Il flagello del personalismo
di Julius Evola
Per un organizzarsi davvero efficace delle forze nazionalmente orientate una delle condizioni preliminari è il superamento del personalismo. Il personalismo è fra le disposizioni infelici del popolo italiano, specie nei suoi strati intellettuali, ed esso oggi persiste e si afferma anche fra i gruppi a noi idealmente più vicini, con effetti visibili e deprecabili di frazionamento, di dispersione delle energie, di distorsione.
Mentre l’esigenza del momento sarebbe la disciplina di forze coordinate in un blocco compatto, con al primo piano non gli individui, ma l’idea e l’azione in sé stessa, tuttora vige troppo spesso la tendenza ad andar per conto proprio, a costituire un proprio gruppetto usando le idee soprattutto per mettersi in mostra, per assicurarsi dei privilegi, per crearsi una certa sfera d’influenza. Così, anche se in proporzioni ridotte, tende a ripullulare la mala pianta del “gerarchismo”; il quale sia detto senza mezzi termini, costituisce l’antitesi di ogni vera gerarchia, la vera gerarchia non conoscendo personalismi, definendosi oggettivamente con l’autorità che procede dall’adeguarsi disindividualmente ad un principio e ad una funzione, e dal tenersi volentieri ognuno al suo giusto posto, senza scarti, tergiversazioni e manovre.
In pari tempo, vediamo oggi diffusa la mania della polemica, con lo stile di una reattività che quasi chiameremmo uterina. L’una cosa si tiene effettivamente insieme con l’altra: il personalismo e l’individualismo ne costituiscono parimenti la base. Per mettere in evidenza se stessi si sente il bisogno quasi isterico di attaccare l’uno o l’altro, di contrapporre formula a formula, parola d’ordine a parola d’ordine anche dove ad una disamina calma ed obbiettiva riuscirebbe facile mostrare che le ragioni di contrasto sono minime, che le contrapposizioni non son dovute all’aspetto dottrinale e intellettuale, ma essenzialmente ad un animus, ad un fattore irrazionale ed affettivo. Non si riconosce che, tutto sommato qui agisce semplicemente un “complesso di inferiorità”, perché chi è veramente certo del proprio valore e di quello della propria idea non sente il bisogno di attaccare a destra e a sinistra per “affermarsi”, non soggiace ad una incomposta reattività, non va in cerca di ogni possibile pretesto per dire la sua o per contrapporsi; procede invece per la sua via, secondo lo stile di una raccolta intensità e di un’azione indirizzata all’essenziale e al positivo, non all’accidentale e al negativo.
Come dicevamo, sono palesi gli effetti tutt’altro che costruttivi che oggi derivano da un orientamento del genere. Ad esempio, nell’ambito stesso della stampa d’intonazione su non diversa base noi vediamo nascere ora l’uno ed ora l’altro nuovo periodico, quasi sempre perché l’una o l’altra persona vuole assicurarsi una sua personale sfera d’influenza e di “giurisdizione”. Quali altri risultati non si conseguirebbero invece, quando queste singole possibilità venissero organizzate unitariamente, sulla base di una chiarificazione dottrinale fondamentale e, poi, di uno stile di disciplina d’impegno di impersonalità fattiva? Il sistema dei “gruppi” definiti da interessi di persone invece che da vere idee o con semplici parole d’ordine al posto di idee oggi da noi ha una efficienza tale, da ingenerare in moltissimi l’atteggiamento di un fondamentale sospetto. Così non si riesce quasi più a concepire che vi siano degli esseri liberi che vadano dritti per la loro via. Ci si chiede invece “chi sta dietro di lui”, si cerca di scoprire, al servigio di quali interessi, di quali “combinazioni”, di quali gruppi o gruppetti stiano le idee che uno difende, le cose che uno dice. Donde un naturale passaggio al pettegolezzo e alla diceria, la discesa ad un piano irrilevante di intrigo e di scandalismo, anche perché questo piano si presta meglio – di nuovo – a polemiche, attacchi e personalismi. Inutile, qui, addurre esempi che tutti conoscono. E’ inutile, anche, mettere in risalto quanto spesso un tale atteggiamento di sospetto e di intrigo distorce le cose e giova al giuoco degli avversari, facendo cadere tutto l’accento su quel che per taluno può essere solo un mezzo, per nulla il fine e il movente decisivo.
Sempre sulla stessa individualistica appartiene il settarismo e la concezione delle “contaminazioni”. Ad esempio, scrivere su di un foglio anziché su di un altro, è cosa che spesso crea automaticamente delle incompatibilità, dato appunto il sistema dei gruppi personalistici: vedere quali idee si difendano, accertare se uno scrittore resti o no coerente con se stesso, e solo ciò considerare come essenziale e serio – questo a molti riesce difficile. Si pretende, invece, che “si faccia gruppo”: anche quando non ce ne è proprio ragione, le finalità essendo le stesse una volta allontanate delle false “intransigenze”: FALSE, perché messe su soprattutto in funzione delle persone.
Le distorsioni cui abbiamo brevemente accennato sono deprecabili in qualsiasi clima politico. Ma nel momento attuale costituiscono un lusso che davvero non ci si dovrebbe permettere. La misura in cui esse potranno esser eliminate o ridotte in base ad una nuova serietà ed intensità, sarà anche quella di un progresso reale nel movimento della rinascita nazionale.
titolo: Il flagello del personalismo
autore/curatore: Julius Evola
fonte: Rivolta Ideale, 1951
lingua: italiano
data di pubblicazione su juliusevola.it: 03/02/2005
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