresentano. Ma non per questo, credo, essi non lavorano in profondità.
Gianfranco de Turris,
Fonte: Centro Studi la Runa,