mercoledì 31 ottobre 2012

L'inglese: l'influenza e l'imposizione di un modo di pensare

Ci ha mai riflettuto qualcuno sul perché una lingua diffusa attraverso le conquiste militari, la colonizzazione e lo sfruttamento di popolazioni inermi è considerata la lingua più adeguata e importante per diffondere il valore del rispetto reciproco ed educare i giovani europei a vivere insieme? Una lingua, che dietro alla giustificazione che la vuole di comunicazione internazionale, si impone in tutti i settori e a chiunque con serie ripercussioni sulla diversità culturale del Globo.
Da piccoli siamo obbligati a studiare l'inglese nelle scuole, spesso senza alcun margine di scelta. Magari qualcuno riserva una vocazione per un'altra lingua. Forse c'è chi è incline verso lo spagnolo o verso il francese, lingue neolatine sorelle molto più vicini all'Italia di quanto non lo sia l'inglese. Ma no, non si può scegliere, perché qualcuno ha già deciso per noi. Sembrerebbe che l'inglese sia quasi più importante dello stesso Dio. Infatti, mentre la religione viene esclusa dalle scuole perché ostacolerebbe la libertà di coscienza dei giovani, l'inglese viene imposto in alcuni casi addirittura sin dall'asilo!
Risulta chiaro come, in un simile contesto, si tende a considerare come normale il dominio dell'inglese in qualsiasi aspetto della vita quotidiana e culturale della società. Si è manipolati sin dalla più tenera età, al tal punto che ci si inculca l'idea che se si conosce l'inglese, ovunque si va nel mondo il successo è garantito, che parlare l'inglese è un indice di intelligenza fuori dal comune, ma se invece non lo si parla, allora si sarà un semianalfabeta. In questa maniera si tende a far abituare la gente, col trascorrere degli anni, ad avere complessi d'inferiorità verso la propria lingua, declassata al rango di lingua di serie B.
Senza cultura la nostra vita non avrebbe significato. Se una comunità vive in maniera armonica è perché dietro ad essa esiste una cultura che determina il valore e il senso di qualsiasi cosa la circonda. La cultura di un popolo è il risultato di un'esperienza interiore, individuale e comunitaria ma allo stesso tempo intergenerazionale. La lingua che parliamo, ad esempio, come mezzo principale di trasmissione della cultura, che è contemporaneamente essa stessa cultura, esiste perché altri prima di noi l'hanno parlata. La presenza della lingua inglese in ogni aspetto della vita di un popolo, a lungo termine, significa minare le fondamenta della comunità tramite l'imposizione artificiale di un presente mutilato del proprio passato con la conseguenza che il domani sarà un futuro senza memoria, senza punti di riferimento, trasformando le nuove generazioni in degli recipienti vuoti facili da manipolare.
La lingua quindi, ben prim di essere una competenza richiesta dal mercato del lavoro, è innanzitutto una forma mentis, un modo di pensare, una maniera logica di intendere la realtà ereditata da generazioni che al tempo stesso veicola una scala di valori. La lingua è un patrimonio comune e le radici di un popolo. La lingua è cultura.
La lingua inglese, secondo quanto afferma Anna Maria Campogrande, presidente dell'Associazione per la difesa e la promozione delle lingue ufficiali della Comunità Europea all'interno della Commissione Europea, è una lingua che veicola essenzialmente i valori del capitalismo, del mercantilismo, del profitto e del colonialismo economico e culturale. La lingua inglese insegnata in tenera età può segnare una volta per tutte il modo di pensare dei bambini italiani distruggendo così quel che è rimasto del modello culturale italiano.

Le giustificazioni che sono invocate per mantenere l'inglese nelle posizioni chiave in tutti i settori, è un modo di procedere tipico dei Paesi di piccole dimensioni, che, in mancanza di un mercato interno adeguato che permetta loro la produzione in lingua nazionale di tutte le espressioni culturali, dal cinema alla musica fino alle trasmissioni televisive, permettono la loro incorporazione culturale e spirituale nella sfera anglo-americana. Occorrera dunque, sempre una maggiore attenzione per non assistere passivamente all'imposizione di un pensiero unico soltanto perché fa "trendy". In verità, produce soltanto schiavi.

Nico di Ferro

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