lunedì 20 dicembre 2010

Aspettando una rinascita - il Solstizio d’inverno

Camminando per strada in questi giorni non possiamo che notare quel particolare clima gioioso che, come tutti gli anni, precede il Natale. Sempre più spesso però, nell’immaginario moderno, questa festa è vissuta esclusivamente sotto l’aspetto commerciale e materialistico che essa ha assunto nella nostra società, ponendo inevitabilmente in secondo piano – quando non addirittura portandoci a vivere inconsciamente – il suo vero significato.

Innanzitutto è a nostro avviso necessario partire da ancora più lontano: ossia dal fatto che, con il progressivo allontanamento dell’uomo dalla natura, stiamo diventando sempre più insensibili al suo ciclo e alle sue molteplici manifestazioni. La stragrande maggioranza delle persone, oggigiorno, vive il susseguirsi delle varie stagioni esclusivamente per il fatto che si accorge del cambiamento di temperatura e, qualora sia ancora abituata a farlo, osservando nella natura dei cambiamenti evidenti.

Ma quale nesso si pone dunque in essere tra il mondo naturale con la sua ciclicità e una festa apparentemente legata al costume popolare e alla religione?

Ebbene l’aspetto più rilevante, e tutt’altro che casuale, del Natale è che esso si festeggia in prossimità di un altro avvenimento molto importante, ossia quello del solstizio d’inverno, che cade il 21 dicembre. Il solstizio d’inverno è un avvenimento di particolare rilevanza perché è il giorno più corto dell’anno, durante il quale la Terra si trova nel punto più lontano dal sole nel suo ciclico girare attorno ad esso.

Per tutti i popoli antichi, questo periodo dell’anno riveste un fondamentale aspetto simbolico, di carattere esoterico. Infatti, a partire dal giorno seguente il solstizio, le giornate ricominciano impercettibilmente ad allungarsi, simboleggiando la vittoria del sole sulle tenebre e il ritorno di un periodo di luce, che troverà il suo apice nel solstizio d’estate, giorno più lungo dell’anno.

Durante la notte più lunga dell’anno dunque, dove la luce pare abbia lasciato definitivamente spazio alle tenebre, ecco che anticamente si accendevano dei fuochi per propiziare questa vittoria e rinascita. Tale avvenimento però, non era vissuto esclusivamente come di carattere esteriore, bensì era un momento durante il quale fermarsi a riflettere su di noi e sul nostro agire, facendo della sincera critica introspettiva, seguita poi dalla celebrazione di questa rinascita di luce anche in noi stessi.

La vittoria della luce sulle tenebre sancisce pertanto un ritrovato (e rinnovato) stato dell’essere, che dopo aver affrontato e lasciatosi alle spalle gli aspetti più bui che in esso albergavano, è pronto a rimettersi in cammino verso un mondo luminoso con rinfrancata freschezza.

Con queste poche righe speriamo di aver contribuito in minima parte a tenere vivo il senso e il significato di quello che è forse il momento più significativo dell’anno, con l’augurio che questa consapevolezza cresca e scalzi il materialismo ormai insito ad esso e con la certezza che un uomo che vuole considerare se stesso in sintonia con la natura non può non riconoscerlo.

Un buon solstizio a tutti!

www.azionetradizionale.com

mercoledì 8 dicembre 2010

La grande parodia o la spiritualità alla rovescia

La costituzione della “contro-tradizione” ed il suo apparente momentaneo trionfo, come può rendersi conto senza difficoltà chi ha seguito sin qui le nostre considerazioni, saranno propriamente il regno di quella che abbiamo chiamato “spiritualità alla rovescia”: si tratterà naturalmente solo di una parodia della spiritualità, o meglio di una sua imitazione in senso inverso, di modo che avrà tutta l’apparenza d’essere l’opposto di tale spiritualità. Se abbiamo parlato di apparenza e non di realtà, è perché, quali che siano le sue pretese, nessuna simmetria od equivalenza è possibile in un campo del genere. Su questo punto è doveroso insistere perché molti, lasciandosi ingannare dalle apparenze, credono nell’esistenza di due principi opposti che si contendono la supremazia del mondo: è una concezione erronea, analoga in fondo a quella comunemente attribuita a torto o a ragione ai Manichei, e che, in linguaggio teologico, mette Satana allo stesso livello di Dio; vi è senza dubbio attualmente una quantità di gente la quale, in questo senso, è “manichea” senza sospettarlo, subisce cioè gli effetti di una “suggestione” delle più perniciose. Questa concezione, infatti, equivale all’affermazione di una dualità principiale radicalmente irriducibile, o, in altri termini, alla negazione dell’Unità suprema che è al di là di tutte le opposizioni e di tutti gli antagonismi; che una negazione del genere sia appannaggio degli aderenti alla “contro-iniziazione” non c’è da stupirsi ed essa può perfino essere sincera, per gente a cui il campo metafisico sia ermeticamente chiuso; ancor più evidente è la necessità che essi hanno di diffondere e di imporre questa concezione, poiché è soltanto così che possono riuscire a farsi passare per ciò che non sono e non possono essere realmente, e cioè per i rappresentanti di qualcosa che potrebbe esser messo in parallelo con la spiritualità ed anche finalmente avere la meglio su di essa.

Questa “spiritualità alla rovescia”, per la verità, è dunque solo una falsa spiritualità, falsa all’estremo limite del concepibile; ma si può anche parlare di falsa spiritualità tutte le volte che, per esempio, lo psichico viene scambiato per lo spirituale, anche senza andare necessariamente fino a questa sovversione totale; perciò l’espressione “spiritualità alla rovescia” è quella che meglio serve a definirla, a condizione naturalmente di spiegare con precisione in che modo va intesa. Ecco cos’è in realtà il “rinnovamento spirituale” di cui taluni, talvolta molto inconsapevolmente, annunciano con insistenza il prossimo avvento, o anche la “nuova èra” in cui si tenta con tutti i mezzi di introdurre l’umanità attuale (1), e che la condizione d’ “attesa” generale, creata mediante la diffusione delle predizioni di cui abbiamo parlato, può contribuire effettivamente ad affrettare.
L’attrazione per il “fenomeno”, già da noi segnalata come uno dei fattori determinanti la confusione tra psichico e spirituale, può ugualmente svolgere a questo proposito una funzione molto importante, poiché è per tramite suo che la maggior parte degli uomini verranno conquistati e ingannati al tempo della “contro-tradizione”, in quanto è detto che i “falsi profeti” che sorgeranno allora “faranno grandi prodigi e cose stupefacenti fino a sedurre, se fosse possibile, gli stessi eletti” (2). E’ soprattutto sotto questo rapporto che le manifestazioni della “metapsichica” e delle diverse forme di “neospiritualismo” possono apparire già come una specie di “prefigurazione” di quanto dovrà verificarsi in seguito, benché ne diano solo una pallida idea; in fondo saranno sempre in gioco le stesse forze sottili inferiori, ma che a quel momento verranno messe in azione con una potenza incomparabilmente maggiore; e quando si vede come la gente sia sempre disposta ad accordare ad occhi chiusi la più completa fiducia a tutte le divagazioni di un semplice “medium”, soltanto perché convalidate da “fenomeni”, come stupirsi se la seduzione dovrà essere pressoché generale? E’ per questa ragione che non si ripeterà mai abbastanza come i “fenomeni”, in sé stessi, non provino assolutamente niente quanto alla verità di una dottrina o d’un qualsiasi insegnamento, e come sia proprio questo il campo per eccellenza della “grande illusione”, ove tutto ciò che appare a certa gente come segno di “spiritualità” può essere sempre simulato e contraffatto dal gioco delle forze inferiori in questione; questo è anche forse il solo caso in cui l’imitazione possa essere veramente perfetta, perché sono esattamente gli stessi “fenomeni”, intesi nel loro significato specifico di apparenze esteriori, che si producono in entrambi i casi: la differenza risiede esclusivamente nella natura delle cause che rispettivamente intervengono in essi; e poiché la gran maggioranza degli uomini è necessariamente incapace di determinare queste cause, la miglior cosa da farsi è in definitiva di non attribuire la benché minima importanza a tutto ciò che è “fenomeno”, anzi di vedervi piuttosto a priori un segno sfavorevole; ma come farlo capire alla mentalità “sperimentale” dei nostri contemporanei, mentalità la quale, dopo esser stata manipolata dal punto di vista “scientistico” dell’ “antitradizione”, diventa finalmente uno dei fattori che possono contribuire nel modo più efficace al successo della “contro-tradizione”?
Il “neospiritualismo”, e la “pseudo-iniziazione” che ne deriva sono una parziale “prefigurazione” della “contro-tradizione” anche da un altro punto di vista: intendiamo riferirci alla già segnalata utilizzazione di elementi autenticamente tradizionali in origine, ma deviati dal loro vero significato e posti in certo qual modo al servizio dell’errore: questa deviazione è in definitiva l’incamminarsi verso il capovolgimento completo che dovrà caratterizzare la “contro-tradizione” (e di cui del resto abbiamo visto un esempio significativo nel rovesciamento intenzionale dei simboli), anche se nella contro-tradizione non sarà soltanto questione di elementi frammentari e dispersi; nell’intenzione dei suoi autori infatti, essa dovrà dare l’illusione di qualcosa di simile o addirittura di equivalente a ciò che costituisce l’integralità di una tradizione vera, con tutte le applicazioni che le sono proprie nei vari campi. E’ da notare, a questo proposito, come la “contro-iniziazione”, pur inventando e diffondendo per i suoi fini tutte le idee moderne caratteristiche dell’ “antitradizione” negativa, sia perfettamente cosciente della falsità di tali idee, e sappia evidentemente anche troppo bene a cosa attenersi; ma ciò sta appunto ad indicare come, nella sua intenzione, questa sia soltanto una fase transitoria e preliminare, in quanto una simile organizzazione di menzogna cosciente non può come tale essere il vero ed unico scopo che essa si propone; tutto ciò è destinato solo a preparare la successiva venuta di qualcos’altro, che a sua volta dovrà apparire come un risultato più “positivo”, e che sarà precisamente la “contro-tradizione”. E’ per questa ragione che, in particolare nelle diverse produzioni di cui è indubbia l’origine o l’ispirazione “contro-iniziatica”, si vede già delinearsi l’idea di un’organizzazione che sarebbe come la contropartita, e appunto perciò la contraffazione, d’una concezione tradizionale come quella del “Sacro Impero”, organizzazione che dovrà essere l’espressione della “contro-tradizione” nell’ordine sociale; ed è anche per questa ragione che l’Anticristo, secondo la terminologia della tradizione indù, potrà esser denominato Chakravartî alla rovescia (3).
Il regno della “contro-tradizione”, in effetti, è, molto esattamente, ciò che è designato come il “regno dell’Anticristo”: questi, qualunque idea si possa averne, è comunque colui che concentrerà e sintetizzerà in sé stesso, in vista di tale opera finale, tute le potenze della “contro-iniziazione”, sia che lo si percepisca come un individuo, sia come una collettività; in un certo senso potrebbe essere ad un tempo l’uno e l’altra, in quanto dovrà esistere una collettività che rappresenti l’”esteriorizzazione” della organizzazione “contro-iniziatica” vera e propria venuta finalmente alla luce del giorno, e dovrà esistere altresì un personaggio, posto a capo di quella collettività, che sia l’espressione più completa e come l’“incarnazione” stessa di quel che essa rappresenterà, non foss’altro che a titolo di “supporto” di tutte quelle influenze malefiche le quali, dopo essersi concentrate in lui, dovranno da lui essere proiettate nel mondo (4). Evidentemente sarà un “impostore” ( significato del termine daggiâl con cui viene abitualmente denominato in arabo), poiché il suo regno non sarà nient’altro che la “grande parodia” per eccellenza, l’imitazione caricaturale e “satanica” di tutto ciò che è veramente tradizionale e spirituale; e tuttavia la sua costituzione sarà tale, se così si può dire, da essergli veramente impossibile non svolgere tale funzione. Certamente non sarà più il “regno della quantità” che era soltanto il culmine della “antitradizione”; al contrario, col pretesto di una falsa “restaurazione spirituale”, sarà una specie di reintroduzione della qualità in tutte le cose, ma di una qualità presa a rovescio del suo valore legittimo e normale (5). Dopo l’ “egualitarismo” dei nostri giorni ci sarà di nuovo una gerarchia invertita, ossia una “contro-gerarchia”, il cui vertice sarà occupato dall’essere che, in realtà, sarà più vicino di chiunque altro a toccare il fondo degli “abissi infernali”.
Quest’essere, anche se apparirà sotto forma di un personaggio determinato, sarà in realtà più un simbolo che un individuo, sarà cioè come la sintesi stessa di tutto il simbolismo invertito in uso presso la “contro-iniziazione”, simbolismo che troverà in lui la sua massima espressione proprio perché in questa funzione non avrà né predecessori né successori; per poter esprimere il falso ad un livello così estremo, egli dovrà essere, per così dire, completamente “falsato” da tutti i punti di vista, cioè come l’incarnazione stessa della falsità (6). Proprio per ciò, nonché per la suddetta estrema opposizione al vero in tutti i suoi aspetti, l’Anticristo può assumere i simboli stessi del Messia, beninteso in senso radicalmente opposto (7); la predominanza attribuita in tali simboli all’aspetto “malefico”, o, più esattamente, la sostituzione di esso a quello “benefico”, per sovversione del doppio significato di tali simboli, costituisce appunto il suo marchio caratteristico. Parimenti potrà e dovrà esserci una strana rassomiglianza tra le designazioni del Messia (Al-Masîh in arabo) e quelle dell’Anticristo Messia (Al-Masîkh) (8); ma queste ultime altro non sono se non una deformazione delle prime, così come difforme viene rappresentato lo stesso Anticristo in tutte le descrizioni più o meno simboliche che se ne danno, cosa anche questa assai significativa. Tali descrizioni, in effetti, insistono soprattutto sulle dissimetrie corporee, il che implica che esse siano il marchio visibile della natura stessa dell’essere cui vengono attribuite, ed effettivamente simili dissimmetrie sono sempre segni di qualche squilibrio interiore; è del resto per questa ragione che tali deformità rappresentano delle “qualificazioni” dal punto di vista iniziatici, così come è facilmente immaginabile che possano essere “qualificazioni” in senso contrario, cioè nei confronti della “contro-iniziazione”. In effetti, dal momento che quest’ultima ha una meta opposta a quella dell’iniziazione, è evidente che il suo cammino procede nel senso di un accrescimento dello squilibrio degli esseri, e il termine ultimo di tale squilibrio è la dissoluzione o la “disintegrazione” di cui abbiamo parlato, l’Anticristo deve evidentemente essere il più vicino possibile a questa “disintegrazione”, sicché la sua individualità, mentre da un lato sarà sviluppata in modo mostruoso, si può dire però già quasi annichilita, tanto da realizzare l’inverso della cancellazione dell’ “io” di fronte al “Sé”, o, in altri termini, da realizzare la confusione nel “caos” invece della fusione nell’Unità principiale; e questo stato, raffigurato dalle stesse difformità e sproporzioni della sua forma corporea, è veramente al limite inferiore delle possibilità del nostro stato individuale, per cui il vertice della “contro-gerarchia” è proprio il posto che gli conviene in quel “mondo rovesciato” che sarà il suo. Del resto, anche dal punto di vista prettamente simbolico, e in quanto rappresentante della “contro-iniziazione”, l’Anticristo non è meno necessariamente difforme: questa in effetti, come dicevamo poco fa, non può essere che una caricatura della tradizione, e chi dice caricatura è come dicesse difformità; se così non fosse non ci sarebbe proprio nessun mezzo esteriore per distinguere la “contro-tradizione” dalla tradizione vera, e bisogna pure, affinché almeno gli “eletti” non siano sedotti; che essa porti in sé stessa il “marchio del demonio”. Per di più, dato che il falso è necessariamente anche “artificiale”, la “controtradizione” non potrà mancare, nonostante tutto, di avere quel carattere “meccanico” che è presente in tutte le produzioni del mondo moderno: essa ne sarà anzi l’ultimo prodotto; ancor più esattamente, vi sarà in essa qualcosa di paragonabile all’automatismo di quei “cadaveri psichici” cui abbiamo accennato in precedenza, e del resto, come questi, essa sarà costituita soltanto di “residui” animati artificialmente e momentaneamente, il che spiega la sua assoluta precarietà; quest’ammasso di “residui”, per così dire galvanizzato da una volontà “infernale”, può certamente dare l’idea più esatta di qualcosa che sia arrivato ai confini stessi della dissoluzione.
Riteniamo che non sia il caso di insistere oltre su tutte queste cose; in fondo sarebbe di scarsa utilità la ricerca particolareggiata di come sarà costituita la “contro-tradizione”, e del resto le precedenti indicazioni di carattere generale sarebbero già quasi sufficienti a chi volesse, per conto proprio, applicarle a punti più specifici, cosa che non rientra nei nostri propositi. Comunque sia, siamo giunti con ciò al termine ultimo dell’azione antitradizionale che deve condurre questo mondo alla sua fine; dopo il regno passeggero della “contro-tradizione” non può più esserci, per arrivare all’ultimo momento del ciclo attuale, che il “raddrizzamento”, il quale, riportando istantaneamente tutte le cose al loro posto normale proprio quando la sovversione sembrava completa, preparerà immediatamente l’ “età dell’oro” del futuro ciclo.
Note
1 – E’ incredibile fino a che punto l’espressione “nuova èra” sia stata in questi ultimi tempi diffusa e ripetuta in tutti gli ambienti, anche con significati apparentemente molto diversi tra loro, ma tutti tendenti, in definitiva, a stabilire la stessa persuasione nell’opinione pubblica.
2 – Matteo, XXIV, 24.
3 – Sul Chakravartî, o “monarca universale”, vedere L’Ésotérisme de Dante, cit., p. 76 e Le Roi du Monde, cit., pp. 17-18 (pp. 22-23 dell’ed. it.). il Chakravartî è letteralmente “colui che fa girare la ruota”, il che implica che sia posto al centro stesso di tutte le cose, mentre al contrario l’Anticristo sarà l’essere più lontano da tale centro; egli pretenderà tuttavia di “far girare la ruota” in senso inverso al movimento ciclico normale (cosa “prefigurata”, del resto inconsciamente, dall’idea moderna del “progresso”), quanro invece, in realtà, qualsiasi cambiamento nella rotazione è impossibile prima del “rovesciamento dei poli”, cioè prima di quel “raddrizzamento” che solo l’intervento del decimo Avatâra potrà operare; ma giust’appunto, se l’Anticristo viene designato così, è proprio perché, a modo suo, egli parodierà la funzione stessa di quell’Avatâra finale, il quale nella tradizione cristiana viene rappresentato come il “secondo avvento del Cristo”.
4 – Lo si può dunque considerare come il capo degli awliyâ esh-Shaytân, e, poiché sarà l’ultimo a svolgere tale funzione, funzione che avrà in lui la sua più importante e manifesta espressione nel mondo, si può dire, secondo la terminologia dell’esoterismo islamico, che egli sarà come il loro “suggello” (khâtem); non è difficile immaginarsi fino a che punto potrà effettivamente spingersi la parodia della tradizione in tutti i suoi aspetti.
5 – La stessa moneta, o ciò che ne farà le veci, avrà di nuovo un carattere qualitativo di questo tipo, in quanto è detto che “nessuno potrà comprare o vendere se non avrà il carattere o il nome della Bestia, o il numero del suo nome” (Apocalisse, XIII, 17); è perciò implicito un uso effettivo dei simboli invertiti della “contro-tradizione”.
6 – Vedasi anche qui l’antitesi del cristo che afferma: “Io sono la Verità”, o di un walî come El-Hallâj che dice del pari: “Anâ el-Haqq”.
7 – “Forse non si è fatto abbastanza caso all’analogia tra la vera e la falsa dottrina; sant’Ippolito, nel suo opuscolo sull’Anticristo, ne dà un esempio memorabile, benché non stupefacente per chi abbia studiato il simbolismo: il Messia e l’Anticristo hanno entrambi il leone per emblema” (P. Vulliaud, La gabbale juive, 2 voll., Paris, 1923, vol. II, p. 373). Dal punto di vista cabalistico, la ragione profonda di ciò risiede nelle considerazioni inerenti alle due facce, luminosa e oscura, di Metatron; è per la stessa ragione che il numero apocalittico 666, il “numero della Bestia”, è anche un numero solare (cfr. Le Roi du Monde, cit., pp. 29-30, pp. 35-36 dell’edizione italiana).
8 – Vi è qui un doppio senso intraducibile: Masîkh può essere preso come una deformazione di Masîh per semplice aggiunta di un punto alla lettera finale; ma in pari tempo questo stesso termine vuol anche dire “difforme”, cosa che esprime appunto il carattere dell’Anticristo.

[Brani dal cap. XXXIX de Il Regno della Quantità e i Segni dei Tempi - ed. Adelphi].

domenica 7 novembre 2010

Massoni: nemici dell'autorità

Prima hanno avallato e finanziato l’Unità d’Italia, ora vogliono dividerla per questioni di convenienza economica

L’unico pensiero che guida le iniziative dei “grembiulini” è il profitto

A un esame superficiale, l’intreccio fra Italia e massoneria, potrebbe apparire assurdo e inestricabile. Prima, quando l’Italia era un’espessione puramente geografica, la Massoneria si diede gran da fare per aiutarla a divenire una nazione; poi, divenuta nazione, si diede ancor maggiore da fare per distruggerla e farla tornare espressione geografica. Ma insomma: che cavolo vogliono, questi col grembiulino? Non lo sanno neanche loro?
Questo potrebbero chiedersi, gli esaminatori superficiali. C’è poi una categoria ancora inferiore agli esaminatori superficiali: quelli che non esaminano per niente, e non sanno che ripetere come pappagalli adulti quello che hanno loro inculcato da pulcini. Per loro, non c’è alcun problema. La Massoneria ha prima liberato l’Italia dalla tirannide straniera, e poi l’ha liberata da quella nazifascista: evviva la libertà! Ma rimettiamo il ciuccetto in bocca a costoro e rivolgiamoci ai superficiali, che almeno pensano!
Considerazione generale: nella realtà non esistono contraddizioni. Se uno ce le vede, deve solo tirare fuori il fazzoletto e pulirsi gli occhiali. Fatto?
La Massoneria non è che la versione iniziatica dell’illuminismo e, come quello, è fondata sull’idolatria della Ragione eretta a divinità. È quindi nemica giurata di ogni autorità fondata su qualcosa di diverso dalla convenienza, e il suo affermarsi fu facilitato dal fatto che ogni autorità del genere (e cioè “i troni e gli altari”) mostrasse per molti versi la corda. ma questo è un altro discorso. Non occorre rievocare il ruolo determinante che le sue logge rivestirono nelle rivoluzioni borghesi di fine Settecento: quella francese e quella americana. Massoni erano gli estensori della parigina Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e i registi della frode con cui essa fu spacciata per approvata dal popolo, e massoni erano i bianchi mascherati da indiani che uscirono dalla loggia di Boston per abbordare la nave del tè e scaricarne le casse in mare. Del tutto ovvio fu quindi il favore che il Grande Oriente di Londra riservò ai primi fautori dell’unità d’Italia. Non che quello fosse travolto da repentino amore per la penisola a forma di stivale: fu che il formarsi di uno Stato italiano avrebbe rappresentato un brutto colpo sia per l’impero degli Absburgo (e le sue dipendenze toscana ed emiliane), sia per il regno napoletano, sia per quello sardo, sia per quello pontificio, che di trono e altare faceva un tutto unico. Peraltro, ci aveva già più volte provato Napoleone (che dello stesso illuminismo rappresentava la versione militare), e gli appassionati ribelli italiani portavano una coccarda dei tre colori che erano stati delle effimere repubbliche francofile e massoniche. Per chi mai avrebbero dovuto “tifare” i fratelli col grembiulino: per il cardinale Ruffo?
Giunti però alla conclusione della prima Guerra Mondiale, con piena soddisfazione dell’autorità massonica, avvenne qualcosa di orribile (dal suo punto di vista). Avvenne che in due nazioni, l’una vincitrice ma tradita dalla pace e l’altra sconfitta ma mai militarmente battuta, lo spirito riprese i suoi diritti e giunsero al potere uomini e idee che, ricollegandosi alle autentiche tradizioni dei due popoli, osarono proclamare la preminenza della fedeltà ad esse sulla gretta “convenienza” economica.
Non che non vi fossero state anche in passato voci in tal senso, rimaste inascoltate. Ma il fatto gravissimo era che, giunte tali “utopie” al potere, non solo non fossero state smentite dall’economia sovrana, ma avessero conseguito successi anche economici così clamorosi da conquistare pacificamente sempre più ampi settori degli stessi popoli di cui la Massoneria pensava di avere il saldo possesso. Ma c’era di peggio: stavolta non si trovavano di fronte i cascami decaduti e svuotati di antiche caste, ma energie giovani e dirompenti, volte verso l’avvenire.
La minaccia di immatura morte degli “immortali principi” percorse come un gelido terrore tutta la Terra ancora retta dagli emissari della Grande Usura, mascherati da “democratici”, tutti insieme, come a un comando unico, percossi dall’orrore che le “dittature” reprimessero gli aneliti di libertà dei rispettivi popoli.
Nessuna rilevanza aveva per loro il fatto che i cattivi tiranni riscotessero punte di consenso popolare che nessuno di loro democratici si era mai sognate, neanche in preda a stupefacenti. Per chi è in malafede, infatti, anche l’evidenza può non avere rilevanza. E fu la grande congiura contro il Tripartito che riuscì a provocare la seconda (e assai peggiore) Guerra Mondiale. Dove mai poteva collocarsi, date le premesse, la massoneria se non fra i più fervidi fautori di quella congiura? E quali altre disposizioni poteva impartire ai propri adepti in Italia, presenti e ben mimetizzati in ogni ambiente, alti comandi militari compresi, se non quelle di boicottare in ogni modo le difese italiane, ponendosi a pieno servizio delle “potenze antifasciste”?
E questo, con assoluta coerenza, essa fece, manovrando ignobili carogne gallonate e poltronizzate, capaci di assassinare a tradimento, con le loro “preziose” informazioni, migliaia di giovani della loro gente mandati volutamente allo sbaraglio. Si tratta degli “articolo 16”, che l’Alighieri avrebbe ficcato senza esitare in Cocito, tra i denti di Satana. Ma mettetevi nei panni e nei grembiulini dei vertici massonici.
Di chi dovevano servirsi, per tale infamante bisogna: forse di galantuomini di specchiate virtù? Se quindi è fuori dubbio che i manutengoli italioti del dollaresco novus ordo seclorum meriterebbero a buon diritto di essere allineati ad ornamento dei bastioni, impalati all’uso turco, è anche certo che le loro alte e fraterne gerarchie si sono sempre comportate con lineare, implacabile coerenza, fedeli ai loro sempre dichiarati principi, senza deviarne neppure di una linea. Non sarebbe il caso che anche noi facessimo altrettanto?
Rutilio Sermonti

Articolo pubblicato su Linea anno XIII numero 225

lunedì 11 ottobre 2010

Dietro le quinte della storia - Il vero volto del Risorgimento.

Riteniamo opportuno, per svolgere la funzione che ci siamo proposti, di segnalare all'attenzione dei lettori di questo blog un brano di Julius Evola riguardo i temi del Risorgimento, dell'unità d'Italia e del ruolo svolto dalle società segrete nel corso degli anni, dietro il velo ufficiale della Storia. Una riflessione a margine dell'anniversario del 150° dell'unità d'Italia che certamente sarà foriera di ulteriori approfondimenti.

Le idee demoliberali e massoniche prese a prestito per unire l’Italia non furono purtroppo messe da parte dopo aver assolto la loro funzione puramente pragmatica e strumentale.

Dato il presupposto di questa rivista di occuparsi degli aspetti principali del Risorgimento italiano in occasione del ricorrere di uno degli episodi più salienti di esso, e data anche l’intenzione di intraprendere questo esame non per fini accademicamente storici ma per fissare anche l’atteggiamento da assumere di fronte alle rievocazioni che, in questa circostanza, si preannunciano di già negli ambienti democratici e socialcomunisti, non sarà forse inutile dedicare qualche osservazione al modo con cui si presenta il fenomeno del Risorgimento italiano, e al significato che esso ha, dal punto di vista di una storiografia di pura Destra.

Nel far ciò, riprenderemo idee che per chi ha seguito i nostri scritti non saranno affatto nuove avendole noi già difese fin dal periodo del fascismo. Ma tornarvi su non sarà inopportuno, per il fatto che il punto di vista di una vera Destra è da considerarsi tuttora pressoché inesistente: del che potrà essere una conferma l’impressione che, di fronte a quanto diremo, riporteranno non pure gli appartenenti alle correnti democratiche e di sinistra, ma anche ambienti di orientamento nazionale e “patriottico”.

Si è che anche questi ambienti non si allontanano di molto dagli schemi e dalle formule di quella che si può chiamare la “storia patria”, la quale praticamente da noi è quasi l’unica conosciuta e facente testo, ma è essenzialmente d’impostazione e d’origine liberale, illuminista e massonica. Una storiografia di Destra attende ancora di essere scritta.

Così anche in questo dominio devesi constatare una nostra precisa posizione d’inferiorità di fronte alle ideologie di sinistra. A partire dalla crisi della civiltà tradizionale europea e dell’antico regime, cioè a partire dalla nascita del radicalismo e del socialismo, l’intellettualità di sinistra si è applicata sistematicamente ad elaborare una sua storiografia, da servire come sfondo per la sua azione di agitazione sociale e sovversione politica. E a tale riguardo essa ha saputo portare lo sguardo sulle dimensioni esenziali della storia; di là dagli episodi e dai conflitti politici, di là dalla storia delle nazioni ha saputo scorgere il processo generale e essenziale realizzatosi attraverso i secoli, nel senso del passaggio da un dato tipo di società e di civiltà ad un altro. Che la base dell’interpretazione qui sia stata economica e classista, non toglie nulla all’ampiezza effettiva al quadro d’insieme di tale storiografia, che come realtà essenziale di là da quella contingente e particolare coi indica la fine della civiltà feudale e aristocratica, l’avvento di quella borghese, liberale e capitalistica, e dopo questa, come tendenzialità l’annunciarsi della civiltà marxista e, infine, comunista.

Misurata con tale storiografia, quella delle altre tendenze appare superficiale, episodica, perfino frivola. Una storiografia di vera Destra dovrebbe invece abbracciare gli stessi orizzonti della storiografia marxista, con la volontà di cogliere l’essenziale e il reale fuor dai miti, dalle superstrutture e anche dalla piatta cronaca: ma, naturalmente, invertendo i segni e le prospettive, vedendo nei processi essenziali e convergenti della storia ultima non le fasi di un processo politico e sociale bensì quelle di un generale sovvertimento.

Questa, dunque, è la premessa. Dopo di ciò, veniamo al nostro argomento specifico, e chiediamo quale significato deve ascriversi, nel quadro di una storiografia di Destra, al risorgimento italiano.

A tal’uopo occorre anzitutto distinguere, nel Risorgimento, il suo aspetto di movimento nazionale dal suo aspetto ideologico; in oltre bisogna separare i fatti eroici e combattentistici presi in se stessi dai significati che di là dalla consapevolezza dei singoli, risultano in un più vasto insieme, ciò nel quadro delle grandi correnti politico-sociali dell’Europa di quell’epoca.

Al Risorgimento si deve l’unità dell’Italia, e qui non può trattarsi di fare il processo agli uomini e ai movimenti a cui, grazie ad un insieme assai complesso di circostanze, l’Italia dovette la sua unificazione e la sua indipendenza politica. Questo è il solo aspetto messo in evidenza dalla “storia patria”, con largo uso di schemi semplificati e idealizzanti. In effetti i successi principali del Risorgimento italiano furono dovuti – come è noto – più ad una politica che oggi si chiamerebbe di “possibilismo”, cioè di abile sfruttamento delle circostanze interne e delle congiunture internazionali, che non all’esclusiva azione diretta dagli italiani. L’unanimità del movimento risorgimentale fu relativa dallo stesso punto di vista del popolo, specie nell’Italia centrale e meridionale.

In ogni caso, i fatti risorgimentali presi in sè stessi mantengono il loro valore dal punto di vista del terminus ad quem,cioè della costituzione dello Stato italiano. Il giudizio però cambia se si passa al secondo degli aspetti accennati, cioè se si considerano le idee predominanti in funzione delle quali si agì,e che resero possibile il conseguimento del fine: idee, che poi dovevano continuare a prevalere nella vita politica italiana,fino al periodo del fascismo.

Qui vi è innanzi tutto da rilevare che il Risorgimento fu un movimento nazionale solo per accidente; esso rientrò nei moti rivoluzionari determinatisi in tutto un gruppo di stati in conseguenza del diffondersi delle ideologie della Rivoluzione Francese. Il 48 per esempio, ebbe l’identico volto nei movimenti italiani e in quelli che si accesero a Praga, in Ungheria, in Spagna, in Germania e nella stessa Vienna asburgica, in base ad un’unica parola d'ordine. Da un punto di vista d’insieme, qui si ebbero tante colonne dell'avanzata di un unico fronte internazionale, comandato dall’ideologia del Terzo Stato, cioè dall’ideologia costituzionalistica demoliberale, massonica, e in fondo, antitradizionale: fronte, che aveva i suoi dirigenti mascherati. A torto si pensa che solo oggi esistono fronti internazionali – “Oriente” e “Occidente”- al di là dai singoli popoli e dalle singole patrie. Ciò lo si ebbe già a partire dal periodo della Rivoluzione Francese e in quello dello stesso Risorgimento,ciò avvenne anche allora. Non diversamente i moti comunisti attuali sono,nelle varie nazioni,solo tanti aspetti della rivoluzione del Quarto Stato iniziatasi con la Terza internazionale,e dell'azione della rete di "cellule" al servizio di essa. E dagli esponenti dell'Europa tradizionale liberalismo, mazzinianesimo e tutto il resto furono,a quel tempo,considerati come oggi liberali e democratici considerano a loro volta il comunismo: solo che ci si serviva del mito nazionale e patriottardo e si era alle prime fasi dell’azione sgretolatrice data come “progressismo”. Ideologicamente il Risorgimento italiano appare,nella sua essenza,come un episodio della rivoluzione del Terzo Stato.

Esisto documenti significativi(elementi del gruppo a cui appartenevano ne cominciarono a rendere noti alcuni nel periodo del fascismo)i quali mostrano,a chi voglia esplorare la terza dimensione dei movimenti italiani di quel periodo,come stavano effettivamente le cose:per le forze che si tenevano dietro le quinte e che ripetiamolo,agivano internazionalmente avendo per origini in parte la massoneria e la carboneria,in parte altre organizzazioni più segrete,l’unità e l’indipendenza d’Italia erano cose secondarie,costituivano più un mezzo che non il fine. Lo scopo vero,che i patrioti e gli idealisti italiani,i martiri e tutti gli altri,non avevano bisogno di conoscere,era di dare un colpo mortale all’Austria quale rappresentante dell’idea imperiale “reazionaria” e poi alla Chiesa,a Roma.Era la prosecuzione nell’insieme,del programma già formulato, e venuto in luce attraverso un processo del Santo Uffizio,in un convegno segreto internazionale tenutosi presso Francoforte alla vigilia della Rivoluzione Francese,che di questo indicava la vera “Direzione”come prima fase di un piano più vasto.

Ma senza portarci troppo dietro le quinte,basta dare uno sguardo agli scritti del tempo per vedere se si parlava volentieri di Italia e di lotta contro lo straniero,maggior risalto avevano però,in quegli scritti,l’esaltazione dei principi giacobini di uguaglianza,la lotta contro quelli che venivano chiamati i “tiranni”,poco importando che il presunto tiranno fosse italiano o straniero- nella formula di giuramento dei carbonari,ciò era detto in termini chiari.

Del resto,a tale riguardo lo stesso Garibaldi quale”eroe dei due mondi” fu un esempio caratteristico:egli era pronto combattere per la causa della “liberta” e dei “popoli oppressi” qualunque fosse la loro patria. Si conferma così, per il lato ideologico del Risorgimento, il suo significato di forma particolare che in Italia assunse un fenomeno generale, un moto d’insieme che continuò l’impulso dato dalla Rivoluzione Francese per il rovesciamento dei precedenti regimi tradizionali.

Qui è opportuno mettere in rilievo un punto, che a molti oggi apparirà paradossale, tanto ci si è abituati a considerare normale ciò che nel quadro generale di una civiltà di tipo aristocratico e gerarchico non lo è affatto:il carattere sovversivo che dal punto ei vista della Destra ebbe il concetto di nazione e di patria quale fu usato nel periodo di cui stiamo parlando,in margine ai moti rivoluzionari. Anche qui la storiografia marxista ha saputo vedere la realtà al di là delle sovrastrutture,riconoscendo l’appartenenza di questo concetto alla fase della rivoluzione borghese,destinata,come disse Engels, a far da apritrice di breccia per la rivoluzione socialista. Nel mondo tradizionale,che per noi è quello retto dai princìpi dell’autorità e della sovranità,della gerarchia dell’ordinamento dall’alto e verso l’alto-tutto ciò che è “patria”o “nazione”- ethnos - non ebbe un significato politico ma soltanto naturalistico:si è di una patria o nazione come si è di una data famiglia. L’ordine politico in senso proprio corrispondeva invece al principio dello Stato (in genere, concretizzatesi in monarchie e in dinastie) o dell’impero come unità sovrordinata rispetto a nazione o “popolo”. E’ così che si ebbero formazioni politiche in cui patrie e nazioni ebbero bensì il loro posto,ma non come fattori determinanti,invece come semplice “materia” della gerarchia complessiva. E non sembrava strano,a tale stregua, che,per esempio,per combinazioni dinastiche,per matrimoni o successioni,un popolo passasse a far parte di uno Stato diverso:da ciò esso non si sentiva per nulla snaturato,appunto per via della carattere sopraelevato del principio politico. Tale situazione aveva anche una controparte etica:l’appartenenza allo Stato era legata ad una fedeltà,cioè presupponeva un atto libero,volontario(i vincoli feudali ne erano già stati forma eminente). L’essere di un popolo o di una nazione è invece qualcosa di semplicemente dato,di naturalistico.

Ebbene,come il termine “patriota”fece la sua prima apparizione quale designazione degli enfants de la patrie del periodo della Rivoluzione Francese nella loro lotta contro monarchia e aristocrazia e contro gli alleati stranieri di esse,del pari risulta chiaro l’uso rivoluzionari che in Europa dopo la Rivoluzione Francese fu dato all’idea di patria e di nazione:essa fu assunta in funzione tendenzialmente democratica e collettivistica,per scalzare ogni superiore principio di autorità,per iniziare la scalata allo Stato e al potere ad opera delle masse-e lo sviluppo attraverso una ferrea concatenazione di fenomeni sovvertitori,passando per il”per volontà della nazione”,porta fino alle attuali”democrazie popolari”come fase terminale.

Ora,non si può disconoscere la parte che proprio questo concetto rivoluzionario della nazione ebbe,come idea-forza, nello stesso Risorgimento italiano. Come in analoghi movimenti di altre nazioni,qui il “patriottismo”,mito della nazione,idea libertaria,costituzionalismo,rivoluzionarismo agirono solidarmente. In questo contesto rientra anche la struttura antilegittimistica che assunse, a causa di un fatale insieme di circostanze e,anche,della limitatezza e della non qualificazione degli elementi conservatori,l’unificazione italiana..Qui non si tratta di fare ipoteche sui “se” della storia. Ad indicare l’opposta possibilità,dal punto di vista morfologico è però legittimo stabilire un parallelo col processo di unificazione che ebbe luogo in Germania ad opera di Bismark:con la costituzione del Reich - del secondo Reich dopo quello svevo - varie unità di tipo tradizionale furono riprese e conservate in una superiore unità, la Prussia facendo da centro di cristallizzazione e da Stato-guida. Qualcosa del genere fu considerato anche in Italia,negli ambienti giobertani, però in modo inadeguato,entro un utopico quadro guelfo:il suolo adatto e il clima ideologico per venire a qualcosa di costruttivo mancavano del tutto. Lasciamo questo punto da parte. Uno sviluppo post-risorgimentale nel senso di una Destra stato anche possibile,in Itali. Il Rimonte e la monarchia sabauda avendo preso ‘iniziativa del movimento unificatore,a unità raggiunta si sarebbe dovuto procedere alla liquidazione dei miti e delle ideologia che, per forza maggiore,l’avevano propiziata,assegnando ad esse un valore puramente pragmatico,strumentale. Avrebbe dovuto seguire un vigorosa azione formatrice, come quelle che,centrate in monarchie,attraverso una tradizione di lealismo avevano creato i grandi stati europei. La formula ben nota,che essendo fatta l’Itali si dovevano fare gli Italiani,avrebbe dovuto essere applicata in modo più rigoroso. Nulla di tutto ciò. Può dirsi che il Piemonte, nucleo originario dell’unificazione, invece di “piemontizzare” l’Italia in un senso analogo come la Prussica aveva fatto con la Germania costituendola in una forte e articolata unità, nell’abbracciare tutta l’area della penisola si sfaldò e perdette i tratti che ancora conservava per forza della sua secolare tradizione. Al nuovo Stato italiano non corrisponde un’idea propria, politica, un simbolo sopraelevato, una forza formatrice; la monarchia parlamentare si presentò come poco più che una sovrastruttura, quasi con caratteri “privati” puramente rappresentativi. Le ideologie prese in prestito per unificare l’Italia non furono affatto messe da parte dopo aver assolto la loro funzione; esse andarono invece a determinare il clima politico e sociale predominante in Italia, lasciando margine a forme ulteriori di sovversione,come quelle che già si verificarono nei gravi disordini sociali al tempo della prima guerra d’Africa e che come tragico episodio ebbero l’assassinio di re Umberto.

Infine la pietra di prova la si ebbe nel 1913,con la rottura della Triplice Alleanza(questo patto era stato l’unico passo positivo per un eventuale revirement a destra dell’Italia unificata)e con l’intervento a fianco delle democrazie mondiali contro gli Imperi Centrali. In effetti,a provocare quell’intervento non furono considerazioni realistiche:si sa che mediante alcune negoziazioni diplomatiche l’Italia, anche col semplice restar naturale,avrebbe potuto ottenere una buona parte di ciò che poi i nuovi alleati democratici dovevano concederle a denti stretti. Veramente determinante fu piuttosto l’eredità ideologica del Risorgimento,fu il mito “nazionale(nel senso rivoluzionario già spiegato)unito a quello antitedesco che faceva vedere negli imperi centrali quasi degli stati “fascisti”avant la lettre(da qui,l’estensione alla Germania di sentimenti “patriottici” che al massimo erano giustificati contro l’Austria).

Però anche qui s’impone la distinzione fatta pel Risorgimento:la entrata in guerra fu,in sé stessa,un fatto positivo quale fenomeno di “risveglio” dal clima dell’Italietta borghese ottocentesca,e i fatti eroici,combattentistici della prima guerra mondiale mantengono il loro valore intrinseco e vanno separati dal significato sovrordinato che ebbe la guerra italiana quale contributo al processo che doveva far compiere un gigantesco passo avanti al fronte del Terzo Stato,cioè delle democrazie,con un gravissimo colpo per quel che il nostro continente ancora conservava in fatto di regimi di tipo tradizionale,nell’Europa centrale.

Data con tratti più che sommari, questa è la fisionomia che presenta la “tradizione risorgimentale” nel quadro di una storiografia di destra. Ora,interesserebbe forse esaminare il problema dei rapporti fra tradizione risorgimentale e fascismo per avvicinarsi a delle conclusioni valevoli anche per le cose di oggi. Per ragioni di spazio non potendoci soffermare sull’argomento,ci limiteremo a dire che,dal punto di vista della Destra,il rapporto fra fascismo e Risorgimento è duplice,come duplice -secondo il già detto- è il volto di quest’ultimo. A considerare i fatti eroici e di risveglio nazionale del Risorgimento(continuità ancor più diretta e ben nota è però quella tra fascismo e l’analogo aspetto del combattentismo e dell’interventismo). Considerando però le idee,il fascismo ebbe valore,in quanto,per quel tanto,che esso fu un antiideologismo risorgimentale. Il tratto specifico del fascismo secondo il nostro punto di vista non è infatti il semplice aver ripreso una idea patriottica e nazionale cercando di accrescere la potenza e l’espansione italiana:processi del genere non si connettono infatti a nessuna speciale idea politica,si possono avere anche in Stati democratici,li si hanno nella stessa URSS. Il tratto caratteristico è invece la ripresa dell’idea dello Stato,dell’autorità e della sovranità insieme a quella di unità semplicemente “patriottica”,ma lealistica e di fedeltà:sia pur sminuita dal sistema della “diarchia”. L’Italiano era chiamato ad essere fedele anzitutto ad un Capo e ad un’idea. E non semplice retorica avrebbe potuto venire dalla ripresa del simbolo romano.

Ciò che vi è da raccogliere dall’eredità del fascismo ci sembra che debba essere precisato in questi termini. L’associarvi la “tradizione risorgimentale”è cosa pericolosa. Il “Risorgimento” potrebbe oggi valere soltanto nei termini dell’appello di una minoranza ad una rivolta unanime nazionale contro l’attuale regime,il quale però si trova ad essere l’esponente indiscusso proprio di buona parte delle ideologie del Risorgimento e della successiva Italietta parlamentare. Per una tale rivolta e un tale risveglio, a tutt’ora sembra mancare,purtroppo, sia un centro efficace di cristallizzazione,sia il necessario clima generale. Venendo meno a questo aspetto,in fatto di rievocazioni e di “tradizioni risorgimentali”,oggi non si potrebbe aver la meglio polemizzando contro quelle correnti attuali che ad esse si rifanno,che hanno parlato di “parentesi fascista”,che hanno identificato il tradimento e il partigianesimo ad un “secondo Risorgimento”,riprendendo l’inno di Mameli coi “Fratelli d’Italia”,facendo lo stesso abuso di una idea “patriottarda” e genericamente nazionale nel preparare,coscientemente o incoscientemente,anche da noi l’ultima fase della sovversione- quella legata ala rivoluzione del Quarto Stato- con l’avanzata del social-comunismo, così come i “patrioti”di ieri, pur vedendo e invocando l’Italia,avevano lavorato per la rivoluzione del Terzo Stato.

Rivendicare a quello del Risorgimento il valore di un retaggio ideologicamente di destra è un assunto impossibile. Altri debbono essere i nostri punti i riferimento, se si ha il coraggio di una rigorosa dottrina politica e di una azione politica altrettanto rigorosa.

Julius Evola

da L'Italiano Marzo 1959 n. 3

mercoledì 15 settembre 2010

Equinozio d'Autunno

Riportiamo degli estratti di un articolo pubblicato su www.centrostudilaruna.it, sul tema dell'equinozio di autunno a firma di Tradizione Solare. Un ottimo spunto di riflessione sui tempi a venire.

La morte annuale della natura e il risveglio delle forze interiori di volontà si bilanciano nell’equinozio d’autunno. Esso segna un’inversione di polarità nella manifestazione delle forze divine, che nei mesi precedenti si erano espresse principalmente nelle forme della natura, nella luce trionfante del giorno e che ora incominciano a pervadere la volontà dell’uomo. Quando la luce del mondo declina, l’uomo inizia a percepire sé stesso come portatore di una luce invisibile, non soggetta a tramonto. In tal senso il “dramma spirituale” dell’equinozio ricapitola e sintetizza la vicenda della storia sulla Terra: fine dell’età dell’oro, oscuramento del divino nella natura, sorgere dell’autocoscienza, senso individuale di solitudine cosmica e di responsabilità.

Alfredo Cattabiani, Calendario Quel sentimento di malinconia, suggerito dalle foglie che ingialliscono e cadono, deve essere energicamente bandito. La nostalgia del passato, il lamento non si addicono all’uomo nobile (all’“arya”): egli sa che nel cosmo ciò che declina e muore è bilanciato secondo giustizia da ciò che sorge e si afferma. Nell’equinozio di autunno si celebra l’affermazione della volontà, la capacità “faustiana” di porsi obiettivi e di perseguirli.

L’elemento alchemico dell’autunno è il Ferro: al ferro materiale che ha forgiato la nostra civiltà tecno-industriale deve corrispondere il ferro spirituale della volontà, concretamente – e razionalmente – esercitata.

Gli Dei benedicono l’azione concreta, la volontà che si afferma in progetti ben definiti o che si volge alla formazione di sé (alla Bildung).

Tradizione Solare

---------------------------------------------------------------------------------------

Estratto da “Il Varco”, brano proposto dagli IMPERIUM alla festa dei 15 anni di Raido

Nel transito da nono al decimo – segni di nuovo la mia via
Pilastro germano ad altri tre – sei la mia colonna dorica
Nella dimensione storica – varco di energia
Vera opportunità – per mettermi alla prova

giovedì 9 settembre 2010

I Quattro Pilastri dell'Anno

In prossimità dell'equinozio di Autunno, riteniamo opportuno pubblicare questo articolo estratto dalla rivista "Solstitium" Anno IV numero 3-4 del Dicembre 1979. Esso, consente un approccio ciclico al senso del tempo e una riflessione sui ritmi cosmici. Una lettura imprescindibile per l'uomo di milizia

I quattro pilastri dell'anno sono i solstizi e gli equinozi. Essi formano la grande croce dell'anno o zodiacale, la cui braccia delimitano le stagioni. In scala ridotta corrispondono al giorno ed alle quattro fasi solari. Le quattro braccia dividono il cerchio zodiacale in quattro gruppi di segni, tre per ciascuno, che danno le caratteristiche delle rispettive stagioni. Ogni data segna l'inizio di un nuovo periodo, diverso dal precedente, in cui la luce del sole assume diversa forma e significato. Le quattro fasi si succedono regolarmente e tutto assume il senso di una rotazione costante attorno a un centro che fa da perno a tutto il movimento. Le quattro fasi dell'anno corrispondono ai quattro elementi ed il sole alla luce che li comprende e li trasfigura. Ogni periodo ha un riflesso esterno e uno interno, creando il presupposto di una stagione interiore che è nostro compito analizzare.
Il primo pilastro è il Solstizio d'inverno, data significativa in ogni tradizione, che segna astronomicamente l'inizio dell'inverno. Corrisponde alla posizione del Sole nel punto più basso dell'orizzonte ed alla maggiore disuguaglianza tra giorno e notte: qui la notte è più lunga del giorno. Il 22 dicembre segna la data ufficiale del calendario "astronomico" dell'anno.1 Da questo momento prende inizio la serie ascendente che porterà in avanti il giorno fino al futuro solstizio estivo, in cui i rapporti si invertiranno. Astrologicamente questa data segna il passaggio del Sole nel Capricorno (segno di Terra), a cui seguiranno l'Acquario e i Pesci. Nel simbolismo del giorno corrisponde invece al punto in cui il sole tocca il culmine della sua discesa: la Mezzanotte, in cui è opposto allo zenith meridiano.
Nell'antico Egitto, veniva simbolizzato nella forma di Khephra, lo scarabeo, chiara immagine dei sole occulto e sotterraneo.
Esotericamente2 questo momento è uno dei più importanti e significativi. Segna il punto preciso in cui l'esterno tace nel freddo e nel silenzio e l'interno vive di luce propria. II sole della coscienza è ora rivolto all'interno di sé e nella mezzanotte dell'anima tutto è pronto per una nuova rilevazione. E' in questo istante senza tempo che venivano eseguite le antiche cerimonie di iniziazione ai misteri dell'lo, nel profondo di grotte e caverne, a Mezzanotte in punto. Tramite esse una luce virtuale, occulta, veniva accesa nell'animo dell'adepto, che ora attendeva la nascita del proprio seme. E' in Inverno infatti che il seme, giacendo sotto la neve ed il gelo, dorme e matura i suoi frutti futuri. Ritualmente il nuovo periodo è rivolto alle opere della Terra: alla creazione cioè di basi e realtà concrete che facciano da perno ad ogni futura attività e alla coagulazione di precedenti iniziative. I tre segni invernali del Capricorno, dell'Acquario e dei Pesci suggeriscono un clima di freddezza, di silenzio e umidità che deve essere sciolto prima che il calore del sole porti con sé la Primavera.
Questo avviene il 21 marzo, il secondo pilastro annuale, data dell'Equinozio di Primavera o ascendente, in cui ciò che era sepolto torna adesso alla luce. Nel simbolismo segna il punto in cui il giorno eguaglia la notte: da questo momento essa sarà sempre più breve del giorno. Il sole della Mezzanotte precedente è ora sorto sull'orizzonte e il giorno è in equilibrio con la notte: è il Ra egizio, il sole occulto che ora diventa visibile. Nel piano zodiacale il Sole passa in Ariete (segno di Fuoco), a cui seguiranno il Toro ed i Gemelli.
II significato esoterico della Primavera è tutto nella luce che ora sorge. L'occulto si fa manifesto, la Terra si apre sotto la spinta del Fuoco e dà inizio alla vita. La luce interiore diventa ora visibile anche all'esterno, che si anima di vita propria. Il seme nascosto sorge dalla terra e tutta la natura si ricopre di verde e di fiori. La luce interiore si proietta all'esterno e dà vita al mondo,che ora viene vissuto come dotato di una propria interiorità. La natura già morta è ora animata da misteriosi significati che divengono chiaramente visibili alla coscienza. E' in questo periodo che venivano eseguiti dei riti di apertura cosmica verso il Creato, con lo scopo di ridurre quello che prima era separato dall'Essere, ma che ora tendeva a fondersi con lui. Sacre orgie e riti di fertilità avevano questo scopo, perché anche il sesso è spirituale.
Lo scopo era quello di riconoscersi nell'universo esterno, considerato come divino: Questo sei tu, secondo l'antica saggezza orientale. L'esterno e l'interno sono due facce di un'identica realtà, che li sovrasta. Ritualmente questo è il periodo del Fuoco, in cui si dà il via a iniziative di ogni genere, dato che anche la creatività personale è stimolata da questa fiamma che ora arde visibile. Si è spinti in ogni caso ad agire, a muoversi, a crescere, a fiorire, in un continuo avvicendarsi di impulsi, idee e sensazioni. E' noto come la Primavera influenzi l'eros animale e umano svegliando e moltiplicando i desideri. Meno noto è come esso, invece, vada al di là della semplice pulsione istintuale. II sesso è la Vita stessa e nell'adepto ai misteri della Luce esso si manifesta in altre forme ignote all'uomo comune. Il sesso cioè si svincola dal tendere al basso e sale, portato dalla fiamma che sorge, verso l'alto investendo idee, volontà e sentimenti di una nuova luce e fecondità. L'adepto cioè è fecondo in alto anziché in basso e il sesso diventa una via per la propria liberazione dai legami umani. La fiamma che sale, alimentata dall'Aria (i Gemelli) e sostenuta dalla Terra (il Toro), si innalza fino allo zenith dando inizio all'Estate.
Questa inizia il 22 giugno, giorno del Solstizio d'Estate e terzo pilastro annuale. Qui il giorno è più lungo della notte e l'anno e la luce sono al culmine. E' una data trionfale che segna la vittoria della luce sull'oscurità e il pieno sole meridiano. Corrisponde infatti all'ora del Mezzogiorno, in cui il sole è allo zenith e irradia al massimo luce e calore. Nel simbolismo egizio è Hathoor, il dio della luce meridiana e pienamente manifesta opposta a quella del Sole di Mezzanotte. Nella volta celeste il sole occupa ora il punto più alto e i suoi raggi arrivano perpendicolari alla luce terrestre. L'arco di luce è massimo e ricaccia la notte nella sua dimora oscura: ora tutto è in pieno sole e chiede di essere completamente manifestato. Astronomicamente il Sole entra nel Cancro (segno dell'Acqua), seguito dal Leone e dalla Vergine. Esotericamente questo periodo segna il momento in cui esterno e interno, Essere e Natura, sono perfettamente uniti e armonizzati, esaltati fino al massimo grado. L'Estate è il trionfo del sesso, della vita e delle opere intraprese. E' il periodo in cui il grano imbiondisce e viene mietuto, in cui sotto l'ardore del sole assume una tinta aurea, segno di perfezione e completamento. L'Estate porta con sé una corona d'oro, che l'adepto assume come segno di Vittoria sulla propria natura inferiore. E' il periodo in cui la materia è al Rosso e in cui i frutti attendono di essere colti dalla sua mano. Negli antichi riti questo periodo era una testimonianza di vittoria forse formava il supporto adatto di ogni cerimonia di incoronazione. Ritualmente l'Estate è il periodo dell'Acqua, in cui si procede a diffondere nel mondo quanto si è percepito e compreso in Primavera. Ora ogni cosa deve prendere corpo in attività che coinvolgano il mondo esterno e lo portino in sintonia con quanto vibra all'interno. Simile in questo all'acqua che si dilata e tende a unirsi con quanto lo circonda, comprendendo tutto in sé. Questo riflette l'antica idea dell'Unità e dell'inesistenza di ogni altro fuori di sé. La realtà esterna è illusione appunto perché si è incapaci di viverla come facente parte di sé stessi. Nell'assunzione positiva del mondo il senso del corpo si dilata e viene a comprendere nel suo ambito tutta la natura esterna e gli esseri che la popolano. Al limite la coscienza individuale si amplia fino a dissolversi in uno stato di coscienza cosmica che rappresenta la perfezione dell'Opera. E il Fuoco del Sole allo zenith provvede a fornirgli un aspetto attivo.
Facendo seguito al periodo estivo, l'Autunno avanza come un lento ripensamento. La fiamma della passione si riduce dando luogo ad un periodo di intensa riflessione, in cui il mondo esterno è filtrato attraverso lo schermo dei propri pensieri e si giudica quanto si è fatto. E' il 23 settembre, data dell'Equinozio d'Autunno o discendente e quarto pilastro dell'anno. La notte è ora di nuovo uguale al giorno, ma in forma diversa che in Primavera. La vita ora si ritira lentamente in se stessa e medita sul passato. Astrologicamente il Sole entra nella Bilancia (segno d'Aria), seguita dallo Scorpione e dal Sagittario. Nel giorno corrisponde all'ora del Tramonto, l'egizio Tum, in cui la luce si bilancia con l'oscurità e tende lentamente verso la morte. E' un'ora malinconica in cui i fantasmi passati risorgono e antiche e nuove idee affollano la mente, in cui si fa il bilancio sul proprio passato immediato e se ne tirano le somme. E' il periodo in cui si raccolgono i frutti e si semina il grano che nascerà nel nuovo anno. Esotericamente la luce dell'Essere si ritrae dall'esterno e tende a coagularsi nella propria origine spirituale, dando l'impressione come di una lenta morte che prende la natura interna ed esterna. E' in questo periodo che venivano praticati riti di astinenza e di purificazione, per liberarsi di tutto e iniziare il nuovo anno rinnovati interiormente. Di solito il periodo di astinenza precedeva immediatamente la data del Solstizio d'Inverno. La sera che va verso la notte è un'ora di purificazione in cui più forte deve splendere il Sole interno, ora non più oscurato dalla luce del giorno, e il crepuscolo fa da silenzioso ingresso. Ritualmente questo è il periodo dell'Aria: intelligenza e comprensione per quanto si è fatto e quanto si farà. La luce ora splende limpida nella propria mente e permette un giudizio obiettivo sui propri fatti e misfatti. Si può anche sorridere di sé, con paziente tolleranza, ma tutto ormai è dietro se stessi e va lasciato da parte.
E così torniamo verso l'inverno. Il cerchio zodiacale ha compiuto un nuovo giro e si appresta ad accendere i fuochi di quello che sarà l'inizio di un nuovo anno.

Nemo.

NOTE
1: I Solstizi, come gli Equinozi, corrispondono ad un particolare evento astronomico. Per convenzione si situano in alcuni giorni specifici sul calendario. amerò, a causa delle sei ore di scarto tra un anno e l'altro (la giurata di un anno è di 365 giorni e sei ore), si determina ogni quattro anni il giorno 29 di febbraio (anno bisestìle); di conseguenza la data in cui cadono i Solstizi e gli Equinozi non è sempre la stessa
ed in ogni caso l'orario differirà comunque dall'anno precedente.

2: Per esoterico, si intende l'insegnamento a una "conoscenza" (esoterica) che, per la sua particolare Natura e Forza, non è data alla portata di tutti. L'insegnamento tradizionale, dottrinario, che viene rivolto indistintamente, rispetto alla qualificazione del singolo, è chiamato essoterico;
l'insegnamento, che si rivolge a persone più qualificate ed in grado di essere sensibili e recettive verso alcuni messaggi, si dice esoterico. Vi è oltremodo da sottolineare che l'insegnamento esoterico non può essere compreso da colui che non ha già in sé le condizioni per il suo apprendimento.

martedì 7 settembre 2010

Si riparte dopo la pausa estiva



Durante il campo estivo abbiamo sostituito ai commenti,

alle analisi ed alle belle parole,
l'attività agricola, la formazione dottrinaria

e della sana attività escursionistica.
Momenti di una importanza capitale, un'oasi di ricreazione,

vita comunitaria.


Migliorando noi stessi, con la militanza ed il sacrificio,
migliorerà la Città, migliorerà lo Stato.
Come ieri a Sparta, oggi qui!


Sii come il promontorio, contro cui si infrangono incessantemente i flutti:

resta immobile, e intorno ad esso si placa il ribollire delle acque.
Marco Aurelio Antonino

sabato 7 agosto 2010

RicreAzione

Sospendiamo le attività di aggiornamento del Blog fino al 15 Agosto.

Come ogni anno, approfitteremo di questo periodo per rinvigorire lo spirito ed il corpo in contesti ricreativi e formativi.

Perchè si sappia: la militanza non va in vacanza!

Buone Vacanze

mercoledì 28 luglio 2010

Incise nella Pietra!



“La vita è un momento di passaggio,

un transito in cui l’uomo

deve svolgere la missione

affidatagli da Dio”.

Cicerone

li chiamarono... Briganti!

Una delegazione del CS Aurhelio è stata invitata all'inaugurazione del Santa marinella film festival, giorno nel quale è stato proiettato il film di Pasquale Squitieri "li chiamavano... Briganti!". Riteniamo doverosa la segnalazione per la funzione revisionista della pellicola relativa al processo di unificazione dello Stato nazionale, in occasione con l'anniversario dei 150 anni da tale evento. Molti si ostinano a giustificare il risorgimento in funzione della coincidenza con l'unità d'Italia. Al contrario ci pare doveroso sottolineare come già Julius Evola ebbe precisamente ad affermare che: «... il risorgimento non fu un movimento nazionale che per accidente; esso rientrò nei moti rivoluzionari determinatisi in tutto un gruppo di Stati in conseguenza dell'importazione delle idee della rivoluzione giacobina. Il '4...8 e il '49, ad esempio, ebbero un identico volto nei movimenti italiani e in quelli che si accesero a Praga, in Ungheria, in Germania, nella stessa Vienna asburgica, in base ad un'unica parola d'ordine. Qui si ebbero semplicemente tante colonne dell'avanzata di un unico fronte internazionale, comandato dall'ideologia liberaldemocratica e massonica, fronte che aveva anche i suoi dirigenti mascherati».

Piccola recensione a cura di Emmanuele

Pellicola non politicamente corretta, criticata a livello storico eppure il regista non fa altro che descrivere delle verità. Inviterei i critici cinematografici a leggersi la storia d'Italia prima di criticare un film di genere "storico" in quanto la storia portata sullo schermo è nè più nè meno che quella di Carmine Crocco, il più famoso e grande brigante post-unitario. Di inventato, a livello biografico e storico c'è pochissimo nel film di Squitieri. Dispiace ma certo non meraviglia che non abbia avuto maggiore fortuna per il tema e l'ottica con cui si guarda ai processi avvenuti in seguito all'unificazione italiana che ancora oggi suscitano facili e semplicistici giudizi. Da un punto di vista tecnico il film è essenziale e diretto, forse limitato proprio dall'essere troppo legato alle vicende di Crocco; però a livello culturale è una sorta di Balla coi lupi all'italiana, ci mostra un'altra angolazione di una vicenda storica ancora oggi scomoda, per questo dovrebbe essere visto e distribuito...[..]...

http://it.wikipedia.org/wiki/Li_chiamarono..._briganti!

martedì 20 luglio 2010

Raido: A Handbook of Traditional Living



Dopo l'edizione originale in Italiano e la traduzione in Tedesco, ora i Quaderni della Comunità Militante RAIDO sono tradotti anche in Inglese...

This book consists of two texts originally published by the Italian cultural organisation Raido, translated here for the first time: The World of Tradition and The Front of Tradition. The first is a comprehensive summary of the principal ideas of Julius Evola. The esoteric history of the world, the nature of the Primordial Tradition, and the crisis of the modern world are discussed. The second, while also steeped in the Evolian worldview, presents a more practical guide for living as a traditionalist. Guidelines for life as an individual living in detachment from modernity, as well as for developing and being a member of an organisation dedicated to the restoration of Tradition, are outlined. This book argues that ideology and strategy are not enough by themselves. The individual who desires a revolt against the modern world must first internalise and conduct all of one’s actions in accordance with the way of life of Tradition. Also included are methods for doing this.

Whether the reader is an Evolian, a traditionalist or is merely seeking a means for survival in a degraded age, this handbook will be inspiring to them all.

Translator’s Foreword
A Note from the Editor
From the Preface to the Second Italian Edition
Introduction

PART ONE: THE WORLD OF TRADITION
1. From the Origins to the Modern World
2. Tradition & the Sacred
3. Metaphysics
4. The States of Being: Archetype-Soul-Spirit-Body
5. Esotericism & Exotericism
6. Authority
7. Castes
8. Civilisation
9. Holy War: Vita est militia super terram
10. Decadence & Subversion
11. Initiation
12. Contemplation & Action
13. Law
14. Rite
15. Myth
16. Symbolism
Appendix I: The Symbolism of the Cross
Appendix II: The Symbolism of the Sun

PART TWO: THE FRONT OF TRADITION
1. Ignis Fatuus
2. Each in His Place
3. Interiorising the Doctrine
4. Beyond Ideology
5. Lifestyle
6. Firm Foundations
7. The New Man: Existential Guidelines for Members of an Operative Unit
8. A Fighting Vanguard
9. The Rectification of the Individual
10. Action
11. The Community
12. The Operative Unit
13. Before the Movement
14. The Future is Now

sabato 17 luglio 2010

Berardino Viola, di Diocleziano Giardini

Il brigantaggio nella Marsica e nel Cicolano.

Rapporti con il sanguinario Candido Vulpiani. La lotta contro il brigantaggio.


Berardo Viola (brigante) statura bassa, corporatura giusta, capelli castani, ciglia castane, occhi castani. Il brigantaggio, senza scendere nei minimi dettagli, ha avuto in Abruzzo due fasi: la prima sotto la dominazione spagnola nel XVI sec. , e la seconda negli anni dell'unità d'Italia nel XIX sec. L'Abruzzo era per sito geografico il più idoneo per il proliferare del brigantaggio, infatti il suo aspetto aspro e montuoso, il confinare direttamente con lo Stato Pontificio, permetteva più facilmente di passare da una parte all'altra a seconda delle situazioni.

I nostri cittadini sceglievano la strada del banditismo MicrosoftMicrosoft spinti dalle misere condizioni di vita in cui erano, e da motivi politici; avversavano chi li aveva liberati (i Piemontesi) e andavano a favore di chi da sempre li aveva oppressi (i Borboni ), quindi parteggiavano per la Restaurazione ed in questa aspirazione erano appoggiati dai fedeli borbonici e anche se non apertamente, dallo Stato Pontificio che preferiva i Borboni ai Piemontesi (che predicavano l'unità d'Italia, quindi la soppressione della Stato Pontificio). Gli storici hanno dato molte interpretazioni sui motivi e sui perché del brigantaggio, io mi fermo qui, e vi narro con l'aiuto dei documenti la storia di uno di questi innumerevoli briganti che operarono nel Cicolano e nella Marsica: Berardo Viola. Il personaggio del romanzo "Fontamara" di Ignazio Silone, Berardo Viola, altri non era che il nipote del brigante.

La madre di Berardo, nel romanzo parla di una antica maledizione della famiglia "Dio lo vuole brigante. E' il destino dei Viola". Tra i cafoni fontamaresi si udiva: "quello finirà come suo nonno, il famoso brigante Viola ", Quindi Berado Viola non è esistito soltanto nella fantasia dello scrittore pescinese, ma anche nella realtà Berardo Viola o Berardino Viola di Taglieti, nato il 24 novembre 1838 a Vallesecca al confine tra la Marsica e il Cicolano, dal Padre Angelo guardia doganale e dalla madre la filatrice Marianna Rossetti. Arruolatosi giovanissimo fra le guardie nazionali, mentre veniva effettuata un' azione di repressione a Fiamignano, dove il popolo si ribellava per la fame e per le ingiustizie, disertò e passò con i rivoltosi. Ebbe così inizio la carriera di brigante del nostro Berardino che fu talmente coinvolto nel nuovo "mestiere" che divenne in breve tempo uno dei "migliori". Nel 1862 uccise a coltellate il brigante Berardino Colombo, successivamente partecipò al saccheggio di Pagliara, egli stesso portò come trofeo del "trionfo" la testa di un guardiano di Vallecupola infilzata su di una rudimentale lancia. Nei mesi che seguirono instaurò un rapporto di "lavoro" con il sanguinario brigante Candido Vulpiani, il sodalizio portò a numerosi delitti e ruberie nel Cicalano, nel rovetano e nella Marsica. Ben presto però questo rapporto ebbe termine, il nostro Berardino infatti durante una delle molte liti con il Vulpiani lo ferì a morte.

Nel 1865 Berardo fu arrestato ma non fu giustiziato, perché era diventato il primo brigante-pentito. Il 26 febbraio 1866 risulta rinchiuso nel carcere di Tivoli, insieme al collega Micarelli Achille, così si legge in una richiesta di estradizione del Procuratore Generale della Corte di Appello dell'Aquila; qualche mese dopo, il 23 settembre 1866 la do- manda di estradizione viene respinta dallo Stato Pontificio. In un manifesto della Prefettura della Provincia dell'Abruzzo Ulteriore 2° (L'Aquila), il reggente G. Coffaro con data 26 novembre 1866, pubblica il risultato ottenuto nella lotta contro il brigantaggio, elencando i briganti arrestati, costituitisi ed anche i ricercati con le loro rispettive taglie; tra i nominativi vi è anche Viola Berardino, elencato tra i detenuti in attesa di processo. Con una lettera del18 maggio 1867, il Ministro dell'Interno, informa il Prefetto dell'Aquila che sul vaporetto "Conte Boniacchi" nel mese di aprile furono arrestati a Marsiglia, insieme ai capibanda Antonio Cozzolino detto Pilone, Carmine Maria Donatello detto Crocco e Berardino Viola, anche altri individui con passaporto pontificio col nome di Firico Domenico, Spera Giovanni, Satalmi Nicola, Pasca Antonio, Pizzoni Ferdinando, Piccirilli Luigi e Mazzero Giuseppe. Quindi se Berardino il 26 Febbraio 1866 risulta rinchiuso nel carcere di Tivoli e il 18 maggio 1867 si attesta che è stato arrestato in aprile, risulta evidente che era stato scarcerato oppure era evaso.

Nuove incursioni sanguinarie in Avezzano, Petrella Salto, nel Rovetano e nella Marsica segnano i periodi di libertà tra un'arresto ed una scarcerazione (o evasione). Viene nuovamente arrestato nel maggio del 1868 e in una lettera del 29 luglio che il Prefetto dell'Aquila invia al Ministero dell'Interno, Segretariato generale di Firenze, così si legge, insieme al numero dei componenti della banda Viola (n06 elementi) e alla descrizione dei connotati del capo banda Berardino Viola: età 29, statura bassa, corporatura giusta, capelli castani, ciglia castane, occhi castani. Nella lettera di risposta del 23 agosto 1868, il ministro comunica che il "Viola travasi presentemente detenuto, per imputazione di brigantaggio, nelle carceri delle terme di Diocleziano; degli altri due Crocco e Pilone, si sa solamente che travasi nel Pontificio. Il Governo si sta adoperando per ottenere l'estradizione; ma ha motivo di dubitare dell'esito favorevole delle sue pratiche, almeno per ora, non avendosi diritto di domandarla altrimenti che nelle vie ufficiali, giacché i tre capi-banda predetti vengono considerati quali compromessi politici". La lettera conclude con le disposizioni da adottare ai confini del Regno con lo Stato Pontificio per poter arrestare i briganti in caso di ingresso. Il sottoprefetto di Cittaducale con una lettera al Prefetto dell'Aquila del 23. 11. 1868 informa che come dalla acclusa lettera del sindaco di Petrella Salto, il famigerato capo banda Viola, attualmente carcerato in Roma chiederebbe di costituirsi alle nostre autorità. Nella risposta il Prefetto accoglie la richiesta a livello personale, ma non garantisce ere venga accatta a livello costituzionale però si impegna a concedergli un salvacondotto fino al processo e successivamente redigerà un rapporto al Governo chiedendo clemenza sovrana per il Viola; ma Berardo forse non persuaso dalla risposta.

Il 6 marzo 1869, insieme ad Antonio Cozzolino detto Pilone fugge dal carcere di Roma, ne!la lettera il Prefetto di Napoli ai Prefetti dell'Aquila , Grosseto, Perugia, ai Sottoprefetti di Avezzano e Cittaducale informa che Viola durante la fuga rimase ferito. Rapine, omicidi, angherie, assalti segnano questa fuga. Viene nuovamente arrestato e incarcerato nello Stato Pontificio il 30 marzo 1869, il suo amico Pilone riesce a fuggire anche se con una gamba rotta. Tra smentite, affermazioni e visioni del Viola, si sa per certo che fino alla fine dell'anno 1869 e 1870 è rinchiuso nel carcere Pontificio di Palermo. In questo anno si perdono le tracce di Berardino Viola nei documenti ufficiali. Si entra così nella storia scritta, nelle notizie degli storici e tutto è facilmente opinabile.

Di certo posso inoltre affermare che Berardino Viola è stato e rimarrà un brigante "Buono" (anche se in alcune circostanze è stato truce e barbaro, era il "mestiere" o le "compagnie"). Dalla sua prima apparizione (quale disertore) aiuta il popolo contro l'oppressore, i tiranni e di questo gliene saranno sempre riconoscenti (nascondendolo e aiutandolo).

Qundi un brigante del popolo o dal popolo. Egli nelle sue scorribande e ruberie, amava firmare i propri "lavori" con un fiore "la viola" e un santina con l'effige di S. Berardo (Viola Berardo). Ed è così che lo lascio ricordare: Brigante - morte e distruzione la viola - morte e natura santina - pentimento e voglia di cambiare vita.

BIBLIOGRAFIA
1) Archivio di Stato dell'Aquila-atti del Gabinetto varie Buste e vari Fascicoli, sul Brigantaggio.
2) Archivio Diocleziano Giardini Pescina-Cartella n° 5 e vari fascicoli sul brigante Berardo Viola.
3) L. Braccili-storie di briganti abrurzesi- Ed.M. Ferri-AQ-1983.
4) Ignazio Silone-Fontamara-Ed. Rizzoli Bur-Maggio 1989.
5) Come eravamo - 180011900 - Il Centro - fascicoli supplemento.

Tratto da RADAR ABRUZZO


Fulvio D'Amore

Il libro di Fulvio D’Amore, che segue una estesa letteratura sull’argomento “brigantaggio”, giunge in un momento storico in cui l’autore riesce ad individuare con una linea di interpretazione “forte” una più profonda verità su vicende già largamente note. Gli avvenimenti sono pressoché sconosciuti e rievocano, con dovizia di particolari inediti, le imprese memorabili di Berardino Viola, massimo rappresentante di quel ribellismo postunitario che la storia dei vincitori condannò alla criminalizzazione.

Brossura, pag. 254

Stampato da Controcorrente

ordina su www.raido.it

venerdì 2 luglio 2010

Obiettivo raggiunto! Progetto GCG>Quota30

La famigerata quota 30 per regalare un mese di mare
ai ragazzi di Grande Casa Gialla è stata raggiunta e superata!

Un atto concreto che segue la lodevole iniziativa messa in campo recentemente dal Centro Studi Aurhelio e culminata nella conferenza “Gioventù da bruciare?” svoltasi a Palazzo del Pincio.
Siamo certi che non sarà la prima, né l’ultima delle iniziative che saranno assunte per riaffermare il mai abbastanza ricordato motto: ESSERE ESEMPIO! Oggi quanto mai necessario, per la formazione di Sé, unico metodo che conosciamo per trasmettere i valori della Tradizione.

martedì 22 giugno 2010

Un mese di mare ai ragazzi di Grande Casa Gialla

GCG Mare >Quota30
Progetto per regalare un mese di mare ai ragazzi di Grande Casa Gialla, VT


La “Grande Casa Gialla” è una struttura, in provincia di viterbo, che ospita ragazzi che necessitano di un collocamento alternativo alla famiglia, almeno in una fase della loro vita.

Si tratta di Minori che rientrano in progetti alternativi alla detenzione carceraria, minori vittime di abusi e minori che hanno ottenuto l’asilo per la precaria e pericolosa situazione nei loro paesi di origine o minori stranieri non accompagnati.

L’equipe si occupa dell’analisi e soluzione delle loro più elementari necessità oltre a quelle più complesse, come il disagio psicologico, reperimento documenti e avviamento al lavoro.
I ragazzi frequentano regolarmente la scuola, studiano, praticano sport e, visto che se lo sono meritati, si vuole mandarli un mese al mare. Tale volontà purtroppo può rimanere tale, vista la mancanza di fondi. Il Centro Studi Aurhelio, sulla scia dell’attività inaugurata con il convegno su droga e disagio giovanile, passa concretamente all’azione, promuovendo il progetto GCG Mare>Quota30.
L’iniziativa consiste nel trovare, minimo, 30 sottoscrittori per una quota di 10 euro cadauna, il cui totale garantirà ai ragazzi un mese di mare presso uno stabilimento balneare a Marina Velca che ha fornito già un grosso contributo per assicurare il minimo necessario (sdraio, lettini e ombrellone).

Per ognuno di noi sarà un piccolo sforzo, ma il risultato potrà essere grande.
Trasmettere l’idea che si ottengono i frutti solo con l’impegno ed il sacrificio.

Centro Studi Aurhelio – idee che diventano azioni
Contatti: cst.aurhelio@gmail.com

Chi volesse sostenere direttamente il progetto GCG Mare>Quota30, può farlo senza passare da noi, attraverso un bonifico intestato a

Coop Sociale Macchia Nera, via salara, 6e, 01016 Tarquinia
Causale: GCG Mare-Quota30
Banca della Tuscia
Filiale di Monte Romano (Vt)
Iban: IT23T0706773170000000020392

Centro Studi Aurhelio

GCG Mare>Quota30
Progetto per regalare un mese di mare ai ragazzi di Grande Casa Gialla, VT

Dal 21 al 29 giugno,
Contattando il Centro Studi Aurhelio
o direttamente sul CCB di Grande Casa Gialla

venerdì 21 maggio 2010

Convegno a Civitavecchia


Gioventù da bruciare?

Spunti per la riflessione su droga e disagio giovanile.

Civitavecchia 28 Maggio 2010, Aula Calamatta, ore 17,30

Intervengono

L’Assessore allo sport e alle problematiche giovanili
del Comune di Civitavecchia Dott.ssa Fulvia Fanciulli

L’Assessore ai servizi sociali
del Comune di CivitavecchiaDott.ssa Chiara Guidoni

Dott Mario Tuti,
Operatore Volontario Comunità Mondo Nuovo,
esperto in Agricoltura Sociale
Con un intervento su “Quale futuro per i nostri giovani?”

Dott. Cesare Foschi,
Educatore e responsabile di struttura.
Con un intervento su "la banalità del tutto, fondamenti di disagio".

Modererà Robert Vignola Capo ufficio stampa del Comune di Civitavecchia

Introduzione del Presidente del Centro Studi Aurhelio

Sono invitati a partecipare gli operatori della politica, del volontariato,
dell'informazione e delle istituzioni.