sabato 17 luglio 2010

Berardino Viola, di Diocleziano Giardini

Il brigantaggio nella Marsica e nel Cicolano.

Rapporti con il sanguinario Candido Vulpiani. La lotta contro il brigantaggio.


Berardo Viola (brigante) statura bassa, corporatura giusta, capelli castani, ciglia castane, occhi castani. Il brigantaggio, senza scendere nei minimi dettagli, ha avuto in Abruzzo due fasi: la prima sotto la dominazione spagnola nel XVI sec. , e la seconda negli anni dell'unità d'Italia nel XIX sec. L'Abruzzo era per sito geografico il più idoneo per il proliferare del brigantaggio, infatti il suo aspetto aspro e montuoso, il confinare direttamente con lo Stato Pontificio, permetteva più facilmente di passare da una parte all'altra a seconda delle situazioni.

I nostri cittadini sceglievano la strada del banditismo MicrosoftMicrosoft spinti dalle misere condizioni di vita in cui erano, e da motivi politici; avversavano chi li aveva liberati (i Piemontesi) e andavano a favore di chi da sempre li aveva oppressi (i Borboni ), quindi parteggiavano per la Restaurazione ed in questa aspirazione erano appoggiati dai fedeli borbonici e anche se non apertamente, dallo Stato Pontificio che preferiva i Borboni ai Piemontesi (che predicavano l'unità d'Italia, quindi la soppressione della Stato Pontificio). Gli storici hanno dato molte interpretazioni sui motivi e sui perché del brigantaggio, io mi fermo qui, e vi narro con l'aiuto dei documenti la storia di uno di questi innumerevoli briganti che operarono nel Cicolano e nella Marsica: Berardo Viola. Il personaggio del romanzo "Fontamara" di Ignazio Silone, Berardo Viola, altri non era che il nipote del brigante.

La madre di Berardo, nel romanzo parla di una antica maledizione della famiglia "Dio lo vuole brigante. E' il destino dei Viola". Tra i cafoni fontamaresi si udiva: "quello finirà come suo nonno, il famoso brigante Viola ", Quindi Berado Viola non è esistito soltanto nella fantasia dello scrittore pescinese, ma anche nella realtà Berardo Viola o Berardino Viola di Taglieti, nato il 24 novembre 1838 a Vallesecca al confine tra la Marsica e il Cicolano, dal Padre Angelo guardia doganale e dalla madre la filatrice Marianna Rossetti. Arruolatosi giovanissimo fra le guardie nazionali, mentre veniva effettuata un' azione di repressione a Fiamignano, dove il popolo si ribellava per la fame e per le ingiustizie, disertò e passò con i rivoltosi. Ebbe così inizio la carriera di brigante del nostro Berardino che fu talmente coinvolto nel nuovo "mestiere" che divenne in breve tempo uno dei "migliori". Nel 1862 uccise a coltellate il brigante Berardino Colombo, successivamente partecipò al saccheggio di Pagliara, egli stesso portò come trofeo del "trionfo" la testa di un guardiano di Vallecupola infilzata su di una rudimentale lancia. Nei mesi che seguirono instaurò un rapporto di "lavoro" con il sanguinario brigante Candido Vulpiani, il sodalizio portò a numerosi delitti e ruberie nel Cicalano, nel rovetano e nella Marsica. Ben presto però questo rapporto ebbe termine, il nostro Berardino infatti durante una delle molte liti con il Vulpiani lo ferì a morte.

Nel 1865 Berardo fu arrestato ma non fu giustiziato, perché era diventato il primo brigante-pentito. Il 26 febbraio 1866 risulta rinchiuso nel carcere di Tivoli, insieme al collega Micarelli Achille, così si legge in una richiesta di estradizione del Procuratore Generale della Corte di Appello dell'Aquila; qualche mese dopo, il 23 settembre 1866 la do- manda di estradizione viene respinta dallo Stato Pontificio. In un manifesto della Prefettura della Provincia dell'Abruzzo Ulteriore 2° (L'Aquila), il reggente G. Coffaro con data 26 novembre 1866, pubblica il risultato ottenuto nella lotta contro il brigantaggio, elencando i briganti arrestati, costituitisi ed anche i ricercati con le loro rispettive taglie; tra i nominativi vi è anche Viola Berardino, elencato tra i detenuti in attesa di processo. Con una lettera del18 maggio 1867, il Ministro dell'Interno, informa il Prefetto dell'Aquila che sul vaporetto "Conte Boniacchi" nel mese di aprile furono arrestati a Marsiglia, insieme ai capibanda Antonio Cozzolino detto Pilone, Carmine Maria Donatello detto Crocco e Berardino Viola, anche altri individui con passaporto pontificio col nome di Firico Domenico, Spera Giovanni, Satalmi Nicola, Pasca Antonio, Pizzoni Ferdinando, Piccirilli Luigi e Mazzero Giuseppe. Quindi se Berardino il 26 Febbraio 1866 risulta rinchiuso nel carcere di Tivoli e il 18 maggio 1867 si attesta che è stato arrestato in aprile, risulta evidente che era stato scarcerato oppure era evaso.

Nuove incursioni sanguinarie in Avezzano, Petrella Salto, nel Rovetano e nella Marsica segnano i periodi di libertà tra un'arresto ed una scarcerazione (o evasione). Viene nuovamente arrestato nel maggio del 1868 e in una lettera del 29 luglio che il Prefetto dell'Aquila invia al Ministero dell'Interno, Segretariato generale di Firenze, così si legge, insieme al numero dei componenti della banda Viola (n06 elementi) e alla descrizione dei connotati del capo banda Berardino Viola: età 29, statura bassa, corporatura giusta, capelli castani, ciglia castane, occhi castani. Nella lettera di risposta del 23 agosto 1868, il ministro comunica che il "Viola travasi presentemente detenuto, per imputazione di brigantaggio, nelle carceri delle terme di Diocleziano; degli altri due Crocco e Pilone, si sa solamente che travasi nel Pontificio. Il Governo si sta adoperando per ottenere l'estradizione; ma ha motivo di dubitare dell'esito favorevole delle sue pratiche, almeno per ora, non avendosi diritto di domandarla altrimenti che nelle vie ufficiali, giacché i tre capi-banda predetti vengono considerati quali compromessi politici". La lettera conclude con le disposizioni da adottare ai confini del Regno con lo Stato Pontificio per poter arrestare i briganti in caso di ingresso. Il sottoprefetto di Cittaducale con una lettera al Prefetto dell'Aquila del 23. 11. 1868 informa che come dalla acclusa lettera del sindaco di Petrella Salto, il famigerato capo banda Viola, attualmente carcerato in Roma chiederebbe di costituirsi alle nostre autorità. Nella risposta il Prefetto accoglie la richiesta a livello personale, ma non garantisce ere venga accatta a livello costituzionale però si impegna a concedergli un salvacondotto fino al processo e successivamente redigerà un rapporto al Governo chiedendo clemenza sovrana per il Viola; ma Berardo forse non persuaso dalla risposta.

Il 6 marzo 1869, insieme ad Antonio Cozzolino detto Pilone fugge dal carcere di Roma, ne!la lettera il Prefetto di Napoli ai Prefetti dell'Aquila , Grosseto, Perugia, ai Sottoprefetti di Avezzano e Cittaducale informa che Viola durante la fuga rimase ferito. Rapine, omicidi, angherie, assalti segnano questa fuga. Viene nuovamente arrestato e incarcerato nello Stato Pontificio il 30 marzo 1869, il suo amico Pilone riesce a fuggire anche se con una gamba rotta. Tra smentite, affermazioni e visioni del Viola, si sa per certo che fino alla fine dell'anno 1869 e 1870 è rinchiuso nel carcere Pontificio di Palermo. In questo anno si perdono le tracce di Berardino Viola nei documenti ufficiali. Si entra così nella storia scritta, nelle notizie degli storici e tutto è facilmente opinabile.

Di certo posso inoltre affermare che Berardino Viola è stato e rimarrà un brigante "Buono" (anche se in alcune circostanze è stato truce e barbaro, era il "mestiere" o le "compagnie"). Dalla sua prima apparizione (quale disertore) aiuta il popolo contro l'oppressore, i tiranni e di questo gliene saranno sempre riconoscenti (nascondendolo e aiutandolo).

Qundi un brigante del popolo o dal popolo. Egli nelle sue scorribande e ruberie, amava firmare i propri "lavori" con un fiore "la viola" e un santina con l'effige di S. Berardo (Viola Berardo). Ed è così che lo lascio ricordare: Brigante - morte e distruzione la viola - morte e natura santina - pentimento e voglia di cambiare vita.

BIBLIOGRAFIA
1) Archivio di Stato dell'Aquila-atti del Gabinetto varie Buste e vari Fascicoli, sul Brigantaggio.
2) Archivio Diocleziano Giardini Pescina-Cartella n° 5 e vari fascicoli sul brigante Berardo Viola.
3) L. Braccili-storie di briganti abrurzesi- Ed.M. Ferri-AQ-1983.
4) Ignazio Silone-Fontamara-Ed. Rizzoli Bur-Maggio 1989.
5) Come eravamo - 180011900 - Il Centro - fascicoli supplemento.

Tratto da RADAR ABRUZZO


Fulvio D'Amore

Il libro di Fulvio D’Amore, che segue una estesa letteratura sull’argomento “brigantaggio”, giunge in un momento storico in cui l’autore riesce ad individuare con una linea di interpretazione “forte” una più profonda verità su vicende già largamente note. Gli avvenimenti sono pressoché sconosciuti e rievocano, con dovizia di particolari inediti, le imprese memorabili di Berardino Viola, massimo rappresentante di quel ribellismo postunitario che la storia dei vincitori condannò alla criminalizzazione.

Brossura, pag. 254

Stampato da Controcorrente

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