martedì 15 dicembre 2009

Siamo lieti di segnalare che presso:
la Cartolibreria "De Pasquale" Via Aurelia Santa Marinella
Edicola Terminal Autostrade del Mare - Porto di Civitavecchia
Sono presenti i libri ed i DVD della cultura tradizionale e i testi della cultura non conforme.

Gli autori : Evola, Guenon, Sermonti, De Giorgio, Mishima, Romualdi etc.
Le case editrici: Raido, Il Cinabro, EffeDiEffe, Sentinella d’Italia, Ritter, Trecento,
Ritterkreuz, S.E.B., L’Uomo Libero etc.

Finalmente a Civitavecchia e a Santa Marinella due nuovi spazi liberi,
contro la palude della cultura moderna.
Il Valore del Dono - Il Richiamo della Tradizione
Un granaio spirituale in servizio permanente effettivo
Un servizio a cura di Aurhelio

Sol Invictus [Recensione conferenza]

Ormai e’ appuntamento fisso, quello con Mario Polia da Raido nel periodo natalizio. E come tutti gli anni, ormai, vede un’affluenza davvero imponente. Almeno un centinaio i presenti sabato scorso.“Repetita iuvant” dicevano i nostri padri, così è opportuno ripetere per fissare meglio e, speriamo, interiorizzare quei significati di precisi eventi cosmici che hanno precise valenze simboliche e metafisiche che oggi si sono ormai quasi del tutto perdute. In periodo prenatalizio il tema della conferenza ha trattato l’autentico significato del Solstizio d’inverno e delle sue implicazioni a livello cosmico. Parla Mario Polia, per cui ormai nemmeno perdiamo più il tempo delle presentazioni. Con un intervento conciso ed esauriente ha saputo catturare l’attenzione di tutte le persone presenti in sala, talmente piena che dopo un po’ non è sarebbe stato più possibile far entrare altra gente. Si è espresso il significato del Solstizio: la rinascita luminosa di forze positive sopite che soggiogano quelle tenebrose ed infere, così come il Sole in questo giorno così critico risorge dopo aver sfiorato il punto più basso dell’eclittica e sembrando ormai quasi completamente avvolto dalle tenebre e come ancora Mithra sempre in questa data, sconfigge il toro, simbolo di energie basse ed infere.Quindi Solstizio d’Inverno come un momento di profonda introspezione in cui, identificate le nostre fallacità, ci si dovrebbe ripromettere di correggerle nell’anno che seguirà intraprendendo una via di continuo miglioramento verso un nuovo e continuo morire e risorgere. Partendo quindi dalla tradizione mithraica e passando per le varie tradizioni arie manifestatesi nella storia, si è arrivati a parlare dell’approccio al giorno di Natale delle popolazioni contadine del centro Italia che, seppur in periodo di decadenza quasi totale, vivono ancora questo momento in maniera semplice e positiva perché rimasti fedeli alle consuetudini trasmessegli dagli avi, ricordati come esempi e punti di riferimento. Così, l’augurio dello stesso Polia di poter diventare anche noi un giorno, attraverso le nostre azioni virtuose, degli esempi da monito per le generazioni future; di soggiogare qualsiasi forma di “ybris” e titanismo, sconfiggendo quel toro che ancora dentro di noi fortemente scalpita.
Per non rompere l’intensa atmosfera creata dal relatore e dalle sue parole, esaustive, evocative ed energiche, c’e’ spazio per una domanda, che non spezza comunque la magia del momento.
La cena, organizzata dalle ragazze di Raido e che vede un’affluenza di settimana in settimana sempre maggiore, contribuisce a creare un bel clima comunitario che si protrae fino a sera inoltrata.
Ci si vede tutti alla festa, presso i locali dell’associazione, giovedì 23 dicembre, con la musica dal vivo degli NSP, di Fabian degli Imperium e di Mario degli Hobbit.

giovedì 10 dicembre 2009

IL "NATALIS SOLIS INVICTI"

Se non si conosce il retaggio spirituale che mosse alcune antiche tradizioni, è difficile che si riesca ad individuare il vero significato del NATALE. Per molti, anche se non tutti, sarà una sorpresa leggere quanto d’appresso si troverà scritto, ma è la realtà. Il Natale, da alcuni secoli a questa parte, viene celebrato come una festività che si rifà alla nascita del Cristo. E’ in uso, pressochè in tutto l’occidente cristianizzato, celebrare questa ricorrenza con simbolismi quale il presepe o l’albero di natale. Chi oggi abbia la convinzione che il Natale (come comunemente viene inteso) tragga le sue radici dall’avvenuta nascita del Cristo commette un grosso sbaglio, perché le cose stanno diversamente. Infatti se si andasse a ricercare l’origine di alcune feste religiose ci si accorgerebbe come molte di queste siano state soppiantate dal culto cristiano, che ne ha fatto l’uso e lo abuso che glien’è parso. Anche la “festa di Natale” rientra nel contesto di questa logica. Il Natale e l’Anno Nuovo sono residui di un mondo spirituale dimenticato e forse sconosciuto; sono delle testimonianze di una concezione “primordiale” dell’Universo e dell’Esistenza, che non hanno nulla a che vedere con la nascita del Bambino Gesù che, pur tuttavia, era e rimane una ricorrenza propria di una specifica tradizione che è appunto quella cristiana. Oggi come oggi il Natale e il Capodanno rappresentano due differenti ricorrenze di cui la prima viene festeggiata il 25 Dicembre, l’altra il 1° Gennaio.Nel passato le due date coincidevano, perché il Natale traeva origine dal “NATALIS SOLIS INVICTI” (Nascita del sole invincibile). Data questa, appunto, che ricorreva il 21 Dicembre (SOLSTIZIO D’INVERNO), che astronomicamente corrisponde al momento in cui il sole tocca il punto più basso dell’eclittica (cioè dell’ellisse che la terra compie girando attorno al sole), poi ricomincia la fase ascendente. Il giorno in cui ciò accade è il più corto dell’anno e si ha quasi l’impressione che questo “sole” tramonti, sprofondi quasi per non riapparire più; ma ecco che subito dopo, quasi per incanto, esso si rialza nel cielo a risplendere di nuovo chiarore…è un nuovo anno, un nuovo ciclo che comincia. Spesso nell’antichità all’idea del nuovo anno, del sole intramontabile si associava il simbolismo dell’albero sempre verde o albero della vita ed era in uso presso molti popoli nordici l’accensione di candele sopra l’albero proprio il giorno in cui cadeva il Solstizio. Ciò sottolineava appunto il carattere di rinascita di luce che aveva tale evento. L’odierno albero natalizio non è altro che una reminiscenza di tale significato.Avendo ricordato tutto ciò bisogna aggiungere una cosa assai importante: “tutti coloro che nell’antichità celebravano tali eventi non erano né adoratori del sole, ne selvaggi atterriti dall’idea che il sole non potesse risorgere. Queste sono solo incomprensioni di una certa storia delle religioni.In realtà essi ritualizzavano i fenomeni e le forze della natura nella misura in cui questi venivano intesi come manifestazioni del Divino e nell’insieme dei suoi aspetti – sole, anno, luce, elementi, ecc. – rimandavano ad un ordine superiore”. Ma queste storie per il “moderno” così preso e infaccendato da problemi importanti come il computer, lo stadio, le discoteche e le macchine riescono solo a fargli cogliere il lato curioso della faccenda… il resto passa nel dimenticatoio.

Tratto da Sioux- Bollettino interno al C.S. Heliodromos - n.8 (21/12/85)

lunedì 7 dicembre 2009

Siamo lieti di segnalare che presso la “Galleria del Libro” di Civitavecchia in Via Traiana,
sono presenti i libri della cultura tradizionale e i testi della cultura non conforme.


Gli autori presenti sono: Evola, Guenon, Sermonti, De Giorgio, Mishima, Romualdi etc. e
Le case editrici: Raido, Il Cinabro, EffeDiEffe, Sentinella d’Italia, Ritter, Trecento,
Ritterkreuz, S.E.B., L’Uomo Libero etc.


Finalmente a Civitavecchia uno spazio libero,
contro la palude della cultura moderna.

Il Valore del Dono - Il Richiamo della Tradizione
Quest’anno per natale scegli i libri di Raido.
Un granaio spirituale in servizio permanente effettivo

Un servizio a cura del Cuib Femminile di Raido

martedì 24 novembre 2009

CONTRORISORGIMENTO

Risorgimento: moto di unificazione nazionale, rivoluzione mancata o guerra civile?

Questo studio, basandosi su fonti di archivio e pubblicazioni dell’epoca, prende in esame, nel territorio corrispondente all’attuale provincia di Massa Carrara, gli eventi e le condizioni sociali successive alla presa di potere sabauda del 1859.
Il quadro che emerge si dimostra da subito complesso ed articolato evidenziando una situazione sociale e politica ben lontana dalla collettiva sollevazione popolare filounitaria spesso narrata. E’ presente, infatti, una reazione filoestense, determinata da scelte e comportamenti individuali e collettivi, che assume i tratti tipici di un movimento di resistenza e di un fenomeno di volontariato militare.
L’inquadramento di tali eventi all’interno del dibattito storiografico nazionale porta l’autore a formulare e rispondere ad un chiaro interrogativo: il Risorgimento fu moto di unificazione nazionale, rivoluzione mancata o guerra civile?

Nicola Guerra

Nato a Massa (Ms) nel 1969, laureato in Economia e Commercio presso l’Università di Pisa con una tesi sull’emigrazione italiana, ha pubblicato una importante monografia (Partir Bisogna. Storie e momenti dell’emigrazione apuana e lunigianese, 2001) e numerosi articoli sul fenomeno migratorio nazionale e locale. Attualmente è dottorando di ricerca presso l’Università di Turku (Finlandia) dove si occupa di studi sul volontariato militare italiano.



Controrisorgimento di Nicola Guerra, Eclettica Edizioni,
richiedilo a http://www.raido.it/

venerdì 30 ottobre 2009

domenica 25 ottobre 2009

Finalmente a Santa Marinella

Finalmente disponibile presso la Cartolibreria De Pasquale a Santa Marinella

LA FANDONIA EVOLUZIONISTA di Rutilio Sermonti


seconda edizione aggiornata e ampliata, Edizioni Comunitarie, Pagg. 128, Euro 8.00.

Edizione stampata sotto l’egida delle EDIZIONI COMUNITARIE
Raido - Roma, Foro 753 - Roma, Fons Perennis - Roma, Lorien - Monza, Circolo Castaneda - Milano, Memento Naturae - Roma, Furor - Catanzaro
Copertina 4riot@libero.it - Impaginazione raido.it Finito di Stampare nell’Agosto 2009 - Stampato in proprio

venerdì 2 ottobre 2009

CONTROBANDA

Avanti, sempre avanti, contro tutto e contro tutti...

L'immoralista

Vi piace tanto questo vostro
piccolo mondo
di uomini da nulla,
con le sue moraline da gregge,
i vanti effimeri
e tutti i suoi splendori artificiali...
Se anche foste capaci,
prima che v'impazzisca fra le mani,
di farlo grande quanto il globo intero,
resterebbe
sempre soltanto l'orma infame
del vostro nulla plebeo,
imperitura immagine e sberleffo
di voi
e della vostra falsa ribellione.


Ogerius
http://controbanda.blog.excite.it

domenica 27 settembre 2009

Novità librarie

Ezra Pound e la Repubblica Sociale Italiana


Antonio Pantano


L'Autore ci offre uno spaccato di ciò che fu la Repubblica Sociale, partendo da due personaggi: Ezra Pound, il Poeta, e Edoardo Pantano, il Padre. Entrambi viventi, agenti, pensanti, operanti sul territorio di quella e per quella Repubblica, in una solida comunione di intenti, di opera, di collaborazione. Perchè Pound e Pantano, anche se mai si incontrarono, furono ideali amici, camerati, legati da comune ideale.Il punto di collegamento fu "L'Idea Sociale. Giornale dei lavoratori" che Edoardo Pantano volle e diresse. Identità di Ideali, identità di fede. Perchè Pound ebbe una sola fede politica. Questa precedette in premonizione gli orientamenti, la formazione dottrinaria, il pensiero, l'inquadramento di ordine sociale, la speranza orientata moralmente, gli entusiasmi concretati nella prassi edificante della realizzazione in uno Stato irripetibile: il Fascismo ed essenzialmente quello della Repubblica Sociale Italiana.


Brossura 17 x 24 cm. pag. 174 - Stampato nel 2009 da Pagine, euro 16.00




Socialismo Fascista


Pierre Drieu La Rochelle


Destra e sinistra sono legate fra loro, sono gli ingranaggi di uno stesso meccanismo: l'una ha bisogno dell'altra ed entrambe hanno bisogno di ciò che rispettivamente combattono. Questo l'asse intorno a cui ruota Socialismo fascista. Libro che i contemporanei aggrediscono dal momento che hanno deciso si tratti di un breviario di certezze, ha scritto di esso Julien Benda. In effetti, poche opere hanno ottenuto tanto successo (cinque edizioni in due mesi) ed hanno suscitato allostesso tempo tanta irritazione in tutti i settori della politica ufficiale. Nulla di strano: i più "non si preocupano di capire, vogliono essere salvati". E Drieu vuole che si salvino, tutta la sua vita è stata una lotta contro la morte dell'uomo e dell'Europa, ma crede che la salvezza debba essere conquistata e non ricevuta in dono. Per conquistarla bisogna capire il meccanismo del sistema politico che ci minaccia poichè, solo ciò potrà permettere di trovare l'alternativa al potere che esso esprime. Quale sia questa alternativa e quanto sia vana e fuorviante la speranza in una dittatura è il tema di Socialismo Fascista, libro di transizione, testimonianza di una scelta che fa di esso e di tutta l'opera di Drieu un documento politico ed umano eccezionale, reso drammatico dall'epilogo di una esistenza vissuta in perfetta coerenza con quello che per Drieu era il dovere dell'intellettuale: andare al di là del contingente, tentare cammini rischiosi, percorrere tutte le strade possibili della storia.

Brossura 13,5 x 21,5 cm. pag. 236 - Stampato nel 2009 da Edizioni Ritter, euro 20,00


Il libro verrà con tutta probabilità presentato il prossimo 24 Ottobre presso la libreria Raido, da Maurizio Rossi che ha realizzato la prefazione della nuova edizione riveduta e corretta.


Ordina su http://www.raido.it/ o richiedi direttamente ad aurhelio a cst.aurhelio@gmail.it

venerdì 4 settembre 2009

LA FANDONIA EVOLUZIONISTA

Finalmente disponibile
LA FANDONIA EVOLUZIONISTA
di Rutilio Sermonti

seconda edizione aggiornata e ampliata,
Edizioni Comunitarie, Pagg. 128, Euro 8.00,

ordina subito la tua copia su
oppure chiedilo ad Aurhelio
cst.aurhelio@gmail.com

Edizione stampata sotto l’egida delle
EDIZIONI COMUNITARIE
Raido - Roma, Foro 753 - Roma, Fons Perennis - Roma, Lorien - Monza,
Circolo Castaneda - Milano, Memento Naturae - Roma, Furor - Catanzaro

Copertina 4riot@libero.it - Impaginazione raido.it
Finito di Stampare nell’Agosto 2009 - Stampato in proprio


PREFAZIONE

"Quando mi capita di sfogliare l'Origine delle specie di Darwin, mi ricordo sempre di un vecchio ritornello per bimbi: con poca spesa nutro mio figlio con il mio latte". Solo i fanciulli si possono soddisfare con la teoria darwiniana. "Se si considerano seriamente le relazioni naturali fra gli esseri viventi l'inconsistenza della teoria darwiniana diventa evidente", così scriveva il padre dell'etologia Jakob Von Uexkküll (L'immortale Spirito della natura, Laterza Bari 1947, pp. 22-3). E continua domandandosi se non sia puerile, di fronte a certi affascinanti fenomeni della natura, "voler ricondurre tutto alla lotta per l'esistenza e alla selezione naturale del più adatto" ( ivi, pp. 23-4). In effetti il darwinismo, e poi il neodarwinismo, costituiscono spiegazioni della natura di tipo riduzionista, legate a quel tipo di pensiero molto grezzo e primitivista basato sulla formula "niente altro che" ritenendo realistico basare tutto il divenire dei viventi sul cieco gioco del "caso" (le mutazioni genetiche) e della necessità (la selezione naturale). Come osserva anche Rutilio Sermonti, in questo denso libro, ricco di spunti di riflessione, il darwinismo si è trasformato nel "mito" evoluzionista. Non si tratta di una semplice teoria scientifica, ma di un dogma "religioso" che impedisce ogni sereno dibattito. E' una religione secolare, in molti casi anche una parodia della religione, basata sulla divinizzazione di entità come il tempo e la selezione, a cui viene attribuita una capacità di tipo creativo che agisce su una materia bruta in balia ad eventi puramente casuali. Il darwinismo è diventato un paradigma onnipervasivo una vera e propria concezione del mondo totalizzante e totalitaria, ma anche intollerante e nemica di quella libertà creativa che dovrebbe contraddistinguere la vera scienza. Nessun progetto, nessun disegno intelligente, nessuna forma o legge regolativa trova posto in questo orizzonte di tipo meccanicista. Suoi corollari sono l'utilitarismo (si dice appunto che la selezione è opportunista), il progressismo nelle sue forme più grossolane, nutrite di un ottimismo spicciolo e ingenuo, il competizionismo sfrenato, l'individualismo. Non a caso si tratta dei principali caratteri che connotano la società moderna: il darwinismo, infatti, è figlio della modernità che, a sua volta, ne costituisce il motore ideologico principale, il più vigoroso e brutale. Ritornando al tempo in cui visse Darwin, ricordiamo che l'accettazione generalizzata e repentina di nuove idee spesso dipende dalla influenza di fattori non-scientifici, di natura sociale, psicologica e filosofica. Così avvenne anche per la diffusione delle idee di Darwin. Tre sono i punti di corrispondenza da evidenziare, come osserva Michael Denton (Evolution: A Theory in Crisis, Adler & Adler, Bethesda 1986, p.70): "Il concetto di gradualismo e di continuità, che permeano il darwinismo, erano in perfetto accordo con la concezione Vittoriana caratterizzata da un moderato conservatorismo sociale, nemico di ogni sconvolgimento e di ogni cambiamento troppo repentino; "La certezza che permea tutto il pensiero di Darwin circa il progresso del mondo vivente, da forme meno perfette verso forme più perfette, ben si accordava con l'ottimismo progressista del XIX secolo;
"L'importanza attribuita alla selezione era in piena sintonia con la concezione competitiva legata alla religione del "libero mercato" preminente in Inghilterra. Oggi, come effetto del lungo e costante lavoro di intossicazione delle coscienze operato dal darwinismo e poi dal neodarwinismo, perfino l'etica viene considerata da molti come figlia del tempo: non esiste alcun valore eterno, alcun principio atemporale, ma solo una morale "in perenne evoluzione".
Ecco quindi l'importanza, specie per i giovani, di testi come questo che, con la loro efficace ruvidezza, intendono scuotere le coscienze e ridare il gusto della libertà e della autonomia, al di fuori di schemi obsoleti e mistificanti. Non si tratta di una lotta di poco conto: è in gioco lo stesso concetto di civiltà e il senso da attribuire alla nostra esistenza, che non può essere offuscato da una teoria pseudoscientifica. Infatti, come ha scritto il grande antropologo tedesco Arnold Gehlen, "Il bisogno, avvertito da chi riflette, di interpretare la propria esistenza umana non è un bisogno meramente teorico. Secondo le decisioni implicite in tale interpretazione, si rendono visibili o invece si occultano determinati compiti. Che l'uomo si concepisca come creatura di Dio oppure come scimmia arrivata implica una netta differenza nel suo atteggiamento verso i fatti della realtà: nei due casi si obbedirà a imperativi in sé diversissimi" (Arnod Gehlen, L'Uomo -La sua natura e il suo posto nel mondo, Feltrinelli, Milano 1983, p.35). E a sua volta San Tommaso affermava che «gli errori riguardanti le creature sfociano in false concezioni di Dio» (San Tommaso d'Aquino, Summa contra gentiles, II,3).

Giovanni Monastra

INDICE

Prefazione di Giovanni Monastra
Introduzione
1 - Nascita dell’evoluzionismo
2 - Secolo XIX: evviva l’evoluzione
3 - Secolo XX: salvate l’evoluzione
4 - Teoria “sintetica” dell’evoluzione
5 -Pitecantropi e gesuiti
6 - Ancora sull’uomo-scimmia
7 - Qualche altro esempio
8 - Evoluzionismo: quale?
9 - Di nuovo a corto di meccanismo
10 - Al punto di partenza
Qualche conclusione
Bibliografia
Glossario
Bibliografia Rutilio Sermonti

domenica 12 luglio 2009

Ogni giorno una battaglia.....

E' finalmente in dirittura d'arrivo la nuova edizione riveduta e corretta del saggio, di Rutilio Sermonti, "La Fandonia Evoluzionista".
Un testo che, uscito nel 1985 per i tipi delle Edizioni Il Cinabro, dopo diverse vicissitudini viene edito sotto l'egida delle edizioni comunitarie.
Completamente riveduto, corretto, aggiornato, rappresenta una leva per scalzare il pregiudizio evoluzionistico.
In ragione della sua importanza vi consigliamo di tenere le antenne dritte per la sua prossima uscita.
Per prenotazioni www.raido.it

sabato 20 giugno 2009

Uscito il primo dvd della collana “Percorsi al femminile”.

Mater et Domina: Madre e Signora, l’aspetto duale femminile viene tracciato ripercorrendo ed osservando le peculiarità della donna, attraverso una nuova prospettiva che ne mette in evidenza la complessità. Si parte con Afrodite Urania (la Venere, stella dell’albore) contrapposta alla figura dell’Afrodite pandemia (la divinità del popolo), per passare alla donna romana e alla donna greca, toccando anche la figura femminile nella tradizione Inca, Polia ha offerto un quadro completo della donna nell’antichità.
Mario Polia, storico, archeologo, antropologo etnografo e specialista in antropologia religiosa e storia delle religioni, ha scritto numerosi saggi, ultimo dei quali è “Apocalissi”, per SugarCo editore.

giovedì 21 maggio 2009

Pilastri dottrinari.......

Alcuni pilastri dottrinari devono necessariamente essere presenti, prima ancora di cominciare a porre qualsiasi questione organizzativa , dal secondo quaderno di raido:

Dimensione spirituale dell’impegno
Conoscere l’analogia tra macrocosmo e microcosmo e cogliere gli insegnamenti che ci derivano continuamente dal manifestato. Intraprendere la Grande Guerra Santa (lavoro su di sé) col giusto me­todo, tenendo presente che senza di essa la Piccola Guerra Santa (lavoro su ciò che ci circonda) è un vano agitarsi.

Dottrina ciclica della storia
Bisogna che, innanzitutto, sul piano esistenziale questa realtà sia vissuta dagli uomini della Tradizione in maniera sempre più sentita, fino a dare alla propria vita ed alle proprie azioni un ritmo che si accordi con il più grande ritmo cosmico; sottolineando opportunamente determinati “punti cruciali” come per esempio nel ritmo annuale.

Costituire l’élite
Avere chiara la funzione che questa dovrà svolgere, sia come centro di emanazione di influenze, sia come esempio vivente del manifestarsi della Tradizione. Tendere alla sua costituzione come esigenza strategica primaria.

Conoscere l’avversario
Sapere con chi si ha a che fare, tenendo presente il processo dissolutivo partito da molto lontano, senza trascurare mai i suoi presupposti che travalicano la semplice dimensione umana. Saper cogliere quasi per istinto le sue manifestazioni, anche quelle meno apparenti e conoscere le armi con cui opera. Tutto ciò senza cadere nel manicheismo quando si tratta di analizzare l’opposizione tra Tradizione e Contro-tradizione. Infatti non esistono due principi contrastanti e distinti, ma esistono modi diversi di vivere la propria esistenza nella fase ciclica attuale: immergendosi passivamente nelle sue manifestazioni dissolutive o traendosene fuori con l’atto eroico del vero guerriero.


Darsi una strategia
Sottrarre spazio al mondo moderno, tendere alla comunità, dare vita ad un’infinità di interventi (unità operanti) dove le premesse dottrinarie diventino realtà vissute nell’impegno quotidiano; coordinare le varie unità operanti salvaguardando la più ampia autonomia (come modello, basti pensare al feudalesimo medioevale).

venerdì 15 maggio 2009

Orientamenti......

“Noi usciremo fuori da questo decadimento solo attraverso un’immensa rettificazione morale, insegnando agli uomini ad amare, a sacrificarsi, a vivere, a lottare e a morire per un ideale superiore. In un secolo in cui si vive soltanto per sé, occorrerà che centinaia, migliaia di uomini non vivano più per se stessi ma per un ideale comune: disposti sin dall’inizio a sostenere per questo tutti i sacrifici, tutte le umiliazioni, tutti gli eroismi. Contano soltanto la fede, la fiducia, l’assenza completa di egoismo e di individualismo, la tensione di tutto l’essere verso il «servizio» - per quanto ingrato possa essere, ovunque si svolga - : il servizio di una causa che va al di là dell’uomo, e che esige da lui tutto, senza promettergli nulla. Contano soltanto le qualità dell’anima, le sue vibrazioni, il dono totale, la volontà di tener alto al di sopra di tutto un ideale, nel disinteresse più assoluto. Giunge l’ora, per salvare il mondo, vi sarà bisogno del pugno di eroi e di santi che faranno la Riconquista”

Leon Degrelle

lunedì 4 maggio 2009

mercoledì 15 aprile 2009

Raccolti e Consegnati, senza fronzoli......

Prima mandata di materiale giunta a destinazione. Grazie al contributo di simpatizzanti e abitanti del quartiere, in un paio di giorni scarsi abbiamo raccolto moltissimo materiale. In tanti ci avete contattato e raggiunto, anche il giorno di Pasquetta, e contribuito a dare una mano a chi ha subito la catastrofe. Con l’apertura di ieri e di stamattina, abbiamo riempito due grosse macchine e siamo partiti alle 13 di oggi alla volta dell’Aquila. A destinazione, un capannone di un’azienda locale fa da centro raccolta per gli aiuti: viveri, prodotti per l’igiene, scarpe, lenzuola, vestiario, c’è davvero di tutto. E tutto serve. Unica condizione per i vestiti e accorgimento per chi vorrà dare il proprio contributo in futuro, è che siano nuovi o sterilizzati.
Abbiamo visto come in poche ore la solidarietà sia stata concreta e reale, e del tutto incondizionata. Questo ci fa ben sperare per il futuro, e per la nostra azione che nelle prossime settimane continuerà incessante: continueremo a raccogliere materiale (da mangiare e di vestiario), a tenerci in contatto con gli organizzatori degli aiuti o direttamente con i terremotati, e vi terremo aggiornati su come procederanno i soccorsi.
Servirà perciò ancora una mano da parte di tutti voi. Abbiamo aperto le PostePay per ricevere contributi monetari, che saranno col tempo sempre più indispensabili (per i materiali di più difficile reperibilità da comprare direttamente nei centri vendite). Continueremo quindi a fare da centro raccolta per i vostri aiuti nella nostra sede, in Via Scirè 21-23, sicuri che non mancheranno e che continuerete a far sentire la vostra vicinanza a quanti hanno subito la disgrazia di un terremoto, e sono ora senza un tetto sopra la testa.
Per tutte le coordinate su cosa portare, clicca qui (la lista dei materiali verra’ aggiornata spesso, con le esigenze che di volta in volta si presenteranno).

Per informazioni e chiarimenti siamo a disposizione su raidomedia@gmail.com o
allo 06-86217334.

domenica 12 aprile 2009

Martedì alle 13 si parte.......


Ci siamo. Chiediamo il contributo di tutti, e siamo sicuri che non vi tirerete indietro. Momenti come questi servono per dare dimostrazione di solidarietà e concretezza massima. Aspettiamo i vostri aiuti. Lunedì di Pasquetta, prima di andare fuori porta, invitiamo tutti a passare dai nostri locali che fungeranno da centro di raccolta. La consegna dei materiali è urgente e sarà diretta: verranno infatti portati - tramite un nostro amico, de l’Aquila e coordinatore per alcune zone non ancora raggiunte dalla Protezione Civile - a persone che ancora non hanno una tenda e che non possono lasciare i loro paesi dove sono nati e cresciuti.Il nostro contributo sarà doppio: raccolta materiali e vestiario (entro martedì), e contemporaneamente raccolda fondi per la ricostruzione.

RACCOLTA MATERIALI

COSA PORTARE:- biancheria intima (mutande, calzini, canottiere)- lenzuola- cuscini- coperte- sacchi a pelo- tende- lettini- materassi- scarpe- tute- stufe e altri tipi di riscaldamento elettrico- libri (per una futura biblioteca)

QUANDO:- oggi (fino alle 20)-
Lunedì di Pasquetta (orario 9-12 e 18,30-21) *APERTURA STRAORDINARIA-
Martedì (fino alle ore 12)* Martedì alle 13 si partirà per portare direttamente nelle zone terremotate tutto il materiale raccolto.

DOVE:Ass. Cult. RAIDO - Via Scire’ 21-23 a Roma (Quartiere Nomentano-Africano).

RACCOLTA FONDI
Donazione mediante CCP:con un bollettino di conto corrente postale numero 91254003 intestato a: “Associazione Culturale Raido - Via Scirè 19, 00199 Roma”, causale: AIUTO TERREMOTO

Donazione mediante Postepay:Con una ricarica online o presso qualsiasi ufficio postale.Numero: 4023 6004 6588 3256Intestatario: Carlo Di Febo
Mandare una mail, appena attuata la ricarica, a notizie@raido.it
oggetto: AIUTO TERREMOTO

per tutte le INFO: raidomedia@gmail.com

GRAZIE A TUTTI VOI! A presto,Comunità Militante RAIDO

domenica 5 aprile 2009

Cuib Femminile Raido

Sabato scorso si è chiuso il ciclo di conferenze, dedicate al mondo femminile.
L'ultimo appuntamento ha suscitato molto interesse,
stimolato riflessioni e indicazioni per nuovi orizzonti.
... femminile, tradizionale.....

venerdì 3 aprile 2009

Un Album a lungo atteso ......



Tracce:
1 - Il giorno di S. Patrizio
2 - Ad gloriam 3 - L’ultimo Re
4 - La legione d’Augusto
5 - Il cavaliere la morte il diavolo 6 - Campo Hobbit
7 - Il capitano nella neve 8 - Il falco di Svevia
9 - La locanda 10 - Alba aurea 11 - Notte di solstizio 12 - The Battlefield
13 - Pioggia di settembre 14 - Il tesoro e la principessa

Ascolta i brani in anteprima sul Myspace!

sabato 28 marzo 2009

Roman Fiodorovic Von Ungern Stenberg - Ungern Khan!




«Spegnerò la stella rossa» Il barone che ispirò Pratt


«La vittoria o la sconfitta sono due puttane bugiarde. Solo la guerra m’interessa. Non quello che viene dopo. Bisogna combattere sino in fondo. Anch’io ritengo che questa guerra sia perduta. Ma la disperazione è bugiarda quanto la speranza. Solo una cosa conta: diventare ciò che si è e fare ciò che si deve». Così parlò il generale-barone Román Fiodórovic von Ungern-Sternberg (1885-1921), il leggendario condottiero baltico anticomunista immortalato da Hugo Pratt in un episodio di Corto Maltese (Corte Sconta detta Arcana). «Diventa ciò che sei», ammoniva lo Zarathustra nietzschiano e Ungern Khan, come venne ribattezzato in quanto “liberatore” della Mongolia, non si tirò indietro rispetto a ciò che il destino aveva in serbo per lui: battaglie e sangue.
il gusto della guerra
Solo in battaglia il suo spirito si realizzava. In tempi di pace diventava inquieto. Diceva ai suoi: «Rispetto l’unica legge del mondo, che è quella della lotta. In questo senso, il bolscevismo può diventare una possibilità, perché rischia di provocare una reazione». E ancora: «I rossi vogliono la lotta di classe. Sto preparando loro l’unica risposta possibile: la lotta di razza. Non temo la forza dei rossi. Essa è nell’ordine spietato delle cose di questo mondo. No, temo la nostra debolezza eretta a virtù. Il mondo morirà di “buoni sentimenti”». Per sua fortuna visse in un’epoca dove le occasioni per guerreggiare non mancavano. Quella del barone Ungern non fu certo un’esistenza mancata. La razza che volle opporre ai “rossi” fu quella dei combattenti a cavallo delle steppe asiatiche, i mongoli.
Difficile distinguere il mito dalla realtà quando si parla di un avventuriero che sfugge a ogni definizione. Di certo la sua spietatezza non si discosta da quella degli altri comandanti che operavano sullo scacchiere euroasiatico nel caos seguito alla Prima Guerra Mondiale. Ciò che si può ricostruire, di storico, di questo ex ufficiale zarista autoproclamatosi generale è che combatté contro i sovietici e i cinesi fra il 1920 e il 1921, dopo la disfatta dei “bianchi” zaristi, e che costituì un regno mongolo durato solo 6 mesi, basato sul terrore e la violenza. Fu la guida della Cavalleria “Selvaggia” composta per lo più da cosacchi, buriati e mongoli, condotta verso una sicura sconfitta contro un’Armata Rossa trionfante su tutti i fronti. Parte della sua vita può essere ricostruita dagli atti del processo, celebrato dai sovietici, che ne decretò la morte. Un’altra fonte di informazioni, ma molto romanzata, è il resoconto (Bestie, Uomini, Dei, Edizioni Mediterranee) di un professore polacco, Ferdinand Ossendowski, che incontrò il barone nel 1921.
Ora due novità editoriali, Il dio della guerra. Il barone Roman Feodorovic von Ungern-Sternberg di Jean Mabire (Edizioni Ar, pp. 226, euro 20) e il volume a più mani Imperi delle steppe (a cura di Daniele Lazzeri, prefazione di Franco Cardini, illustrazioni di Francesco Iacoviello, con saggi, fra gli altri, di Aldo Ferrari e Pio Filippani Ronconi, Centro Studi Vox Populi, pp. 294, euro 19, ), ripresentano la figura di questo zarista irregolare, dapprima vicino ai “bianchi”, poi appoggiato dai giapponesi, infine scaricato da tutti, solitario cavaliere di un’apocalittica lotta contro il bolscevismo.
Figura mitica quindi, come lui stesso avrebbe ammesso in una delle fantomatiche “conversazioni” con Ossendowski: «Il mio nome è circondato da un tale odio e da tanto terrore che nessuno riesce a distinguere la storia dalla leggenda».
Di sicuro la sua spietatezza e il suo coraggio erano proverbiali. Fece massacrare non solo cinesi e comunisti, nel suo cammino sanguinario di “bianco” eretico, ma anche gli ebrei che si rifiutavano di consegnare le loro ricchezze. Il saccheggio e la violenza sistematica erano il credo della Cavalleria Selvaggia, o Asiatica, come viene chiamata da alcune fonti. Una crudeltà utilizzata anche contro i suoi stessi uomini. Il suo dominio era infatti basato sulla paura. Particolarmente impopolare la disciplina che, su ispirazione degli ordini monastici-guerrieri del Medioevo come i Templari, imponeva ai cavalieri: la regola prevedeva il celibato, la castità assoluta, il divieto di godere di ogni tipo di divertimento, per concentrarsi esclusivamente sulla dimensione militare della lotta ai “rossi”. Bastava alzare un po’ troppo il gomito, per finire fra le mani dello “strangolatore”, il capo della polizia del barone, il boia Sipailov. Impiccagioni, fucilazioni, torture erano all’ordine del giorno nel regno mongolo di von Ungern, durato dal marzo all’agosto del 1921.
Nulla si sa di certo invece sul suo presunto “misticismo”, sull’alone di mago e di “semi-dio” immortale e invincibile che il mito ha voluto costruire attorno alla sua figura. Lazzeri e Mabire, fedeli alla leggenda, parlano di paganesimo e buddismo, anche se il barone rimase nominalmente per tutta la vita un cristiano riformato, come la sua famiglia di origine estone. Tuttavia Mabire, sulla scorta di Ossendowski, riporta alcune frasi illuminanti su quella che poteva essere la visione del mondo, solare, collegabile alle antichi radici pagane baltiche, del barone: «21 giugno 1920. Solstizio d’estate. Ho ordinato ai miei cosacchi di accendere dei fuochi sulle colline che circondano Dauria. I partigiani bolscevichi si chiederanno cosa stiamo preparando per loro. Molto semplicemente, un’altra rivoluzione, un po’ più terribile della loro. Loro adorano la stella rossa. Noi festeggiamo il sole giallo. Guerra di religione».
antichi culti pagani
E il giorno seguente annota: «Alcuni pastori buriati si sono aggirati per tutta la notte attorno ai nostri fuochi. Nonostante il buddismo, hanno qualche vaga nostalgia del culto solare. Non molto tempo fa l’Asia era bianca. Vi si adorava il fuoco, dal mar del Giappone alla Finlandia. Lo sciamanesimo resta la religione delle radici. I finlandesi, i bianchi dello Yang-Tze e gli ainu celebrano gli stessi misteri della terra, al ritmo ossessivo dei tamburi fatti con la pelle di renna». Il suo sogno era quello di «far rivivere tutti questi culti antichi. Infondere nell’Asia la nostalgia per il suo passato bianco».
L’atto finale della sua vita, il tradimento, i cavalieri mongoli che, di fronte alla prospettiva di attraversare la Cina per raggiungere il Tibet (l’ultima trovata del barone braccato dall’Armata Rossa), si danno alla fuga, tornano alle loro capanne e alle loro famiglie, racconta invece di un uomo sconfitto, giunto al termine del suo percorso di condottiero di un’armata Brancaleone asiatica. Consegnato da un suo ufficiale ai sovietici, confesserà durante il processo: «Non credo più alle teste coronate. I Romanov erano marci, come i Borboni o gli Hohenzollern. Tutto questo fa parte del vecchio mondo». Inutile difendere l’Ancien Régime, tanto vale seppellirlo in un mare di sangue. Perdere con onore fa parte della legge della guerra. Anche nella sconfitta quindi il barone sanguinario Ungern Khan è rimasto fedele alla sua missione: «Diventa ciò che sei».

Da: Libero, del 21 marzo 2009
di Andrea Colombo

martedì 24 marzo 2009

I Cattolici reagiscono ......

I cattolici francesi finalmente si ribellano, a questo clima di continua aggressione e vilipendio alla figura del Santo Padre. Magari nel video si sarebbe potuta evitare la musica house e campionamenti bizzarri ma tant'è....
Meglio combattere che accettare supinamente!


Les catholiques défendent leur pape!
by AFprod

martedì 10 marzo 2009

aspettando sabato....


“Il cavaliere consacra alla Dama il braccio e il cuore

in una promessa di fede che solo la morte può sciogliere.

Nelle profondità del cuore, dove cielo e terra si toccano,

lo spirito feconda col suo soffio la terra e sboccia la Rosa Mistica.

Alla spada cruciforme del cavaliere, s’unisce al centro una rosa,

per indicare,

tramite l’arcano ghibellino della spada e della rosa,

che il mistero ineffabile del vero amore sboccia,

al centro dell’essere,

nell’unione delle due nature del Guerriero e della Donna stella”


Mario Polia da “Il mistero della Dama”

domenica 8 marzo 2009

La Donna a Sparta / parte 2

In città le Spartane a differenza dei propri padri, mariti, fratelli godevano di un’amplissima libertà, essendo sollevate non solo dagli obblighi militari e politici, non solo dall’educazione della prole in quanto affidata allo stato, ma anche dalle faccende domestiche, inadatte ad essere svolte da qualsiasi cittadina di sangue spartano. Potevano quindi uscire di casa in tenuta assai disinvolta fatta di vesti fluttuanti tali da non arrivare al ginocchio, mostrando addirittura le cosce e dividendo coi maschi le palestre nello svolgimento delle attività ginniche (non è un caso che all’epoca solo a Sparta si riproducesse artisticamente la nudità femminile). Questa grandissima libertà si rifletteva anche in ambito amoroso e coniugale, in quanto a Sparta l’adulterio era un concetto assai blando e la famiglia non deteneva quell’aurea sacrale conferitagli in seguito dalla morale cattolica. A Sparta l’unica vera famiglia era la nazione, la comunità stessa. Per questo un uomo non intenzionato a prendere moglie poteva chiedere tranquillamente a una donna e al relativo marito il consenso per avere figli con lei. Oppure le mogli potevano accoppiarsi con altri uomini con il benestare del proprio marito nel caso quest’ultimo non riuscisse ad avere figli. Sparta era infatti ossessionata dal problema del continuo assottigliarsi del numero degli Eguali, a seguito delle continue battaglie e del rifiuto di mischiarsi con le genti assoggettate. Basti pensare che qualora a trent’anni lo spartano non avesse deciso di maritarsi, gli anziani potevano avvalersi delle loro prerogative scegliendo una vergine di nobile famiglia, conducendola in casa del solitario affinchè i due procreassero, garantendo così la continuità della stirpe. Era quindi naturale, per via del fatto che i ruoli politici,militari, educativi venissero svolti dagli uomini, che la gran parte degli affari fosse esercitata dalle donne. Non a caso, le spartane diversamente dalle loro contemporanee potevano detenere la proprietà di vasti appezzamenti di terreno ( i 2/5 delle terre dei 9000 lotti erano di proprietà di cittadine femmine). Inoltre, esse finivano con l’amministrare anche i beni dei figli e dei mariti a causa della loro prolungata assenza, in particolare assicurandosi che giungessero le prestabilite quantità di cibo, in modo da girarne parte alle caserme sotto forma di contributo.

Brano estratto da "L’esempio di Sparta" di Michele Zambelli, contenuto all'interno del Fascicolo " La Forza di Sparta" - Raido

venerdì 6 marzo 2009

La Donna a Sparta

Sebbene a Sparta la vita politica e militare fosse prerogativa dei cittadini di sesso maschile, sarebbe sbagliato considerare quest’ultima come un modello esclusivo di stato virile. Infatti, essendo la vita dei cittadini maschi così accuratamente limitata, le cittadine femmine erano chiamate a svolgere un ruolo fondamentale all’interno della società. Paradossalmente proprio all’interno di un ordinamento “guerriero” come quello spartano, la donna riuscì a godere di una straordinaria libertà, sconosciuta invece nei vicini stati greci, dove la femmina continuava a rimaner isolata, relegata ai margini della vita sociale, rinchiusa in casa a sbrigare le varie faccende domestiche. Tutto ciò perché a Sparta la distinzione più importante non era tra uomini e donne, bensì tra spartani e non, riducendo quindi l’appartenenza sessuale a una semplice distinzioni di ruoli. Per questo anche le ragazze erano a pieno titolo soggette a un’educazione aristocratica finalizzata a trasferirle lo stesso codice d’onore dei maschi, anzi, facendone una nuova fonte di trasmissione di quella visione del mondo. Si trattava quindi di un’educazione che la portava ad essere più dominante che dominata. Ecco allora che il ruolo della donna diveniva anch’esso ispirato a un grande amore per la gloria, per il valore individuale, per il prestigio della nazione, per una continua emulazione delle virtù, per il rifiuto degli allettamenti mondani. La donna veniva così istruita alle danze, al canto, divenendo capace di leggere e scrivere. Madre e donna modello, essa doveva rappresentare un esempio costante, una sorta di custode dei valori fondanti, del codice d’onore della comunità. In tal senso, assai simbolica è la cerimonia antichissima della consegna dello scudo, dove le mogli e le madri vestite di bianco e con il capo velato, si disponevano davanti allo schieramento dei soldati in partenza e uscite dai ranghi al suono del corno deponevano lo scudo ai piedi del proprio figlio; scudo poi raccolto e infilato al braccio declamando la formula: “Torna con questo o sopra di questo” (ovvero vincere o morire). Perché solo i vincitori non avrebbero mai gettato lo scudo per scappare più velocemente, oppure perchè cadendo in battaglia, il loro corpo sarebbe stato riportato su di esso.
Brano estratto da "L’esempio di Sparta" di Michele Zambelli, contenuto all'interno del Fascicolo " La Forza di Sparta" - Raido

mercoledì 4 marzo 2009

Heliodromos N. 20/21 - Speciale Guido De Giorgio

Pubblichiamo parte dell'editoriale di questo nuovo numero

Dall’Oriente all’Occidente indicazioni significative per la rivolta al mondo moderno

Il 25 novembre 1970, presso il quartier generale della guarnigione militare di Ichigaya, nel cuore di Tokio, Yukio Mishima compie l’atto finale della sua esistenza terrena. Dopo aver “regolato”, nei giorni e nelle ore precedenti, ogni pendenza umana: redatto le ultime volontà testamentarie; impartito istruzioni sulla vestizione del proprio cadavere, che prevede l’uso dell’uniforme della militia, in guanti bianchi e con la katana in pugno, in vista della cremazione; chiesto con una lettera ai genitori che nel nome buddista postumo, fosse incluso l’ideogramma bu di guerriero; consegnate le pagine conclusive della sua ultima opera, da inoltrare al suo editore; invitati due giornalisti che conosce a raggiungerlo sul teatro dell’azione – dopo aver indossato l’uniforme dell’Associazione da lui creata, Mishima si incontra davanti alla sua residenza con quattro membri della Società degli Scudi, appositamente prescelti per partecipare all’evento.Il gruppo viene ricevuto dal generale Masuda Kanetoshi, comandante dell’Armata Orientale, al quale a un certo punto Mishima si offre di mostrare la spada che porta con sé, un raro oggetto di valore opera di un rinomato maestro spadaio. Il generale constata con disappunto che la lama, contrariamente a quanto prevede la legge, è regolarmente affilata e funzionante, ma viene subito immobilizzato e legato ad una sedia, mentre le porte di accesso al suo ufficio vengono bloccate. È richiesta, sotto la minaccia della vita dell’ostaggio, l’adunata entro mezzogiorno di tutte le reclute nel cortile della caserma, a cui si aggiungeranno anche una quarantina di membri della Società degli Scudi, confluiti all’ingresso del complesso militare. Il programma prevede un discorso di Mishima della durata di circa mezzora, che i soldati dovranno ascoltare in silenzio, a cui seguirà una tregua di quaranta minuti circa durante la quale non si tenterà nessuna azione ostile contro il gruppo. La fronte stretta dalla hackimaki, a contenere il mentale e favorire la concentrazione, Mishima dovrebbe dare lettura del Manifesto della Società degli Scudi, impresso in volantini lanciati sui militari. Ma, di fatto, egli riesce a parlare per soli cinque minuti, fra il frastuono degli elicotteri che volteggiano sul posto e l’urlo delle sirene. Mentre gli ottocento uomini appositamente adunati, invece di ascoltarlo lo deridono e lo insultano. Mishima, preso atto della situazione, si ritira negli uffici del generale Masuda, dopo avere augurato “Lunga vita alla Maestà imperiale”, dando inizio al suicidio rituale per sventramento e decapitazione. E questo avveniva in un Paese, tutto sommato, ancora plasmato da una tradizione millenaria e sensibile alla ritualità di certi gesti, che da sempre fanno parte degli elementi costitutivi della società giapponese. Coinvolgendo, fra l’altro, la classe militare che di quella continuità tradizionale aveva rappresentato la base principale.

Quel gesto lontano rappresenta dunque un monito quanto mai attuale per tutti quanti noi che agli stessi valori di Mishima – più o meno degnamente! – ci richiamiamo in Italia. Il nostro Paese, purtroppo, oggi non può contare su nessuna continuità tradizionale paragonabile a quella del Giappone, dopo il venir meno dell’influenza tradizionale presente dai tempi di Roma antica fino all’epoca medievale. Ammesso e non concesso che i nostri gruppi e le nostre iniziative militanti d’ispirazione tradizionale siano oggi in grado di organizzare la loro azione con la stessa minuziosa attenzione, con la stessa impeccabilità e, in poche parole, con la stessa pietas usate da Mishima in quel lontano autunno del 1970: quali effetti possono avere sul loro morale, sulla loro tenuta e sulla loro perseveranza nell’azione intrapresa le grida di scherno, le risate beffarde, nonché la sordità più assoluta degli interlocutori ideali, a cui sono diretti i messaggi lanciati dal “terrazzo” eletto a teatro della propria rappresentazione? Lo scrittore giapponese sembrava aver curato ogni minimo dettaglio del suo gesto, senza lasciare nulla al caso, mettendo in gioco la sua stessa vita e sacrificando tutto quello che aveva costruito con impegno e sacrificio. Ma, ciò nonostante, ha dovuto fare i conti con la realtà esterna, incapace di seguirlo sul sentiero dei valori e degli alti ideali che avrebbero potuto ridare dignità e significato all’esistenza della nazione del Sol Levante, devastata dal cancro democratico. Quel male incurabile che proprio in questi giorni sembra avere imboccato il percorso che condurrà al suo stadio terminale: coi suoi cataclismi economici e finanziari, con le sue devastazioni psichiche e spirituali, con i suoi colossali fallimenti politici e con la sua definitiva caratterizzazione come ottusa dittatura del pensiero unico e del politicamente corretto. Quella religione democratica che, come ogni religione che si rispetti, ha un suo decalogo (i Diritti dell’uomo), ha i suoi officianti (le pseudo autorità morali che decidono cos’è bene e cos’è male), le sue liturgie (cortei e manifestazioni al posto delle processioni), i suoi peccati capitali (razzismo, intolleranza, discriminazione), un suo Verbo (nessuna libertà per i nemici della libertà). Quel paradiso realizzato in terra che ha prodotto l’individualismo totalitario, la cultura della morte, la tirannia consumistica e la polizia del pensiero, e per diffondere il quale le orde democratiche sono passate come un acido corrosivo, sradicando ogni traccia di società organica e lasciando sul terreno le macerie di un mondo distrutto e ridotto a poltiglia informe ed invivibile.
SOMMARIO

EDITORIALE:
Dall'Oriente all'Occidente indìcazioni significative per la rivolta al mondo moderno

SPECIALE GUIDO DE GIORGIO:
Copertina: il Pa Kua di De Giorgio
Guido De Giorgio e il ritorno allo spiritotradizìonale di E. Iurato
Due lettere inedite di R. Guénon a De Giorgio
René Guénon e la cerca di Dio di G. De Giorgio Islam di G. De Giorgio
Scuola e Religione di G. De Giorgio
La donna non è una cosa di G. De Giorgio
L'eroe del Gìmma: Havis de' Giorgio di E. Musso
Poesia per Havis di G. De Giorgio
La dottrina imperiale in De Giorgio di A. Scali
Incontri con Corallo Reginelli di A. Calò
AZIONE TRADIZIONALE:Campo estivo 2008
RIFLESSIONI-Dentro e fuori le mura
ANALISI:Guido de Giorgío. Ciò che mormora il vento del Gargano
Aleksandr Solgenitsin, Due secoli insieme
La tamburina, un film di George Roy hill
LETTERE A HELIODROMOS
TRADIZIONE E CONTROTRADIZIONE
Cronache di fine ciclo

HELIODROMOS n 20-21
Contributi per il Fronte della TradizioneEquinozio d'Autunno / Solstizio d'Inverno
Prezzo: 12€

lunedì 2 marzo 2009

Unger Khan - Il Fascicolo!


PREMESSA


Di lui molto è stato scritto. Non siamo qui a ripetere. Però fortunatamente, ma non a caso, molto rimane oscuro o meglio celato. Celato agli sguardi indiscreti, alle menti che cercano di capire la figura di questo barone-templare-buddhista-asceta solo attraverso gli elementi storiografici. Coloro che si accostano alla sua storia con animo scientifico-analitico sono inesorabilmente destinati al fallimento: la figura di Ungern von Sternberg non conta nulla, i suoi sacrifici, le sue battaglie, il suo carisma, le sue doti paranormali, la sua furia non contano nulla; a nulla serve ben indagare gli elementi ancora incerti del luogo e data di nascita e morte di questo capo; a nulla…se vogliamo davvero capire. Più che mai, qui l’uomo è nulla…se lo leggiamo come tale. Ma se proviamo un attimo a liberarci della nostra struttura, a respirare a fondo, a guardare liberi “quel mondo ancora vero” in cui lui è vissuto, possiamo intuire qualcosa di autentico e originale: intuiamo le energie profonde che hanno mosso Ungern, forze arcaiche e in quel frangente brutalmente rinnovatrici.
Forze emerse in lui, limpide e taglienti: queste hanno dato un senso alla sua figura, all’uomo, facendo dei suoi sacrifici un’offerta, delle sue battaglie un percorso di trasfigurazione, della sua furia un sacro furore, del capo una Guida. Ed è in questo senso che ci interessa Ungern von Sternberg come ogni altro esempio del passato: nella misura in cui, attraverso la sua opera, ha prima voluto e poi saputo trascendere il suo essere uomo; facendosi portatore di un significato spirituale, o meglio di un significante, profondo e meta-storico. Per questo i suoi atti parlavano una lingua diversa, spesso incompresa dai suoi stessi soldati, erano atti che volevano incidere su una realtà parallela, una realtà parallela che lui coglieva così presente, efficace, operante. Da qui forse la sintonia e mutuo soccorso con le gerarchie spirituali lamaiste, non solo della città di Urga, capitale della Mongolia da lui liberata. Autorità religiose che per prime hanno indicato in lui l’incarnazione di forze divine. E tutto questo ovviamente trascende le vicende storiche che lo hanno visto protagonista. Un protagonista, d’altro lato, spesso discusso o discutibile: era davvero possibile creare - con così limitate risorse - un impero teocratico restauratore in opposizione alla brutalità bolscevica e al materialismo europeo? In che misura, la mancanza di una più stretta alleanza con le truppe dell’ammiraglio Kolchak, ha inficiato il tentativo antirivoluzionario dei Russi bianchi?
Come è possibile che un condottiero dalle riconosciute eccezionali facoltà intuitive ed introspettive, non abbia colto anticipatamente il tradimento, a fronte dell’ultimo ordine impartito alle truppe ormai esauste di raggiungere in marcia “la fortezza Tibet”? Molte potrebbero essere le domande che decidiamo qui di non scandagliare. Perché le risposte che cercheremmo di strappare dalla storia (presupponendo di avere gli strumenti per una indagine obiettiva) in realtà non ci arricchirebbero. Anzi, appesantirebbero il nostro volo, senza più permetterci di seguire l’ombra veloce del Barone, che con la sua cavalleria ha, in pochissimi anni, tracciato sentieri su nevai steppe e deserti infiniti, in lungo e in largo per il cuore dell’Asia. Sono sentieri che ancora oggi come allora indicano una via, alle tribù asiatiche come agli europei, ai russi come ai giapponesi (i quali, all’epoca, inutilmente supportarono le sue truppe in funzione anticinese e antirussa). Una via lungo la quale può esser richiesta violenza: allora i tempi lo imponevano, ma già Ungern ha voluto rimariamente far violenza al Cielo nell’imporgli di cadere sulla terra, a restaurare, a rigenerare. Un tentativo che non è riuscito, ma animato dalla stessa Idea-Luce che muoverà la mano ad altri che, da lì a poco, inizieranno a ricomporre il mandala interrotto. Così Filippani Ronconi: «Nello stesso tempo [della morte del Barone], in un angolo della lontanissima Europa, nella Germania conquassata del primo dopoguerra, il mito del Re del Mondo giungeva per vie misteriose a gruppi di giovani intellettuali, corroborando con il suo simbolo solare i nuovi meditatori del “Vril” e le assisi della Thule-Gesellschaft». Perché il suo tentativo come quello di altri è fallito? Come possono, coloro che hanno saputo catalizzare su di sé le forze dello Spirito, esser piegati dalla forza della materia? Non è certo la preponderanza bellica nemica a ragione di ciò. E’ solo che i tempi, allora come oggi, non sono ancora giunti. Ed il valore di questi Eroi, la loro nobiltà, risiede proprio in questo. L’agire prima dell’arrivo del nuovo Maitreya, senza alcuna garanzia di vittoria. Ungern von Sternberg non fu la sola Guida a lottare nella consapevolezza della sua rapida morte, e come le altre non ebbe la gratificazione di veder conclusa la sua opera rettificatrice. Ma ci ha insegnato a rifiutare ogni attitudine che fosse passiva (subendo la storia), re-attiva (reagendo alla storia) o addirittura pre-attiva (prevedendo la storia), per far nostra una attitudine pro-attiva, dedicandoci cioè a costruire la storia. Nelle sue stesse parole la portata della sua missione: «loro non possono capire che noi non stiamo combattendo un partito politico ma una setta di assassini di tutta la cultura spirituale contemporanea». E siccome noblesse oblige, era impossibile per uomini come lui ritirarsi di fronte a quel cataclisma storico. Qualunque cosa si voglia vedere di Ungern von Sternberg, la sua follia sanguinaria in battaglia o il suo rigido ascetismo tantrico, per certo il suo nome rimane legato a uno stile di nobiltà schietta e altruista. Noi scegliamo due sue immagini: il combattente seduto in meditazione di fronte alla statua del Buddha prima di ogni battaglia e quella del Barone sdraiato a terra a mangiare e dormire tra il sudiciume delle sue truppe cosacche, mongole, tibetane. Due immagini speculari di una tipologia umana ormai scomparsa ma che, per certo, ha avuto il favore degli Dei. Spetta a noi fare in modo che, almeno, non venga dimenticata.


RAIDO


“Ungern Khan - Storia e mito del Barone Von Ungern Sternberg“
Scritti di: J. Evola, R. Guénon, G. d’Onofrio
Pagine: 33Prezzo: 3,00 €



Ricordiamo che tutti i proventi delle vendite sono reinvestiti nell’attivita’ militante.
Sostenere Raido e’ una scelta politica e di coerenza per chi crede che il Fronte della Tradizione si sostiene con i fatti, non con le parole!

giovedì 26 febbraio 2009

Fiamme di Luce nel Cielo - Ungern Khan!

ROMAN FIODOROVIC VON UNGERN-STERNBERG / Barone (1885-1921)

Immensa e gravida di millenni, l’Asia Centrale mi chiamò a sé ed io, un nobile baltico, eroico rampollo di una rude schiatta di guerrieri risalente all’età delle Crociate, non seppi resisterle. Prima di me, innumerevoli mercanti, poeti, viaggiatori e missionari, erano morti alla ricerca di un centro di potere universale. Nessuno, però, tranne forse Alessandro il Bicorne e il sottoscritto, accarezzò l’idea di governare il mondo dal cuore stesso di Shamballa. Nacqui in Austria, precisamente il29 dicembre del 1885 e mi spensi in Mongolia, in un giorno compreso tra il12 e il 21 di novembre del 1921, fucilato da quei maledetti bolscevichi, ai quali mi ero opposto con tutte le forze a disposizione. Nei libri di storia. si parla, è vero, del sottoscritto come di un controrivoluzionario velleitario, di un “russo bianco” ossessionato da mire pan-asiatiche. Fandonie! Oggi come oggi, mi definirei semplicemente un mistico, capace - perché no? - anche di crudeltà inaudite e di gesti plateali, un buddhista coerente. Ricordo ancora le facce stupite dei miei sottoposti mentre sfrecciavo al volante di una grossa Fiat tra le strade polverose di Urga, la testa piccola tra le ampie spalle, i capelli biondi spettinati al vento, i baffi rossicci, il volto stanco ed emaciato come quello di un’icona bizantina. Vi basti sapere questo: prima di ogni battaglia, mi ritiravo in profonda meditazione dinnanzi a una statua dorata dell’Illuminato. Nel frattempo, dall’alto dei loro monasteri, legioni di lama recitavano mantram a mio favore e posso dire che fu grazie alla forza magica di quelle litanie che mi riuscì di liberare il Tibet dai Cinesi. Infine, essendo il bolscevismo non un fenomeno a sé stante, ma l’inevitabile e ultima conseguenza di un processo involutivo più generale della civiltà mondiale, sognai di mettermi, con un esercito, alla testa di un’alleanza indo-giapponese che avrebbe potuto contrastare da Oriente, in nome di un’invitta tradizione spirituale, il dilagare della sovversione rossa. Qualche secondo prima che il plotone di esecuzione facesse fuoco, un dio della guerra si impossessò di me e, attraverso le mie labbra, lanciò una tremenda profezia: «Ungern Khan perirà di una morte atroce, ma la Russia conoscerà il terrore e affonderà in un mare di sangue».


Angelo Iacovella
(in Spoon River da L’Indipendente di martedì 26/04/05)

domenica 22 febbraio 2009

Il Barone Sanguinario

Il libro di F. Ossendowsky Bestie, uomini e dèi, della cui traduzione italiana si sta preparando una ristampa, ebbe già una vasta notorietà quando uscì, nel 1924. in esso hanno interessato il racconto delle peripezie del viaggio movimentato che l’Ossendowsky fece nel 1921-22 attraverso l’Asia centrale per sfuggire ai bolscevichi, ma anche ciò che egli riferisce sia circa un personaggio d’eccezione da lui incontrato, il barone Von Ungern Sternberg, sia su ciò che ebbe a udire sul cosiddetto "Re del Mondo". Qui vogliamo riprendere sia l’uno che l’altro punto. Intorno all’Ungern Sternberg si era creato quasi un mito, nella stessa Asia, al segno che in alcuni templi della Mongolia egli sarebbe stato adorato come una manifestazione del dio della guerra. Di lui, è stata anche scritta una biografia romanzata in tedesco, dal tiolo "Io comando" ("Ich befehle"), mentre dati interessanti sulla sua personalità forniti dal comandante dell’artiglieria del suo esercito sono stati pubblicati dalla rivista francese "Etudes Traditionelles". Noi stessi avemmo da udire dello Stenberg da suo fratello che doveva essere vittima di un tragico destino: scampato dai bolscevichi e raggiunta l’Europa via Asia dopo ogni specie di vicissitudini romanzesche, lui e sua moglie furono uccisi da un portinaio impazzito quando Vienna fu occupata nel 1945. Ungern Sternberg proveniva da un’antica famiglia baltica di ceppo vichingo. Ufficiale russo, allo scoppiare della rivoluzione bolscevica comandava in Asia dei reparti di cavalleria, i quali a poco a poco si ingrossarono fino a divenire un vero e proprio esercito. Con esso, Ungern s’intese a combattere fino all’ultima possibilità la sovversione rossa. È dal Tibet che egli operava: e il Tibet egli liberò dai Cinesi che ià allora ne avevano occupato una parte, entrando in intimi rapporti col Dalai Lam, da lui liberato. Le cose si svilupparono a tal segno da preoccupare seriamente i bolscevichi che, ripetutamente sconfitti, furono costretti ad organizzare una campagna in grande stile, utilizzando il cosiddetto "Napoleone Rosso", il generale Blucher. Dopo alcune alterne vicende, Ungern doveva venire sopraffatto, il tracollo essendo stato provocato dalla defezione proditoria di alcuni reggimenti cecoslovacchi. Circa la fine di Ungern, vi sono versioni contrastanti; non si sa nulla di preciso. In ogni modo, si vuole che egli conoscesse con esattezza il termine della sua vita, come pure alcuni articolari circostanze ad esempio: che egli sarebbe stato ferito, come lo fu, durante l’attacco a Durga. Qui, dello Sternberg, interessano due aspetti. Il primo riguarda la sua stessa personalità, nella quale tratti singolari erano mescolati. Uomo di un prestigio eccezionale e di un ardire senza limiti, egli era anche di una crudeltà spietata, di una inesorabilità nei confronti dei bolscevichi, suoi nemici mortali. Donde il nome che gli venne dato: "il barone sanguinario". Si vuole che una grande passione avesse "bruciato" in lui ogni elemento umano, non lasciando sussisteree in lui che una forza incurante della vita e della morte. In pari tempi, in lui erano presenti tratti quasi mistici. Già prima di recarsi in Asia egli professava il buddismo (il quale non si riduce affatto ad una dottrina morale umanitaria), e le relazioni che egli ebbe con i rappresentanti della tradizione tibetana non si limitavano al dominio esteriore, politico e militare, nel quadro degli avvenimenti dianzi accennati. Alcune facoltà sovranormali erano presenti in lui: si parla ad esempio, di una specie di chiaroveggenza che gli permetteva di leggere nell’animo altrui secondo una percezione esatta quanto quella delle cose fisiche. Il secondo punto riguarda l’ideale che Ungern accarezzava. La lotta contro il bolscevismo avrebbe dovuto essere la diana per un’azione assai più vasta. Secondo Ungern, il bolscevismo non era un fenomeno a sé, ma l’ultima, inevitabile conseguenza dei processi involutivi realizzatisi da tempo in tutta la civiltà occidentale. Come già Mettternich, egli credeva – giustamente – una continuità delle varie fasi e forme della sovversione mondiale, dalla rivoluzione francese in poi. Ora secondo Ungern, la reazione avrebbe dovuto partire dall’Oriente, da un Oriente fedele alla proprie tradizioni spirituali e coalizzato contro l’incombente minaccia, insieme a quanti fossero capaci di una rivolta contro il mondo moderno. Il compito primo avrebbe dovuto essere spazzar via il bolscevismo e liberare la Russia. Peraltro è interessante che, secondo alcune fonti abbastanza attendibili, Ungern, quando si era fatto il liberatore e il protettore del Tibet, in relazione con un tale piano avrebbe avuto contatti segreti con esponenti delle principali forze tradizionali, non soltanto dell’India ma anche del Giappone e dell’Islam. A poco a poco si sarebbe dovuti giungere a questa solidarietà difensiva e offensiva di un mondo non ancora intaccato dal materialismo della sovversione. Passiamo ora al secondo argomento, a quello del cosiddetto "Re del Mondo". L’Ossendowsky riferisce quel che Lama e capi dell’Asia centrale ebbero a raccontargli circa l’esistenza di un misterioso centro-iniziative chiamato l’Aghartta, sede del "Re del Mondo". Esso sarebbe sotterraneo e per mezzo di "canali" sotterranei sotto i continenti ed anche gli oceani avrebbe comunicazioni con tutte le regioni della terra. Come Ossendowsky ebe ad udirle, tali notizie presentarono un carattere fantasioso. È merito di René Guénon l’aver messo in luce, nel suo libro "Le Roi du Monde", il vero contenuto di questi racconti, non senza rilevare il fatto, significativo, che nell’opera postuma di Saint-, significativo, che nell’opera postuma di Saint-Yves d’Alveydre intitolata "La mission des Indes" uscita nel 1910, di certo non conosciuta da Ossendowsky, si fa cenno allo stesso centro misterioso. Ciò che va, anzitutto chiarito è che l’idea di una sede sotterranea (difficile da concepire già per il problema degli alloggiamenti e degli approvvigionamenti, se non abitata da puri spiriti) deve essere resa piuttosto con quella di un "centro invisibile". Quanto al "Re del Mondo" che vi risiederebbe, si è riportati alla concezione generale di un governo o controllo invisibile del mondo o della storia, e il riferimento fantasioso ai "canali sotterranei" che fanno comunicare quella sede con vari paesi della terra va parimenti smaterializzato nei termini di influenze, per così dire, da dietro le quinte, esercitate da quel centro. Però assumendo tutto ciò in codesta forma più concreta, sorgono vari problemi ove si consideri la attualità. Vi è che lo spettacolo offerto dal nostro pianeta in modo sempre più preciso conforta assai poco l’idea dell’esistenza di questo "Re del Mondo" con le sue influenze, se questi debbono essere concepite come positive e rettificatrici. Ad Ossendowsky i Lama avrebbero detto: "Il Re del Mondo apparirà dinanzi a tutti gli uomini quando per lui sarà venuto il momento di guidare tutti i buoni nella guerra contro i malvagi. Ma questo tempo non è ancora venuto. I più malvagi dell’umanità non sono ancora nati". Ora, questa è la ripetizione di un tema tradizionale noto anche in Occidente fin dal Medioevo. L’interessante propriamente è che, come si è detto, all’Ossendowsky un simile ordine di idee sia stato presentato nel Tibet da dei Lama e da dei capi dei paesi, con riferimento ad un insegnamento esoterico. E il modo piuttosto primitivo con cui Ossendowsky riferisce ciò che egli ebbe ad udire, innestandolo nel racconto delle sue peregrinazioni, fa pensare che non si tratta di una sua escogitazione.


Julius Evola


(articolo apparso sul quotidiano "Roma" il 9 febbraio 1973)

giovedì 19 febbraio 2009

Le madri di Sparta e l'educazione dei Giovani.....

Le madri di Sparta

Le altre donne di Atene, destinate anch’esse a diventare madri, ricevevano sin da giovani, a quanto pare, un’educazione migliore ed erano tenute ad osservare un regime alimentare misurato e parco. Il loro compito risiedeva nell’apprendere le arti della tessitura della lana, per il resto dovevano starsene il più possibile tranquille. Al contrario, a Sparta il compito primo delle donne libere era la procreazione. Pertanto per favorire la nascita di futuri uomini e donne, le spartane dovevano eseguire esercizi fisici, alla stregua degli uomini, che permettesse loro, di rafforzare non solo il proprio fisico ma allo stesso tempo lo spirito. Vennero così istituite competizioni di corsa e di lotta, con la convinzione che da genitori robusti sarebbe nata prole altrettanto vigorosa. La costituzione di Licurgo produsse uomini e donne convinti che la morte gloriosa fosse preferibile ad una vita di infamia, che la salvezza fosse determinata dal coraggio e non dalla codardia. Ai valorosi era assicurata felicità ai vili miseria.

L’educazione dei giovani

una costituzione così attenta alla solidità e alla fierezza del proprio popolo, non poteva certamente trascurare uno degli elementi fondamentali per la costituzione di civiltà sana e orientata verso determinati valori: il sistema educativo. Anche qui è d’obbligo contrapporre i sistemi educativi greci da quelli prettamente spartani. Nel resto della Grecia, i genitori che intendevano impartire la migliore educazione ai propri figli, affidavano questi ultimi agli schiavi i quali svolgevano il loro di pedagoghi o, in età più matura, li mandavano a scuola affinché apprendessero le arti delle lettere, della musica… a questi stessi giovani era consentito l’uso dei calzari e la possibilità di cambiare spesso d’abito. A Sparta l’educazione dei giovani non era affidata agli schiavi bensì al cittadino tra quelli che ricoprivano le cariche più alte. Denominato paidonómos, vale a dire «prefetto dei fanciulli», egli aveva il compito di sorvegliare e punire i giovani in caso di cattiva condotta. Ai giovani spartani era proibito l’uso dei calzari e disponevano di una sola veste per tutto l’anno. Si riteneva che i giovani così addestrati fossero in grado di affrontare meglio le fatiche e le privazioni dei campi di battaglia. Non solo i rappresentanti dello stato erano chiamati a educare i giovani, questa stessa autorità veniva estesa anche a parenti ed amici onde evitare che gli adolescenti finissero per diventare indegni cittadini.


Una madre porgendo al figlio lo scudo, lo incoraggiò così:
«Figlio mio, torna o con questo o sopra questo»
Plutarco - “Le virtù di Sparta”

Primo appuntamento al femminile.....

lunedì 16 febbraio 2009

Le Donne di Sparta

Questa settimana che precede il primo appuntamento del ciclo di conferenze, organizzato a cura del cuib femminile di raido, proporremo alcuni spunti di riflessione tratti da articoli e documenti che hanno per tema il mondo femminile e la Donna.

La libertà di Sparta

Capire il mondo spartano non è semplice. Ai nostri occhi, intrisi di sentimentalismo e falso pudore, il rigore e la ferrea disciplina del popolo di Sparta appaiono come restrizioni e privazioni della libertà dell’individuo. Se tanto colpisce la durezza dei soldati spartani altrettanto e forse con maggior forza, stupirà lo stile di vita delle donne spartane. Madri, mogli o sorelle, esse esplicavano nella loro vita quotidiana mansioni legate soprattutto all’andamento della vita domestica e familiare. Dal punto di vista di questa ormai degradata società moderna, i più sono portati a considerarle donne prive della loro “libertà” di espressione, succubi prima del padre e poi del proprio marito, esiliate dalla vita politica e sociale, se fosse ancora possibile verrebbe quasi voglia di formare un movimento umanitario che le aiutasse a trovare la loro emancipazione. Eppure, per quanto possa sembrare strano, le donne di Sparta erano libere. Il problema nasce dalla concezione del termine stesso: libertà oggi significa potersi vestire a proprio piacimento, intraprendere una carriera professionale che conduca, a qualsiasi prezzo, sempre più in alto, decidere di sposarsi e poi ricredersi in men che non si dica. Questa è la nostra libertà…? Eppure siamo più schiave di noi stesse di quanto possiamo considerare le donne spartane. La loro non era una libertà fatta di premi e privilegi, era una libertà di spirito. Avulse dalle passioni, la loro azione era frutto della piena consapevolezza di essere le depositarie e mediatrici dei valori tradizionali di coraggio e abnegazione.


Quando chiesero ad una ragazza povera quale dote poteva offrire a un marito, essa rispose:
«La virtù che mi hanno insegnato in famiglia»
Plutarco - “Le virtù di Sparta”


Da "Le Donne di Sparta" articolo apparso sulla rivista Raido

mercoledì 11 febbraio 2009

Fondo Pertan


Segnaliamo il Fondo Pertan (per informazioni http://www.adesonline.com/) che si fa promotore della raccolta di libri, nuovi ed usati, che valorizzino la cultura e la storia italiana, per poi donarli alle Comunità Italiane di Istria, Fiume e Dalmazia.


Contatti: per qualsiasi tipo di informazione è possibile contattare il “Fondo Italiano Pertan” tramite l’e-mail ufficiale fondoitalianopertan@email.it.

mercoledì 14 gennaio 2009

La Poesia ... spartana e laconica .....


Programma


Prima di morte attingere virtù.



Tirteo, poeta spartano, VII sec. a. C.






lunedì 12 gennaio 2009

La Poesia.....

Piani


Barricati nel cavo degli scudi,
divisi in tre ordini, Pamfili, Illei, Dimani,
e palleggiando frassini omicidi,

affidando agli dèi perenni l'esito di tutto,

obbediremo a chi comanda.

Poi calcheremo sùbito compatti al suolo,

affrontando guerrieri armati d'asta,
e salirà di qua di là fragore orrendo, al cozzo

degli scudi rotondi sugli scudi

ai colpi di pietre smisurate
si leverà dagli elmi fulgidi un tintinnio.


Tirteo, poeta spartano, VII sec. a. C.

sabato 3 gennaio 2009

Le idee a posto / 5

L'appartenenza mentale ad un ipotetico schieramento di idee e di valori, senza azioni coerenti che ne verificano l'appartenenza, spesso si traduce in un mero esercizio di vanità. Vi è un carattere, un atteggiamento, un costume che attiene all'uomo nobile ed uno a colui che definiamo uomo volgare. Le lezioni che abbiamo ricevuto dal recente passato ci indicano che prima ancora delle idee vengono le qualità degli uomini superiori. A quelli, ci rivolgiamo.

DECALOGO PRATICO per l'Uomo della Tradizione

Codice minimo di stile di vita legionario


1) Alzarsi presto al mattino.
Obbligarsi a fare qualche esercizio - Lavarsi con l’acqua fredda

2) A testa alta

Fare almeno un piccolo tragitto a piedi . Affrontare la giornata guardando il cielo, l’alba, le nuvole, dedicando qualche momento alla preghiera. Osservare e amare la Natura in tutte le sue espressioni.


3) Nessuna scorciatoia - Se si hanno più cose da fare, cominciare da quella più gravosa
Cercare soddisfazione solo nel dovere compiuto e non nel guadagno - Dare valore solo alle cose ottenute grazie al proprio lavoro - Disdegnare ciò che non ci appartiene o che ci arriva immeritatamente

4) Dare il meglio - Appena svolti i propri compiti, donare il tempo che avanza alla militanza.
Spendere una parte consistente del proprio tempo libero e del denaro non strettamente necessario per l’attività comune, la formazione, la diffusione di materiale militante.

5) Prendersi cura - Essere vicino a chi ha bisogno
Telefonare o scrivere a una persona anziana o ammalata oppure a un nostro reduce; a un camerata in prigione o che vediamo particolarmente solo

6) Educare la mente - Non compiere un’azione senza prima aver riflettuto
Non bestemmiare, non praticare il turpiloquio - Non dire menzogne – Mantenere ordine nelle proprie cose - Obbligarsi a imparare almeno una frase o una citazione a memoria al giorno

7) Rispetto di sé stessi - Privarsi dei vizi
Non ubriacarsi mai e rifiutare qualsiasi forma di “sballo” (droga, alcool, musica eccessiva) - Essere sempre in ordine e puliti senza narcisismi - Mantenersi in forma senza eccedere nel culto del fisico

8) Rispetto per gli altri – Guardare sempre negli occhi le persone quando si parla
Essere sempre puntuali, anche negli appuntamenti informali o meno importanti – Evitare di avere atteggiamenti volgari, arroganti, insofferenti

9) Sobri e austeri - Non sprecare mai nulla
Parlare solo quanto serve – Non mangiare o bere troppo – Evitare l'ostentazione di abbigliamento e accessori – Rifuggire dal desiderio del lusso o del superfluo – Imparare a risparmiare senza diventare avari

10) Riposare la mente - Consacrare la serata alla lettura piuttosto che “spegnere il cervello” guardando la televisione. Rimanere almeno 10 minuti in silenzio - Non raggiungere il letto solo quando si è allo sfinimento – Prima di dormire rileggere questo Decalogo e capire cosa (e perché) non si è fatto