Pubblichiamo parte dell'editoriale di questo nuovo numeroDall’Oriente all’Occidente indicazioni significative per la rivolta al mondo moderno
Il 25 novembre 1970, presso il quartier generale della guarnigione militare di Ichigaya, nel cuore di Tokio, Yukio Mishima compie l’atto finale della sua esistenza terrena. Dopo aver “regolato”, nei giorni e nelle ore precedenti, ogni pendenza umana: redatto le ultime volontà testamentarie; impartito istruzioni sulla vestizione del proprio cadavere, che prevede l’uso dell’uniforme della militia, in guanti bianchi e con la katana in pugno, in vista della cremazione; chiesto con una lettera ai genitori che nel nome buddista postumo, fosse incluso l’ideogramma bu di guerriero; consegnate le pagine conclusive della sua ultima opera, da inoltrare al suo editore; invitati due giornalisti che conosce a raggiungerlo sul teatro dell’azione – dopo aver indossato l’uniforme dell’Associazione da lui creata, Mishima si incontra davanti alla sua residenza con quattro membri della Società degli Scudi, appositamente prescelti per partecipare all’evento.Il gruppo viene ricevuto dal generale Masuda Kanetoshi, comandante dell’Armata Orientale, al quale a un certo punto Mishima si offre di mostrare la spada che porta con sé, un raro oggetto di valore opera di un rinomato maestro spadaio. Il generale constata con disappunto che la lama, contrariamente a quanto prevede la legge, è regolarmente affilata e funzionante, ma viene subito immobilizzato e legato ad una sedia, mentre le porte di accesso al suo ufficio vengono bloccate. È richiesta, sotto la minaccia della vita dell’ostaggio, l’adunata entro mezzogiorno di tutte le reclute nel cortile della caserma, a cui si aggiungeranno anche una quarantina di membri della Società degli Scudi, confluiti all’ingresso del complesso militare. Il programma prevede un discorso di Mishima della durata di circa mezzora, che i soldati dovranno ascoltare in silenzio, a cui seguirà una tregua di quaranta minuti circa durante la quale non si tenterà nessuna azione ostile contro il gruppo. La fronte stretta dalla hackimaki, a contenere il mentale e favorire la concentrazione, Mishima dovrebbe dare lettura del Manifesto della Società degli Scudi, impresso in volantini lanciati sui militari. Ma, di fatto, egli riesce a parlare per soli cinque minuti, fra il frastuono degli elicotteri che volteggiano sul posto e l’urlo delle sirene. Mentre gli ottocento uomini appositamente adunati, invece di ascoltarlo lo deridono e lo insultano. Mishima, preso atto della situazione, si ritira negli uffici del generale Masuda, dopo avere augurato “Lunga vita alla Maestà imperiale”, dando inizio al suicidio rituale per sventramento e decapitazione. E questo avveniva in un Paese, tutto sommato, ancora plasmato da una tradizione millenaria e sensibile alla ritualità di certi gesti, che da sempre fanno parte degli elementi costitutivi della società giapponese. Coinvolgendo, fra l’altro, la classe militare che di quella continuità tradizionale aveva rappresentato la base principale.
Quel gesto lontano rappresenta dunque un monito quanto mai attuale per tutti quanti noi che agli stessi valori di Mishima – più o meno degnamente! – ci richiamiamo in Italia. Il nostro Paese, purtroppo, oggi non può contare su nessuna continuità tradizionale paragonabile a quella del Giappone, dopo il venir meno dell’influenza tradizionale presente dai tempi di Roma antica fino all’epoca medievale. Ammesso e non concesso che i nostri gruppi e le nostre iniziative militanti d’ispirazione tradizionale siano oggi in grado di organizzare la loro azione con la stessa minuziosa attenzione, con la stessa impeccabilità e, in poche parole, con la stessa pietas usate da Mishima in quel lontano autunno del 1970: quali effetti possono avere sul loro morale, sulla loro tenuta e sulla loro perseveranza nell’azione intrapresa le grida di scherno, le risate beffarde, nonché la sordità più assoluta degli interlocutori ideali, a cui sono diretti i messaggi lanciati dal “terrazzo” eletto a teatro della propria rappresentazione? Lo scrittore giapponese sembrava aver curato ogni minimo dettaglio del suo gesto, senza lasciare nulla al caso, mettendo in gioco la sua stessa vita e sacrificando tutto quello che aveva costruito con impegno e sacrificio. Ma, ciò nonostante, ha dovuto fare i conti con la realtà esterna, incapace di seguirlo sul sentiero dei valori e degli alti ideali che avrebbero potuto ridare dignità e significato all’esistenza della nazione del Sol Levante, devastata dal cancro democratico. Quel male incurabile che proprio in questi giorni sembra avere imboccato il percorso che condurrà al suo stadio terminale: coi suoi cataclismi economici e finanziari, con le sue devastazioni psichiche e spirituali, con i suoi colossali fallimenti politici e con la sua definitiva caratterizzazione come ottusa dittatura del pensiero unico e del politicamente corretto. Quella religione democratica che, come ogni religione che si rispetti, ha un suo decalogo (i Diritti dell’uomo), ha i suoi officianti (le pseudo autorità morali che decidono cos’è bene e cos’è male), le sue liturgie (cortei e manifestazioni al posto delle processioni), i suoi peccati capitali (razzismo, intolleranza, discriminazione), un suo Verbo (nessuna libertà per i nemici della libertà). Quel paradiso realizzato in terra che ha prodotto l’individualismo totalitario, la cultura della morte, la tirannia consumistica e la polizia del pensiero, e per diffondere il quale le orde democratiche sono passate come un acido corrosivo, sradicando ogni traccia di società organica e lasciando sul terreno le macerie di un mondo distrutto e ridotto a poltiglia informe ed invivibile.
SOMMARIO
EDITORIALE:
Dall'Oriente all'Occidente indìcazioni significative per la rivolta al mondo moderno
SPECIALE GUIDO DE GIORGIO:
Copertina: il Pa Kua di De Giorgio
Guido De Giorgio e il ritorno allo spiritotradizìonale di E. Iurato
Due lettere inedite di R. Guénon a De Giorgio
René Guénon e la cerca di Dio di G. De Giorgio Islam di G. De Giorgio
Scuola e Religione di G. De Giorgio
La donna non è una cosa di G. De Giorgio
L'eroe del Gìmma: Havis de' Giorgio di E. Musso
Poesia per Havis di G. De Giorgio
La dottrina imperiale in De Giorgio di A. Scali
Incontri con Corallo Reginelli di A. Calò
AZIONE TRADIZIONALE:Campo estivo 2008
RIFLESSIONI-Dentro e fuori le mura
ANALISI:Guido de Giorgío. Ciò che mormora il vento del Gargano
Aleksandr Solgenitsin, Due secoli insieme
La tamburina, un film di George Roy hill
LETTERE A HELIODROMOS
TRADIZIONE E CONTROTRADIZIONE
Cronache di fine ciclo
HELIODROMOS n 20-21
Contributi per il Fronte della TradizioneEquinozio d'Autunno / Solstizio d'Inverno
Prezzo: 12€