martedì 26 giugno 2012

Finalmente lo studio grafico parte con le produzioni!

Le nuove maglie del Centro Studi Aurhelio


Gladio Roma


Sparta

lunedì 25 giugno 2012

L'estate all'ombra di Aurhelio

Anche in estate il Centro Studi Aurhelio, manterrà i turni di apertura inalterati. Il martedì e il giovedì dalle 10.30 alle 12,30 e il mercoledì ed il venerdì dalle 17,30 alle 19,30. Inoltre, in qulache sera d'estate, sarà possibile fare due passi e trovarlo aperto. Il Centro Studi Aurhelio sostiene la cultura tradizionale in tutte le sue forme. Biblioteca, Videoteca, Grafica, Conferenze, Formazione. Da poco in Via della Libertà 22 a Santa Marinella, non è "un presidio avulso dalla realtà ma un centro vivo e penetrante segno della Tradizione che si è destata!"


domenica 10 giugno 2012

Terremoto Emilia, Punto Raccolta - Santa Severa

Continua, in coincidenza con il consiglio comunale aperto sul castello di Santa Severa, l’impegno da parte del Centro Studi Aurhelio, per le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia. Il punto di raccolta per i beni di prima necessità è organizzato, in collaborazione con la Protezione Civile di Santa Marinella, proprio presso il Castello 18 alle 20. I cittadini potranno così adempiere con un solo viaggio, a partecipazione e solidarietà.

mercoledì 6 giugno 2012

Riflessioni - Personalismo del mondo moderno


“Non più tradizioni, non più categorie: solo persone!“ E’ con questa cruda constatazione che Gustave Thibon, inizia la riflessione nella sua opera "Diagnosi" quando parla del personalismo dilagante del mondo moderno. 

La persona è oggi il cardine di tutto. Si sposa, per esempio, la persona che piace, senza tenerne minimamente conto l'ambiente o la posizione; un regime politico s'incarna in un uomo e muore con lui, ecc. Tutto questo, avverte Thibon, porta al tramonto di tutte le grandi continuità sociali, all'instabilità universale. “La persona umana non è un assoluto. Un tempo si amavano gli uomini attraverso le istituzioni: il matrimonio aveva maggior peso, nell'anima di una sposa, della persona di suo marito; si tollerava il re per rispetto alla monarchia, ecc. 

Attualmente si sopportano le istituzioni solo attraverso una persona idolatra; si considerano le categorie come cose astratte e morte.” Ma afferma Thibon, le cose sono diventate tali a misura che aumentava il culto della persona. Impersonale non è necessariamente sinonimo di morto e di astratto; ciò che non è persona può essere altrettanto concreto e vivente. Gustave Thibon lancia un campanello d'allarme verso la tendenza moderna che vorrebbe respingere come puramente artificiale e decorativo tutto ciò che non è personale.

Sacrificare le persone alle categorie non è un bene, sacrificare le categorie alle persone però è anche peggio: da una parte si provoca sterilità dall'altra putrefazione. Ancora qualche progresso di questa religione della persona, avverte Thibon, e non avremo più "buone casate", né patria, né spirito di corpo o di casta - non avremo più radici nel tempo e nello spazio. “Non si va molto lontano nelle nostre rivendicazioni in favore della persona umana: essa è relativa, effimera, deludente e gonfia spesso dell'impersonale più vano. Noi non crediamo che al personalismo divino.” 

Il primato della persona spinto all'esagerazione, scrive Thibon, porta con sé un altro pericolo capitale: i realisti che non amano la monarchia che attraverso il volto di un principe che li ha sedotti, dei cattolici che legano la fede nell'autorità pontificia, a una specie di culto infantile della persona del papa, popoli interi sollevati da ridicolo entusiasmo per un dittatore... Insomma, le cose più universali sono divenute "questioni di persone", "affari privati". “

Le istituzioni oggi non si giustificano agli occhi delle folle che attraverso il genio o il magnetismo di qualche individuo. Tale esigenza porta con sé due conseguenze rovinose: impone ai disgraziati sostenitori dell'intero peso delle istituzioni un grado di tensione e di attività inumano, e, allo stesso tempo, lega la sorte delle istituzioni a miserabili casi individuali”. Antropocentrismo pietoso dunque, che confonde il canale con la sorgente e che tende a fare della persona umana il sostegno assoluto di ciò che passa attraverso l'uomo e riposa in realtà su Dio solo.

venerdì 1 giugno 2012

ELOGIO DI DON IVAN

In questi giorni in cui la Chiesa cattolica fa notizia solo per le sue guerre interne di potere, per l’attaccamento spasmodico ai suoi privilegi, per i loschi affari condotti con i peggiori faccendieri, per le bugie e per le renitenze su ca...si giudiziari che la vedono stranamente coinvolta, si staglia immensamente al di sopra di tali bassure la figura di don Ivan Martini, il parroco di Rovereto (MO), morto nella sua chiesa di S. Caterina, colpito da una trave crollata durante l’ultimo terremoto. Don Ivan è morto per salvare una statua della Madonna particolarmente cara ai suoi parrocchiani. Forse molti non saranno d’accordo, ma questa morte è per me più “santa” di una morte avvenuta per salvare un altro essere umano. Salvare un uomo in pericolo (ancor più se un vecchio una donna un bambino) , è nell’istinto di ogni essere umano non totalmente abbrutito, ma rischiare la vita per un simbolo non è più cosa né degli uomini né dei preti (tanto più che di uomini veri tra loro non ce ne è quasi più) di oggi (io lo vedo un don Gallo che salva un bambino e poi fa piangere Fabio Fazio di commozione, ma non lo vedo che s’affanna neppure per salvare il calice delle ostie consacrate). E don Ivan non è neanche morto per una Madonna che fosse un’opera d’arte (ricordo la mia insegnante di lettere del biennio del liceo, la quale ci diceva che un uomo aveva il dovere di sacrificare la sua vita per salvare una Gioconda o un David), ma per una semplice immagine di parrocchia paesana, carica però della fede, delle preghiere, delle attese dei suoi fedeli. Don Ivan è morto come quei soldati che non vogliono far cadere la bandiera in mano al nemico (il terremoto, in questo caso). E una bandiera cos’è, se non un un’idea materializzata e consacrata da una credenza? Quanti italiani sono disposti a morire per una bandiera nel Paese di capitan Schettino? Don Ivan lo ha fatto, e forse questa volta è il caso veramente di gridare: “SANTO SUBITO!”.