domenica 10 giugno 2012

Terremoto Emilia, Punto Raccolta - Santa Severa

Continua, in coincidenza con il consiglio comunale aperto sul castello di Santa Severa, l’impegno da parte del Centro Studi Aurhelio, per le popolazioni colpite dal terremoto in Emilia. Il punto di raccolta per i beni di prima necessità è organizzato, in collaborazione con la Protezione Civile di Santa Marinella, proprio presso il Castello 18 alle 20. I cittadini potranno così adempiere con un solo viaggio, a partecipazione e solidarietà.

mercoledì 6 giugno 2012

Riflessioni - Personalismo del mondo moderno


“Non più tradizioni, non più categorie: solo persone!“ E’ con questa cruda constatazione che Gustave Thibon, inizia la riflessione nella sua opera "Diagnosi" quando parla del personalismo dilagante del mondo moderno. 

La persona è oggi il cardine di tutto. Si sposa, per esempio, la persona che piace, senza tenerne minimamente conto l'ambiente o la posizione; un regime politico s'incarna in un uomo e muore con lui, ecc. Tutto questo, avverte Thibon, porta al tramonto di tutte le grandi continuità sociali, all'instabilità universale. “La persona umana non è un assoluto. Un tempo si amavano gli uomini attraverso le istituzioni: il matrimonio aveva maggior peso, nell'anima di una sposa, della persona di suo marito; si tollerava il re per rispetto alla monarchia, ecc. 

Attualmente si sopportano le istituzioni solo attraverso una persona idolatra; si considerano le categorie come cose astratte e morte.” Ma afferma Thibon, le cose sono diventate tali a misura che aumentava il culto della persona. Impersonale non è necessariamente sinonimo di morto e di astratto; ciò che non è persona può essere altrettanto concreto e vivente. Gustave Thibon lancia un campanello d'allarme verso la tendenza moderna che vorrebbe respingere come puramente artificiale e decorativo tutto ciò che non è personale.

Sacrificare le persone alle categorie non è un bene, sacrificare le categorie alle persone però è anche peggio: da una parte si provoca sterilità dall'altra putrefazione. Ancora qualche progresso di questa religione della persona, avverte Thibon, e non avremo più "buone casate", né patria, né spirito di corpo o di casta - non avremo più radici nel tempo e nello spazio. “Non si va molto lontano nelle nostre rivendicazioni in favore della persona umana: essa è relativa, effimera, deludente e gonfia spesso dell'impersonale più vano. Noi non crediamo che al personalismo divino.” 

Il primato della persona spinto all'esagerazione, scrive Thibon, porta con sé un altro pericolo capitale: i realisti che non amano la monarchia che attraverso il volto di un principe che li ha sedotti, dei cattolici che legano la fede nell'autorità pontificia, a una specie di culto infantile della persona del papa, popoli interi sollevati da ridicolo entusiasmo per un dittatore... Insomma, le cose più universali sono divenute "questioni di persone", "affari privati". “

Le istituzioni oggi non si giustificano agli occhi delle folle che attraverso il genio o il magnetismo di qualche individuo. Tale esigenza porta con sé due conseguenze rovinose: impone ai disgraziati sostenitori dell'intero peso delle istituzioni un grado di tensione e di attività inumano, e, allo stesso tempo, lega la sorte delle istituzioni a miserabili casi individuali”. Antropocentrismo pietoso dunque, che confonde il canale con la sorgente e che tende a fare della persona umana il sostegno assoluto di ciò che passa attraverso l'uomo e riposa in realtà su Dio solo.

venerdì 1 giugno 2012

ELOGIO DI DON IVAN

In questi giorni in cui la Chiesa cattolica fa notizia solo per le sue guerre interne di potere, per l’attaccamento spasmodico ai suoi privilegi, per i loschi affari condotti con i peggiori faccendieri, per le bugie e per le renitenze su ca...si giudiziari che la vedono stranamente coinvolta, si staglia immensamente al di sopra di tali bassure la figura di don Ivan Martini, il parroco di Rovereto (MO), morto nella sua chiesa di S. Caterina, colpito da una trave crollata durante l’ultimo terremoto. Don Ivan è morto per salvare una statua della Madonna particolarmente cara ai suoi parrocchiani. Forse molti non saranno d’accordo, ma questa morte è per me più “santa” di una morte avvenuta per salvare un altro essere umano. Salvare un uomo in pericolo (ancor più se un vecchio una donna un bambino) , è nell’istinto di ogni essere umano non totalmente abbrutito, ma rischiare la vita per un simbolo non è più cosa né degli uomini né dei preti (tanto più che di uomini veri tra loro non ce ne è quasi più) di oggi (io lo vedo un don Gallo che salva un bambino e poi fa piangere Fabio Fazio di commozione, ma non lo vedo che s’affanna neppure per salvare il calice delle ostie consacrate). E don Ivan non è neanche morto per una Madonna che fosse un’opera d’arte (ricordo la mia insegnante di lettere del biennio del liceo, la quale ci diceva che un uomo aveva il dovere di sacrificare la sua vita per salvare una Gioconda o un David), ma per una semplice immagine di parrocchia paesana, carica però della fede, delle preghiere, delle attese dei suoi fedeli. Don Ivan è morto come quei soldati che non vogliono far cadere la bandiera in mano al nemico (il terremoto, in questo caso). E una bandiera cos’è, se non un un’idea materializzata e consacrata da una credenza? Quanti italiani sono disposti a morire per una bandiera nel Paese di capitan Schettino? Don Ivan lo ha fatto, e forse questa volta è il caso veramente di gridare: “SANTO SUBITO!”.

mercoledì 30 maggio 2012

RACCOLTA MATERIALI PER LE POPOLAZIONI COLPITE DAL TERREMOTO

Il Centro Studi Aurhelio in collaborazione con la Protezione Civile di Santa Marinella ha organizzato una raccolta di materiali di prima necessità, Sabato 2 Giugno dalle ore 17 alle ore 20 presso i portici al centro di Santa Marinella. A breve ulteriori info.

SI RACCOLGONO
prodotti per l’igiene e la pulizia (corpo, stoviglie, igienizzanti superifici) disinfettanti, amuchina e simili

assorbenti per anziani, donne e pannolini per bambini, fazzoletti umidificati

beni alimentari non deperibili (scatolame, pasta e riso, pelati, latte UHT, succhi di frutta),

piatti, bicchieri e posate di plastica, tovaglioli e scottex.

Santa Marinella Solidale!

lunedì 28 maggio 2012

The Eagle - CineAurhelio

Martedì 29 Maggio, alle ore 21, presso la nuova sede del Centro Studi Aurhelio proiezione del film "The Eagle". I soci sono pregati di prenotare.

Esca: “Come può contare così tanto un pezzo di ferro per voi?”
Marcus: “L’Aquila non è un pezzo di ferro … l’Aquila è Roma!”


 THE EAGLE

Un film di Kevin Macdonald. Con Channing Tatum, Jamie Bell, Donald Sutherland, Mark Strong, Tahar Rahim.  Drammatico, durata 114 min. - USA 2011. – Bim.  Uscita venerdì 16 settembre 2011

Marcus Aquila nel 140 d.C. giunge in Britannia come giovane comandante al suo primo importante incarico. Sulle sue spalle grava un pesante fardello. Suo padre tempo prima era alla guida della Nona Legione composta da 5.000 uomini tutti scomparsi. Insieme a loro è andato perduto anche il simbolo dell'orgoglio di Roma: il vessillo con l'aquila. Marcus, dopo aver mostrato sul campo il proprio coraggio ed essere tornato ferito a Roma ospite di uno zio, assiste a un combattimento nell'arena in cui ammira lo sprezzo del pericolo di uno schiavo britannico, Esca. Lo salva da morte certa e lo prende con sé. Insieme torneranno in Britannia alla ricerca dell'aquila.
Rosemary Sutcliff nel 1954 pubblicò “The Eagle of the Ninth” che divenne subito un best seller. In esso si romanzava un dato che sta fra la storia e la leggenda. C'è chi legge la scomparsa della Nona Legione romana come un segno della vittoria del Davide indipendentista sul Golia imperiale e c'è chi ritiene invece che la Legione fu semplicemente trasferita dal nord dell'attuale Inghilterra al Medio Oriente. Il dato storico però poco interessa a Kevin McDonald il quale, spesso in equilibrio tra documentario e finzione, questa volta si lascia andare al narrare in un film di confronto virile aderendo e al contempo evitando gli stilemi del genere. Perché se i guerrieri autoctoni ricordano quelli di Apocalypto, nella loro fantasmatica tribalità siamo però lontani dalla ricostruzione alla Valerio Massimo Manfredi così come dall'epicità de Il gladiatore o dall'esibizione muscolare di Spartacus: Sangue e sabbia
È un film di attese The Eagle. Attesa di una dimostrazione di coraggio. Attesa di un riscatto morale. Attesa dello svilupparsi di un relazione padrone/schiavo che potrebbe giungere anche al ribaltamento. Non mancano gli scontri fisici ma non assumono mai la dimensione dell'iperrealismo a cui 300 sembra avere sottomesso una parte dell'immaginario cinematografico-televisivo. È una ricerca di ruoli oltre che di un simbolo di potere e di onore il percorso che i due protagonisti compiono (a proposito: le promesse che avevamo visto nel Jamie Bell di Billy Elliot sono state mantenute). Così formazioni a testuggine e sottogola che lasciano cicatrici indelebili diventano occasioni per raccontare di uomini che credono in ciò che fanno anche se la vita è pronta ad offrire loro punti di vista inattesi che potrebbero mutare il senso stesso del loro agire.

www.mymovies.it

Marcus Aquila: "Padre dei nostri padri, aiutami a guidare i miei uomini con saggezza. Fa che non disonori la mia legione e ti prego, aiutami a riconquistare l'onore della mia famiglia..."

giovedì 24 maggio 2012

Domenica, festa con dibattito al Castello di Santa Severa


Domenica 27 maggio, a partire dalle ore 10.00, si terrà presso il Castello di Santa Severa la prevista festa “Facciamo la festa al Castello prima che gliela facciano gli altri!” organizzata dal “Comitato per il Castello”, promosso dal Gruppo Archeologico del Territorio Cerite, e ora ufficialmente composto da circa un migliaio di cittadini facenti parte delle Associazioni Lituus, Scuolambiente, Le Voci, Marevivo, Assovoce, Centro Studi Aurhelio, Salviamo il Paesaggio, Accademia Kronos, Incontro e Territorio, Città del Mare, Cantiere dell’Arte, Nautica Campo di Mare, E20, Treestyle, Azimuth e NAAC.  Per la mattina si prevede l’apertura dei punti informativi e il pubblico dibattito sul futuro del castello al quale sono stati invitati il Sindaco di Santa Marinella Roberto Bacheca, il presidente della Provincia di Roma On. Nicola Zingaretti e la presidente della Regione Lazio On. Renata Polverini. Il Comitato ha esteso gli inviti anche a tutte le forze politiche locali e regionali, alle Associazioni ed ai cittadini del litorale nord di Roma. Al dibattito seguiranno brani musicali e letterari proposti dal coro della Lituus e da Le Voci di S. Marinella.
Nel pomeriggio alle 16.00 sono previsti i “Giochi antichi per i ragazzi”, i “Pittori all’aria aperta” e l’apertura della mostra “Santa Severa tra leggenda e realtà storica: scavi e scoperte nel castello di Santa Severa” e del Centro Studi Marittimi “Pyrgi Sommersa” a cura del Gruppo Archeologico del Territorio Cerite e dell’Accademia delle Arti di Pyrgi. Alle ore 18.00 chiuderà la manifestazione l’esibizione del coro Saint John Gospel Choir del Cantiere dell’Arte, in onore del Castello.


Durante il dibattito il Comitato presenterà una propria proposta di valorizzazione del complesso monumentale da sottoporre alla cittadinanza e alle forze politiche del territorio affinché possa essere condivisa e portata avanti nelle sedi opportune. Sarà duramente combattuta qualsiasi ipotesi di “privatizzazione strisciante” del bene o di destinazione d’uso a fini commerciali non compatibili con l’alta valenza culturale del monumento. Il Comitato ritiene che prima di tutto debba essere assicurata la valorizzazione culturale pubblica del complesso in quanto testimonianza storico-archeologica del passato del nostro territorio e in secondo luogo, nella dovuta maniera e nel totale rispetto del bene, prevedere attività di autofinanziamento attraverso la gestione del centro congressi e del punto di ristoro. Le Associazioni sono ferme nel ritenere che la Rocca del Castello con l’annessa Torre Saracena possano essere solo e soltanto “il museo di se stesse” dove i visitatori potranno trovare raccontata con reperti, documenti, plastici e ricostruzioni multimediali la storia del castello e della sua tenuta nel corso dei secoli, dal martirio di Santa Severa ai giorni nostri. Nel complesso della Rocca, oltre al museo, possono essere ospitati laboratori, sale riunioni, spazi per mostre temporanee ed altri servizi culturali a disposizione del pubblico e delle Associazioni.
Ancora una volta domenica 27 sarà l’occasione per ricordare le semplici richieste, tuttora senza risposta, che da circa due mesi sono state rivolte ai politici di tutti gli Enti locali interessati al futuro del castello:
1. Istituzione di un tavolo di lavoro “tecnico-politico” tra Regione, Provincia e Comune per affrontare le problematiche relative alla definizione del futuro del castello in modo chiaro, condiviso e sinergico.
2.Ripristinare subito il servizio di manutenzione, pulizia e custodia del castello che fino al 2011 è stato assicurato dal Comune di Santa Marinella, tramite un contributo della Regione (Bilancio Regionale 2010 capitolo G21504 di € 200.00 “Concorso regionale al Comune di Santa Marinella per lavori edilizi, allestimento attrezzature e guardiania nel castello di Santa Severa”) che purtroppo è stato completamente tagliato nei due bilanci regionali del 2011 e 2012. Il castello e il suo borgo sono da tempo privi di controllo e pulizia, 6 operai addetti sono stati licenziati.
3. Riaprire il complesso monumentale alle visite guidate che gli operatori museali hanno sempre condotto, dal 1996 fino all’inizio del cantiere di restauro nel 2005, consentendo a migliaia di cittadini e turisti di accedere alla Torre Saracena, alla Rocca e ai suoi fossati, alle chiese del borgo, alle mura poligonali nella Cantina della Legnaia. Questa semplice operazione consentirebbe subito di stabilizzare l’occupazione dei 5  operatori e di prevederne l’assunzione di altri.
Appuntamento domenica 27 maggio per fare “La Festa al Castello prima che gliela facciano gli altri!”

Il Comitato Cittadino per il Castello di Santa Severa 

lunedì 21 maggio 2012

Migrazioni: attualità e scenari per il XXI secolo [recensione]

Giovedì 17 maggio alle ore 21 a Santa Marinella,  il Centro Studi Aurhelio ha avuto il privilegio di ospitare un appuntamento inedito riguardo un tema molto attuale, l'immigrazione. Il titolo del tema proposto è stato:  "Migrazioni: attualità e scenari per il XXI secolo.” Per avere una panoramica a 360 gradi su questo argomento e sulle conseguenze che questo ha sulle unità etno-culturali dei popoli è stato invitato il Dottor Cesare Foschi, impegnato in prima linea nell'accoglienza di rifugiati politici e di immigrati, molti dei quali minorenni.  Dopo una prima descrizione delle nature e della morfologia dei flussi immigratori che subisce l'Italia, subito dopo si è puntata l’attenzione sui diversi metodi di accoglienza che vengono messi in pratica, dall'associazionismo di sinistra e da quello cattolico. Si è sottolineata la differenza con il sistema tedesco che non delega al terzo settore questa attività di gestione ma ne assume l’onere in prima persona attraverso istituzioni statali. Successivamente Cesare Foschi ha descritto in modo dettagliato gli ingranaggi del sistema di accoglienza e gestione in Italia, offrendo una prospettiva di analisi dall'interno. Il metodo dell'accoglienza italiano che invece di essere diretto dallo Stato viene appaltato alle associazioni che in base alle presenze di immigrati nei loro centri ricevono fondi pubblici incentivano l'esasperazione del problema immigrazione trasformando l'accoglienza in un business dalle dimensioni incommensurabili. Il penultimo argomento ha riguardato la messa a fuoco dei flussi migratori che investono le diverse nazioni europee e in conclusione le motivazioni che spingono interi strati di popolazione attiva ad abbandonare il proprio territorio di nascita, causando gravi disagi socio-economici sia nei paesi che abbandonano che in quelli in cui proiettano i propri sogni di riscatto, che sempre più spesso si rivelano veri e propri incubi. La conferenza si è conclusa con un dibattito coinvolgente riguardo il ruolo della finanza speculativa, la globalizzazione, delocalizzazione e la predazione di territorio da parte degli stati neocolonialisti. Al termine interessanti riflessioni sull'identità nazionale con interventi e domande da parte di tutti i partecipanti. Un’ottima occasione dunque, per comprendere al meglio i tempi in cui stiamo vivendo, le dinamiche a cui è sottoposta la nostra società e l’orizzonte che si prepara nel futuro prossimo.

giovedì 3 maggio 2012

Nuova sede per il Centro Studi Aurhelio



E' iniziato da pochi giorni il riassetto per l'apertura della nuova sede del nostro Centro Studi. Il locale si trova in Via della Libertà 22 a Santa Marinella. In pieno centro e facilmente raggiungibile, diverrà il nuovo punto di contatto con coloro che sono interessati alla cultura tradizionale ed a tutte le attività che Aurhelio ha già messo in cantiere. A giorni l'apertura ufficiale e a fine mese, augurandoci che i lavori per il parco adiacente siano finiti, non è esclusa la possibilità di una piccola festa.

Da lunedì, quindi, inizierà ufficialmente la nuova avventura .....

martedì 17 aprile 2012

Approssimandoci al 21 Aprile - Natale di Roma


Brano tratto da "La razza di Roma", di Massimo Scaligero.

L’essenza del segreto può intravvedersi soltanto se, giovandosi di una visione non scolastica e non razionalistica della storia si tien conto che Romolo, pur adottando l’arcaico rito della fondazione, innesta ad essi atti che presentano significati nuovi. Non è sufficiente riconoscere che tale rito, per quanto di origine etrusca, era comune anche al Lazio e alla Sabina. Nel rito del mundus si realizza il principio della eternità dell’Urbe, in quanto nuovamente lo spirito si traduce in azione, in realtà gerarchica. Per chi se ne interessi, rimandiamo a simboli, come le visioni augurali di Romolo sul Palatino, e poniamo in rilievo che Remo, il quale sta a simboleggiare l’elemento «antigerarchico» proprio al periodo decadente del «matriarcato», viola la intangibilità del solco e Romolo lo punisce. Ciò vuole significare la inviolabilità di ciò che ritualmente è consacrato e l’affermazione del nascente spirito guerriero, «olimpico», antiugualitario, sul vecchio spirito orgiastico, comunistico, anarcoide: è il primo atto di giustizia inesorabile, di un senso di subordinazione assoluta ad un ideale superiore di cui da quel momento la civitas sarà la manifestazione vivente. Occorre saper vedere in tutto questo la morale profonda cui sarà conforme la razza di Romolo: quella stessa gerarchia spirituale che governerà l’associazione sacrale/guerriera, si rifletterà nella vita degli individui, per virtù del continuo imperio del principio cosciente, del nous, della mens, sulle attività esterne, sulla pratica della vita.

Secondo l’arcaico rito etrusco, gli àuguri dovevano levarsi dopo la mezzanotte, in silenzio, e attendere l’aurora. Anche Romolo e Remo dunque si levano post mediam noctem: salgono sulle due alture (tabernacula capiunt, templa capiunt): da questo momento il destino di Roma e della sua razza sta per essere segnato. Gli storici e i poeti qui quasi totalmente concordano nel dirci che Remolo salì sul Palatino e Remo sull’Aventino: due luoghi diversi, due simboli opposti, due tradizioni che si scontrano, epperò ancora due razze.

Occorre decidere del nome della nuova città: si chiamerà Roma o Remora? Sarà re Romolo o Remo? Tutti sono intenti, in attesa del responso che deve venire dalla forza stessa del fato. Il disco bianco della luna tramonta: si soffonde il chiarore dell’alba ed ecco il più perfetto degli augurii: l’aquila di Giove si mostra a sinistra - è già il simbolo della regalità «olimpica» proprio alla razza «solare», che si manifesta ai padri dei futuri dominatori dell’Occidente - e mentre si affaccia il disco del sole, ecco volare rapido uno stormo nero. Chi avesse veduto prima dodici avvoltoi, quegli avrebbe regnato. Primo è Romolo, al biancheggiare del giorno; il popolo esulta: Romolo è consacrato re, sacerdote e duce: è il lare primo, il padre della nuova razza.

E che sia un autentico capostipite lo dimostra la tecnica sacerdotale della fondazione. Egli, consapevole dell’antico rito etrusco, appreso attraverso i segreti libri liturgici - come si legge in Catone, in Servio, in Festo e in Gellio - iniziato a una spiritualissima scienza sacra che completava in lui il guerriero e il fondatore di civiltà, tratti gli auspici, offerto il sacrificio, acceso il fuoco rituale, scavata la fossa circolare, il mundus, e gettatovi il pugno di terra cui era simbolicamente e realmente legata l’anima degli avi, iniziava la possente e misteriosa vita della terra patrum, della terra dei padri, della patria, ossia della terra cui sarà legato il destino della razza.

A suggellare il legame del nume indigete con il centro spaziale della nuova città, ossia a fine di legare al luogo la forza dello spirito, onde il luogo contenga una sua forza «demonica» di patria, di luogo sacro, di effettiva eternità, una larga pietra, il lapis manalis, chiude la bocca della fossa. Viene così costituito il «mondo-infero», che deve accogliere le anime, non i corpi dei trapassati, e donde tre volte l’anno essi emaneranno nel mondo della vita. Allato al mondo infero, vengono erette una colonna di forma conica ed una piramide: ambedue sono sacre ai manes del capostipite e vengono consacrate ai suoi eroismi. È dunque una forza immortale che si sposa alla terra la quale perciò sarà anch’essa immortale. Dopo l’assunzione nel ciclo divino, il fondatore, spiritualmente vivo nel mondo infero, sarà venerato dalla città quale figlio degli Dèi, nume tra i numi, auctor, eroe e parente della nuova stirpe.

Consacrati il mondo infero e quello superno, si procede alla costituzione rituale della topografia della città, sempre in ordine a un antico segreto cerimoniale che Romolo ben conosce. Del cerimoniale non conosciamo che la modalità esteriore, ma anch’essa, per chi sa intendere, ha un linguaggio. Il duce, in candida clamide e il capo velato, secondo il costume sacerdotale, aggiogati all’aratro un bue e una vacca bianchi e robusti, discende dalla collina, seguìto dai compagni silenziosi, ed invocando con misteriose formule di propiziazione il favore delle forze divine comincia a tracciare il solco rituale, badando che all’interno, dalla parte della città, sia la vacca, immagine della fertilità, e fuori, dalla parte della campagna, il bue, emblema della forza. Nel condurre il solco egli, là dove vuole le porte, alza l’aratro, così che non tocchi terra. Poi alzerà le mura di cinta, seguendo la linea del solco, e fuori, rasente le mura, scaverà il fosso di circonvallazione: di qua e di là i due pomeri: uno interno e l’altro esterno: due spazi di terra che non si possono arare né abitare, voluti sgombri e liberi, a scopo di vedetta e di difesa. Le mura sacre qui sorgeranno e nessuno potrà da allora modificarne l’ampiezza e restaurarle senza il permesso dei Pontefici. Ai confini si porranno i titoli dedicati al Dio Termine.

Tracciati i limiti della città, date ai padri le case secondo la designazione della sorte, divulgati i diritti, il duce, seguìto da tutti i compagni, riguadagna la sommità. Indi, gridato il nome divino della città che viene ripetuto a gran voce tre volte dai padri, immola il bianco giovenco con la vacca sull’ara del sommo Giove. Imbandiscono poi le mense e le feste durano nove giorni. Gli oggetti adoperati nel rito della fondazione dell’Urbe si ripongono come sacre nel mundus.

Questo complesso rituale onde Roma, a detta di Ennio, viene fondata con «augusto augurio», contiene i motivi fondamentali che daranno senso d’eternità alla razza, alla città e al suo imperio: esso è l’aspetto cerimoniale di una tecnica segreta mirante ad aggiogare gli eventi secondo un’unica direzione, quella dell’Urbe nascente. È l’iniziale vittoria della razza di Roma sul fato, per un ciclo nuovo dell’Occidente. Tale sarà da allora il significato del Dies natalis Urbis Romae. La fondazione di Roma è dunque un atto costruttivo che muove da un ordine di interiore necessità: essa, mentre è la conseguenza di un trattato religioso tra coloro che dovranno abitarla, in quanto rappresenterà il santuario del culto comune, deve ritualmente costituirsi come causa di cause, come punto di partenza, come motivo radicale di un organismo futuro. È un seme nel seno della terra e, come seme, deve contenere la forza della generazione.

venerdì 23 marzo 2012

I nuovi poster del Centro Studi Aurhelio

Castrum Novum, il primo insediamento romano sul territorio di Santa Marinella. La ricostruzione di Adriano Fruch si è basata sulle importanti indicazioni delle ricerche archeologiche effettuate sul sito.
Carta Avorio, formato A3


La spiaggia centrale di Santa Marinella, la passeggiata e lo scorcio tra ville e palazzi moderni.
Una immagine simbolo che contraddistingue il nostro territorio.
Carta Avorio, formato 15 X 42.




Il Santuario di Pyrgi, l'importante centro religioso che ha rivestito una importanza centrale nell'ambito delle ricerche perchè in prossimità del sito archeologico sono state ritrovate le laminette d'oro che hanno contribuito sensibilmente alla interpretazione dell'alfabeto etrusco. La ricostruzione di Adriano Fruch si è basata sulle importanti indicazioni delle ricerche archeologiche. Si scorgono sul disegno infatti, il tempio A ed il tempio B, la processione religios e figure femminili che richiamano le ierodule.
Carta Avorio, formato A3
I poster possono essere richiesti al Centro Studi Aurhelio: cst.aurhelio@gmail.com


martedì 20 marzo 2012

Il Mondo della Tradizione

Prefazione alla seconda edizione

Sconvolgendo anche le più rosee previsioni, la prima edizione di questo quaderno è andata in breve tempo ad esaurirsi, e questa seconda ora va riempiendo un vuoto che molti già lamentavano.

Numerose sono state le segnalazioni e gli incoraggiamenti ricevuti per la realizzazione di questo piccolo ma essenziale scritto, che non può né vuole essere esauriente, ma offrire al militante un momento di riflessione.

L’obiettivo prefissato è quello di risvegliare nei propri “simili” l’entusiasmo per la Tradizione e favorire quel processo di formazione dei militanti atto a realizzare il differenziarsi dalla perversione moderna.

Infatti, il primo quaderno della collana “La formazione del Militante della Tradizione” delinea in modo semplice ed essenziale la dottrina tradizionale che per ogni militante deve essere il punto di partenza d’ogni azione. Siamo convinti che, senza un preciso punto di riferimento, è difficile resistere al vortice della decadenza e la crisi del mondo moderno, alla lunga, finisce con il coinvolgere anche chi rifiuta la sua logica.

Frequentemente le azioni che si compiono non hanno un fine preciso, si vive alla giornata, restando impantanati nelle sabbie mobili di uno sterile intellettualismo, o vittime sacrificate ad un’agitazione senza senso. Si ha così un militante rinchiuso nella sua torre d’avorio o pronto a rincorrere ogni tipo di problematica sociale, con l’illusione di essere al passo con i tempi, ma entrambe queste soluzioni altro non sono che la conseguenza di un tipo umano inconsapevole della realtà che lo circonda.

Julius Evola, in “Rivolta contro il mondo moderno”, afferma che uscire dalla Tradizione significa uscire dalla vita; abbandonare i riti, alterare o violare le leggi, confondere le caste, significava retrocedere dal cosmos nel caos”.

Tradizione è “regola”, cioè Legge interiore ed esteriore a cui far riferimento, specie nei momenti di crisi come quello attuale. Regola e misura, che prima di tutto devono informare il nostro stile di vita e delimitare i confini tra gli amici e i nemici.

Per questo motivo la dottrina tradizionale non si può imporre, ma deve essere una libera scelta, un momento di crescita interiore liberamente voluta e cercata. È possibile che non sempre si sia all’altezza delle proprie aspirazioni, dinanzi agli ostacoli si può cadere, ma ciò che importa è rialzarsi e affrontare con più determinazione le difficoltà.

Per il militante la Tradizione diventa un sostegno necessario per affrontare le prove quotidiane; il suo agire è lucido e cosciente; il rispetto per la Verità e la giustizia, per la natura e per le sue leggi, sono il segno tangibile del collegamento con un Ordine trascendente che coinvolge tutto l’essere umano.

In conclusione vogliamo ringraziare tutti coloro, e non sono pochi, che ci hanno contattato confermandoci la loro simpatia e il loro entusiasmo, e che inoltre ci hanno informato che hanno utilizzato questo scritto come vademecum in gruppi di studio soprattutto di giovani militanti. Vogliamo ringraziare ancora quanti si sono prodigati e si prodigano alla sua diffusione, che oggi può annoverare numerose traduzioni ed edizioni anche al di fuori dei confini nazionali.


La Formazione del Militante della Tradizione

Quaderno Numero Uno: Il Mondo della Tradizione

Indice

Premessa

1. Dalle origini al mondo moderno

2. Il Sacro e la Tradizione

3. Che cos’è la Metafisica

4. Gli Stati dell’Essere: Archetipo-Spirito-Anima-Corpo

5. Esoterismo ed Exoterismo

6. L’Autorità

7. Le Caste

8. La Civiltà

9. La Guerra Santa: vita est militia super terram

10. Decadenza e sovversione

11. L’iniziazione

12. Contemplazione e azione

13. La Legge

14. Il Rito

15. Il Mito

16. Il Simbolo

Appendice

I. La Croce

II. Il Sole

Orientamenti Bibliografici


Disponibile presso il Centro Studi Aurhelio

sabato 25 febbraio 2012

A Gaetano [in memoriam]


...e me ne andrò. Ma gli uccelli rimarranno, cantando:
e il mio giardino rimarrà, col suo albero verde,
col suo pozzo d'acqua.
Molti pomeriggi i cieli saranno azzurri e placidi,
e le campane sul campanile rintoccheranno
come rintoccano questo pomeriggio.
Le persone che mi hanno amato moriranno,
e ogni anno la città si rinnoverà.
Ma il mio spirito vagherà sempre nostalgico
nello stesso recondito angolo del mio giardino fiorito.

(Juan Ramon Jimenez, Il Viaggio Definitivo)

martedì 31 gennaio 2012

Il dovere dell'azione [recensione]

E’ un pomeriggio ventoso quello che ha visto raccogliersi un folto gruppo di persone nei locali, piccoli ma molto accoglienti, del Centro Studi Aurhelio di Santa Marinella che da poco ha ufficialmente aperto i battenti. L’occasione per raggiungere il litorale romano è stata di quelle imperdibili: un appuntamento formativo sulla dottrina tradizionale col prof. Mario Polia, sceso dal museo di Leonessa di cui è curatore per parlarci del dovere dell’azione e della condotta che si confà all'uomo che si ispira alla Tradizione nel mondo moderno.

La semplicità che contraddistingue Polia quando parla anche di argomenti molto importanti come questo, rende subito chiaro che il dovere di agire è nei confronti del passato come in quello del futuro. Pertanto, la consapevolezza di avere delle responsabilità nei confronti dell’avvenire ci allontana dal fatalismo e ci rende obbligatoriamente protagonisti dei nostri tempi, anche con un certo comprensibile orgoglio, il quale però non deve farci venir meno all’umiltà con la quale va rivolto lo sguardo ai maiores, nostri avi e di noi più grandi per virtù, che sono per noi esempio fondamentale e dei quali dobbiamo ambire ad essere degni. La bussola che orienta questa condotta è il riferimento al Sacro, elemento imprescindibile per l'uomo della Tradizione.

L’immagine simbolica che è stata cardine di tutto l'intervento è quella di Enea in armi che, abbandonando Troia in fiamme, porta sulle spalle l’anziano padre, con i simboli dei propri dei, e conduce con se il figlioletto e la moglie. Questà è la pietas nel suo senso concreto: fedeltà alla parola data, agli dei come agli uomini, e quindi a quello che è il proprio compito e dovere. L'impegno a cui ha tenuto fede Enea lo ha portato non ad una mera fuga per conservare se stesso o i suoi cari, ma a vivificare in se i Valori antichi in modo che potessero affermarsi altrove, dal momento che la sua città era in fiamme, in quella che sarebbe stata (ed in ciò che avrebbe significato) Roma. L'azione doverosa - come ci ha spiegato Polia - tradotta in condotta quotidiana anche nell'avverso mondo moderno, è perciò fare semplicemente ciò che deve essere fatto, senza badare all'utile personale ma soprattutto senza alcun attaccamento al risultato.

Al termine dell'intervento poche, ma efficaci, domande hanno rotto il silenzio di chi era stato colpito dall'argomento trattato e dalla magnifica capacità espostiva del relatore; ma soprattutto, i presenti, hanno quindi approfittato della preziosa occasione di avere Mario Polia per avere ulteriori consigli orientativi. Infine, l'incontro si è concluso con una cena comunitaria, graditissima dagli ospiti e degno coronamento di un pomeriggio trascorso tutti insieme all'insegna dei valori della Tradizione.

(recensione a cura del Nucleo Identitario Sociale)

mercoledì 25 gennaio 2012

Conferenza con il Prof Mario Polia

Centro Studi Aurhelio
Appuntamenti di formazione dottrinaria

Il dovere dell'azione.
La condotta tradizionale nel mondo moderno
Interviene il Prof. Mario Polia

Santa Marinella, Via Aurelia 571A, alle ore 18


venerdì 30 dicembre 2011

Le idee a posto - Antonio Medrano

L’indicazione che si può dare è semplice: vivere tutte le manifestazioni della vita in modo sacro, con una apertura verso l’alto e con un profondo senso di responsabilità. Se poi volessimo fare un esempio pratico, pensiamo al lavoro moderno che ogni giorno che passa è sempre più contrario all’essere umano. La dottrina tradizionale, in questo caso, offre dei chiari orientamenti esistenziali per difendersi dall’attacco disumano: ad esempio il distacco, la concentrazione su quello che si fa e l’azione senza ego.
Antonio Medrano

lunedì 19 dicembre 2011

Solstizio d'Inverno - 21 Dicembre






















Vi sono riti e feste, sussistenti ormai solo per consuetudine nel mondo moderno, che si possono paragonare a quei grandi massi che il movimento delle morene di antichi ghiacciai ha trasportato dalla vastità del mondo delle vette giù, fin verso le pianure.
Tali sono, ad esempio, le ricorrenze che come Natale ed anno nuovo rivestono oggi prevalentemente il carattere di una festa familiare borghese, mentre esse sono ritrovabili già nella preistoria e in molti popoli con un ben diverso sfondo, compenetrate da un significato cosmico e universale. Di solito, passa inosservato il fatto che la data del Natale non è convenzionale e dovuto solo ad una particolare tradizione religiosa, ma è determinata da una situazione astronomica precisa: è la data del solstizio d’inverno.
E proprio il significato che nelle origini ebbe questo solstizio andò a definire, attraverso un adeguato simbolismo, la festa corrispondente. Si tratta, tuttavia, di un significato che ebbe forte rilievo soprattutto in quei progenitori delle razze indoeuropee, la cui patria originaria si trovava nelle regioni settentrionali e nei quali, in ogni caso, non si era cancellato il ricordo delle ultime fasi del periodo glaciale. In una natura minacciata del gelo eterno l’esperienza del corso della luce del sole nell’anno doveva avere un’importanza particolare, e proprio il punto del solstizio d’inverno rivestiva un significato drammatico che lo distinguerà da tutti gli altri punti del corso annuale del sole. Infatti, nel solstizio d’inverno, il sole, essendo giunto nel suo punto più basso dell’eclittica, la luce sembra spegnersi, abbandonare le terre, scendere nell’abisso, mentre ecco che invece essa di nuovo si riprende, si rialza e risplende, quasi come in una rinascita. Un tale punto valse, perciò, nei primordi, come quello della nascita o della rinascita di una divinità solare. Nel simbolismo primordiale il segno del sole come “Vita”, “Luce delle Terre”, è anche il segno dell’Uomo. E come nel suo corso annuale il sol e muore e rinasce, così anche l’Uomo ha il suo “anno”, muore e risorge. Questo stesso significato fu suggerito, nelle origini, dal solstizio d’inverno, a conferirgli il carattere di un “mistero”. In esso la forza solare discende nella “Terra”, nelle “Acque”, nel “Monte” (ciò in cui, nel punto più basso del suo corso, il sole sembra immergersi), per ritrovare nuova vita. Nel suo rialzarsi, il suo segno si confonde con quello de “l’Albero” che sorge (“l’Albero della Vita” la cui radice è nell’abisso), sia “dell’Uomo cosmico” con le “braccia alzate”, simbolo di resurrezione. Con ciò prende anche inizio un nuovo ciclo, “l’anno nuovo”, la “nuova luce”. Per questo, la data in questione sembra aver coinciso anche con quella dell’inizio dell’anno nuovo (del capodanno). È da notare che anche Roma antica conobbe un “natale solare”: proprio nella stessa data, ripresa successivamente dal cristianesimo, del 24-25 dicembre essa celebrò il Natalis Invicti, o Natalis Solis Invicti (natale del Sole invincibile).
In ciò si fece valere l’influenza dell’antica tradizione iranica, da tramite avendo fatto il mithracismo, la religione cara ai legionari romani, che per un certo periodo si disputò col cristianesimo il dominio spirituale dell’Occidente. E qui si hanno interessanti implicazioni, estendendosi fino ad una concezione mistica della vittoria e dell’imperium.
Come invincibile vale il sole, per il suo ricorrente trionfare sulle tenebre. E tale invincibilità, nell’antico Iran, fu trasferita ad una forza dall’alto, al cosiddetto “hvareno”. Proprio al sole e ad altre entità celesti, questo “hvareno” scenderebbe sui sovrani e sui capi, rendendoli parimenti invincibili e facendo si che i loro soggetti in essi vedessero uomini che erano più che semplici mortali. Ed anche questa particolare concezione prese piede nella Roma imperiale, tanto che sulle sue monete, spesso ci si riferisce al “sole invincibile”, e che gli attributi della forza mistica di vittoria sopra accennata si confusero non di rado con quelli dell’Imperatore.
Tornando al “natale solare” delle origini, si potrebbero rilevare particolari corrispondenze in ciò che ne è sopravvissuto come vestigia, nelle consuetudini della festa moderna. Fra l’altro un’eco offuscata è lo stesso uso popolare di accendere sul tradizionale albero delle luci nella notte di Natale. L’albero, come abbiamo visto, valeva infatti come un simbolo della resurrezione della Luce, di là della minaccia delle notte. Anche i doni che il Natale porta ai bambini costituiscono un’eco remota, un residuo morenico: l’idea primordiale era il dono di luce e di vita che il Sole nuovo, Il “Figlio”, dà agli uomini. Dono da intendersi sia in senso materiale che in senso spirituale.
[…] Avendo ricordato tutto ciò, sarà bene rilevare che batterebbe una strada sbagliata chi volesse veder qui una interpretazione degradante tale da trascurare il significato religioso e spirituale che ha il Natale da noi conosciuto, riportando all’eredità di una religione naturalistica e per ciò primitiva e superstiziosa. […] Una “religione naturalistica” vera e propria non è mai esistita se non nella incomprensione e nella fantasia di una certa scuola di storia delle religioni […] oppure è esistita in qualche tribù di selvaggi fra i più primitivi. L’uomo delle origini di una certa levatura non adorò mai i fenomeni e le forze della natura semplicemente come tali, egli li adorò solo in quanto e per quel tanto che essi valevano per lui come delle manifestazioni del sacro, del divino in genere. […] la natura per lui non era mai “naturale”. […] Essa presentava per lui i caratteri di un “simbolo sensibile del sovrasensibile”. […] Un mondo di una primordiale grandezza, non chiuso in una particolare credenza, che doveva offuscarsi quando quel che vi corrispose assunse un carattere puramente soggettivo e privato, sussistendo soltanto sotto le specie di feste convenute del calendario borghese che valgono soprattutto perché si t ratta di giorni in cui si è dispensati dal lavorare e che al massimo offrono occasioni di socievolezza e di divertimento nella “civiltà dei consumi”.

Tratto da juliusevola.it

mercoledì 14 dicembre 2011

La biblioteca dello scriba

“Proprio questo è difatti il carattere più visibile dell’epoca moderna: il bisogno di un’agitazione incessante, di un mutamento continuo, di una velocità sempre crescente che così riflette quella secondo la quale oggi si svolgono gli avvenimenti.” Rene Guenon


lunedì 12 dicembre 2011

Inagurazione Centro Studi Aurhelio


Giovedì 22 dicembre, ore 18.00, Via Aurelia 571A - Santa Marinella RM

Inaugurazione Natalizia nel segno del Solstizio d'Inverno

Aperitivo e auguri natalizi

Adriano Romualdi




















Atti del convegno "L'Uomo, l'Azione, il Testimone Convegno sulla figura e l'opera di Adriano Romualdi nel trentesimo anniversario della scomparsa."

Contributi di:

"Adriano Romualdi: la filosofia di Platone, Nietzsche, Evola" Prof.Rodolfo Sideri.
"Frammenti e immagini di una amicizia" Prof. Mario Michele Merlino
"Dal mito dell'Europa al nuovo nazionalismo europeo" Maurizio Rossi.
"Adriano Romualdi, pensatore politicamente scorretto" Dott. Gianfranco De Turris.
"La Tradizione Perenne in Adriano Romualdi" Dott. Tommaso Romano.

Pagine: 64, Raido, Prezzo: €5.00 (solo per i soci)

martedì 6 dicembre 2011

Bhagavad-Gītâ. Commento di versi scelti

Fascicolo n. 43 - Documenti per il Fronte della Tradizione

Bhagavad-Gītâ. Commento di versi scelti
A cura di Mario Polia

Pp. 38 - € 4,00

PREMESSA

La Bhagavad-Gītâ, che tradotta dal sanscrito significa letteralmente “Il canto del Signore Splendente”, è l’opera nella quale l’Essere Supremo, parla ad un Guerriero, Arjuna. Egli è un uomo puro, perché è un uomo intrepido che combatte per la sua gente e per la sua Patria, ma è ancora più puro perché è colto dal dubbio. L’opera, infatti, inizia con Arjuna che esprime dei dubbi sul fatto di dover combattere contro coloro che gli sono legati, contro i propri parenti, e vuole chiarire questo dubbio. L’auriga del carro su cui si trova, colui che tiene le redini dei cavalli e che simbolicamente rappresenta la guida dell’anima e della forza del guerriero è l’Essere Supremo, in una delle sue tante accezioni, Krsna. Il simbolismo del carro sul quale sono posti il guerriero e il suo auriga, riguarda il corpo: nel carro quadrato (il quattro è il numero della materia) coesistono due principi, di cui uno è Arjuna, il guerriero, l’altro è Krsna, colui che conduce i cavalli, ovvero i sensi e le forze dell’anima, alla vittoria. Nella cavalleria medievale abbiamo una simbologia simile, ovvero il cavallo con sopra il cavaliere, che rappresenta l’anima che dirige il corpo al compimento del dovere; sui sigilli templari si trovano due cavalieri sullo stesso cavallo, a rappresentare due nature, l’anima e lo spirito: da una parte la psyche, il coraggio, la forza e dall’altra il nous greco, l’istinto limpido che porta il guerriero a compiere il suo dovere. Arjuna e Krsna sono i due aspetti dell’essere umano, la componente terrestre e quella divina, di cui noi solitamente riusciamo a vedere solo la prima, cioè quella che si manifesta ai nostri sensi, ma non vediamo la parte nascosta e divina.
Quindi Arjuna, prima di combattere, viene preso dal dubbio e getta via il suo arco, rinunciando al combattimento, e solo dopo aver chiarito tutti i suoi dubbi, tramite il colloquio con l’Essere Supremo, che è allo stesso tempo fuori e dentro di lui, riprenderà il suo posto di combattimento. Il fatto di essere preso dal dubbio per poi superarlo è la cosa più importante per il guerriero, che in questo modo supera la propria componente umana per tendere alla perfezione. Non essere mai presi dal dubbio significa essere o ignoranti o stupidi, poiché il dubbio è una componente sempre presente nella nostra vita, e il valore del guerriero si dimostra nella capacità di superarlo. Il simbolismo di Krsna e Arjuna è presente anche in altri miti europei, come quello di Romolo e Remo, che vengono abbandonati in una cesta nella acque del fiume Rumon: essi rappresentano le due componenti presenti nella persona e la cesta rappresenta proprio il corpo nel quale tali principi si trovano. Uno è il principio Solare e Superiore, Romolo, l’altro è il principio terreno e individualista, Remo. Tutta l’opera ruota attorno al concetto di “azione disinteressata”, akarman in sanscrito, ovvero un’azione che prescinde dai suoi frutti e che non è azione in senso stretto (agire senza agire).
Nella Bhagavad-Gītâ ci sono le basi della civiltà europea, soprattutto dal punto di vista spirituale, il quale supera i moderni confini meramente politici, arrivando a comprendere anche paesi come l’India e l’Iran, vista la comune matrice Indoeuropea da cui tale sapienza deriva. L’Europa sarà tale quando potrà di nuovo riconoscersi nel pensiero Arya (dalla radice “ar”, che significa eccellenza e da cui derivano vari termini come aristhos, arethè, armonia, ritus, ritmo), quello di una superiore razza (1) dello spirito da cui fu creata la Bhagavad-Gītâ. L’insegnamento dell’akarman ossia dell’azione senza azione infatti si può trovare in altre opere come l’Iliade, l’Odissea o l’Eneide, appartenenti anch’esse al nostro passato europeo; il mondo moderno, al contrario, fa di tutto per spingere l’umanità a compiere azioni solo per ottenere un tornaconto, un personale profitto. Studiare e riscoprire questi antichi testi è un dovere per riappropriarci della nostra dignità e consapevolezza di Uomini nel senso più alto del termine, appartenenti al grande progetto della Tradizione.

(1) “Ariana” è, infatti, la caratteristica degli uomini che appartengono ad una delle tre caste (sacerdoti, guerrieri, produttori). Non è derivante dall’appartenenza ad una razza biologica (del sangue), bensì da una qualità spirituale.

RAIDO