martedì 4 settembre 2012

Fuori i mercanti dal tempio


Il Centro Studi Aurhelio difende l’esistenza della piccola chiesa del porto di Civitavecchia

La disputa sulla Chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, la chiesetta del II secolo d.C. del porto di Civitavecchia, rivela con una lucidità lampante la scala valoriale che caratterizza la società moderna. Ricavata dalla cripta dell'antica chiesa di Santa Maria, quest'ultima rasa al suolo dal democratico bombardamento nel '43, la Chiesa è oggi a rischio chiusura. Il motivo? Non la mancanza di fedeli che anzi sono sin troppi per quanto il luogo sacro ne può ospitare. Il problema sembra essere sostanzialmente di natura giuridica. Dopo essere stata utilizzata per due millenni come magazzino, il locale venne con molta fatica riqualificato da una precedente squallida condizione e adibito finalmente, da padre Giorgio Picu su suggerimento del Vescovo Mons. Carlo Chenis, a luogo di culto riacquistando il vecchio splendore. Il seme della discordia deriva dal fatto che nel momento in cui si decise la riqualificazione, il locale che oggi ospita la Chiesa apparteneva allora ad un privato che concordò con Mons. Carlo Chenis uno scambio: la futura Chiesa sarebbe stata data alla Curia in cambio di un altro locale a pochi metri distante dalla prima. Il guaio però è che lo scambio non venne mai formalizzato - si effettuò solo verbalmente – e nel frattempo l'amato Vescovo scomparve improvvisamente. E si sa, mantenere la parola data è da Uomini e di Uomini oggi giorno ce ne sono veramente pochi! Certo, per il parroco della Chiesa, padre Giorgio Picu, fuggito negli anni 70 dalla persecuzione comunista della Romania di allora, la faccenda dovrebbe evocare una qualche analogia con lo scenario che si lasciò alle spalle, questa volta arricchito però da un nuovo savoire faire. Se nella Romania della dittatura proletaria le chiese venivano abbattute - senza tanti scrupoli - con il bulldozer alla luce del giorno, nell'Italia della democrazia di facciata si usano le raffinate sottigliezze del diritto mentre le autorità incrociano diplomaticamente le mani ignorando in un colpo solo il sacro, la storia e il patrimonio culturale e architettonico di coloro che dovrebbero teoricamente rappresentare. La chiesa, infatti, rappresenta un vero gioiello architettonico che con il suo reticolato, gli archi, le volte ricorda una vera e propria basilica romana in miniatura. Al suo interno vi si può trovare un pozzo-battistero di acqua dolce, nonostante ci si trovi a pochi metri dal mare e una fontanella medievale  con la figura di un angelo che ricorda il mascherone della Bocca della verità di Roma. Oltre al suo valore sacro e di monumento storico, la chiesa testimonia anche il periodo della persecuzione dei cristiani e del coraggio di tanti martiri svolgendo in tal senso un ruolo di coerenza con il passato e di responsabilità verso le generazioni future. Nel frattempo il porto si è abbellito, il volume di turisti che transitano per Civitavecchia è notevolmente aumentato e la riqualificazione del piccolo locale che ospita la casa di Dio fa della chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri un bel bocconcino per i borghesi senza altro principio che il capitale. Non conosciamo bene e approfonditamente le intenzioni a riguardo della questione di una o dell’altra parte, sappiamo solo che non lasceremo nulla di intentato per salvaguardare l’esistenza di un luogo di culto prezioso a Dio ed agli uomini che pongono il sacro al vertice della propria esistenza.

Centro Studi Aurhelio

venerdì 3 agosto 2012

Tradizione e Territorio, un legame indissolubile. L’azione tradizionale edifica se stessi e difende l’ambiente naturale


Diamo un’occhiata alla cartina geografica dell’Italia e sbirciamo a nord del Friuli Venezia-Giulia: troveremo una zona denominata Carnia (Cjiargne nel dialetto del luogo) confina a nord con l'Austria, a sud con la provincia di Pordenone, ad ovest con il Veneto e ad est con il Canal del Ferro-Val Canale anch'esse in provincia di Udine. Una zona di montagna insomma, con i suoi piccoli paesi sparsi qua e là (fa eccezione una cittadina di fondovalle: Tolmezzo), relativamente chiusa rispetto a tutto ciò che è la vita frenetica e caotica della città. Che c’entra questo con ciò per cui noi combattiamo, con i nostri valori, la nostra guerra? Ebbene, sono uno studente nato proprio in quel luogo e, da un paio d’anni, trasferito a Ladispoli per motivi di studio. Inizialmente entusiasta di “andarmene finalmente fuori” da un posto che consideravo ormai angusto e privo di opportunità ero pronto a gettarmi nella vita frenetica della Capitale, fare nuove conoscenze, incontrare persone. Ma tra il dire e il fare…ambientarsi, per una serie di motivi, non è stato per nulla semplice, anzi. Non voglio incentrare questa riflessione sulla mia vita personale per cui non mi dilungherò ad esplicarne i motivi. Ciò a cui voglio arrivare è ammettere che ora, quando ritorno nella mia terra, ne apprezzo ogni singola cosa, anche ciò che prima era scontato, banale, quotidiano. Vedere la mia gente, camminare per le mie (bellissime) montagne, festeggiare con una bicchierata tra amici alla sagra di paese di turno.. sensazioni, emozioni, persone uniche.. Insomma riscoprire tutto ciò che caratterizza il mio territorio nelle sua vita, nelle sue tradizioni, nei suoi luoghi. Può sembrare l’ennesima storiella per chi la legge, ma per chi la vive è ben diverso. Purtroppo più passa il tempo e più la zona si sta spopolando: le coppie giovani preferiscono trasferirsi in zone in cui i servizi sono più a portata di mano e in cui il cosiddetto “progresso”  ha portato posti di lavoro sicuri (in Carnia c’è una notevole carenza di industrie e, purtroppo, nemmeno il turismo è ben sfruttato), gli abitanti anziani muoiono l’uno dopo l’altro. Col risultato che ogni volta che faccio ritorno al mio paesino d’origine lo ritrovo sempre più malconcio e desolato. Conseguentemente,  tutto ciò che è il passato di queste bellissime montagne, rischia di scomparire: le tradizioni, le feste, i canti, le storie, gli insegnamenti che i nonni e i vecchi hanno tramandato con la speranza che non vengano perduti. Mai come oggi ho timore che il mondo moderno, con la sua continua e insaziabile fame si mangi tutto ciò che fa del mio territorio ciò che di più bello c’è al mondo. Ed è  lo stesso sentimento che provo nel vedere quotidianamente ciò che le forze disgregatrici della subdola democrazia e il potere incontrastato dei burocrati internazionali, assieme a tutto ciò che manipolano, stanno facendo alla nostra povera Italia. L’allarme è questo: il mondo moderno oltre che cercare di distruggere la solidità e i valori dell’Italia, influisce inevitabilmente anche sulle piccole realtà locali, (come accade al mio territorio); non voglio la morte del mio paese (come degli altri) per vedere ingigantita l’ennesima città piena e affollatissima di persone stressate e alienate. La mia guerra per il Fronte della Tradizione è anche una guerra in difesa della mia montagna e dei suoi incantevoli posti, in cui ho avuto la fortuna di nascere. Lotterò con tutto me stesso perché essa rimanga incontaminata dalla follia degli uomini moderni.

Elio Carnico

lunedì 30 luglio 2012

L’alibi anticonformista e la scelta di non essere conforme alla massa. Una traiettoria, due direzioni

Capita sempre più spesso di sentire persone che, seppur immersi fin oltre la testa nella melma della modernità, affermano la volontà di differenziarsi dalla massa cercando, attraverso tentativi parodistici, di apparire anticonformisti. Per distinguersi, eccoli allora dormire giorni interi e affogare la pigrizia di un corpo sfinito da sensazioni forti, oppure imbizzarrirsi nel cambiare il loro “look” o sfoggiare gli ultimi prodotti usciti sul mercato, dall'abbigliamento al cellulare, all'auto, e così via. 
Dietro questo voler uscire dal gregge, c’è una concezione schiavistica della libertà, o come direbbe Gustave Thibon, un rigirare sempre più in fretta nella stretta gabbia dei sensi senza accorgersi che si gira pur sempre in tondo. Paradossalmente, tali persone che desiderano uscire dal gregge sono le stesse di cui il gregge è composto. Seneca direbbe, a proposito di questo aspetto, che non esiste schiavo più schiavo di colui che si ritiene libero. 
La libertà non si conquista con ostentazioni, dichiarazioni dei diritti nè con altre fantasiose fattispecie astratte incluse in qualche legge democratica. La vera concezione della libertà è innanzitutto interiore e consiste, come ci insegna Julius Evola, in una volontà pura e sempre più forte, capace di affermarsi su ogni elemento esterno, non appena questo si impone come un necessario bisogno, al fine, di rendere sempre più energico il possesso di se. In tal maniera, il vero anticonformismo non è qualcosa di formale e relativo, riconducibile a fattori meramente esterni ma è innanzitutto la dirittura interiore che ci si dà, è una libertà essenziale e assoluta. L'eroismo più grande, come afferma Corneliu Zelea Codreanu, è la tenuta nel tempo, frutto, lo ribadiamo, del pieno dominio di sè.
In un mondo fatto di chiacchere democratiche e di impegni annullati all'ultimo secondo, tramite SMS, il vero anticonformismo consiste allora nell'oratoria dei fatti e nel mantenimento della parola data.  Quando la dipendenza dalla tecnologia è in crescita vertiginosa meccanizzando ogni aspetto dell'essere l’anticonformismo è anche il rinunciare un attimo all'I-phone, al PC, all'I-pad, prendere in mano una penna e mediante un esercizio di introspezione scrivere una lettera ai nostri più cari camerati o amici. Quando il presente è orfano di ogni senso della lotta e vige il fatalismo, essere non conforme alla massa, significa combattere senza riserve per un'idea, la stessa che si oppone alla "libertà" moderna, il cavallo di Troia dei giorni nostri. Essere non conformi alla massa è una azione tradizionale inspirata da principi eterni, l’unica che vale la pena di compiere.

Nico Di Ferro

venerdì 13 luglio 2012

Carlos Castaneda [incise sulla pietra]



“La maniera più efficace di vivere è vivere da guerriero. Un guerriero può preoccuparsi e riflettere prima di prendere una decisione, ma una volta che l’ha presa, va per la sua strada, libero da timori e preoccupazioni; sono mille le decisioni che ancora lo attendono. Questa è la via del guerriero”
[...]
“Lo spirito del guerriero non tende all’indulgenza o alla lamentela, non tende alla vittoria né alla sconfitta. Tende unicamente alla lotta, e ogni lotta è la sua ultima battaglia sulla terra. Ecco perché i risultati sono di scarsa importanza per lui. Nella sua ultima battaglia sulla terra, un guerriero lascia che il suo spirito fluisca libero e chiaro. E mentre combatte, consapevole dell’impeccabilità della sua volontà, un guerriero ride e ride”

domenica 8 luglio 2012

Oggi Apertura straordinaria

Domenica 8 luglio, apertura straordinaria della nostra sede in via della libertà 22, dalle ore 11.30 alle ore 13.00. Vi aspettiamo.... Sostenendo Aurhelio, sosterrete il Fronte della Tradizione!

lunedì 2 luglio 2012

Heliodromos N.23


E' finalmente disponibile il nuovo numero di Heliodromos.

Pubblichiamo di seguito l'editoriale, all'interno del quale troverete un link ad un inedito video dedicato a Gaetano Alì, ricavato da un convegno del 2004 organizzato da Raido. E proprio a Gaetano è interamente dedicato l'editoriale ed il numero della rivista. Con l'occasione, perciò, invitiamo i nostri soci a procurarsene copia presso la nostra sede. Ripetendo, ancora una volta - come ci ha insegnato lo stesso Gaetano - che il Fronte della Tradizione si realizza coi fatti e non con le parole!


Il 25 febbraio 2012 è mancato il camerata Gaetano Alì, fondatore di questa rivista e animatore delle svariate iniziative sorte intorno al gruppo di Heliodromos, oltre che docente presso l’Università di Catania. Per noi tutti egli è stato una guida luminosa e un insostituibile riferimento per un cammino di verità, più che mai indispensabile e raro in un mondo sostenuto dalla menzogna e dalla mistificazione. Dedichiamo questo numero della rivista alla sua memoria, non solo come riconoscimento di una intera esistenza dedicata all’affermazione dei valori della Tradizione, ma per farne conoscere la figura a quanti non hanno avuto modo di incontrarlo da vivo, affinché possa essere di esempio a tutti i giovani militanti che vogliono continuare a percorrere il suo cammino di verità.
Gaetano Alì, intraprendendo il suo “viaggio definitivo”, oltre a lasciare un vuoto incolmabile nella sua famiglia e nei cuori dei suoi camerati, ha lasciato la redazione di questa rivista orfana della sua direzione e dei suoi contributi dottrinari; a partire dai nostri editoriali, quasi tutti da lui scritti, e dei tanti articoli da lui ispirati ma materialmente redatti da qualcuno di noi, che si limitava a trasferire sul foglio temi, argomenti e riflessioni che a Gaetano piaceva affrontare in incontri spesso informali, ma pieni di contenuti alti.

Anche l’editoriale di questo numero (il cui titolo era già stato indicato, oltre due anni fa, nel “Sommario del prossimo numero” del precedente Heliodromos) doveva essere opera sua, e l’uscita della rivista era stata via via differita, proprio in attesa che lo scritto fosse pronto. Abbiamo deciso di lasciare a queste righe lo stesso titolo che avrebbe voluto dare loro, come omaggio alla sua memoria e col rimpianto di non poter leggere un testo che, come sempre, sarebbe stato chiarificatore e illuminante, su un punto essenziale della fase ciclica che stiamo vivendo e sulla determinazione dei modi di manifestazione dei tempi ultimi, che anche la sua scomparsa ci fa presagire come prossimi e imminenti. Sappiamo, infatti, che era sua intenzione trattare dell’Avversario e dei suoi più o meno inconsapevoli servitori, ma non sappiamo con quali modalità avrebbe chiarito i vari ruoli, all’interno del decisivo scontro finale che si profila all’orizzonte. E forse non lo sapremo mai, a meno che dai suoi appunti rimasti non emerga qualcosa che possa trasmetterci le ultime consegne, utili ad orientarci nel prossimo futuro.

Intanto, a completamento di questo numero a lui dedicato, abbiamo pensato di riproporre alcuni suoi scritti apparsi sui primissimi numeri di Heliodromos, dai quali già traspare in tutta la sua chiarezza l’indirizzo che si voleva dare a questa iniziativa; direzione rimasta sempre uguale durante questi lunghi anni di attività e militanza, coerentemente centrate sulla visione tradizionale della vita, in ogni suo aspetto. Dopo questi vecchi scritti “programmatici” – a cui sono seguiti tanti puntuali suoi interventi, rintracciabili nella collezione di Heliodromos e firmati, per la maggior parte, con gli pseudonimi di Paolo Zagali e Bruno del Re, che cercheremo nel prossimo futuro di riproporre all’attenzione dei nostri lettori, l’ultimo dei quali è stato quello sul “Tartufo Fini” –, abbiamo voluto inserire non un suo articolo ma il testo di una sua conferenza (l’ultima!), tenuta l’estate scorsa nel nostro abituale incontro sull’Etna e ricavata dagli appunti di uno dei suoi giovani ascoltatori.
Gaetano Alì prediligeva la trasmissione orale del suo pensiero e gli insegnamenti e le comunicazioni più interessanti li ha riservati sempre alla parola, pronunciata con una forza ed una carica difficili da esprimere nella pagina scritta. E di questo sarà possibile farsene un’idea diretta andandosi a rivedere un video, l’unico di lui esistente, che riprende il suo intervento al convegno romano di Raido del 2004 dedicato ad Evola, in cui Gaetano trattò il tema  Evola educatore?; video che viene messo in rete in contemporanea all’uscita di questo numero della rivista. Filmato interessante sotto tanti punti di vista. Compreso, fra l’altro, quello relativo all’atteggiamento delle persone sedute al suo stesso tavolo: dove il linguaggio del corpo e della prossemica dicono più delle semplici parole sul “modo di essere” di ognuno dei presenti!
L’omaggio a Gaetano viene completato nella rubrica delle “Lettere a Heliodromos”, che in questo numero abbiamo deciso di far diventare una sorta di “Lettere a Gaetano”, avendo inserito alcuni interventi commemorativi di amici e camerati, ma non solo, che hanno avuto con lui un rapporto particolarmente intenso e duraturo. Negli scritti di Sermonti e Medrano, per inciso, si noterà un riferimento diretto ad uno dei nostri redattori, dovuto al semplice fatto che si è trattato della persona che li ha informati di quanto era accaduto al comune amico.
Il restante materiale che completa questo numero è, in parte, lo stesso che era già da tempo pronto, prima che questo evento luttuoso ci costringesse a modificarne i contenuti. Sicuramente, il ricordo di Gaetano non si esaurisce con questo omaggio frettolosamente approntato, essendo nostra intenzione valorizzare ed evidenziare sempre più il suo fondamentale contributo al servizio della Tradizione. Ci torneremo, quindi, sopra. Ci piace intanto chiudere queste brevi righe riprendendo da uno dei suoi scritti (una riflessione) – che aveva dedicato ad un amico da poco scomparso e apparsa sul numero 5 della nuova serie di questa rivista (Inverno 1989) –, dove vengono dette parole che ci sentiamo di associare anche alla sua scomparsa:
«(…) In questo mondo che ci è, giorno dopo giorno, sempre più estraneo, ci si sente ancora più soli quando persone come Lorenzo se ne vanno. Per tal motivo, in verità, dovremmo sentire più tristezza per la nostra condizione terrena che per la sua, ma il distacco dai sentimenti umani non sempre è possibile quando si tratta di un amico caro. Ci rasserena però la viva sensazione di un esito positivo del suo viaggio ultraterreno. Noi infatti sentiamo che Lorenzo, fortificato spiritualmente anche in virtù delle sue sofferenze terrene, abbia trovato lo slancio per immergersi con coraggio nel bagliore accecante della luce rigeneratrice dell’incondizionato. L’esalazione del suo ultimo respiro, mentre il sole si poneva allo Zenit, è un segno simbolico eloquente del suo destino nell’aldilà e un messaggio rassicurante per noi che lo amammo».

Heliodromos 23

( Raido ) 
Prezzo: €7.50 

HELIODROMOS
Contributi per il Fronte della Tradizione

N. 23 - 21 Aprile 2012

In questo numero:

EDITORIALE
L’Impostore, gl’impostori e gli allocchi

IN MEMORIAM

Un Vir romano sull’Etna di E. Iurato
La nostra scelta di G. Alì
Ricostruzione interiore di G. Alì
Incontri graditi di G. Alì
Intervento dottrinario di G. Alì

VIE REALIZZATIVE

Ricercare momenti di calma interiore di E. Romani

SIONISMO

Nae Ionescu contro il sionismo di C. Mutti

REVISIONI

Il Risorgimento nel pensiero di Evola di E. Iurato

POESIA

Marco Aurelio di L. Valli

ESPERIENZE

Il tuo Solstizio di L. Milite

ORIENTAMENTI ESISTENZIALI

Le otto parole di A. Medrano

RIFLESSIONI – Dentro e fuori le mura

ANALISI

Lucia e Francesco Casadei, A tu per tu con il diavolo
Cesare Ferri, Effetto Domino
Luigi Iannone, Manifesto antimoderno

LETTERE A HELIODROMOS


TRADIZIONE E CONTROTRADIZIONE

Cronache di fine ciclo

martedì 26 giugno 2012

Finalmente lo studio grafico parte con le produzioni!

Le nuove maglie del Centro Studi Aurhelio


Gladio Roma


Sparta

lunedì 25 giugno 2012

L'estate all'ombra di Aurhelio

Anche in estate il Centro Studi Aurhelio, manterrà i turni di apertura inalterati. Il martedì e il giovedì dalle 10.30 alle 12,30 e il mercoledì ed il venerdì dalle 17,30 alle 19,30. Inoltre, in qulache sera d'estate, sarà possibile fare due passi e trovarlo aperto. Il Centro Studi Aurhelio sostiene la cultura tradizionale in tutte le sue forme. Biblioteca, Videoteca, Grafica, Conferenze, Formazione. Da poco in Via della Libertà 22 a Santa Marinella, non è "un presidio avulso dalla realtà ma un centro vivo e penetrante segno della Tradizione che si è destata!"


domenica 10 giugno 2012

Terremoto Emilia, Punto Raccolta - Santa Severa

Continua, in coincidenza con il consiglio comunale aperto sul castello di Santa Severa, l’impegno da parte del Centro Studi Aurhelio, per le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia. Il punto di raccolta per i beni di prima necessità è organizzato, in collaborazione con la Protezione Civile di Santa Marinella, proprio presso il Castello 18 alle 20. I cittadini potranno così adempiere con un solo viaggio, a partecipazione e solidarietà.

mercoledì 6 giugno 2012

Riflessioni - Personalismo del mondo moderno


“Non più tradizioni, non più categorie: solo persone!“ E’ con questa cruda constatazione che Gustave Thibon, inizia la riflessione nella sua opera "Diagnosi" quando parla del personalismo dilagante del mondo moderno. 

La persona è oggi il cardine di tutto. Si sposa, per esempio, la persona che piace, senza tenerne minimamente conto l'ambiente o la posizione; un regime politico s'incarna in un uomo e muore con lui, ecc. Tutto questo, avverte Thibon, porta al tramonto di tutte le grandi continuità sociali, all'instabilità universale. “La persona umana non è un assoluto. Un tempo si amavano gli uomini attraverso le istituzioni: il matrimonio aveva maggior peso, nell'anima di una sposa, della persona di suo marito; si tollerava il re per rispetto alla monarchia, ecc. 

Attualmente si sopportano le istituzioni solo attraverso una persona idolatra; si considerano le categorie come cose astratte e morte.” Ma afferma Thibon, le cose sono diventate tali a misura che aumentava il culto della persona. Impersonale non è necessariamente sinonimo di morto e di astratto; ciò che non è persona può essere altrettanto concreto e vivente. Gustave Thibon lancia un campanello d'allarme verso la tendenza moderna che vorrebbe respingere come puramente artificiale e decorativo tutto ciò che non è personale.

Sacrificare le persone alle categorie non è un bene, sacrificare le categorie alle persone però è anche peggio: da una parte si provoca sterilità dall'altra putrefazione. Ancora qualche progresso di questa religione della persona, avverte Thibon, e non avremo più "buone casate", né patria, né spirito di corpo o di casta - non avremo più radici nel tempo e nello spazio. “Non si va molto lontano nelle nostre rivendicazioni in favore della persona umana: essa è relativa, effimera, deludente e gonfia spesso dell'impersonale più vano. Noi non crediamo che al personalismo divino.” 

Il primato della persona spinto all'esagerazione, scrive Thibon, porta con sé un altro pericolo capitale: i realisti che non amano la monarchia che attraverso il volto di un principe che li ha sedotti, dei cattolici che legano la fede nell'autorità pontificia, a una specie di culto infantile della persona del papa, popoli interi sollevati da ridicolo entusiasmo per un dittatore... Insomma, le cose più universali sono divenute "questioni di persone", "affari privati". “

Le istituzioni oggi non si giustificano agli occhi delle folle che attraverso il genio o il magnetismo di qualche individuo. Tale esigenza porta con sé due conseguenze rovinose: impone ai disgraziati sostenitori dell'intero peso delle istituzioni un grado di tensione e di attività inumano, e, allo stesso tempo, lega la sorte delle istituzioni a miserabili casi individuali”. Antropocentrismo pietoso dunque, che confonde il canale con la sorgente e che tende a fare della persona umana il sostegno assoluto di ciò che passa attraverso l'uomo e riposa in realtà su Dio solo.

venerdì 1 giugno 2012

ELOGIO DI DON IVAN

In questi giorni in cui la Chiesa cattolica fa notizia solo per le sue guerre interne di potere, per l’attaccamento spasmodico ai suoi privilegi, per i loschi affari condotti con i peggiori faccendieri, per le bugie e per le renitenze su ca...si giudiziari che la vedono stranamente coinvolta, si staglia immensamente al di sopra di tali bassure la figura di don Ivan Martini, il parroco di Rovereto (MO), morto nella sua chiesa di S. Caterina, colpito da una trave crollata durante l’ultimo terremoto. Don Ivan è morto per salvare una statua della Madonna particolarmente cara ai suoi parrocchiani. Forse molti non saranno d’accordo, ma questa morte è per me più “santa” di una morte avvenuta per salvare un altro essere umano. Salvare un uomo in pericolo (ancor più se un vecchio una donna un bambino) , è nell’istinto di ogni essere umano non totalmente abbrutito, ma rischiare la vita per un simbolo non è più cosa né degli uomini né dei preti (tanto più che di uomini veri tra loro non ce ne è quasi più) di oggi (io lo vedo un don Gallo che salva un bambino e poi fa piangere Fabio Fazio di commozione, ma non lo vedo che s’affanna neppure per salvare il calice delle ostie consacrate). E don Ivan non è neanche morto per una Madonna che fosse un’opera d’arte (ricordo la mia insegnante di lettere del biennio del liceo, la quale ci diceva che un uomo aveva il dovere di sacrificare la sua vita per salvare una Gioconda o un David), ma per una semplice immagine di parrocchia paesana, carica però della fede, delle preghiere, delle attese dei suoi fedeli. Don Ivan è morto come quei soldati che non vogliono far cadere la bandiera in mano al nemico (il terremoto, in questo caso). E una bandiera cos’è, se non un un’idea materializzata e consacrata da una credenza? Quanti italiani sono disposti a morire per una bandiera nel Paese di capitan Schettino? Don Ivan lo ha fatto, e forse questa volta è il caso veramente di gridare: “SANTO SUBITO!”.

mercoledì 30 maggio 2012

RACCOLTA MATERIALI PER LE POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO

Il Centro Studi Aurhelio in collaborazione con la Protezione Civile di Santa Marinella ha organizzato una raccolta di materiali di prima necessità, Sabato 2 Giugno dalle ore 17 alle ore 20 presso i portici al centro di Santa Marinella. A breve ulteriori info.

SI RACCOLGONO
prodotti per l’igiene e la pulizia (corpo, stoviglie, igienizzanti superifici) disinfettanti, amuchina e simili

assorbenti per anziani, donne e pannolini per bambini, fazzoletti umidificati

beni alimentari non deperibili (scatolame, pasta e riso, pelati, latte UHT, succhi di frutta),

piatti, bicchieri e posate di plastica, tovaglioli e scottex.

Santa Marinella Solidale!

lunedì 28 maggio 2012

The Eagle - CineAurhelio

Martedì 29 Maggio, alle ore 21, presso la nuova sede del Centro Studi Aurhelio proiezione del film "The Eagle". I soci sono pregati di prenotare.

Esca: “Come può contare così tanto un pezzo di ferro per voi?”
Marcus: “L’Aquila non è un pezzo di ferro … l’Aquila è Roma!”


 THE EAGLE

Un film di Kevin Macdonald. Con Channing Tatum, Jamie Bell, Donald Sutherland, Mark Strong, Tahar Rahim.  Drammatico, durata 114 min. - USA 2011. – Bim.  Uscita venerdì 16 settembre 2011

Marcus Aquila nel 140 d.C. giunge in Britannia come giovane comandante al suo primo importante incarico. Sulle sue spalle grava un pesante fardello. Suo padre tempo prima era alla guida della Nona Legione composta da 5.000 uomini tutti scomparsi. Insieme a loro è andato perduto anche il simbolo dell'orgoglio di Roma: il vessillo con l'aquila. Marcus, dopo aver mostrato sul campo il proprio coraggio ed essere tornato ferito a Roma ospite di uno zio, assiste a un combattimento nell'arena in cui ammira lo sprezzo del pericolo di uno schiavo britannico, Esca. Lo salva da morte certa e lo prende con sé. Insieme torneranno in Britannia alla ricerca dell'aquila.
Rosemary Sutcliff nel 1954 pubblicò “The Eagle of the Ninth” che divenne subito un best seller. In esso si romanzava un dato che sta fra la storia e la leggenda. C'è chi legge la scomparsa della Nona Legione romana come un segno della vittoria del Davide indipendentista sul Golia imperiale e c'è chi ritiene invece che la Legione fu semplicemente trasferita dal nord dell'attuale Inghilterra al Medio Oriente. Il dato storico però poco interessa a Kevin McDonald il quale, spesso in equilibrio tra documentario e finzione, questa volta si lascia andare al narrare in un film di confronto virile aderendo e al contempo evitando gli stilemi del genere. Perché se i guerrieri autoctoni ricordano quelli di Apocalypto, nella loro fantasmatica tribalità siamo però lontani dalla ricostruzione alla Valerio Massimo Manfredi così come dall'epicità de Il gladiatore o dall'esibizione muscolare di Spartacus: Sangue e sabbia
È un film di attese The Eagle. Attesa di una dimostrazione di coraggio. Attesa di un riscatto morale. Attesa dello svilupparsi di un relazione padrone/schiavo che potrebbe giungere anche al ribaltamento. Non mancano gli scontri fisici ma non assumono mai la dimensione dell'iperrealismo a cui 300 sembra avere sottomesso una parte dell'immaginario cinematografico-televisivo. È una ricerca di ruoli oltre che di un simbolo di potere e di onore il percorso che i due protagonisti compiono (a proposito: le promesse che avevamo visto nel Jamie Bell di Billy Elliot sono state mantenute). Così formazioni a testuggine e sottogola che lasciano cicatrici indelebili diventano occasioni per raccontare di uomini che credono in ciò che fanno anche se la vita è pronta ad offrire loro punti di vista inattesi che potrebbero mutare il senso stesso del loro agire.

www.mymovies.it

Marcus Aquila: "Padre dei nostri padri, aiutami a guidare i miei uomini con saggezza. Fa che non disonori la mia legione e ti prego, aiutami a riconquistare l'onore della mia famiglia..."

giovedì 24 maggio 2012

Domenica, festa con dibattito al Castello di Santa Severa


Domenica 27 maggio, a partire dalle ore 10.00, si terrà presso il Castello di Santa Severa la prevista festa “Facciamo la festa al Castello prima che gliela facciano gli altri!” organizzata dal “Comitato per il Castello”, promosso dal Gruppo Archeologico del Territorio Cerite, e ora ufficialmente composto da circa un migliaio di cittadini facenti parte delle Associazioni Lituus, Scuolambiente, Le Voci, Marevivo, Assovoce, Centro Studi Aurhelio, Salviamo il Paesaggio, Accademia Kronos, Incontro e Territorio, Città del Mare, Cantiere dell’Arte, Nautica Campo di Mare, E20, Treestyle, Azimuth e NAAC.  Per la mattina si prevede l’apertura dei punti informativi e il pubblico dibattito sul futuro del castello al quale sono stati invitati il Sindaco di Santa Marinella Roberto Bacheca, il presidente della Provincia di Roma On. Nicola Zingaretti e la presidente della Regione Lazio On. Renata Polverini. Il Comitato ha esteso gli inviti anche a tutte le forze politiche locali e regionali, alle Associazioni ed ai cittadini del litorale nord di Roma. Al dibattito seguiranno brani musicali e letterari proposti dal coro della Lituus e da Le Voci di S. Marinella.
Nel pomeriggio alle 16.00 sono previsti i “Giochi antichi per i ragazzi”, i “Pittori all’aria aperta” e l’apertura della mostra “Santa Severa tra leggenda e realtà storica: scavi e scoperte nel castello di Santa Severa” e del Centro Studi Marittimi “Pyrgi Sommersa” a cura del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite e dell’Accademia delle Arti di Pyrgi. Alle ore 18.00 chiuderà la manifestazione l’esibizione del coro Saint John Gospel Choir del Cantiere dell’Arte, in onore del Castello.


Durante il dibattito il Comitato presenterà una propria proposta di valorizzazione del complesso monumentale da sottoporre alla cittadinanza e alle forze politiche del territorio affinché possa essere condivisa e portata avanti nelle sedi opportune. Sarà duramente combattuta qualsiasi ipotesi di “privatizzazione strisciante” del bene o di destinazione d’uso a fini commerciali non compatibili con l’alta valenza culturale del monumento. Il Comitato ritiene che prima di tutto debba essere assicurata la valorizzazione culturale pubblica del complesso in quanto testimonianza storico-archeologica del passato del nostro territorio e in secondo luogo, nella dovuta maniera e nel totale rispetto del bene, prevedere attività di autofinanziamento attraverso la gestione del centro congressi e del punto di ristoro. Le Associazioni sono ferme nel ritenere che la Rocca del Castello con l’annessa Torre Saracena possano essere solo e soltanto “il museo di se stesse” dove i visitatori potranno trovare raccontata con reperti, documenti, plastici e ricostruzioni multimediali la storia del castello e della sua tenuta nel corso dei secoli, dal martirio di Santa Severa ai giorni nostri. Nel complesso della Rocca, oltre al museo, possono essere ospitati laboratori, sale riunioni, spazi per mostre temporanee ed altri servizi culturali a disposizione del pubblico e delle Associazioni.
Ancora una volta domenica 27 sarà l’occasione per ricordare le semplici richieste, tuttora senza risposta, che da circa due mesi sono state rivolte ai politici di tutti gli Enti locali interessati al futuro del castello:
1. Istituzione di un tavolo di lavoro “tecnico-politico” tra Regione, Provincia e Comune per affrontare le problematiche relative alla definizione del futuro del castello in modo chiaro, condiviso e sinergico.
2.Ripristinare subito il servizio di manutenzione, pulizia e custodia del castello che fino al 2011 è stato assicurato dal Comune di Santa Marinella, tramite un contributo della Regione (Bilancio Regionale 2010 capitolo G21504 di € 200.00 “Concorso regionale al Comune di Santa Marinella per lavori edilizi, allestimento attrezzature e guardiania nel castello di Santa Severa”) che purtroppo è stato completamente tagliato nei due bilanci regionali del 2011 e 2012. Il castello e il suo borgo sono da tempo privi di controllo e pulizia, 6 operai addetti sono stati licenziati.
3. Riaprire il complesso monumentale alle visite guidate che gli operatori museali hanno sempre condotto, dal 1996 fino all’inizio del cantiere di restauro nel 2005, consentendo a migliaia di cittadini e turisti di accedere alla Torre Saracena, alla Rocca e ai suoi fossati, alle chiese del borgo, alle mura poligonali nella Cantina della Legnaia. Questa semplice operazione consentirebbe subito di stabilizzare l’occupazione dei 5  operatori e di prevederne l’assunzione di altri.
Appuntamento domenica 27 maggio per fare “La Festa al Castello prima che gliela facciano gli altri!”

Il Comitato Cittadino per il Castello di Santa Severa 

lunedì 21 maggio 2012

Migrazioni: attualità e scenari per il XXI secolo [recensione]

Giovedì 17 maggio alle ore 21 a Santa Marinella,  il Centro Studi Aurhelio ha avuto il privilegio di ospitare un appuntamento inedito riguardo un tema molto attuale, l'immigrazione. Il titolo del tema proposto è stato:  "Migrazioni: attualità e scenari per il XXI secolo.” Per avere una panoramica a 360 gradi su questo argomento e sulle conseguenze che questo ha sulle unità etno-culturali dei popoli è stato invitato il Dottor Cesare Foschi, impegnato in prima linea nell'accoglienza di rifugiati politici e di immigrati, molti dei quali minorenni.  Dopo una prima descrizione delle nature e della morfologia dei flussi immigratori che subisce l'Italia, subito dopo si è puntata l’attenzione sui diversi metodi di accoglienza che vengono messi in pratica, dall'associazionismo di sinistra e da quello cattolico. Si è sottolineata la differenza con il sistema tedesco che non delega al terzo settore questa attività di gestione ma ne assume l’onere in prima persona attraverso istituzioni statali. Successivamente Cesare Foschi ha descritto in modo dettagliato gli ingranaggi del sistema di accoglienza e gestione in Italia, offrendo una prospettiva di analisi dall'interno. Il metodo dell'accoglienza italiano che invece di essere diretto dallo Stato viene appaltato alle associazioni che in base alle presenze di immigrati nei loro centri ricevono fondi pubblici incentivano l'esasperazione del problema immigrazione trasformando l'accoglienza in un business dalle dimensioni incommensurabili. Il penultimo argomento ha riguardato la messa a fuoco dei flussi migratori che investono le diverse nazioni europee e in conclusione le motivazioni che spingono interi strati di popolazione attiva ad abbandonare il proprio territorio di nascita, causando gravi disagi socio-economici sia nei paesi che abbandonano che in quelli in cui proiettano i propri sogni di riscatto, che sempre più spesso si rivelano veri e propri incubi. La conferenza si è conclusa con un dibattito coinvolgente riguardo il ruolo della finanza speculativa, la globalizzazione, delocalizzazione e la predazione di territorio da parte degli stati neocolonialisti. Al termine interessanti riflessioni sull'identità nazionale con interventi e domande da parte di tutti i partecipanti. Un’ottima occasione dunque, per comprendere al meglio i tempi in cui stiamo vivendo, le dinamiche a cui è sottoposta la nostra società e l’orizzonte che si prepara nel futuro prossimo.

giovedì 3 maggio 2012

Nuova sede per il Centro Studi Aurhelio



E' iniziato da pochi giorni il riassetto per l'apertura della nuova sede del nostro Centro Studi. Il locale si trova in Via della Libertà 22 a Santa Marinella. In pieno centro e facilmente raggiungibile, diverrà il nuovo punto di contatto con coloro che sono interessati alla cultura tradizionale ed a tutte le attività che Aurhelio ha già messo in cantiere. A giorni l'apertura ufficiale e a fine mese, augurandoci che i lavori per il parco adiacente siano finiti, non è esclusa la possibilità di una piccola festa.

Da lunedì, quindi, inizierà ufficialmente la nuova avventura .....

martedì 17 aprile 2012

Approssimandoci al 21 Aprile - Natale di Roma


Brano tratto da "La razza di Roma", di Massimo Scaligero.

L’essenza del segreto può intravvedersi soltanto se, giovandosi di una visione non scolastica e non razionalistica della storia si tien conto che Romolo, pur adottando l’arcaico rito della fondazione, innesta ad essi atti che presentano significati nuovi. Non è sufficiente riconoscere che tale rito, per quanto di origine etrusca, era comune anche al Lazio e alla Sabina. Nel rito del mundus si realizza il principio della eternità dell’Urbe, in quanto nuovamente lo spirito si traduce in azione, in realtà gerarchica. Per chi se ne interessi, rimandiamo a simboli, come le visioni augurali di Romolo sul Palatino, e poniamo in rilievo che Remo, il quale sta a simboleggiare l’elemento «antigerarchico» proprio al periodo decadente del «matriarcato», viola la intangibilità del solco e Romolo lo punisce. Ciò vuole significare la inviolabilità di ciò che ritualmente è consacrato e l’affermazione del nascente spirito guerriero, «olimpico», antiugualitario, sul vecchio spirito orgiastico, comunistico, anarcoide: è il primo atto di giustizia inesorabile, di un senso di subordinazione assoluta ad un ideale superiore di cui da quel momento la civitas sarà la manifestazione vivente. Occorre saper vedere in tutto questo la morale profonda cui sarà conforme la razza di Romolo: quella stessa gerarchia spirituale che governerà l’associazione sacrale/guerriera, si rifletterà nella vita degli individui, per virtù del continuo imperio del principio cosciente, del nous, della mens, sulle attività esterne, sulla pratica della vita.

Secondo l’arcaico rito etrusco, gli àuguri dovevano levarsi dopo la mezzanotte, in silenzio, e attendere l’aurora. Anche Romolo e Remo dunque si levano post mediam noctem: salgono sulle due alture (tabernacula capiunt, templa capiunt): da questo momento il destino di Roma e della sua razza sta per essere segnato. Gli storici e i poeti qui quasi totalmente concordano nel dirci che Remolo salì sul Palatino e Remo sull’Aventino: due luoghi diversi, due simboli opposti, due tradizioni che si scontrano, epperò ancora due razze.

Occorre decidere del nome della nuova città: si chiamerà Roma o Remora? Sarà re Romolo o Remo? Tutti sono intenti, in attesa del responso che deve venire dalla forza stessa del fato. Il disco bianco della luna tramonta: si soffonde il chiarore dell’alba ed ecco il più perfetto degli augurii: l’aquila di Giove si mostra a sinistra - è già il simbolo della regalità «olimpica» proprio alla razza «solare», che si manifesta ai padri dei futuri dominatori dell’Occidente - e mentre si affaccia il disco del sole, ecco volare rapido uno stormo nero. Chi avesse veduto prima dodici avvoltoi, quegli avrebbe regnato. Primo è Romolo, al biancheggiare del giorno; il popolo esulta: Romolo è consacrato re, sacerdote e duce: è il lare primo, il padre della nuova razza.

E che sia un autentico capostipite lo dimostra la tecnica sacerdotale della fondazione. Egli, consapevole dell’antico rito etrusco, appreso attraverso i segreti libri liturgici - come si legge in Catone, in Servio, in Festo e in Gellio - iniziato a una spiritualissima scienza sacra che completava in lui il guerriero e il fondatore di civiltà, tratti gli auspici, offerto il sacrificio, acceso il fuoco rituale, scavata la fossa circolare, il mundus, e gettatovi il pugno di terra cui era simbolicamente e realmente legata l’anima degli avi, iniziava la possente e misteriosa vita della terra patrum, della terra dei padri, della patria, ossia della terra cui sarà legato il destino della razza.

A suggellare il legame del nume indigete con il centro spaziale della nuova città, ossia a fine di legare al luogo la forza dello spirito, onde il luogo contenga una sua forza «demonica» di patria, di luogo sacro, di effettiva eternità, una larga pietra, il lapis manalis, chiude la bocca della fossa. Viene così costituito il «mondo-infero», che deve accogliere le anime, non i corpi dei trapassati, e donde tre volte l’anno essi emaneranno nel mondo della vita. Allato al mondo infero, vengono erette una colonna di forma conica ed una piramide: ambedue sono sacre ai manes del capostipite e vengono consacrate ai suoi eroismi. È dunque una forza immortale che si sposa alla terra la quale perciò sarà anch’essa immortale. Dopo l’assunzione nel ciclo divino, il fondatore, spiritualmente vivo nel mondo infero, sarà venerato dalla città quale figlio degli Dèi, nume tra i numi, auctor, eroe e parente della nuova stirpe.

Consacrati il mondo infero e quello superno, si procede alla costituzione rituale della topografia della città, sempre in ordine a un antico segreto cerimoniale che Romolo ben conosce. Del cerimoniale non conosciamo che la modalità esteriore, ma anch’essa, per chi sa intendere, ha un linguaggio. Il duce, in candida clamide e il capo velato, secondo il costume sacerdotale, aggiogati all’aratro un bue e una vacca bianchi e robusti, discende dalla collina, seguìto dai compagni silenziosi, ed invocando con misteriose formule di propiziazione il favore delle forze divine comincia a tracciare il solco rituale, badando che all’interno, dalla parte della città, sia la vacca, immagine della fertilità, e fuori, dalla parte della campagna, il bue, emblema della forza. Nel condurre il solco egli, là dove vuole le porte, alza l’aratro, così che non tocchi terra. Poi alzerà le mura di cinta, seguendo la linea del solco, e fuori, rasente le mura, scaverà il fosso di circonvallazione: di qua e di là i due pomeri: uno interno e l’altro esterno: due spazi di terra che non si possono arare né abitare, voluti sgombri e liberi, a scopo di vedetta e di difesa. Le mura sacre qui sorgeranno e nessuno potrà da allora modificarne l’ampiezza e restaurarle senza il permesso dei Pontefici. Ai confini si porranno i titoli dedicati al Dio Termine.

Tracciati i limiti della città, date ai padri le case secondo la designazione della sorte, divulgati i diritti, il duce, seguìto da tutti i compagni, riguadagna la sommità. Indi, gridato il nome divino della città che viene ripetuto a gran voce tre volte dai padri, immola il bianco giovenco con la vacca sull’ara del sommo Giove. Imbandiscono poi le mense e le feste durano nove giorni. Gli oggetti adoperati nel rito della fondazione dell’Urbe si ripongono come sacre nel mundus.

Questo complesso rituale onde Roma, a detta di Ennio, viene fondata con «augusto augurio», contiene i motivi fondamentali che daranno senso d’eternità alla razza, alla città e al suo imperio: esso è l’aspetto cerimoniale di una tecnica segreta mirante ad aggiogare gli eventi secondo un’unica direzione, quella dell’Urbe nascente. È l’iniziale vittoria della razza di Roma sul fato, per un ciclo nuovo dell’Occidente. Tale sarà da allora il significato del Dies natalis Urbis Romae. La fondazione di Roma è dunque un atto costruttivo che muove da un ordine di interiore necessità: essa, mentre è la conseguenza di un trattato religioso tra coloro che dovranno abitarla, in quanto rappresenterà il santuario del culto comune, deve ritualmente costituirsi come causa di cause, come punto di partenza, come motivo radicale di un organismo futuro. È un seme nel seno della terra e, come seme, deve contenere la forza della generazione.

venerdì 23 marzo 2012

I nuovi poster del Centro Studi Aurhelio

Castrum Novum, il primo insediamento romano sul territorio di Santa Marinella. La ricostruzione di Adriano Fruch si è basata sulle importanti indicazioni delle ricerche archeologiche effettuate sul sito.
Carta Avorio, formato A3


La spiaggia centrale di Santa Marinella, la passeggiata e lo scorcio tra ville e palazzi moderni.
Una immagine simbolo che contraddistingue il nostro territorio.
Carta Avorio, formato 15 X 42.




Il Santuario di Pyrgi, l'importante centro religioso che ha rivestito una importanza centrale nell'ambito delle ricerche perchè in prossimità del sito archeologico sono state ritrovate le laminette d'oro che hanno contribuito sensibilmente alla interpretazione dell'alfabeto etrusco. La ricostruzione di Adriano Fruch si è basata sulle importanti indicazioni delle ricerche archeologiche. Si scorgono sul disegno infatti, il tempio A ed il tempio B, la processione religios e figure femminili che richiamano le ierodule.
Carta Avorio, formato A3
I poster possono essere richiesti al Centro Studi Aurhelio: cst.aurhelio@gmail.com


martedì 20 marzo 2012

Il Mondo della Tradizione

Prefazione alla seconda edizione

Sconvolgendo anche le più rosee previsioni, la prima edizione di questo quaderno è andata in breve tempo ad esaurirsi, e questa seconda ora va riempiendo un vuoto che molti già lamentavano.

Numerose sono state le segnalazioni e gli incoraggiamenti ricevuti per la realizzazione di questo piccolo ma essenziale scritto, che non può né vuole essere esauriente, ma offrire al militante un momento di riflessione.

L’obiettivo prefissato è quello di risvegliare nei propri “simili” l’entusiasmo per la Tradizione e favorire quel processo di formazione dei militanti atto a realizzare il differenziarsi dalla perversione moderna.

Infatti, il primo quaderno della collana “La formazione del Militante della Tradizione” delinea in modo semplice ed essenziale la dottrina tradizionale che per ogni militante deve essere il punto di partenza d’ogni azione. Siamo convinti che, senza un preciso punto di riferimento, è difficile resistere al vortice della decadenza e la crisi del mondo moderno, alla lunga, finisce con il coinvolgere anche chi rifiuta la sua logica.

Frequentemente le azioni che si compiono non hanno un fine preciso, si vive alla giornata, restando impantanati nelle sabbie mobili di uno sterile intellettualismo, o vittime sacrificate ad un’agitazione senza senso. Si ha così un militante rinchiuso nella sua torre d’avorio o pronto a rincorrere ogni tipo di problematica sociale, con l’illusione di essere al passo con i tempi, ma entrambe queste soluzioni altro non sono che la conseguenza di un tipo umano inconsapevole della realtà che lo circonda.

Julius Evola, in “Rivolta contro il mondo moderno”, afferma che uscire dalla Tradizione significa uscire dalla vita; abbandonare i riti, alterare o violare le leggi, confondere le caste, significava retrocedere dal cosmos nel caos”.

Tradizione è “regola”, cioè Legge interiore ed esteriore a cui far riferimento, specie nei momenti di crisi come quello attuale. Regola e misura, che prima di tutto devono informare il nostro stile di vita e delimitare i confini tra gli amici e i nemici.

Per questo motivo la dottrina tradizionale non si può imporre, ma deve essere una libera scelta, un momento di crescita interiore liberamente voluta e cercata. È possibile che non sempre si sia all’altezza delle proprie aspirazioni, dinanzi agli ostacoli si può cadere, ma ciò che importa è rialzarsi e affrontare con più determinazione le difficoltà.

Per il militante la Tradizione diventa un sostegno necessario per affrontare le prove quotidiane; il suo agire è lucido e cosciente; il rispetto per la Verità e la giustizia, per la natura e per le sue leggi, sono il segno tangibile del collegamento con un Ordine trascendente che coinvolge tutto l’essere umano.

In conclusione vogliamo ringraziare tutti coloro, e non sono pochi, che ci hanno contattato confermandoci la loro simpatia e il loro entusiasmo, e che inoltre ci hanno informato che hanno utilizzato questo scritto come vademecum in gruppi di studio soprattutto di giovani militanti. Vogliamo ringraziare ancora quanti si sono prodigati e si prodigano alla sua diffusione, che oggi può annoverare numerose traduzioni ed edizioni anche al di fuori dei confini nazionali.


La Formazione del Militante della Tradizione

Quaderno Numero Uno: Il Mondo della Tradizione

Indice

Premessa

1. Dalle origini al mondo moderno

2. Il Sacro e la Tradizione

3. Che cos’è la Metafisica

4. Gli Stati dell’Essere: Archetipo-Spirito-Anima-Corpo

5. Esoterismo ed Exoterismo

6. L’Autorità

7. Le Caste

8. La Civiltà

9. La Guerra Santa: vita est militia super terram

10. Decadenza e sovversione

11. L’iniziazione

12. Contemplazione e azione

13. La Legge

14. Il Rito

15. Il Mito

16. Il Simbolo

Appendice

I. La Croce

II. Il Sole

Orientamenti Bibliografici


Disponibile presso il Centro Studi Aurhelio