mercoledì 28 agosto 2013

J.R.R.Tolkien, scrittore tradizionale e antiprogressista

Contro coloro che discreditano Tolkien e le sue indimenticabili opere letterarie, pubblichiamo, a poca distanza dall'anniversario della sua morte, un'interessante articolo che chiarisce come la sua visione antiprogressista e antimaterialista, quindi fortemente spirituale non possa in alcun modo essere messa in discussione. Egli ha creato un mondo che, tramite i suoi personaggi straordinari e i suoi paesaggi incantevoli, riesce a trasmettere i valori tradizionali adattandoli con un opera che riesce benissimo nel tentativo di far breccia anche nei cuori e nelle menti apparentemente travolte e annebbiate dalla valanga inarrestabile della modernità.
John Ronald Reuel Tolkien è stato, e si può considerare, uno scrittore “tradizionale” o “tradizionalista”? La domanda non è retorica, ma sostanziale. Molte delle polemiche pro e contro questo studioso di letterature antiche e di linguistica, poi divenuto narratore, ruotano in fondo intorno a questo concetto. Se la risposta è “no”, si tratta allora di diatribe che lasciano il tempo che trovano, di scaramucce giornalistiche contingenti, di strumentalizzazioni banalmente “politiche”. Se la risposta è invece “sì” allora la questione assume un diverso aspetto, più importante, più profondo, e si rivela essere uno dei tanti sintomi di come una certa parte del mondo moderno non riesca ad accettare un’opera che è sostanzialmente in contrasto, in opposizione, in distonia con i valori dominanti.
J.R.R.Tolkien dal punto di vista spirituale fu sicuramente un homo religiosus: era un cattolico convinto in una società protestante come quella inglese, un “papista” come venivano sprezzantemente definiti i seguaci della Chiesa di Roma; in più fu tra i cattolici un cattolico tradizionalista, vale a dire ossequioso sì ma assai poco propenso ad accettare le riforme del Concilio Vaticano II: ad esempio, non condivise l’abolizione del latino nella Messa. Devoto della Madonna e del Rosario, lo portava con sé: durante la seconda guerra mondiale, mentre era di guardia nelle postazioni antiaeree essendo inquadrato nell’esercito territoriale (nel 1939 aveva 47 anni), lo recitava regolarmente. Il riferimento ai Vangeli, alla devozione, alla spiritualità, ad un modo di comportarsi cristiano nella vita di ogni giorno, è costante nelle lettere ai suoi figli. Dal punto di vista culturale era, come ben si sa, uno studioso non solo di letteratura anglosassone e inglese, ma di miti, di saghe, di epopee, di antiche tradizioni, i cui simboli e valori contrappose sempre alla Modernità, sia come Weltanschauung, sia come stile, sia come atteggiamento dei protagonisti dei suoi libri.
Dal punto di vista esistenziale coltivava una vera e propria idiosincrasia per tutto quanto aveva a che fare con la società in cui viveva: la burocrazia nella vita universitaria, la pervadenza delle macchina in ogni dove, la distruzione della natura, il rumore ed il fracasso della città, l’industrializzazione.
Dal punto di vista politico si definiva “antiquato reazionario”: patriottico, monarchico, sostanzialmente antidemocratico, condannava l’imperialismo materialista, la progressiva scomparsa delle identità nazionali sia linguistiche, sia addirittura gastronomiche. Possedeva anche quel tanto di individualista e anarchicheggiante, insofferente, che è in ognuno di coloro i quali si sentono di vivere in una società assurda, soffocante, non a misura d’uomo. Insommma, come lo definisce il suoi biografo Humphrey Carpenter, era un “uomo di destra”.
Dal punto di vista narrativo riversò, travasò consciamente e inconsciamente tutte queste caratteristiche spirituali, culturali e umane nei suoi romanzi, soprattutto ne Il Signore degli Anelli, un’opera che voleva essere, secondo quanto esplicitamente disse negli anni Trenta, il tentativo di fornire di una mitologia il suo Paese, l’Inghilterra, che a suo giudizio ne era assolutamente privo. Una società assolutamente carente di miti nella prima metà del Novecento? Per il professor Tolkien qualcosa di inaccettabile, per lui che di miti e di religione si nutriva lo spirito. E così riproponendo dopo secoli un’opera in forma di saga ed epopea adatta ai lettori moderni, questo docente di Oxford ha dotato di un’appassionante mitologia non solo il suo Paese, ma, si può ormai dire con certezza, il mondo intero, dato che i suoi miti sono così universali, così “cattolici” si potrebbe dire ricordandoci l’etimologia greca della parola, che sono stati compresi, accettati e fatti propri da lettori che più lontani dalla mentalità britannica non si potrebbe. E questo, ovviamente, ad di là del successo planetario del film in tre parti di Peter Jackson, che ha dato solo più visibilità alla sua creazione.
Dunque, credo che si possa rispondere alla domanda iniziale positivamente: “Sì, Tolkien si può legittimamente definire e considerare un autore tradizionale”. Ma di quale tradizione? Su questo punto ci sono state polemiche anche speciose e un po’ ridicole: c’è chi lo restringe all’interno della tradizione cattolica e chi invece lo considera un esponente della tradizione classica, o anche pagana. Senza ombra di dubbio la sua formazione è cattolica, ma – lo disse in modo chiaro – scrivendo Il Signore degli Anellinon volle farne esplicitamenbte un’opera religiosa: non si parla mai di riti, di divinità, di espressioni evidenti di spiritualità, tantomeno di quelli cristiano-cattolici. Tutto è inveceimplicito nella sostanza dell’opera, tutto sta nel retroterra, nel sottofondo. E questo retroterra, questo sottofondo è un amalgama inestricabile di tutta la sua formazione interiore: di cattolicesimo e di paganesimo, di Vangelo e di Edda, così come di romanzi arturiani e di saghe islandesi, di mitologia germanica e di riferimenti celtico-irlandesi. La sua insomma, è l’opera di un “pagano convertito”, come Tolkien stesso definiva l’anonimo autore del Beowulf, il poema anglosassone la cui rivalutazione si deve proprio al nostro professore oxoniense. Per questo Il Signore degli Anelli, e gli altri testi che gli fanno da contorno, è importante: proprio per l’originale amalgama di tradizioni diverse portate a dignità di romanzo adatto ai moderni in pieno Ventesimo secolo.
Tolkien e la sua opera sono, dunque, nel solco di una tradizione che penso si possa definire legittima, proprio come accade per tutti quei grandi scrittori la cui apertura mentale, la cui sensibilità profonda, la cui grande cultura, consentono di accogliere ed esternare con la loro arte i simboli di una Tradizione perenne per inconsapevoli che possano esserne, come affermano sia René Guénon sia Julius EvolaUn autore e un libro così non potevano che avere quindi una pletora di avversari, di nemici che esternarono la loro ostilità in modi diversi, spesso contradittori e grotteschi, avendo per così dire fiutato a naso in lui e nei suoi scritti qualcosa di totalmente alieno e incomprensibile. Ovviamente ci interessa quel che è avvenuto in Italia, unico Paese al mondo in cui ci si è letteralmente scannati sulle interpretazioni da dare all’opera tolkieniana sotto un’ottica squisitamente “politica”.
Il Signore degli Anelli venne tradotto integralmente solo nel 1970 dalla Rusconi quando era direttore editoriale Alfredo Cattabiani su consiglio di Elémire Zolla e per la cura di Quirino Principe. All’epoca furono sufficienti questi nomi per metterlo all’indice: il fatto poi che si trattasse di un romanzo “fantastico” e non sociale o realistico o intimistico, e che fosse ambientato in uno pseudo-medioevo, come si disse, fornì altri spunti per condannarlo. La reazione della stampa italica in un periodo di forti tensioni politico-ideologiche fu prima il silenzio, poi l’aria di sufficienza, infine la condanna. Non poteva essere accettato un romanzo che avesse caratterstiche così estranee ai gusti degli intellettuali che condizionavano le patrie lettere. Lo si stroncò da vari punti di vista: il libro era da un verso troppo lungo, illegibile, zeppo di nomi astrusi e incomprensibili, noioso per le sue digressioni e le cronologie in appendice; per altri era un libro puerile, ridicolo, adatto ai bambini; per alcuni ancora era manicheo perchè distingueva troppo nettamente fra Bene e Male, fra buoni e cattivi, ed era anche un po’ razzista perchè i cattivi era regolarmente “brutti”; per altri, al contrario, era ambiguo, dato che non si riusciva a comprendere esattamente la sua posizione in certi momenti-chiave della trama, o rispetto al carattere di determinati personaggi (ad esempio, la regina degli elfi Galadriel).
Smontato il romanzo dal punto di vista letterario, non bastò. Di fronte ad un successo inarrestabile, nonostante la cattiva pubblicità, soprattutto fra i giovani e in particolare fra i giovani di destra che lo avevano eletto a loro libro di culto, ovviamente lo si qualificò dal punto di vista politico: conservatore, reazionario e, ovviamente, fascista. Poiché era letto dai ragazzi di destra che alla fine degli anni Settanta avevano realizzato i famosi Campi Hobbit, la caratteristica dei suoi lettori cadde anche sull’autore: era un fascista, anche perchè si scoprirono alcuni aspetti del libro che inizialmente erano passati in secondo piano, come i temi dell’eroismo, del sacrificio, della dedizione, del cameratismo. Di conseguenza, l’opera divenne tabù per i ragazzi della sponda opposta, quelli di sinistra, che erano costretti a leggerlo di nascosto, come rivelarono, una volta diventati più adulti, negli anni Novanta alcuni personaggi assurti a notorietà pubblica.
Il Signore degli Anelli si può definire veramente un’opera outsider, proprio “fuori posto” nell’Italia politicizzata degli anni Settanta, anche se questa definzione si può senza difficoltà applicare anche alle altre opere di Tolkien. Troppo diverso, troppo alieno, troppo distante dai valori (chiamiamoli così) di una intellettualità progressista che dettava legge su giornali e riviste, ma anche nelle università e nelle piazze. Non poteva che essere respinto quasi a priori per il suo sfondo, per i suoi personaggi, per la sua trama, per i punti di vista che trasmetteva. I suoi nemici di allora furono sostanzialmente politici, perché applicarono al romanzo concetti e definizioni “politiche”, trascinando la polemica su di un campo che non era quello proprio all’opera in sé nelle intenzioni del suo autore. Tolkien, come si è detto, voleva creare un’epopea, una saga, che parlasse di miti creando un mondo alternativo alla Modernità. E come tale venne inteso dai suoi maggiori e più entusiasti lettori degli anni Settante e Ottanta, quei ragazzi di destra che ne accolsero le valenze metapolitiche, vedendo nei suoi personaggi degli archetipi e nei suoi valori dei punti di riferimento, al di là di manifestazioni provocatorie e goliardiche come le scritte inneggianti al “camerata elfo” o ad “Aragorn al potere”, che invece i suoi detrattori consideravano la prova provata della politicità, e quindi della pericolosità, dell’opera da mettere dunque al bando.
Diversa la situazione trent’anni dopo, l’ottica in cui si sono mossi i nemici di Tolkien all’epoca del suo revival all’inizio degli anni Duemila grazie ai film del regista Peter Jackson. Mutati i tempi, mutata la società e soprattutto mutata la politica con il crollo dei “socialismi reali” e la crisi di quella che è stata definita l’“egemonia culturale comunista” in Italia, l’atteggiamento dei critici ha cambiato forma e contenuti in un modo singolare, paradossale e anche grottesco, assumendo l’aspetto di un tentativo – oggettivamente ridicolo – di cooptare Il Signore degli Anelli negandone certe caratteristiche contenutistiche e valoriali, tutto sommato banalizzandolo e, di conseguenza, condannando come strumentalizzanti precedenti interpretazioni. E ciò è avvenuto – non sembri un paradosso – sia da parte di critici di “sinistra” che di “destra”.
A sinistra, nel momento in cui apparve il primo film della serie, La Compagnia dell’Anello (2001-2002) vi fu una specie di gara giornalistica fra chi cercava di scoprire nell’opera di Tolkien specifiche valenze per poterlo considerare “di sinistra” e quindi riabilitarlo ed acquisirlo nell’area progressista, valenze ovviamente soltanto “politiche”: l’opera diventò all’improvviso antinazista, gli Orchi assomigliavano alle SS, essendo stato il romanzo scritto nella sua parte conclusiva durante la seconda guerra mondiale per alcuni Sauron era Hitler e Saruman nientemeno che Mussolini, si disse che Tolkien aveva combattuto contro l’apartheid, e altre amenità del genere. Si sono letti titoli un po’ surreali come “Fascisti giù le mani da Tolkien”, oppure “Eroi, spade ed elmi antifascisti”. Ci sarebbe da ridere su tutto ciò, ma ancora una volta è la dimostrazione come per la cultura progressista, alta e bassa, sia del tutto insensibile alla percezione di certi valori, come per essa un autore è accettabile o meno soltanto in base al suo minore o maggiore tasso di antifascismo. Per accettare Tolkien nel Duemila lo si deve quindi presentare come un ferreo nemico del nazismo e del fascismo, altro non conta, e che questa avversione – nonostante le precisazioni in contrario – deve essere ben percepibile nella sua opera.

Tutto il contesto simbolico e tradizionale non può essere accettato da giornalisti e intellettuali di sinistra. Di conseguenza, per parlar bene del libro deve essere messo in un canto. Depotenziare l’opera per renderla appetibile ad una cultura che non capisce, e quasi odia, il mito è il succo di un libretto pubblicato in occazione dell’ultimo film, dal titolo emblematico de L’anello che non tiene: al Signore degli Anelli non si possono applicare interpretazioni simboliche perchè è un puro e semplice romanzo d’avventura, quasi quasi realistico, e quindi tutte le elucubrazioni che vi si sono fatte intorno non hanno alcun senso. Pur di negare l’evidenza, si fa scendere il romanzo di gradino in gradino sino a considerarlo un’opera da poco, interessante sì, magari anche affascinante, ma in fondo robetta che non è degna di quel che le si è voluto costruire intorno come intepretazione di tipo tradizionale. Che viene considerata solo come una strumentalizzazione bassamente politica, quasi quasi ad uso partitico, organizzata – par di capire – a tavolino.
Ma anche a destra, se vogliamo far rientrare in questa definizione certi liberali, si è tentata un’operazione pressoché simile. In un altro presuntuoso libretto dal titolo definitivo La verità su Tolkien i due giovani autori, quasi fossero degli evangelisti, ci fanno trovare di fronte alla rivelazione che il nostro professore non era né un “fascista” né un “ecologista”. Anch’essi, per poca conoscenza diretta, cadono nell’equivoco dei loro più anziani colleghi di sinistra: poichè veniva letto dai giovani “fascisti” degli anni Settanta Tolkien passava anch’egli per “fascista”, ma così non è. Lapalissiano, e non era certo necessario un intero libro per spiegarlo. Quanto all’ecologista, di certo Tolkien non si sarebbe riconosciuto nell’ecologisno politico e militante di oggi, ma se con tale definizione ci riferiamo al suo amore per la natura e al suo profondo anti-tecnologismo e anti-industrialismo, al suo dolore quando vedeva campagne attraversate da nuove strade, alberi abbattutti, l’invasione delle automobili a Oxford, beh allora ecologista e ambientalista lo era. La Natura è sacra e l’Uomo, pur se definito dalla Bibbia il “padrone della creazione”, non può assolutamente fare quel che vuole, senza limiti e senza regole, nel giardino del mondo. Questo è chiarissimo in tutta la sua opera e negli esempi della sua vita.
Ma i due autori, che si proclamano liberal-liberisti-libertari, e di conseguenza strizzano un occhio alla modernità, all’individualismo ed al progresso di tipo americanoide, per scrollargli di dosso la terribile accusa di essere un uomo della Tradizione, cuciono sul povero professor Tolkien la casacca del “libertario”, quasi dell’“anarchico”, prendendo lo spunto da un paio di episodi della sua vita e dalla struttura sociale della Contea degli hobbit. Tutto vero, ma non è proprio possibile generalizzare: proclamarsi anarchico di fronte alle follie stataliste o burocratiche è qualcosa che abbiamo dentro tutti noi, ma Tolkien non è mai stato né un liberal, né un radical, né un libertarian secondo il concetto anglosassone, non è stato nemmeno un anarco-capitalista come si dice oggi, né un sostenitore di uno Stato minimo. Mordor è una esplicita fusione della dittatura materialista e di massa orientale e del capitalismo selvaggio, dell’industrialismo senz’anima occidentale. Inoltre, nella Terra di Mezzo ognuno manteneva la sua specificità, ma non sono esistite né democrazie né repubbliche, e accanto alla Contea degli hobbit agricola e pacifica, blandamente individualista, vi sono soltanto regni retti da sovrani con tutte le caratteristiche dei re tradizionali, che assommano il potere temporale e l’autorità spirituale, che guariscono i malati, rinsaldano le spade spezzate e con esse sconfiggono il nemico e riconquistano il trono, che fanno rifiorire gli alberi secchi e portano prosperità.
I nemici di Tolkien hanno assunto, dunque, una maschera più ambigua oggi. Non potendo più permettersi di rifiutare un autore ed un libro amati in tutto il mondo, mettendosi così contro una gran massa di pubblico, cercano di piegarlo alle loro ideologie per, ripeto, banalizzarlo, depotenziarlo e renderlo quasi inoffensivo: non portatore di simboli e valenze spirituali, non saga del Ventesimo secolo, ma normale romanzo d’avventura, quasi allo stesso livello dei tanti best sellers made in USA che ci sommergono; non autore tradizionale, ma un antifascista-doc, un libertario e un individualista. Operazioni sottili, ma senza spessore, soprattutto operazioni che lasciano il tempo che trovano dato che sono durate lo spazio di un mattino e poco tempo dopo nessuno se le ricorda più.
Il Signore degli Anelli è la dimostrazione più chiara ed esplicita di come, sapendo utilizzare i mezzi della moderna espressione narrativa, i valori che noi definiamo tradizionali possono essere ancora divulgati ed accettati da grandissime fasce di lettori in tutto il mondo, forse senza neanche rendersi conto di cosa sono e rappresentano. Ma non per questo, credo, essi non lavorano in profondità.
Gianfranco de Turris,
Fonte: Centro Studi la Runa, 

domenica 25 agosto 2013

Perché è importante la bellezza?

Riflessioni a margine delle orribili manifestazioni della Perla che promuovono il senso della "bellezza" nel mondo moderno.

Data la dilagante bruttezza della società moderna in cui ci troviamo a vivere e che sta travolgendo ogni aspetto della vita, dal linguaggio alla musica, dall'arte all'architettura, viene istintivamente da chiedersi che fine abbia fatto la bellezza. Oggi assistiamo addirittura alla celebrazione del brutto attraverso feste come Halloween in cui vestirsi da zombi e simulare atti cannibaleschi fa molto "cool". Perché?
L'architettura dal canto suo ha abbandonato qualsiasi preoccupazione per il dettaglio, per l'armonia, al fine di sacrificare tutto nel nome dell'utilitarismo. Gli edifici sono costruiti tenendo conto esclusivamente della loro utilità senza lasciare spazio ad altro. Come sono straordinari ed espressivi quei santi scolpiti e posizionati talmente in alto, sulle colonne delle cattedrali simbolo della civiltà del passato, tanto che nessuno riesce a scorgere le loro espressioni. Ti domandi allora: quale generosità comandò il sacrificio dell'artista di creare senza mostrare? Quale fede?

Nell'arte della scultura e della pittura assistiamo alla medesima degenerazione verso il culto della bruttezza. Le esigenze universali di bellezza radicate nel profondo della natura umana sono oggi messe in discussione da una correttezza politica che vuole convincerci che ogni persona ha il suo standard di cosa sia bello e cosa sia brutto. Ecco allora che si è fatto spazio la concezione soggettiva che l'arte non sia altro che un'idea e poiché chiunque può avere delle idee ecco che tutto può essere arte e chiunque può pretendere di essere un'artista senza più preoccuparsi del talento, del buon gusto o della creatività.
Nelle grandi civiltà tradizionali la bellezza era considerata un valore, alla stregua della verità e della giustizia. Essa era concepita come una finestra sul sacro in grado di elevare l'animo umano dalla sua condizione terrena, per strapparlo dagli appetiti del quotidiano e condurlo verso il trascendente. Bellezza e sacro sono strettamente collegati. Una volta l'arte era fondata sulla religione e ai più elevati livelli l'arte è stata spesso creata al servizio della religione. Ma anche l'arte che non menziona Dio può avere una forza religiosa come ad esempio Tristan e Isolda di Wagner. Ciò si deve al fatto che la bellezza ci apre alla certezza che la nostra vita non sia solo consumata, ma viene redenta.
Senza radici spirituali l'arte diventa un fantasma, piena di odio e di scherno privata del dono della bellezza. Dietro ogni  grande cultura che ha creato la Civiltà vi è stata tradizione religiosa. La degenerazione moderna verso l'adorazione del brutto nell'arte, nella musica e nell'architettura non è altro che lo specchio della nostra società così com'è nel suo intimo, nelle sue maniere, nel suo linguaggio, nel suo essere e cioè priva di ogni riferimento superiore.

Nel mondo moderno è all'opera un nichilismo attivo che proviene dalla delusione amara di quelle persone che non possono trovare la fede. Il brutto è la manifestazione estetica del loro egoismo, della loro ricerca del piacere e del profitto...
Così, alla stregua di coloro che perdono la loro fede e sentono il bisogno di sbeffeggiare quello che hanno perduto, così sentono gli artisti di oggi, come anche le persone nella vita di ogni giorno, di trattare la vita umana in modo degradante e di ridicolizzare il bisogno del bello.
Ma si dovrebbe rifiutare questa condizione non accettando tale alienazione e sforzarsi di uscire da questo deserto spirituale che ci circonda ricercando l'Ordine, la Bellezza, in cui l'ideale e il reale coesistono in armonia.

Nico di Ferro

sabato 17 agosto 2013

Castello di Santa Severa - Notte di Ferragosto



Antico maniero,
oltraggiato, vilipeso, violentato. 
Le tue mura e la tua bellezza, 
possono essere solo disturbate 
dai Sabba di plebei che danzano al ritmo del disfacimento moderno. 
Tu rimarrai, 
loro passeranno. 
Questa e' la nostra quiete.




lunedì 5 agosto 2013

Pausa Estiva 2013



Il Centro Studi Aurhelio, osserverà una pausa estiva da oggi al 24 Agosto.
Salutiamo tutti i nostri iscritti e sostenitori,
nel segno del Sole invincibile.




mercoledì 31 luglio 2013

Gli Stati legiferano su aggregati gay e la civiltà europea arretra

Con le ultime legiferazioni della Francia e della Gran Bretagna sono arrivati a 10 i paesi che in Europa hanno legalizzato gli aggregati giuridici composti da coppie dello stesso sesso equiparandole alle tradizionali famiglie fondate sull’unione tra un uomo e  una donna.
Su questa scia di baluardi infranti anche in Italia i tentativi di far passare tale disegno di legge incominciano a intravedersi sempre più forte a cominciare dalla proposta di legge contro la presunta omofobia degli italiani. La classe politica del Bel Paese invece di occuparsi dei problemi del popolo, che deve fare i conti con un tasso di disoccupazione allarmante e con un numero di suicidi ogni giorno sempre più numeroso, sembra che veda nell’omofobia una questione di imminente emergenza. Perché? Da una parte è “l’Europa che ce lo chiede”, infatti, il Consiglio dell’Unione Europea nella sua sessione del 24 giugno ha approvato una risoluzione[1], nel silenzio generale, in cui fa sua l’ideologia gender riconoscendo, non più la classica distinzione uomo-donna, ma,  ben cinque generi: lesbiche, gay, bisessuali, transgender e intersessuali, impegnandosi a proteggerli e a promuoverli come normali. Dall’altra parte, anche per i politicanti venduti alle lobby è più facile far passare simili provvedimenti che occuparsi dei problemi reali del Paese, e poi, pare rendano in termini di immagine.
Secondo un censimento del 2006 in Italia 87% degli Italiani si sono dichiarati cattolici. Dato che la dottrina Cattolica considera gli atti omosessuali contrari alla legge naturale ci si chiede, nel caso in cui la legge contro l’omofobia venisse approvata, se saranno perseguiti tutti per discriminazione.
Minata ogni concezione del Sacro, trasformato il continente in uno spazio di libero scambio e di circolazione delle merci e della  forza lavoro, la famiglia resta una delle ultime istituzioni normali contro l’onda anomala della sovversione. E' proprio contro la famiglia che simili provvedimenti, mascherati con l’intento di proteggere i deboli, vanno a colpire, trasformandola in una parodia moderna e sottraendole il ruolo di pilastro fondante della Civiltà.

giovedì 18 luglio 2013

Nuove speranze per il Castello di Santa Severa

Dopo due anni di mobilitazione delle 42 Associazioni costituenti il Comitato per il Castello di Santa Severa finalmente s’intravede una luce per il futuro del grande complesso monumentale.
La giunta Zingaretti ha convocato il Sindaco di Santa Marinella per avviare subito un rapporto ufficiale con l’Amministrazione, cosa che non era stata possibile con la passata giunta Polverini. Anche l’Assessorato alla Cultura regionale è stato interessato dal Comitato alla questione del castello che non può e non deve restare un semplice bene “patrimoniale”, destinato a risanare il bilancio della Regione, così come si era cercato di fare con la precedente amministrazione. Il bene culturale va, viceversa, considerato una risorsa pubblica, fondamentale per la crescita civile e sociale del territorio e per il suo sviluppo turistico ed economico.
Il progetto di “Uso pubblico per fini culturali e turistici del Castello di Santa Severa” elaborato dal direttore del museo civico in collaborazione con il Comitato è stato approvato in via preliminare dalla giunta di S. Marinella e il prossimo lunedi 15 luglio dovrebbe esserlo da parte dell’intero Consiglio Comunale. Questa approvazione permetterà finalmente al Comune di avere una propria proposta chiara e condivisa da portare al tavolo tecnico-politico che sarà istituito con la Regione.
Il progetto del Comitato prevede di includere la costa compresa tra Macchia Tonda e il Castello di Santa Severa in un’unica area naturalistico-archeologica protetta, comprendente anche il fondale marino e la servitù militare. Non ci vuole molto a capire quale attrattiva turistica potrebbe costituire questo luogo, tramite un’accorta politica di salvaguardia della sua bellezza naturale e una sapiente valorizzazione delle valenze ambientali e storico-archeologiche.
Senza impedire ai bagnanti di raggiungere la spiaggia libera, è necessario evitare che questa diventi sempre più “attrezzata” a danno del patrimonio ambientale. Risulta infatti che il parcheggio sul mare, accessibile del “Varco 54”, abbia già parzialmente demolito la duna e che le pulizie dell’arenile non risparmino conchiglie, reperti archeologici e le barriere di protezione naturali messe per delimitare l’area frequentata dai naturisti. Va ricordato che questi ultimi dagli anni 70 hanno assicurato la pulizia e il controllo dell’intero tratto di spiaggia.
Per questo il Comitato esprime la sua preoccupazione sul futuro delle “Sabbie Nere” di Santa Severa, un tratto del litorale ancora per fortuna incontaminato. Pur riconoscendo la necessità di non intasare l’Aurelia, permettendo ai bagnanti di raggiungere in sicurezza uno degli arenili più belli del Lazio, ricordiamo che non si sta parlando di una spiaggia qualsiasi ma di un vero e proprio tesoro.
L’area compresa tra il Castello di Santa Severa, Pyrgi e la Riserva Naturale di Macchia Tonda, protetta da vincoli archeologici e naturalistici, si è preservata nei suoi valori ambientali e storici fino ai giorni nostri dalla lontana preistoria. In essa si trovano ancora tracce di antichi insediamenti neolitici e dell’intensa frequentazione di epoca etrusca e romana. Le dune sono state dichiarate monumento naturale mentre fossi e paludi costiere consentono a molte specie animali di nidificare.



Il Comitato per il Castello di Santa Severa

giovedì 6 giugno 2013

“SANTA SEVERA TRA LEGGENDA E REALTÀ STORICA. PYRGI E IL CASTELLO DI SANTA SEVERA ALLA LUCE DELLE RECENTI SCOPERTE”

Al Castello di Santa Severa la presentazione del volume con la partecipazione di Alberto Angela

Sabato 1 giugno si è svolta come da programma la presentazione del volume “Santa Severa tra leggenda e realtà storica. Pyrgi e il Castello di Santa Severa alla luce delle recenti scoperte” curato dall’archeologo Flavio Enei, Direttore del Museo Civico di Santa Marinella. L’importante evento culturale è stato introdotto dal curatore dell’opera che ha presentato gli illustri ospiti venuti per illustrare il lavoro ai numerosi intervenuti. Nella sala conferenze del museo piena all’inverosimile dopo il saluto del sindaco Roberto Bacheca sono intervenuti la Prof.ssa Letizia Ermini Pani, Presidente della Società Romana di Storia Patria, il Prof. Giovanni Colonna, Accademico dei Lincei, Professore Emerito dell’Università di Roma La Sapienza, la Prof.ssa Olga Rickards, Ordinaria di Antropologia, Direttrice del Centro per lo Studio del DNA Antico presso l’Università di Roma Tor Vergata
Il Parroco di Santa Severa Don Stefano Fumagalli ha salutato gli intervenuti dopo la lettura del messaggio inviato da Mons. Gino Reali, Vescovo della Diocesi Suburbicaria di Porto - Santa Rufina.
L’evento è stato ulteriormente arricchito dalla presenza del noto divulgatore scientifico televisivo Alberto Angela che in quanto ormai “amico del museo” e del direttore Enei ha voluto salutare l’uscita del volume con un suo intervento molto applaudito.
Dalla presentazione a più voci è emerso chiaro che si tratta di un lavoro editoriale complesso che raccoglie i risultati degli scavi svolti nell’ultimo decennio in occasione degli interventi di restauro del Castello di Santa Severa in collaborazione con la Soprintendenza e i volontari per i beni culturali del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite. Per la prima volta è stato possibile esplorare con metodo stratigrafico alcuni piccoli ma significativi settori dell’enorme deposito archeologico situato all’interno del castrum romano del III secolo a.C., sul quale si è sviluppato in seguito l’insediamento medievale. L’opera che ospita i contributi di numerosi studiosi si propone di presentare subito una prima informazione sui principali dati emersi dalle ricerche e un
a nuova lettura delle millenarie vicende storico-archeologiche vissute da questi luoghi. Gli scavi hanno permesso di scoprire una straordinaria continuità di frequentazione del sito, ininterrotta a partire almeno dall’età del ferro, iniziando finalmente a gettare luce anche sulle fasi tardo antiche e alto medievali che fino ad oggi erano rimaste di fatto sconosciute. In particolare è stato possibile giungere alla sensazionale scoperta della chiesa paleocristiana di Santa Severa che, insieme al suo battistero, costituisce una delle più antiche presenze cristiane nel litorale nord di Roma e dell’intera Etruria marittima. Un grande contribuito di conoscenze prezioso per difendere il Castello di Santa Severa da qualsiasi tipo di speculazione privata e per avviarlo verso un giusto futuro di valorizzazione culturale e turistica. Un volume di 416 pagine con 786 illustrazioni a colori che ora sarà distribuito in tutte le biblioteche e agli Enti di tutela e ricerca italiani ed europei.

mercoledì 5 giugno 2013

CINQUECENTO RAGAZZI DELLE SCUOLE DI SANTA MARINELLA CONQUISTANO IL CASTELLO DI SANTA SEVERA

Una bella iniziativa ha visto coinvolte le scuole elementari, medie e superiori, per ribadire l'importanza storico-culturale del Castello di S.Severa: un giorno di festa e cultura in difesa di un patrimonio che dev'essere tutelato e valorizzato, anche attraverso eventi come questi pregni dell'entusiasmo e della volontà dei più giovani.

Si è appena svolta la grande manifestazione di fine anno scolastico a cura delle scuole di Santa Marinella e Civitavecchia che negli scorsi mesi hanno adottato il Castello di Santa Severa come ideale memoria storica da conoscere e valorizzare. Ben 45 classi di ogni ordine e grado, dalle elementari al liceo hanno lavorato a un gran numero di ricerche e di attività che sono state presentate il occasione della pacifica e simbolica conquista del Castello, purtroppo ancora chiuso al pubblico dopo anni di restauri. All’arrivo dinanzi alle mura il fiume colorato di ragazzi ha trovato il portone chiuso e soltanto dopo un lungo e prolungato coro generale che ha gridato ritmicamente “Aprite il Castello!!” le grandi porte di legno si sono miracolosamente spalancate e il fiume di ragazzi si è potuto riversare negli ampi cortili medievali. I giovani con i loro insegnati hanno allestito una ricchissima mostra dei lavori che raccontano la storia, l’archeologia e le peculiarità paesaggistiche del complesso monumentale e del territorio circostante. Un gran numero di disegni colorati narrano come antiche storie illustrate fantasiosi attacchi di demoni cattivi che cercano di rubare il castello a chi lo abita…Ovviamente i cattivi vengono sempre sconfitti! Il gran lavoro fatto dagli insegnanti ha consentito di realizzare diversi spettacoli di musica e danza medievale che hanno allietato la bella mattinata nel Cortile delle Barrozze. Giovani danzatrici e musici hanno intrattenuto con vivaci e liete melodie i loro compagni e i genitori intervenuti al suono di flauti, chitarre e tamburi. Molto applauditi i brani Rep con il pezzo dedicato al castello che ha inneggiato alla sua storia e alla necessità di difenderlo come bene di tutti. Ogni ora le “Piccole Guide” hanno assicurato ai compagni la visita del Museo Civico “Del Mare e della Navigazione Antica” descrivendo sala per sala i reperti e le tematiche ad essi collegate.
Un gioco dell’oca castellano e tanti lavori eseguiti dai ragazzi nei laboratori del Museo durante l’intero anno scolastico sono stati posti in bella mostra e sono stati molto apprezzati dai visitatori. A seguire, la comune lettura degli articoli della Costituzione, del Codice dei Beni Culturali e della legge regionale che prevede la tutela e la valorizzazione del nostro patrimonio ha creato un momento di grande attenzione nella suggestiva cornice del castello.
Infine, i ragazzi del Liceo Galilei hanno presentato tramite un’interessante proiezione all’interno del Museo del Mare un ottimo lavoro di sintesi storica sulle vicende di Pyrgi e del successivo insediamento romano e medievale, con approfondimenti sulle indagini archeologiche in corso e sullo studio antropologico della popolazione medievale che sta effettuando l’Università di Roma di Tor Vergata.
La manifestazione è stata il bellissimo risultato del lungo lavoro delle insegnanti che hanno aderito al progetto proposto dal “Comitato Cittadino per la difesa del Castello di Santa Severa”, affinché il complesso monumentale possa avere un degno futuro “di cultura e turismo” e soprattutto possa essere a disposizione dei cittadini e delle scuole del territorio. Una lezione di civiltà e di cultura che ha fatto avvicinare i giovani alla conoscenza del patrimonio e della memoria storica che gli appartiene. Un ottimo risultato per i docenti che si sono impegnati nel lavoro, per il Museo Civico di Santa Marinella, per le tante persone e per le 42 Associazioni del Comitato che da oltre un anno si sta battendo per fare in modo che il Castello di Santa Severa resti un bene pubblico fruibile per tutti, centro di scienza, educazione e ricerca.

Al nuovo sindaco di Santa Marinella che a breve sarà eletto il compito di vincere la battaglia.

mercoledì 29 maggio 2013

Questo sabato - convegno sui Tumori Celebrali

I TUMORI CEREBRALI: TRA DIAGNOSI E TERAPIA. UNA MALATTIA DEL TERRITORIO CON MOLTI ASPETTI DA CHIARIRE
 
SABATO 1 GIUGNO 2013 ore 17:00  PALAZZO RUSPOLI  (Piazza S Maria Cerveteri Roma), a cura dell'associazione Caere Vetus

Presidente del Comitato Promotore ed Organizzatore Dott. Alberto Sava Presidente di Caere Vetus Direttore del Quotidiano La Voce
RELATORE E COORDINATORE SCIENTIFICO DEL CONVEGNO   Prof Massimiliano VISOCCHI Neurochirurgo Università Cattolica
Policlinico Gemelli Roma

PROGRAMMA

Conduce e presenta il Dott. Alberto Sava
Saluto del Principe e della Principessa Ruspoli
Saluti  di  Autorità Religiose

Cenni in tema di Etica nell’assistenza sanitaria del Malato

Auspicio Pastorale Sua Eccellenza Mons. Lorenzo Leuzzi, Vescovo Ausiliare per la Diocesi di Roma, Delegato per la Pastorale Sanitaria della Conferenza Episcopale Italiana

Saluto delle Autorità
Sindaco di Cerveteri    Ing. Alessio Pascucci
Presidente della ASL RMF  Dott. Giuseppe  Quintavalle
Presidente dell’Assemblea dei Sindaci per la Sanità del Territorio  ASL RMF Avv. Pietro TIDEI
Presidente della Fondazione CARICIV Dott. Vincenzo CACCIAGLIA
Consiglio  Regionale AVIS LAZIO Dott. Nicoletta IACOMELLI

 APERTURA DEI LAVORI

PRESENTA E COORDINA IL DIBATTITO  Dott. Alberto Sava Direttore del Quotidiano La Voce, Presidente Associazione Caere Vetus
Moderazione scientifica Prof Massimiliano Visocchi  Neurochirurgo Università Cattolica Policlinico Gemelli Roma

INTRODUZIONE AL CONVEGNO
Dott.ssa Rosanna Visocchi Funzionario Presidenza del  Consiglio dei Ministri  Roma: Il diritto costituzionale alla salute 7 min

RELATORE
Prof Massimiliano Visocchi Neurochirurgo Policlinico Gemelli Università Cattolica Roma: Come si presenta un tumore cerebrale e quali sono le possibilità di terapia? 30 min

TAVOLA ROTONDA INTERVENTI COORDINATI
Prof. Emanuele Carlo Maria Galante  Oncologo  Medico di Base Cerveteri): Perché i tumori cerebrali nell’area di Cerveteri? Cenni di Epidemiologia del Territorio  7 min
Dott. Antonio Brazzini,  Medico Di Base Cerveteri , Dott Marco Valeri Medico di Base Cerveteri: Il medico di base ed il ruolo del consorzio sanitario territoriale nello screening  dei tumori  7 min
Dott.    Pietro Zaccagnino  Radiologo Ospedale   Bracciano:Cenni di  diagnosi radiologica  dei tumori cerebrali  7 min
Prof Carlo Jovine Primario Neurologo Associazione Cavalieri  Sovrano Ordine Militare di Malta Roma ACISMOM : Interventi riabilitativi precoci nei pazienti operati  7 min
Dott. Pantaleo PAGLIULA Oncologo European Hospital Roma:  Terapie integrate per la cura delle neoplasie cerebrali 7 min
Dott. Italo  Gionangeli  Neuropsichiatra infantile ed Analista CIPA  - Medico di Base Ladispoli:  Risvolti neuropsicologici  del malato oncologico  7 min
Dott. Andrea Rocca  Direttore ARCoS Roma: Il sostegno neuropsicologico al malato oncologico 7 min

Dibattito con il pubblicoConclusioni: Dott. Alberto Sava

sabato 25 maggio 2013

Lavoro e mondo moderno, la soluzione dell’economia legionaria


In piena crisi economica, quando il coltello è ormai arrivato all'osso, possiamo osservare più che mai i veri tratti della società progressista che ci circonda. Queste osservazioni non partono da considerazioni cospirazioniste a priori ma da una limpida analisi delle evoluzioni socio-economiche e politiche degli ultimi anni che, alla stregua di un giocatore di scacchi che analizza i movimenti dell'avversario, ci indicano la direzione verso cui ci si muove. In tal modo constatiamo come il nuovo obiettivo della classe neo-dominante è quello di realizzare un esproprio di dimensioni mai avvenute prima, l'ennesimo a partire dal 1789, ma questa volta rivolto contro i salariati e le categorie medie, figliastre dello stato assistenziale. 

L'obiettivo non-economico di primo piano è altresì  quello di trasformare l'uomo in un precario a vita. Andando più in profondità, oltre alla tendenza di creare valore esclusivamente su base finanziaria, sul piano demografico ed ecologico l'obiettivo è quello di ridurre nei numeri, una umanità che supera le esigenze neocapitaliste. Di gran lunga, ad osservare bene, il fenomeno più preoccupante è il processo di induzione alla autocolpevolizzazione delle vittime, le quali considerando erroneamente una propria responsabilità individuale i problemi di natura sistemica, collettiva, politica, di fronte agli espropri subiti, tendono a auto-sopprimersi. Gli effetti appena descritti hanno trasformato l'uomo-lavoratore precario in una macchina produttrice senza un centro e senza la certezza economica del domani. Non è casuale quindi che la parola lavoro che deriva dal latino labor indicava prima del Rinascimento la sofferenza. Infatti una volta il lavoro degli artigiani si esprimeva attraverso la parola “opera” ed era il risultato di un rapporto quasi padre-figlio tra il maestro e l'allievo che imparava la tecnica ma anche i valori morali e religiosi. Nell'opera ultimata l'artigiano si rispecchiava e diventava immortale. Oggi ci possiamo rendere conto come attraverso il “lavoro” non si intende più un'attività creatrice da tramandare e attraverso cui prodotto finale l'uomo continua a vivere, ma indica, come spirito e modalità, produzione in serie, anonimato, stress, sofferenza, quello che pressappoco caratterizzava il lavoro dello schiavo in antichità. L'aspetto ancora più sbalorditivo, è la concezione moderna del lavoro come semplice pretesto di profitto o di una busta paga prescindendo da qualsiasi utilità per la comunità. 


In questo contesto ci si può rendere conto dell'attualità dell'esempio legionario attraverso la cosidettà economia legionaria. Essa ambisce, tramite la creazione di una rete economica parallela, alla sottrazione di spazio utile alla sovversione, riportando i valori tradizionali nelle attività commerciali offrendo così anche una sicurezza economica a coloro che militano per l'Idea. In questo modo qualsiasi gesto economico diventa anche un gesto politico: il denaro ritorna, dalla sua funzione attuale di fine, a quella che gli spetta, di mezzo; il lavoro, oltre a riconquistare il suo valore originare attraverso cui l'uomo si nobilita, ridiventa anche un'opportunità di alzare un mattone per la grandezza della propria comunità che acquista così l’organicità che la liberal-democrazia di stampo capitalistico, ha trasformato in meccanicità senza anima.


Nico di Ferro

martedì 21 maggio 2013

Incontro del Comitato per il Castello - candidati sindaci a confronto


GRANDE SUCCESSO DELLA NUOVA INIZIATIVA DEL COMITATO PER IL CASTELLO DI SANTA SEVERA: I CANDIDATI SINDACI A CONFRONTO

Si è conclusa con uno straordinario successo di pubblico la nuova iniziativa organizzata dal “Comitato Cittadino per il Castello di Santa Severa” che da oltre un anno si sta battendo affinché il complesso monumentale abbia un futuro pubblico “di cultura e turismo” e non venga “concesso” ad alcuna società privata così come stava cercando di fare la passata giunta regionale per “fare cassa”.
La manifestazione ha visto diverse centinaia di cittadini ascoltare nel grande Cortile delle Barrozze per quasi due ore le risposte che i cinque candidati a sindaco di Santa Marinella hanno fornito alle cinque puntuali domande che i delegati del Comitato hanno rivolto loro per conoscere il pensiero e l’orientamento di ciascuna forza politica. Il Comitato, ad oggi composto da 42 Associazioni del territorio con quasi 2000 soci e oltre 10.000 contatti attivi sul web, ha ripreso in questo modo la mobilitazione generale per proseguire nel suo obiettivo di restituire il castello ai cittadini e alla pubblica fruizione. 
Con questa iniziativa si è cercato di comprendere quanto i vari candidati siano informati, sensibili e partecipi della questione e soprattutto come intendano affrontarla per assicurare al Comune un ruolo di primo piano nella valorizzazione del castello. I presupposti da cui si è partiti non sono certo dei migliori visto che in occasione dell’ultimo consiglio comunale utile prima delle nuove elezioni non è stato approvato il “Progetto per un uso pubblico per fini socio-culturali e turistici del castello di Santa Severa” appositamente predisposto dal direttore del museo Dott. Flavio Enei, in collaborazione con il Comitato e l’architetto David Pennesi (scaricabile dal sito www.gatc.it). La mancanza del numero legale ha impedito all’assemblea di approvare le importanti indicazioni progettuali che da diversi mesi attendevano di essere inserite all’ordine del giorno. Scampato, speriamo, il pericolo della privatizzazione del bene con l’esclusione di fatto del Comune di Santa Marinella da qualsiasi decisione così come la passata giunta regionale stava facendo, si aspetta di verificare sul campo gli indirizzi della nuova amministrazione Zingaretti il quale pochi giorni fa in una pubblica manifestazione a Santa Marinella, in sostegno del candidato Fronti, ha dichiarato chiaramente la  volontà di lavorare insieme al Comune e al Comitato per giungere il più presto possibile alla riapertura del complesso con nuovi investimenti che consentano al castello un respiro culturale e turistico di altissimo livello con importanti ricadute occupazionali.
Durante la manifestazione a partire dalle cinque domande si è discusso con l’uscente sindaco Roberto Bacheca e i candidati Massimiliano Fronti, Massimo Padroni, Eugenio Fratturato (Assente giustificato rappresentato da Roberta Felici) e Renzo Barbazza.
Questi i quesiti posti: 
1). Ritiene che il Comune di Santa Marinella debba avere un ruolo di primo piano nella gestione del Castello investendo anche significative risorse economiche dal proprio bilancio per avviare il progetto di valorizzazione?  
2). Intende adottare con delibera di consiglio il progetto sull’uso pubblico del Castello valorizzandone la vocazione culturale e turistica, respingendo eventuali ipotesi di privatizzazione da parte dell’ente Regione? 
3. Intende inoltrare presso la Regione la richiesta di: a) aprire subito il castello alle visite tramite il nostro Museo Civico b) convocare un tavolo di lavoro con Comune e Regione, c) chiedere alla Regione Lazio il ripristino dei 200.000 euro di finanziamento annui per manutenzione, pulizia e guardiania (tagliati dalla giunta Polverini). 
4) Il Comitato propone nel progetto la creazione di un’unica area archeologico-naturalistica-monumentale e parco marino che includa da Riserva di Macchiatonda, Pyrgi e il Castello di Santa Severa. Il PUA approvato prevede invece concessioni balneari alle Sabbie Nere e proprio sotto il Castello, si parla di un grande impianto fotovoltaico nella zona militare. Qual è la sua posizione in proposito?  
5) Intende promuovere e rilanciare l’importante progetto comprensoriale del Sistema Cerite-Tolfetano-Braccianese? Con quali iniziative?
Nelle risposte dei candidati, registrate e filmate, tutte abbastanza puntuali e positive in relazione alle istanze è stata molto apprezzata l’opera svolta dal Comitato e dal direttore Enei che sono riusciti a portare finalmente al centro di una campagna elettorale anche il tema della grande possibilità di sviluppo civile, culturale ed economico legato alla risorsa Castello di Santa Severa. Pur con accenti e sfumature diverse nella sostanza è stata dichiarata da tutti la volontà di impegnarsi per l’immediata riapertura e la valorizzazione pubblica del monumento con il Comune di Santa Marinella finalmente in un ruolo di primo piano, in accordo con gli altri Enti preposti a cominciare dalla Regione. 
La manifestazione è stato un bel momento di confronto civile e democratico, svolto alla presenza di tanti cittadini che la prossima domenica andranno a votare forse più coscienti. L’estate si avvicina e per il castello di Santa Severa e dintorni sarà certamente rovente. Il Comitato in attesa degli sviluppi si prepara comunque ad una nuova intensa stagione di attività che vedrà l’antica Rocca al centro di tante iniziative culturali e di spettacolo che le varie Associazioni organizzeranno, a costo zero, per tenere desta l’attenzione del pubblico e far vivere comunque il complesso monumentale in attesa della sua completa riapertura.


Il Comitato per il Castello di Santa Severa

sabato 18 maggio 2013

Progresso e mondo moderno creano nuove e vuote chiese-magazzino, simulacri senz'anima

Le nuove chiese vengono progettate da architetti moderni, privi di una oramai perduta concezione estetica protesa verso l'alto attraverso una visione Trascendente, e costruite velocemente perché figlie di una modernità in cui si è costretti ad edificare strutture nel minor tempo possibile e con risorse scarse poiché si lavora "con budget limitati". Risultato? più simili a depositi, magazzini o musei che a case del Signore.
La modernità strangola il sacro, e le parrocchie risultano completamente inadatte ad ospitare coloro che desiderano ritrovare al loro interno un luogo di culto in cui si respiri aria Divina, e ci si possa rivolgere al Signore in modo consono.
A quanto riportato dal seguente articolo...qualcuno ha preso coscienza del problemino!




CITTÀ DEL VATICANO - Più che nuove chiese sembrano musei o grandi magazzini. Ambienti che non invitano alla meditazione, privi del senso del sacro e senza nessun afflato mistico-religioso". È spietata l'analisi che il professor Antonio Paolucci fa delle nuove parrocchie costruite nella periferia di Roma.  Una inequivocabile "bocciatura" che mette a nudo quanto distanti siano le posizioni in materia di architettura sacra tra il Vaticano e il Vicariato, committente delle nuove chiese capitoline tra le quali spiccano complessi firmati anche da archistar come la chiesa del Giubileo di Dio Padre Misericordioso, la famosa parrocchia delle tre vele progettata a Tor Tre Teste da Richard Meier. 


Distanze rimarcate in passato anche dal cardinale Gianfranco Ravasi, il ministro della Cultura della Santa Sede, che in una lectio magistralis tenuta nel 2011 all'Università La Sapienza di Roma, definì le nuove chiese fatte edificare dalla Cei "spazi per sale congressi, ambienti simili a palazzetti dello sport, ambienti abbrutiti e volgari...". 

Ora è la volta del professor Paolucci che, nella sua doppia veste di Direttore dei musei vaticani e di Sovrintendente dei beni artistici della Santa Sede, pronuncia la sua accusa davanti al cardinale vicario Agostino Vallini nella sala della Protomoteca in Campidoglio, alla presentazione, due giorni fa, del volume "Chiese della periferia romana" edito da Electa. Il testo, curato da monsignor Liberio Andreatta, direttore dell'Opera romana per la preservazione delle nuove chiese, e dagli architetti Marco Petreschi, docente della facoltà di architettura di Valle Giulia, e Nilda Valentin, è una ricca raccolta di immagini, progetti e normative sui nuovi complessi parrocchiali promossi dagli inizi degli anni Novanta dall'allora cardinale vicario Camillo Ruini con la campagna battezzata "50 nuove chiese nelle periferie romane". 

Dopo circa 20 anni, le nuove parrocchie consacrate sono 45. L'ultima, inaugurata il mese scorso, la chiesa di San Tommaso Apostolo di Marco Petreschi, autore anche della chiesa della beata Madre Teresa di Calcutta. Complessi parrocchiali concepiti con criteri architettonici moderni, lontani naturalmente dai canoni classici baroccheggianti delle chiese del centro di Roma. 

Parrocchie che, al di là delle valutazioni estetiche, hanno contribuito - secondo gli autori del libro - a risanare molte zone periferiche. "Io invece, pur avendo visto e rivisto, letto e riletto questo volume non posso non rilevare - annota Paolucci - quanta confusione regni sotto il cielo di Roma in materia di nuove chiese. E la situazione non può che generare preoccupazione. Chiese? Parrocchie? Ma qui siamo al massimo davanti a spazi museali, ambienti che non invitano alla preghiera e alla meditazione". E continua: "Niente a che vedere con le chiese barocche che da secoli "parlano" della fede cristiana con tabernacoli ben visibili, cupole, icone, immagini della vita della Chiesa che aiutano i parroci nelle loro catechesi. Persino le chiese ortodosse della Russia assolvono in pieno a questi compiti di formazione e di catechesi". 

Ma quali sono le chiese più incriminate? "La mia è una analisi generale, nomi per ora non ne faccio", risponde secco Paolucci, che però oggi tornerà sull'argomento con un commento sull'Osservatore Romano, il giornale della Santa Sede.

"È chiaro che il professore è abituato a fare analisi storiche e su chiese progettate da grandi architetti del passato", controbatte Marco Petreschi, secondo il quale "è troppo facile analizzare complessi storici per i quali furono stanziati finanziamenti ingenti". Per il docente di Valle Giulia, autore tra l'altro del grande palco, l'altare e la gigantesca croce realizzati per la giornata mondiale della Gioventù del 2000, "non è secondario ricordare che i progettisti lavorano con budget limitati e se le periferie hanno 45 nuove chiese è un autentico miracolo, al di là dei giudizi estetici ed architettonici". 

Qualche riserva arriva però anche dal cardinale Vallini che ammette: "Quando visito queste parrocchie spesso resto perplesso. Però io sono vicario solo da 5 anni e non ho approvato nessun progetto". Ed annuncia il varo di una commissione ad hoc per la tutela estetica delle nuove parrocchie. 

giovedì 16 maggio 2013

Ai ferri corti, corsi creativi di arti dimenticate

Ultimo appuntamento a Roma ...... tecniche rivoluzionarie di artigianato femminile

giovedì 9 maggio 2013

IL CASTELLO DI SANTA SEVERA ANCORA ABBANDONATO E CHIUSO AL PUBBLICO


Continua il disinteresse verso la questione del Castello di Santa Severa, gioiello e patrimonio inestimabile del nostro territorio. la lotta per la sua difesa continua: pubblichiamo le righe di protesta da parte del Comitato del Castello


IL COMITATO CITTADINO RIPRENDE LA MOBILITAZIONE
E INCONTRA I CANDIDATI A SINDACO PER LE PROSSIME ELEZIONI

Domenica 19 maggio alle ore 10.30 il “Comitato Cittadino per il Castello di Santa Severa” riprende la mobilitazione per assicurare al grande complesso monumentale un futuro pubblico di cultura e turismo. Chi credeva che con la caduta della giunta Polverini e dell’infausta idea di “privatizzare” il maniero la battaglia fosse finita si sbagliava di grosso. C’è ancora molta strada da fare. Il Comitato, ad oggi composto da 42 Associazioni del territorio con quasi 2000 soci e oltre 10.000 contatti attivi sul web, riprende la mobilitazione generale per proseguire nel suo obiettivo di restituire il castello ai cittadini e alla pubblica fruizione per scopi culturali e turistici. Dopo il successo della grande manifestazione di Santa Marinella dove il 2 febbraio scorso oltre 500 persone hanno riempito la sala Flaminia Odescalchi, il Comitato ha ora organizzato un pubblico incontro con i cinque candidati a sindaco di Santa Marinella per le ormai imminenti elezioni comunali. Si intende comprendere quanto i vari candidati siano informati, sensibili e partecipi della questione e soprattutto come intendano affrontarla per assicurare al Comune un ruolo di primo piano nella valorizzazione del castello. Purtroppo i presupposti non sembrano essere dei migliori visto che in occasione dell’ultimo consiglio comunale utile prima delle nuove elezioni non è stato approvato il “Progetto per un uso pubblico per fini socio-culturali e turistici del castello di Santa Severa” appositamente predisposto dal direttore del museo Dott. Flavio Enei, in collaborazione con il Comitato e l’architetto David Pennesi. La mancanza del numero legale ha impedito all’assemblea di approvare le importanti indicazioni progettuali che da diversi mesi attendevano di essere inserite all’ordine del giorno. Alle Associazioni costituenti il Comitato la mancata approvazione del progetto non è piaciuta proprio e sono pronte se necessario ad una nuova e ancora più grande mobilitazione. Anche per questo motivo si è deciso di incontrare i candidati, in modo da capire subito gli indirizzi e muoversi di conseguenza con l’opinione pubblica e con gli elettori. Scampato, speriamo, il pericolo della privatizzazione del bene con l’esclusione di fatto del Comune di Santa Marinella da qualsiasi decisione così come la passata giunta regionale stava facendo, si aspetta di conoscere gli indirizzi della nuova amministrazione Zingaretti che almeno in teoria sembrerebbe essere più vicina alle idee fino ad oggi elaborate dal Comitato. Se ne discuterà il 19 prossimo con l’uscente sindaco Roberto Bacheca e i candidati Massimiliano Fronti, Massimo Padroni, Eugenio Fratturato e Renzo Barbazza, sarà un bel momento di confronto civile e democratico, di certo alla presenza di tanti cittadini che sapranno partecipare, capire e scegliere. Chiarimenti saranno richiesti anche sulla questione delle ultime nuove concessioni di spiagge libere a privati che vedono scomparire ulteriori tratti di costa pubblici per essere trasformati di fatto in stabilimenti a pagamento. Molto grave è la situazione delle sabbie nere a sud del castello dove tra l’area archeologica di Pyrgi e la Riserva Naturale di Macchiatonda, il grande parco archeologico-naturalistico previsto nel progetto, si prosegue nell’impianto di strutture attrezzate che vanno a deturpare e privatizzare l’ultimo tratto di costa ancora intatta e naturale esistente nel territorio di Santa Marinella. Una vera vergogna. L’estate si avvicina e per il castello di Santa Severa e dintorni sarà certamente molto calda. Il Comitato si prepara alla battaglia e ad una nuova intensa stagione di attività che vedrà l’antica Rocca al centro di tante iniziative culturali e di spettacolo che le varie Associazioni organizzeranno per tenere desta l’attenzione del pubblico e far vivere comunque il complesso monumentale in attesa della sua completa riapertura.


il Comitato per il Castello di Santa Severa