lunedì 31 dicembre 2012

I migliori auguri per il nuovo anno!


« Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo,
il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo,
sradicando il male dai campi che conosciamo. »
(John Ronald Reuel Tolkien, Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re)
 
Il Centro Studi Aurhelio, vi augura un felice anno nuovo, all'insegna dell'Ordine,
della Bellezza e della Riconquista delle nostre radici della nostra identità.

giovedì 13 dicembre 2012

Conferenza per la presentazione del progetto di valorizzazione del Castello di S. Severa.

Domani, Venerdì 14, alle ore 16:30 presso il Castello di Santa Severa verrà presentato pubblicamente per la prima volta il “Progetto per un uso pubblico del Castello di S. Severa per fini socio-culturali e turistici” redatto dal direttore del Museo Civico Dott. Flavio Enei, in collaborazione con il Comitato Cittadino e l’architetto David Pennesi, da proporre alle autorità politiche competenti. Invitiamo pertanto tutti coloro che hanno a cuore questo territorio e la sorte del Monumento a non mancare.

Il progetto è scaricabile in anteprima sul sito gatc.it.

domenica 9 dicembre 2012

Il fuoco di Sparta

Documenti per il Fronte della Tradizione - Fascicolo n. 34

a cura della Comunità Militante Raido

€4.00 

Ed ora ecco qui, tra queste scarne pagine, riaffacciarsi ancora una volta, in una delle sue mille forme, uno di quei miti che noi sappiamo mai morranno: Sparta. Esso incede attraverso i secoli, giunge fino a noi per parlarci senza tema di errore, di ciò che è semplicemente l’essenziale. Allora ed oggi.
L’essenziale: cosa vi è oggi di più lontano, dimenticato, indispensabile? Ed è per questo che la lontana Sparta è per noi ora più che mai necessaria. Perché Sparta? Non solo perché l’eco delle sue imprese è ancora capace di farci drizzar la schiena e alzar lo sguardo, suscitando irrazionali aneliti di impersonale affermazione; non solo perché il solo suo nome incide il nostro immaginario come una lama incandescente, aprendo zampilli di volontà pura che inondano il nostro spirito; non solo perché nelle orme che i suoi guerrieri hanno lasciato su mille campi di battaglia, riconosciamo il peso di giganti della storia come dello spirito. Ma perché molto chiaramente Sparta ci ricorda ciò di cui dobbiamo ricordarci: di noi stessi. Di come dovremmo essere. Di come ogni Uomo e ogni Donna dovrebbe vivere la sua vita. Ecco perché Sparta. Ecco il perché della sua autoritaria attualità.
Mantenendosi lontano da privilegi personali o da effimere agiatezze, e pienamente dedito al bene comune, l’uomo spartano alza lo scudo contro tutto ciò che lo distrae dal suo compito primario: edificarsi, attraverso la pratica della virtù, a qualificato ricettacolo delle più alte influenze spirituali. Lavorare su se stessi per superare se stessi. E’ imperativo: l’uomo va costruito, e per tutta la vita. Si rifiuta quindi ogni capitolazione dell’uomo, ancor prima che di fronte al nemico, di fronte a se stesso; l’alibi che, appoggiandosi sull’ineluttabilità delle situazioni o sull’accettazione delle proprie limitate potenzialità, nasconde arrendevolezza (tipico forse delle generazioni dei nostri tempi?). Le leggi di Sparta portano l’uomo ad affermarsi quale centro, non di interessi, ma su cui applicare uno sforzo continuo, trasfigurante. Si esige che non solo il comportamento ma anche l’attitudine sia conforme al sacro.
L’impersonalità e l’impeccabilità dell’atto portano necessariamente a vincere la duttilità del carattere.
Uomini duramente forgiati, eretti a difesa della loro Città la quale attualizza, in una Comunità organica, tradizionale e funzionante, l’Idea di Sparta.
Perché è l’Idea stessa, antecedente e superiore al fenomeno contingente, a dare un significato ed un peso unico a quella Città e ai suoi guerrieri; un peso che ha saputo a volte modificare il percorso della Storia che, come alle Termopili, sembrava già scritta. Storia che ha voluto rendere onore alla grandezza di quegli eroi chiamandola a divenire testimonianza viva e perenne di atto sacro. Testimonianza che, come lava incandescente ed indomabile, sembra riaffiorare tra le ferite della terra, in luoghi e tempi lontani tra loro, proprio quando il mondo è di nuovo minacciato e la storia non vorrebbe continuare il suo percorso. Quando un altro pugno di uomini, volontari in armi, affronta sicuro tra le macerie di Berlino un altro esercito innumerevole. Quando questo altro esercito informe -senza Forma- che si è poi ammantato di rappresentare “tutto il resto del mondo”, avanza tra devastazione e fuoco perché vuole nuovo sangue, sangue di cuori davvero vivi, cuori veri, cuori neri. Quando un altro Comandante rimane a morire al suo posto. Quando un’altra Civiltà viene spezzata con tellurica brutalità. Quando nel pericolo il Sacro viene sconfessato dagli uomini e affermato dagli Eroi. Lì è di nuovo presente Sparta.
Vogliate perdonarci se, tradendo il dettato laconico, tante parole sono state usate in queste pagine per parlare di Sparta. D’altronde chi potrà fino in fondo capire Sparta se non chi vive da spartano? E chi vive da spartano che bisogno ha delle parole? Ma i testi che seguono, descrivendo in meravigliosa sintesi ciò che Sparta fu allora, ci aiutano a capire come essa possa essere, oggi per noi, una realtà viva.
Ma anche qui, quando si fa chiara la profonda volontà di essere che chiama all’appello tutte le nostre forze ed il nostro spirito, la coscienza si deve porre a giudizio del nostro comportamento: affinché ciò che interiorizziamo leggendo non serva solo ad appagare le velleità di una vita parallela! Dunque guardiamoli negli occhi questi uomini e queste donne spartane, eccoli tutti avanti a noi, ritti, fieri e con una lunga ombra: se noi domani li dimenticassimo, dimenticassimo il loro esempio e le loro sofferenze, saremmo stati noi e non l’esercito di Serse o le leghe antispartane ad ucciderli! Uno di quei giavellotti scagliati nella furia delle Termopili, è volato in alto, attraversando mondi, squarciando i veli oscuri dell’antitradizione, fino a conficcarsi oggi nella nostra dignità.
Aspetta che nuove braccia siano pronte a raccoglierlo, hic et nunc!
Bisogna ora far silenzio… e farci accompagnare dai rulli di tamburi in un viaggio dove il fuoco di Sparta illuminerà meglio il nostro cammino, renderà più nitida la nostra vista, manterrà ardente la nostra volontà di Giustizia.

RAIDO

giovedì 6 dicembre 2012

Le nuove magliette firmate C.S. Aurhelio

Sono da oggi disponibili le nuove magliette del Centro Studi Aurhelio dedicate ai due più importanti siti archeologici di Santa Marinella: il santuario etrusco di Pirgy e l'accampamento romano di Castrum Novum. I disegni, basati su riferimenti archeologici, sono una creazione manuale originaria del C.S. Aurhelio. Acquistando queste magliette si sostiene l'economia locale, gli artigiani e gli artisti indipendenti italiani nonché si promuove le bellezze archeologiche del territorio santamarinellese. 




mercoledì 21 novembre 2012

Presentato dal direttore Enei il Progetto per l'uso pubblico del Castello di Santa Severa.


Come da incarico conferito dal Consiglio Comunale di Santa Marinella il Direttore del Museo Civico Dott. Flavio Enei ha consegnato al Sindaco di Santa Marinella e alla Commissione Consiliare il “Progetto per un uso pubblico del Castello di Santa Severa per fini socio-culturali e turistici”, realizzato in collaborazione con il Comitato Cittadino e con la consulenza tecnica dell’architetto David Pennesi.Il progetto mette in evidenza come il complesso monumentale del Castello di Santa Severa, bene di valenza nazionale, venga a trovarsi al centro di un comprensorio di straordinario interesse storico-archeologico e naturalistico esteso tra i Monti della Tolfa, il Lago di Bracciano e il mare Tirreno, tra i siti UNESCO di Cerveteri e Tarquinia. A soli trenta minuti di macchina dall’aeroporto internazionale Leonardo da Vinci e dallo scalo crocieristico di Civitavecchia. Servito dalla via Aurelia e dall’Autostrada A12 Roma-Civitavecchia, rappresenta una porta ideale per la scoperta dell’antico territorio cerite e dell’intera Etruria marittima. La Rocca, unica nel suo genere, è sorta a partire dall’alto medioevo sui resti della città etrusca e romana di Pyrgi così come documentato dalle ricerche e dai recenti scavi che hanno interessato il complesso in occasione dei lavori di recupero curati dalla Provincia di Roma. Le indagini archeologiche,svolte dal Museo e dai volontari del GATC, hanno portato alla sensazionale scoperta della chiesa paleocristiana di Santa Severa e di una frequentazione ininterrotta del luogo che dalla preistoria arriva fino ai giorni nostri, senza soluzione di continuità. Ormai quasi ultimati gli interventi di recupero funzionale, il complesso costituisce un’occasione unica ed irripetibile di sviluppo per l’intero comprensorio Cerite-Tolfetano-Braccianese, e in particolare per il Comune di Santa Marinella nel cui territorio il bene è situato. Il castello e il relativo borgo sono stati ristrutturati e messi in condizione di poter ospitare una molteplice serie di strutture e servizi culturali/ambientali, formativi, di ricerca, ricreativi, artigianali, religiosi, di accoglienza/guardiania e ristoro. Il progetto evidenzia come il Polo Museale (Museo Nazionale Pyrgense, Museo del Mare e Museo della Rocca) insieme all’itinerario di visita collegato ai vari punti d’interesse presenti nel borgo castellano, costituisca il valore principale del luogo, di enorme valenza, da considerarsi valore prioritario ed imprescindibile rispetto a qualsiasi altro, ai fini della proposta di utilizzo del bene che “museo di se stesso” deve restare fruibile per tutti. Secondo Enei “La tutela e la valorizzazione dei valori storico-archeologici-religiosi del castello sono da considerare il centro di qualsiasi progetto di utilizzo e di sviluppo, l’unica vera ricchezza intorno alla quale costruire un sistema compatibile di servizi utili per la fruizione dei cittadini, per le necessità degli operatori turistici, del mondo della scuola, dell’alta formazione e divulgazione scientifica”. Il lavoro del Direttore del Museo e del Comitato vuole essere uno spunto di riflessione ma anche un fermo richiamo per una proposta di gestione pubblica del bene che in ogni caso potrà essere assicurata soltanto da una positiva e trasparente sinergia tecnico-politica tra i vari Enti interessati (Regione Lazio, Provincia di Roma, Comune di Santa Marinella, Ministero per i Beni e le Attività Culturali), ognuno con le proprie competenze, obiettivi, impegni finanziari e capacità operativa. Solo un progetto realmente condiviso potrà condurre ad un risultato utile e credibile per assicurare un futuro degno al Castello di Santa Severa, evitando operazioni speculative e la possibile strisciante “privatizzazione di fatto” del monumento che si stava preparando.Nell’ambito del futuro assetto gestionale del Castello si ritiene che il Comune di Santa Marinella possa e debba avere un ruolo di primo piano, soprattutto in relazione alla valorizzazione culturale e turistica, essendo l’unico Ente ad avere all’interno del Castello, fin dal 1994, un proprio servizio culturale permanente rappresentato dal Museo Civico Archeologico che nei decenni ha assicurato a decine di migliaia di visitatori la fruizione del complesso.
A breve sarà organizzata dal Comitato per il Castello un’apposita conferenza di presentazione del progetto e un dibattito aperto alla cittadinanza, alle Associazioni e a tutte le forze politiche del territorio.

Natale Indoeuropeo [recensione]



Si è svolta lunedì scorso a Santa Marinella presso la sala "Santa Maria della Provvidenza" della Parrocchia di San Giuseppe la conferenza dal titolo "Natale Indoeuropeo - Dalle origini ai nostri giorni". Organizzato dal Centro Studi Aurhelio, alla presenza di circa una trenta partecipanti (giunti anche dal comprensorio e da Roma), l’evento è stato stranamente snobbato dai media – solo “La Voce” e “La Provincia” hanno registrato l’appuntamento, considerata la presenza del Prof. Mario Polia. L’ospite, Docente di Antropologia alla Pontificia Università Gregoriana di Roma, oltre ad essere il Direttore del Museo Demo-antropologico di Leonessa, può vantare prestigiosi riconoscimenti internazionali per le sue attività di ricerca archeologica, demo-antropologica e storico-religiosa. Non solo, scrittore di numerosi saggi, libri e curatore di collane editoriali per prestigiose case editrici, ha scoperto il mistero dell’El Dorado dagli scritti della Compagnia di Gesù, ritrovati negli archivi vaticani. 


L’importante tema della serata è stato il Natale che, al di là dall’essere una festività esclusivamente cristiana, che oggigiorno purtroppo, per molti, si è trasformato in una fiera del consumismo, rappresenta un data venerata da tutte le grandi civiltà del passato. La cosa non è casuale, infatti, la celebrazione del Natale il 25 dicembre, intorno al giorno del Solstizio d'inverno, giorno nel quale il Sole si situa nel punto più basso dell'eclittica è carico di significati spirituali, aspetto, quello del sacro, che caratterizzava fortemente tutte le grandi Civiltà dell'antichità. La festività del Natale, ha spiegato il Prof. Mario Polia, è un evento collegato al Sole in quanto fonte di luce e di vita e in continuo conflitto con tutto ciò che ad esse sono antitetici. Il primo insegnamento che si trae è quello dell'uomo in grado di osservare i cicli naturali del mondo, il primo libro proveniente dalla Divinità, e di trarre da esso le leggi che governano l'universo materiale ma sopratutto spirituale e che li permetta di vivere con sapienzia e intensità la propria vità in rapporto con la natura. Un uomo capace di comprendere i ritmi del mondo e la loro origine divina e che sappia mantenere viva e tramandare la trasmissione originaria di Dio, la Tradizione, attraverso il rito, il sacrificio e la preghiera alle generazioni che seguiranno. Il secondo insegnamento è quello che si rifà alla nascita di Cristo e di Mithra, della divinità che scende nella grotta e che rimanda secondo le indicazioni della linguistica al "cuore", quindi al "cuore della Terra", nella quale si disvela la divinità. Noi, in quanto immagine di Dio, portiamo intrinsecamente dentro di noi una scintilla divina e perciò dobbiamo sforzarci affinché "il cuore di ogni essere diventi quella stessa grotta mistica da alimentare con il proprio impegno, il proprio sacrum facere". Il terzo insegnamento è quello del Sole che dopo essere sprofondato nel punto più basso dell'eclittica, dando l'impressione di cadere nell'oscurità, inizia di nuovo a rinascere con il giorno che quotidianamente conquista spazio sulla notte. L'uomo quindi deve vivere il Natale come un momento di rinnovamento attraverso una sincera analisi di se stessi e di quanto si è fatto durante l'anno per conoscere quanta strada è stata percorsa nella direzione della resurrezione e quanto invece ci si è sporcati di fango. 

A differenza dell'uomo moderno che non vive la vita ma è vissuto, consumato dalla vita, il senso del Natale è quello di vivere la vita con una costante presenza a se stessi cambiando il nostro modo di essere a partire dalle piccole cose. Una importante occasione quindi, che ha aperto delle finestre di luce su un evento che ormai troppo spesso viene sepolto sotto la coltre dell’affanno moderno. L’intervento del Prof. Polia, ha dunque consegnato ai presenti molti granelli di luce sui quali riflette, con i quali approssimarci all’evento natalizio e con i quali non farci trascinare nel logorio della vita moderna, proprio in un periodo nel quale occorre la pace interiore per approssimarsi all’evento natalizio. Nel segno del Sacro, della Tradizione e di una condotta sobria e misurata che distinguono la vita dell’essere nobile.

martedì 20 novembre 2012

Renè Guenon, interprete della Tradizione


L'opera più rigorosa di Guénon che merita di essere letta sopratutto per togliersi dalla comoda illusione che il mondo sia necessariamente come noi siamo abituati a pensare che debba essere.



RISVOLTO
«Fra i critici del mondo moderno, ormai innumerevoli, René Guénon merita di essere segnalato come uno dei più radicali, dei più limpidi e coerenti ... Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempiè certamente la sua opera più completa e più rigorosa, e quindi anche la più utile ... Guénon – e in particolare questo suo libro, a preferenza di altri – merita di essere letto per togliersi dalla comoda illusione che il mondo sia necessariamente come noi siamo abituati a pensare che debba essere». Sergio Quinzio

Il regno della quantità e i segni dei tempi, acquista!

mercoledì 7 novembre 2012

Junger: Maxima-Minima

"Maxima-Minima", ovvero massime concentrate nello spazio minimo dell'argomentazione aforistica. "Minima moralia" distillati in prosa densa e lapidaria, parole lasciate cadere come gocce per scavare nel profondo. Raffica di sentenze pronunciate in successione da mitraglia per lasciare segni incancellabili. È un testo sconcertante - per l'estrema sinteticità inversamente proporzionale alla densità, per l'agilità di una scrittura che impone a chi legge di procedere per brusche frenate, per la velocità di un pensiero che suscita la sorpresa e provoca la sosta dello stupore meditativo. Nate in trent'anni di attenzione lucida decantata in frasi di nitore cristallino, le note dei "Maxima-Minima" prendono dunque la forma di aforismi acuminati, illuminanti, che hanno, nel corpus della produzione jüngeriana, la valenza di un diamante solitario, attraverso cui far rifrangere come in un prisma i lunghi raggi delle ricognizioni del pensatore, e grazie a cui mettere in luce le sfaccettature irriducibili del suo pensiero più che mai atto a illuminare un'epoca tra le più ardue della storia: il più breve e grave (il massimo nel minimo) dei secoli.



mercoledì 31 ottobre 2012

L'inglese: l'influenza e l'imposizione di un modo di pensare

Ci ha mai riflettuto qualcuno sul perché una lingua diffusa attraverso le conquiste militari, la colonizzazione e lo sfruttamento di popolazioni inermi è considerata la lingua più adeguata e importante per diffondere il valore del rispetto reciproco ed educare i giovani europei a vivere insieme? Una lingua, che dietro alla giustificazione che la vuole di comunicazione internazionale, si impone in tutti i settori e a chiunque con serie ripercussioni sulla diversità culturale del Globo.
Da piccoli siamo obbligati a studiare l'inglese nelle scuole, spesso senza alcun margine di scelta. Magari qualcuno riserva una vocazione per un'altra lingua. Forse c'è chi è incline verso lo spagnolo o verso il francese, lingue neolatine sorelle molto più vicini all'Italia di quanto non lo sia l'inglese. Ma no, non si può scegliere, perché qualcuno ha già deciso per noi. Sembrerebbe che l'inglese sia quasi più importante dello stesso Dio. Infatti, mentre la religione viene esclusa dalle scuole perché ostacolerebbe la libertà di coscienza dei giovani, l'inglese viene imposto in alcuni casi addirittura sin dall'asilo!
Risulta chiaro come, in un simile contesto, si tende a considerare come normale il dominio dell'inglese in qualsiasi aspetto della vita quotidiana e culturale della società. Si è manipolati sin dalla più tenera età, al tal punto che ci si inculca l'idea che se si conosce l'inglese, ovunque si va nel mondo il successo è garantito, che parlare l'inglese è un indice di intelligenza fuori dal comune, ma se invece non lo si parla, allora si sarà un semianalfabeta. In questa maniera si tende a far abituare la gente, col trascorrere degli anni, ad avere complessi d'inferiorità verso la propria lingua, declassata al rango di lingua di serie B.
Senza cultura la nostra vita non avrebbe significato. Se una comunità vive in maniera armonica è perché dietro ad essa esiste una cultura che determina il valore e il senso di qualsiasi cosa la circonda. La cultura di un popolo è il risultato di un'esperienza interiore, individuale e comunitaria ma allo stesso tempo intergenerazionale. La lingua che parliamo, ad esempio, come mezzo principale di trasmissione della cultura, che è contemporaneamente essa stessa cultura, esiste perché altri prima di noi l'hanno parlata. La presenza della lingua inglese in ogni aspetto della vita di un popolo, a lungo termine, significa minare le fondamenta della comunità tramite l'imposizione artificiale di un presente mutilato del proprio passato con la conseguenza che il domani sarà un futuro senza memoria, senza punti di riferimento, trasformando le nuove generazioni in degli recipienti vuoti facili da manipolare.
La lingua quindi, ben prim di essere una competenza richiesta dal mercato del lavoro, è innanzitutto una forma mentis, un modo di pensare, una maniera logica di intendere la realtà ereditata da generazioni che al tempo stesso veicola una scala di valori. La lingua è un patrimonio comune e le radici di un popolo. La lingua è cultura.
La lingua inglese, secondo quanto afferma Anna Maria Campogrande, presidente dell'Associazione per la difesa e la promozione delle lingue ufficiali della Comunità Europea all'interno della Commissione Europea, è una lingua che veicola essenzialmente i valori del capitalismo, del mercantilismo, del profitto e del colonialismo economico e culturale. La lingua inglese insegnata in tenera età può segnare una volta per tutte il modo di pensare dei bambini italiani distruggendo così quel che è rimasto del modello culturale italiano.

Le giustificazioni che sono invocate per mantenere l'inglese nelle posizioni chiave in tutti i settori, è un modo di procedere tipico dei Paesi di piccole dimensioni, che, in mancanza di un mercato interno adeguato che permetta loro la produzione in lingua nazionale di tutte le espressioni culturali, dal cinema alla musica fino alle trasmissioni televisive, permettono la loro incorporazione culturale e spirituale nella sfera anglo-americana. Occorrera dunque, sempre una maggiore attenzione per non assistere passivamente all'imposizione di un pensiero unico soltanto perché fa "trendy". In verità, produce soltanto schiavi.

Nico di Ferro

martedì 30 ottobre 2012

Solo poche ore per la chiesetta del Porto?


Un patrimonio disperso per piccole cose ...

Breve storia della antica e nuova chiesa Santa Maria degli angeli e dei martiri - Civitavecchia

La visita di questa chiesa costituisce, per tutti, una grande sorpresa. Dopo aver ammirato il muro merlato di Urbano VIII e fatto la foto al Mascherone della fontana del Vanvitelli, si entra dalla seconda porta a destra delle tante che affiancano la muraglia. All’ingresso sulla sinistra troviamo l’ossario dei Padri Domenicani, all’angolo la statua di Santa Fermina, vergine e martire, protettrice della città, del porto, dei naviganti e dei marittimi. Appena spostati a destra si intravedono subito l’arco romano, le mura romane e una grotta, una costruzione che da fuori non si può immaginare. Il classico “opus reticulatus” domina tutto l’edificio. Abbiamo di fronte i mercati traianei; la costruzione di Apollodoro di Damasco che ha messo le basi del porto di Centum Cellae su incarico dell’imperatore Traiano. La testimonianza scritta risale all’inizio del secondo millennio, quando i Templari, costruendo la chiesa di Santa Maria, confermano la preesistenza di questi archi di epoca romana. Dopo la scomparsa dei Templari la chiesa è stata affidata ai Domenicani, che utilizzano l’attuale luogo di culto come cripta dell’ordine.
La chiesa superiore dedicata a Santa Maria costituisce l’unica parrocchia di Civitavecchia fino all’inizio del XX secolo, inizialmente con l’entrata rivolta al mare. In seguito viene modificata la sua posizione, e il vecchio ingresso viene chiuso con l’attuale fontanone del Vanvitelli, detto il “Mascherone”. Il 14 maggio del 1943 la chiesa viene distrutta dal bombardamento e la cripta abbandonata.
Nel dopoguerra viene utilizzata come mercato ittico fino agli anni ’90. Ristrutturato il muro medioevale e riaperta la Porta Livorno, tutta l’area riconquista dignità storica e artistica.
Con l’arrivo del vescovo Carlo Chenis e con la sua preoccupazione per l’enorme sviluppo del porto e l’assenza quasi totale di una presenza religiosa, fanno si che in breve tempo si riesca trasformare la vecchia cripta in luogo di culto per tutto l’ambito marittimo e portuale. La creazione apposita di un centro pastorale e di un vicariato con la nomina del Mons. Giorgio Picu come vicario episcopale per il porto hanno completato l’opera.
Dalla notte di Natale del 2009 la Chiesa è di nuovo attiva. L’altare è stato costruito con resti di marmo della vecchia chiesa. In fondo all’ edificio sono state trovate una cisterna romana con acqua dolce sorgiva e una fontanella medioevale con un angelo, l’intera parete è inoltre coperta di cera colata, il che fa pensare alla presenza di un’antica fonte battesimale. La chiesa è stata dedicata alla Madonna come la precedente, agli angeli per l’antica scultura presente all’interno e ai martiri per ricordare non solo Santa Fermina, protettrice della città e del Porto, ma anche tanti altri martiri che hanno portato, con la loro predicazione, con la loro vita e con il sacrificio supremo, il cristianesimo tra la popolazione locale – da San Secondiano a San Cornelio papa, da San Marcelliano e Veriano a San Flaviano martire sotto Giuliano l’Apostata (361 – 363 d.c.) l’ultimo martire conosciuto in Centum Cellae.

L’arredo liturgico comprende:

l’altare realizzato con pezzi di marmo della precedente chiesa di Santa Maria

Beata vergine Maria, San Cornelio papa, Santa Cecilia e angeli, pittura del 2007, olio su tavola, liberamente tratto dalla pittura toscana del ‘400

L’ultima cena, pittura del 2009, olio su tela, liberamente tratto dalla pittura fiamminga del ‘400
S.Lorenzo, pittura di fine ‘800, su tela, raffigura il santo nelle catacombe di San Callisto mentre offre elemosina ai poveri, prima del suo martirio.

L’altare, il lampadario e il leggio sono di tipica fattura orientale

L’acquasantiera di marmo all’ingresso è di fattura senese del ‘700

All’ingresso si trovano l’ossario dei Padri Domenicani, la statua di Santa Fermina, patrona di Civitavecchia e protettrice dei naviganti, e il dipinto su legno “Il battesimo di Gesù”

domenica 14 ottobre 2012

L’ONU si dà la zappa sui piedi


Maggior comprensione dei valori tradizionali dell’umanità

Durante la sessione del 27 settembre il Consiglio ONU Per i Diritti Umani – sembrerà uno scherzo ma è davvero così - ha adottato, nel silenzio generale dei mass media internazionali, la risoluzione per la “Promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali mediante una maggior comprensione dei valori tradizionali dell’umanità” che introduce per la prima volta in materia di tutela dei diritti umani il concetto di “valori tradizionali”. Il documento proposto dalla Federazione Russa, dal Vaticano e dai rappresentanti di altri paesi tra cui gli stati islamici ribadisce la necessità di stabilire un legame tra “i diritti dell’uomo” e “i valori tradizionali”. Alla base della risoluzione c’è il documento adottato nel 2000 dalla Chiesa Ortodossa russa: “I Fondamenti della Concezione  Sociale della Chiesa Ortodossa Russa”.

Il testo della risoluzione ancora non è stato pubblicizzato sul sito delle Nazioni Unite ma la sua essenza  si può intravedere nel comunicato del Ministro degli Esteri russo: "Nessun Stato o gruppo di Stati ha il diritto di monopolizzare l'interpretazione dei diritti umani. Qualsiasi tentativo di imporre norme universali di interpretazioni unilaterali influenza negativamente l'atteggiamento della gente nei confronti del concetto di diritti umani, alienandolo nei confronti della maggior parte delle società e di strati della popolazione. D'altra parte, la dottrina dei diritti umani non ha che da guadagnarci dall'assorbire elementi di varie culture. Solo allora essa diventerà veramente universale.


Contro la risoluzione hanno votato i rappresentanti degli USA e dell’UE (inclusa l’Italia) – infamia dalla quale, giustamente, non potevamo esimerci. L’importanza di questo documento deriva dal fatto che esso sancirebbe la fine del monopolio Occidentale sulla sfera dei “diritti umani” prediligendo i diritti e gli interessi dei popoli che non fanno parte del “mondo occidentale”. Anche se il documento è privo di qualsiasi valore normativo e non cambia radicalmente la politica delle organizzazioni internazionali esso tuttavia rappresenta un primo passo verso la loro riforma.

sabato 13 ottobre 2012

Buona riuscita per la conferenza di Aurhelio sul Castello di Santa Severa


Oltre al Dott. Flavio Enei, operatori culturali, membri del Comitato cittadino, amministratori e cittadini, hanno fornito una veduta sull’attuale situazione e comunicato i progetti futuri.

È una mite serata di autunno quella che vede il Comitato per la difesa del Castello di Santa Severa, partecipare alla conferenza pubblica, su invito del Centro Studi Aurhelio, con l’obiettivo di fare il punto sulla situazione attuale del Castello e sul progetto che il Comitato sta definendo nei dettagli, per il suo futuro, coinvolgendo al tempo stesso la cittadinanza. Alla presenza di un folto pubblico, il Presidente di Aurhelio ha spiegato i motivi della conferenza, ringraziato i membri del comitato ed i cittadini che hanno voluto raccogliere l’invito, affinchè si mantenga vivo l’interesse per le vicende del Maniero. Subito dopo la parola è passata al Dott Flavio Enei. Con le dimissioni della giunta Polverini, che desiderava utilizzare il Castello sostanzialmente per risanare il buco nel bilancio pubblico della sanità laziale mediante un affidamento per mezzo di bandi internazionali a dei privati, la “partita” sul futuro dello straordinario monumento del litorale nord che si disputa tra Comune di Santa Marinella, Provincia di Roma e Regione è ancora tutta da decidere. 

Intanto il Comitato, che vede al suo interno oltre 30 associazioni di tutto il comprensorio, è deciso nel portare avanti le sue proposte per la valorizzazione di un Castello come bene comune ad uso pubblico e che ritorni presto parte integrante della comunità. Durante la conferenza, che ha avuto luogo nella sala di Santa Maria della Provvidenza presso la parrocchia di San Giuseppe, il Dott. Flavio Enei, Direttore del Museo Civico del Castello e portavoce del Comitato, dopo aver elencato le numerose attività e conquiste ottenute dal Comitato stesso, ha esposto in maniera esplicativa tutto l’iter e i capisaldi del progetto che si intende presentare alla Commissione speciale relativa al Castello di S. Severa che a sua volta dovrà redigere un progetto da sottoporre alla Regione. Nei presupposti del Comitato è fondamentale che la Torre Saracena e la Rocca debbano essere musei di se stessi, data la ricchezza di affreschi, degli armamenti d’epoca che vi si trovano e dei tanti reperti ritrovati, oltre alla possibilità di ospitare mostre e altri eventi culturali. Inoltre nel Castello, dopo i recenti restauri, è presente una Sala Congressi che insieme ad una foresteria e ad un punto di ristorazione consentirebbe la creazione di un importante centro di ricerca, culturale e turistico che il Comune di Santa Marinella non ha, o meglio, che ha ma che ancora deve valorizzare, contribuendo al tempo stesso all'autofinanziamento per la gestione dell’importante monumento. A ciò si aggiunge il Civico “Museo del mare e della navigazione antica” già funzionante che si propone per il futuro di creare al suo interno un museo etrusco in 3D, progetto di straordinario interesse se si calcola che tra i due siti UNESCO di Tarquinia e Cerveteri non c’è ancora qualcosa di simile.  Il Comitato inoltre è convinto della necessità di inserire il Castello nell'ambito del sistema turistico Cerite-Tolfetano-Braccianese attirando così turisti e visitatori da Roma e da Civitavecchia, promuovendo al tempo stesso un Progetto Europeo che veda l’inserimento di Pyrgi – Santa Severa nell'esistente sito UNESCO di Cerveteri e Tarquinia. Alla conferenza hanno partecipato, oltre ai membri del comitato che hanno contribuito al dibattito con interventi importanti ed esplicativi, anche cittadini impegnati del settore turistico che con i loro interventi hanno fatto presente la mancanza di servizi e strutture adeguate allo sviluppo del turismo presso il Castello.  

Di rilievo l’intervento della Consigliera Paola Rocchi, invitata insieme al Sindaco ed al Delegato Galletti che però non sono stati presenti, che ha sottolineato come nonostante l’apposita commissione comunale per il Castello sia stata creata, essa ad oggi non ha praticamente svolto alcuna attività se non quella di chiedersi di cosa effettivamente si sta parlando. Emersa tra l’altro, anche la estrema necessità che la commissione si adoperi proprio in ragione dei tempi che vedono in questo momento l’assenza operativa della Regione Lazio. In questa situazione è necessario quindi che il Comune di Santa Marinella sia libero di operare in autonomia vista la mancanza di una attività regionale. Per il futuro il Comitato si propone di coinvolgere di più la cittadinanza e di tenerla informata sulla situazione del Castello mediante gazebo nelle piazze ed eventi vari, tra cui l’adozione da parte delle scuole del complesso monumentale di Santa Severa. Quest’ultima iniziativa risulta molto importante se si tiene presente che il Castello è stato chiuso per 10 anni circa e che per le nuove generazioni esso è praticamente ignoto. Una buona occasione quindi, per riportare al centro del dibattito la questione del Castello di Santa Severa che, per la sua importanza e per la valenza culturale, archeologica, turistica e come  volano economico, non può assolutamente essere lasciata nel dimenticatoio. Al prossimo appuntamento!






giovedì 11 ottobre 2012

Incontro sul Castello di Santa Severa


Il Castello di Santa Severa: attualità e prospettive
Incontro con il Comitato per la Difesa del Castello


Intervengono

il Dott. Flavio Enei,
attività del comitato e situazione attuale

L’Arch. Pennesi,
Il percorso per il progetto del Comitato sul Castello

I membri del comitato



Venerdì 12 Ottobre alle 18.30,  Sala Santa Maria della Provvidenza
Parrocchia di San Giuseppe, Via della Libertà 19 – Santa Marinella


Sono invitati i cittadini, gli organi di stampa, gli operatori culturali, le associazioni e gli amministratori pubblici del comprensorio. Seguirà spazio per le domande, in ragione della disponibilità di tempo.


Centro Studi Aurhelio, Santa Marinella - Via della Libertà 22
aurhelio.blogspot.com - cst.aurhelio@gmail.com, 
www.facebook.com/Centro Studi Aurhelio
Tel. 0766511781

“La Tradizione è la luce e la regola; gli antichi non sono soltanto delle guide, ma dei maestri. ” Plutarco

mercoledì 3 ottobre 2012

Straordinaria partecipazione all’evento organizzato da Aurhelio



Chiesa del Porto
Ora si confida nell’incontro con il Vescovo il 14 ottobre prossimo

 
Grande partecipazione della cittadinanza, oltre ogni attesa, all’incontro organizzato dal Centro Studi Aurhelio con Don Giorgio Picu presso la chiesetta del porto. L’incontro - che ha visto radunate persone di ogni età, di altre confessioni religiose oltre a quella Cattolica e i più fervidi frequentatori della chiesa - si è svolto in un clima armonioso durante il quale il parroco ha descritto tutta la storia del luogo santo. Dall’inestimabile valore archeologico, storico e soprattutto spirituale, nel periodo pre-cristiano ha avuto probabilmente una funzione sacra. Don Giorgio ha illustrato tutto il percorso storico fino ad arrivare ai nostri giorni e alle note vicende che stanno investendo il tempio. Successivamente, molti gli ospiti che hanno tenuto ad esprimere la loro ammirazione per la bellezza della Basilica e per il clima spirituale che vi si respira, manifestando la speranza che essa possa continuare a rimanere aperta. 

Il Presidente del Centro Studi Aurhelio, nel suo intervento, ha sottolineato come questa iniziativa nasce senza alcun desiderio di protagonismo o personalismo, “ciò che è importante è la funzione che intendiamo svolgere, non il nostro nome, vogliamo essere strumenti solo della volontà divina, nel rispetto delle decisioni delle gerarchie ecclesiastiche. Siamo certi che quest’ultime saranno sensibili al nostro appello, soprattutto in questo momento in cui il materialismo imperante ed il nichilismo sembrano voler dilagare su tutto. Chiudere una chiesa nel porto di Civitavecchia, luogo di transito di centinaia di migliaia di turisti, operatori e punto di aggregazione di molti fedeli, ormai parte viva delle mura stesse della chiesetta, ci sembra veramente paradossale”. Si è anche sottolineato, per smentire una delle voci girate sui media, il particolare relativo al fatto che la Chiesa non sarebbe consacrata. In realtà a consacrare la Basilica del porto di Civitavecchia, avvenuta nel giorno di Natale di tre anni fa, fu nientedimeno che il Patriarca di Gerusalemme in persona. Un evento, la cui straordinarietà, va sottolineata con estrema precisione.  In conclusione, ci si augura che il prossimo incontro del 14 Ottobre con il Vescovo, possa portare quei frutti che in tanti si aspettano, riportando pace e serenità nell’animo di tutti.

A Santa Marinella riaffiora l'antica Castrum Novum



Si è appena conclusa con interessanti risultati la terza campagna di ricerca archeologica sul sito della colonia romana di Castrum Novum oggi nel territorio della città di Santa Marinella. L’insediamento antico, localizzato sulla punta di Capolinaro, nell’area compresa tra Torre Chiaruccia e Casale Alibrandi, è da pochi anni tornato al centro dell’attenzione degli archeologi determinati a ricostruire le caratteristiche topografiche e storiche della città fondata intorno al 264 a.C. Su iniziativa del direttore del Museo Civico di Santa Marinella Dott. Flavio Enei è stato avviato un progetto di ricerca in stretta collaborazione con la Prof. Sara Nardi e la Prof. Marie Laurence Haak dell’Università francese di Amiens con il Prof. Gregoire Poccardi dell’Università di Lille3. Anche il Laboratorio di Archeologia della Scuola Superiore di Parigi è parte del gruppo di lavoro insieme ai volontari per i beni culturali della Onlus Gruppo Archeologico del Territorio Cerite. Con la supervisione della Dott.ssa Flavia Trucco della Soprintendenza Archeologica per l’Etruria Meridionale anche quest’anno i lavori sono proseguiti nelle aree prossime alla statale Aurelia dove si conservano i resti di un balneum di epoca imperiale e di un vasto edificio a pianta quadrata aperto sul lato di una strada identificata con l’Aurelia Vetus. Venticinque ricercatori italo-francesi sono stati impegnati per tre settimane nello scavo e nella documentazione perfezionando la conoscenza dell’impianto termale del quale sono tornati in luce i forni per il riscaldamento (praefurnia) con le relative suspensurae. Nell’edificio quadrato sono stati scoperti diversi altri ambienti con interessanti materiali ceramici e numismatici che documentano una frequentazione protrattasi per quasi 600 anni, tra il III secolo a.C. e il III secolo d.C. Molto importanti anche i dati recuperati con lo studio della stratigrafia visibile sulla spiaggia dove affiorano resti di edifici di epoca romana, tra i quali un altro balneum, direttamente sovrapposti ad un insediamento dell’età del bronzo e della prima età del ferro. Grazie ai fondi messi a disposizione dell’Università di Lille3 è stata eseguita una prospezione magnetometrica sulla collina dinanzi al Casale Alibrandi con straordinari risultati. E’ stato possibile intravedere per la prima volta un ampio settore della città sepolta ancora ben conservata e riconoscibile nella sua struttura urbana. Anche nello specchio di mare antistante l’insediamento antico sono proseguite le ricerche per definire la struttura del porto etrusco-romano, tra la punta di Capolinaro e la grande antica peschiera delle “Guardiole”, sommersa a breve distanza dalla costa. 

Il Centro Studi Marittimi del GATC, coordinato dal Dott. Stefano Giorgi, ha proseguito l’esplorazione sottomarina e il rilevamento delle strutture. Molto apprezzata e ben riuscita la collaborazione con l’Istituto Superiore Statale “Pitagora” di Pozzuoli che ha inviato a Santa Marinella i suoi studenti per uno stage presso il Museo Civico. I ragazzi, guidati dalle insegnanti Raffaella Bosso e Francesca De Simone, hanno potuto partecipare alle ricerche su Castrum Novum con grande interesse ed entusiasmo predisponendo il progetto per la realizzazione di pannelli didattici per la valorizzazione del sito. Il Sindaco Roberto Bacheca, grazie al quale è stato possibile ospitare i ricercatori francesi e portare a termine, tramite il Museo, la convenzione con il Ministero per i Beni Culturali, ha visitato gli scavi in corso concordando sull’idea di realizzare un parco archeologico urbano con una nuova musealizzazione all’aperto dei resti rinvenuti. Grazie al Progetto “Castrum Novum” Santa Marinella prosegue nella riscoperta del suo ingente patrimonio storico-archeologico, ancora lungi dall’essere valorizzato e trasformato in un’occasione di crescita civile, culturale e turistica della città.

venerdì 28 settembre 2012

Incontro con Padre Giorgio presso la Chiesa del Porto




 Il Centro Studi Aurhelio promuove un incontro presso la Chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, la chiesetta del II secolo d.C. del porto di Civitavecchia.

Insieme a Padre Giorgio, un appuntamento per approfondire la Storia, il valore liturgico, l'importanza archeologica del Tempio oggi al centro delle note vicende che lo vorrebbero veder chiuso alla fine del mese di ottobre.

Appuntamento Martedì ore 18.30, al Porto di Civitavecchia, presso la Chiesa

martedì 4 settembre 2012

Fuori i mercanti dal tempio


Il Centro Studi Aurhelio difende l’esistenza della piccola chiesa del porto di Civitavecchia

La disputa sulla Chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, la chiesetta del II secolo d.C. del porto di Civitavecchia, rivela con una lucidità lampante la scala valoriale che caratterizza la società moderna. Ricavata dalla cripta dell'antica chiesa di Santa Maria, quest'ultima rasa al suolo dal democratico bombardamento nel '43, la Chiesa è oggi a rischio chiusura. Il motivo? Non la mancanza di fedeli che anzi sono sin troppi per quanto il luogo sacro ne può ospitare. Il problema sembra essere sostanzialmente di natura giuridica. Dopo essere stata utilizzata per due millenni come magazzino, il locale venne con molta fatica riqualificato da una precedente squallida condizione e adibito finalmente, da padre Giorgio Picu su suggerimento del Vescovo Mons. Carlo Chenis, a luogo di culto riacquistando il vecchio splendore. Il seme della discordia deriva dal fatto che nel momento in cui si decise la riqualificazione, il locale che oggi ospita la Chiesa apparteneva allora ad un privato che concordò con Mons. Carlo Chenis uno scambio: la futura Chiesa sarebbe stata data alla Curia in cambio di un altro locale a pochi metri distante dalla prima. Il guaio però è che lo scambio non venne mai formalizzato - si effettuò solo verbalmente – e nel frattempo l'amato Vescovo scomparve improvvisamente. E si sa, mantenere la parola data è da Uomini e di Uomini oggi giorno ce ne sono veramente pochi! Certo, per il parroco della Chiesa, padre Giorgio Picu, fuggito negli anni 70 dalla persecuzione comunista della Romania di allora, la faccenda dovrebbe evocare una qualche analogia con lo scenario che si lasciò alle spalle, questa volta arricchito però da un nuovo savoire faire. Se nella Romania della dittatura proletaria le chiese venivano abbattute - senza tanti scrupoli - con il bulldozer alla luce del giorno, nell'Italia della democrazia di facciata si usano le raffinate sottigliezze del diritto mentre le autorità incrociano diplomaticamente le mani ignorando in un colpo solo il sacro, la storia e il patrimonio culturale e architettonico di coloro che dovrebbero teoricamente rappresentare. La chiesa, infatti, rappresenta un vero gioiello architettonico che con il suo reticolato, gli archi, le volte ricorda una vera e propria basilica romana in miniatura. Al suo interno vi si può trovare un pozzo-battistero di acqua dolce, nonostante ci si trovi a pochi metri dal mare e una fontanella medievale  con la figura di un angelo che ricorda il mascherone della Bocca della verità di Roma. Oltre al suo valore sacro e di monumento storico, la chiesa testimonia anche il periodo della persecuzione dei cristiani e del coraggio di tanti martiri svolgendo in tal senso un ruolo di coerenza con il passato e di responsabilità verso le generazioni future. Nel frattempo il porto si è abbellito, il volume di turisti che transitano per Civitavecchia è notevolmente aumentato e la riqualificazione del piccolo locale che ospita la casa di Dio fa della chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri un bel bocconcino per i borghesi senza altro principio che il capitale. Non conosciamo bene e approfonditamente le intenzioni a riguardo della questione di una o dell’altra parte, sappiamo solo che non lasceremo nulla di intentato per salvaguardare l’esistenza di un luogo di culto prezioso a Dio ed agli uomini che pongono il sacro al vertice della propria esistenza.

Centro Studi Aurhelio

venerdì 3 agosto 2012

Tradizione e Territorio, un legame indissolubile. L’azione tradizionale edifica se stessi e difende l’ambiente naturale


Diamo un’occhiata alla cartina geografica dell’Italia e sbirciamo a nord del Friuli Venezia-Giulia: troveremo una zona denominata Carnia (Cjiargne nel dialetto del luogo) confina a nord con l'Austria, a sud con la provincia di Pordenone, ad ovest con il Veneto e ad est con il Canal del Ferro-Val Canale anch'esse in provincia di Udine. Una zona di montagna insomma, con i suoi piccoli paesi sparsi qua e là (fa eccezione una cittadina di fondovalle: Tolmezzo), relativamente chiusa rispetto a tutto ciò che è la vita frenetica e caotica della città. Che c’entra questo con ciò per cui noi combattiamo, con i nostri valori, la nostra guerra? Ebbene, sono uno studente nato proprio in quel luogo e, da un paio d’anni, trasferito a Ladispoli per motivi di studio. Inizialmente entusiasta di “andarmene finalmente fuori” da un posto che consideravo ormai angusto e privo di opportunità ero pronto a gettarmi nella vita frenetica della Capitale, fare nuove conoscenze, incontrare persone. Ma tra il dire e il fare…ambientarsi, per una serie di motivi, non è stato per nulla semplice, anzi. Non voglio incentrare questa riflessione sulla mia vita personale per cui non mi dilungherò ad esplicarne i motivi. Ciò a cui voglio arrivare è ammettere che ora, quando ritorno nella mia terra, ne apprezzo ogni singola cosa, anche ciò che prima era scontato, banale, quotidiano. Vedere la mia gente, camminare per le mie (bellissime) montagne, festeggiare con una bicchierata tra amici alla sagra di paese di turno.. sensazioni, emozioni, persone uniche.. Insomma riscoprire tutto ciò che caratterizza il mio territorio nelle sua vita, nelle sue tradizioni, nei suoi luoghi. Può sembrare l’ennesima storiella per chi la legge, ma per chi la vive è ben diverso. Purtroppo più passa il tempo e più la zona si sta spopolando: le coppie giovani preferiscono trasferirsi in zone in cui i servizi sono più a portata di mano e in cui il cosiddetto “progresso”  ha portato posti di lavoro sicuri (in Carnia c’è una notevole carenza di industrie e, purtroppo, nemmeno il turismo è ben sfruttato), gli abitanti anziani muoiono l’uno dopo l’altro. Col risultato che ogni volta che faccio ritorno al mio paesino d’origine lo ritrovo sempre più malconcio e desolato. Conseguentemente,  tutto ciò che è il passato di queste bellissime montagne, rischia di scomparire: le tradizioni, le feste, i canti, le storie, gli insegnamenti che i nonni e i vecchi hanno tramandato con la speranza che non vengano perduti. Mai come oggi ho timore che il mondo moderno, con la sua continua e insaziabile fame si mangi tutto ciò che fa del mio territorio ciò che di più bello c’è al mondo. Ed è  lo stesso sentimento che provo nel vedere quotidianamente ciò che le forze disgregatrici della subdola democrazia e il potere incontrastato dei burocrati internazionali, assieme a tutto ciò che manipolano, stanno facendo alla nostra povera Italia. L’allarme è questo: il mondo moderno oltre che cercare di distruggere la solidità e i valori dell’Italia, influisce inevitabilmente anche sulle piccole realtà locali, (come accade al mio territorio); non voglio la morte del mio paese (come degli altri) per vedere ingigantita l’ennesima città piena e affollatissima di persone stressate e alienate. La mia guerra per il Fronte della Tradizione è anche una guerra in difesa della mia montagna e dei suoi incantevoli posti, in cui ho avuto la fortuna di nascere. Lotterò con tutto me stesso perché essa rimanga incontaminata dalla follia degli uomini moderni.

Elio Carnico

lunedì 30 luglio 2012

L’alibi anticonformista e la scelta di non essere conforme alla massa. Una traiettoria, due direzioni

Capita sempre più spesso di sentire persone che, seppur immersi fin oltre la testa nella melma della modernità, affermano la volontà di differenziarsi dalla massa cercando, attraverso tentativi parodistici, di apparire anticonformisti. Per distinguersi, eccoli allora dormire giorni interi e affogare la pigrizia di un corpo sfinito da sensazioni forti, oppure imbizzarrirsi nel cambiare il loro “look” o sfoggiare gli ultimi prodotti usciti sul mercato, dall'abbigliamento al cellulare, all'auto, e così via. 
Dietro questo voler uscire dal gregge, c’è una concezione schiavistica della libertà, o come direbbe Gustave Thibon, un rigirare sempre più in fretta nella stretta gabbia dei sensi senza accorgersi che si gira pur sempre in tondo. Paradossalmente, tali persone che desiderano uscire dal gregge sono le stesse di cui il gregge è composto. Seneca direbbe, a proposito di questo aspetto, che non esiste schiavo più schiavo di colui che si ritiene libero. 
La libertà non si conquista con ostentazioni, dichiarazioni dei diritti nè con altre fantasiose fattispecie astratte incluse in qualche legge democratica. La vera concezione della libertà è innanzitutto interiore e consiste, come ci insegna Julius Evola, in una volontà pura e sempre più forte, capace di affermarsi su ogni elemento esterno, non appena questo si impone come un necessario bisogno, al fine, di rendere sempre più energico il possesso di se. In tal maniera, il vero anticonformismo non è qualcosa di formale e relativo, riconducibile a fattori meramente esterni ma è innanzitutto la dirittura interiore che ci si dà, è una libertà essenziale e assoluta. L'eroismo più grande, come afferma Corneliu Zelea Codreanu, è la tenuta nel tempo, frutto, lo ribadiamo, del pieno dominio di sè.
In un mondo fatto di chiacchere democratiche e di impegni annullati all'ultimo secondo, tramite SMS, il vero anticonformismo consiste allora nell'oratoria dei fatti e nel mantenimento della parola data.  Quando la dipendenza dalla tecnologia è in crescita vertiginosa meccanizzando ogni aspetto dell'essere l’anticonformismo è anche il rinunciare un attimo all'I-phone, al PC, all'I-pad, prendere in mano una penna e mediante un esercizio di introspezione scrivere una lettera ai nostri più cari camerati o amici. Quando il presente è orfano di ogni senso della lotta e vige il fatalismo, essere non conforme alla massa, significa combattere senza riserve per un'idea, la stessa che si oppone alla "libertà" moderna, il cavallo di Troia dei giorni nostri. Essere non conformi alla massa è una azione tradizionale inspirata da principi eterni, l’unica che vale la pena di compiere.

Nico Di Ferro

venerdì 13 luglio 2012

Carlos Castaneda [incise sulla pietra]



“La maniera più efficace di vivere è vivere da guerriero. Un guerriero può preoccuparsi e riflettere prima di prendere una decisione, ma una volta che l’ha presa, va per la sua strada, libero da timori e preoccupazioni; sono mille le decisioni che ancora lo attendono. Questa è la via del guerriero”
[...]
“Lo spirito del guerriero non tende all’indulgenza o alla lamentela, non tende alla vittoria né alla sconfitta. Tende unicamente alla lotta, e ogni lotta è la sua ultima battaglia sulla terra. Ecco perché i risultati sono di scarsa importanza per lui. Nella sua ultima battaglia sulla terra, un guerriero lascia che il suo spirito fluisca libero e chiaro. E mentre combatte, consapevole dell’impeccabilità della sua volontà, un guerriero ride e ride”

domenica 8 luglio 2012

Oggi Apertura straordinaria

Domenica 8 luglio, apertura straordinaria della nostra sede in via della libertà 22, dalle ore 11.30 alle ore 13.00. Vi aspettiamo.... Sostenendo Aurhelio, sosterrete il Fronte della Tradizione!

lunedì 2 luglio 2012

Heliodromos N.23


E' finalmente disponibile il nuovo numero di Heliodromos.

Pubblichiamo di seguito l'editoriale, all'interno del quale troverete un link ad un inedito video dedicato a Gaetano Alì, ricavato da un convegno del 2004 organizzato da Raido. E proprio a Gaetano è interamente dedicato l'editoriale ed il numero della rivista. Con l'occasione, perciò, invitiamo i nostri soci a procurarsene copia presso la nostra sede. Ripetendo, ancora una volta - come ci ha insegnato lo stesso Gaetano - che il Fronte della Tradizione si realizza coi fatti e non con le parole!


Il 25 febbraio 2012 è mancato il camerata Gaetano Alì, fondatore di questa rivista e animatore delle svariate iniziative sorte intorno al gruppo di Heliodromos, oltre che docente presso l’Università di Catania. Per noi tutti egli è stato una guida luminosa e un insostituibile riferimento per un cammino di verità, più che mai indispensabile e raro in un mondo sostenuto dalla menzogna e dalla mistificazione. Dedichiamo questo numero della rivista alla sua memoria, non solo come riconoscimento di una intera esistenza dedicata all’affermazione dei valori della Tradizione, ma per farne conoscere la figura a quanti non hanno avuto modo di incontrarlo da vivo, affinché possa essere di esempio a tutti i giovani militanti che vogliono continuare a percorrere il suo cammino di verità.
Gaetano Alì, intraprendendo il suo “viaggio definitivo”, oltre a lasciare un vuoto incolmabile nella sua famiglia e nei cuori dei suoi camerati, ha lasciato la redazione di questa rivista orfana della sua direzione e dei suoi contributi dottrinari; a partire dai nostri editoriali, quasi tutti da lui scritti, e dei tanti articoli da lui ispirati ma materialmente redatti da qualcuno di noi, che si limitava a trasferire sul foglio temi, argomenti e riflessioni che a Gaetano piaceva affrontare in incontri spesso informali, ma pieni di contenuti alti.

Anche l’editoriale di questo numero (il cui titolo era già stato indicato, oltre due anni fa, nel “Sommario del prossimo numero” del precedente Heliodromos) doveva essere opera sua, e l’uscita della rivista era stata via via differita, proprio in attesa che lo scritto fosse pronto. Abbiamo deciso di lasciare a queste righe lo stesso titolo che avrebbe voluto dare loro, come omaggio alla sua memoria e col rimpianto di non poter leggere un testo che, come sempre, sarebbe stato chiarificatore e illuminante, su un punto essenziale della fase ciclica che stiamo vivendo e sulla determinazione dei modi di manifestazione dei tempi ultimi, che anche la sua scomparsa ci fa presagire come prossimi e imminenti. Sappiamo, infatti, che era sua intenzione trattare dell’Avversario e dei suoi più o meno inconsapevoli servitori, ma non sappiamo con quali modalità avrebbe chiarito i vari ruoli, all’interno del decisivo scontro finale che si profila all’orizzonte. E forse non lo sapremo mai, a meno che dai suoi appunti rimasti non emerga qualcosa che possa trasmetterci le ultime consegne, utili ad orientarci nel prossimo futuro.

Intanto, a completamento di questo numero a lui dedicato, abbiamo pensato di riproporre alcuni suoi scritti apparsi sui primissimi numeri di Heliodromos, dai quali già traspare in tutta la sua chiarezza l’indirizzo che si voleva dare a questa iniziativa; direzione rimasta sempre uguale durante questi lunghi anni di attività e militanza, coerentemente centrate sulla visione tradizionale della vita, in ogni suo aspetto. Dopo questi vecchi scritti “programmatici” – a cui sono seguiti tanti puntuali suoi interventi, rintracciabili nella collezione di Heliodromos e firmati, per la maggior parte, con gli pseudonimi di Paolo Zagali e Bruno del Re, che cercheremo nel prossimo futuro di riproporre all’attenzione dei nostri lettori, l’ultimo dei quali è stato quello sul “Tartufo Fini” –, abbiamo voluto inserire non un suo articolo ma il testo di una sua conferenza (l’ultima!), tenuta l’estate scorsa nel nostro abituale incontro sull’Etna e ricavata dagli appunti di uno dei suoi giovani ascoltatori.
Gaetano Alì prediligeva la trasmissione orale del suo pensiero e gli insegnamenti e le comunicazioni più interessanti li ha riservati sempre alla parola, pronunciata con una forza ed una carica difficili da esprimere nella pagina scritta. E di questo sarà possibile farsene un’idea diretta andandosi a rivedere un video, l’unico di lui esistente, che riprende il suo intervento al convegno romano di Raido del 2004 dedicato ad Evola, in cui Gaetano trattò il tema  Evola educatore?; video che viene messo in rete in contemporanea all’uscita di questo numero della rivista. Filmato interessante sotto tanti punti di vista. Compreso, fra l’altro, quello relativo all’atteggiamento delle persone sedute al suo stesso tavolo: dove il linguaggio del corpo e della prossemica dicono più delle semplici parole sul “modo di essere” di ognuno dei presenti!
L’omaggio a Gaetano viene completato nella rubrica delle “Lettere a Heliodromos”, che in questo numero abbiamo deciso di far diventare una sorta di “Lettere a Gaetano”, avendo inserito alcuni interventi commemorativi di amici e camerati, ma non solo, che hanno avuto con lui un rapporto particolarmente intenso e duraturo. Negli scritti di Sermonti e Medrano, per inciso, si noterà un riferimento diretto ad uno dei nostri redattori, dovuto al semplice fatto che si è trattato della persona che li ha informati di quanto era accaduto al comune amico.
Il restante materiale che completa questo numero è, in parte, lo stesso che era già da tempo pronto, prima che questo evento luttuoso ci costringesse a modificarne i contenuti. Sicuramente, il ricordo di Gaetano non si esaurisce con questo omaggio frettolosamente approntato, essendo nostra intenzione valorizzare ed evidenziare sempre più il suo fondamentale contributo al servizio della Tradizione. Ci torneremo, quindi, sopra. Ci piace intanto chiudere queste brevi righe riprendendo da uno dei suoi scritti (una riflessione) – che aveva dedicato ad un amico da poco scomparso e apparsa sul numero 5 della nuova serie di questa rivista (Inverno 1989) –, dove vengono dette parole che ci sentiamo di associare anche alla sua scomparsa:
«(…) In questo mondo che ci è, giorno dopo giorno, sempre più estraneo, ci si sente ancora più soli quando persone come Lorenzo se ne vanno. Per tal motivo, in verità, dovremmo sentire più tristezza per la nostra condizione terrena che per la sua, ma il distacco dai sentimenti umani non sempre è possibile quando si tratta di un amico caro. Ci rasserena però la viva sensazione di un esito positivo del suo viaggio ultraterreno. Noi infatti sentiamo che Lorenzo, fortificato spiritualmente anche in virtù delle sue sofferenze terrene, abbia trovato lo slancio per immergersi con coraggio nel bagliore accecante della luce rigeneratrice dell’incondizionato. L’esalazione del suo ultimo respiro, mentre il sole si poneva allo Zenit, è un segno simbolico eloquente del suo destino nell’aldilà e un messaggio rassicurante per noi che lo amammo».

Heliodromos 23

( Raido ) 
Prezzo: €7.50 

HELIODROMOS
Contributi per il Fronte della Tradizione

N. 23 - 21 Aprile 2012

In questo numero:

EDITORIALE
L’Impostore, gl’impostori e gli allocchi

IN MEMORIAM

Un Vir romano sull’Etna di E. Iurato
La nostra scelta di G. Alì
Ricostruzione interiore di G. Alì
Incontri graditi di G. Alì
Intervento dottrinario di G. Alì

VIE REALIZZATIVE

Ricercare momenti di calma interiore di E. Romani

SIONISMO

Nae Ionescu contro il sionismo di C. Mutti

REVISIONI

Il Risorgimento nel pensiero di Evola di E. Iurato

POESIA

Marco Aurelio di L. Valli

ESPERIENZE

Il tuo Solstizio di L. Milite

ORIENTAMENTI ESISTENZIALI

Le otto parole di A. Medrano

RIFLESSIONI – Dentro e fuori le mura

ANALISI

Lucia e Francesco Casadei, A tu per tu con il diavolo
Cesare Ferri, Effetto Domino
Luigi Iannone, Manifesto antimoderno

LETTERE A HELIODROMOS


TRADIZIONE E CONTROTRADIZIONE

Cronache di fine ciclo