domenica 8 marzo 2009

La Donna a Sparta / parte 2

In città le Spartane a differenza dei propri padri, mariti, fratelli godevano di un’amplissima libertà, essendo sollevate non solo dagli obblighi militari e politici, non solo dall’educazione della prole in quanto affidata allo stato, ma anche dalle faccende domestiche, inadatte ad essere svolte da qualsiasi cittadina di sangue spartano. Potevano quindi uscire di casa in tenuta assai disinvolta fatta di vesti fluttuanti tali da non arrivare al ginocchio, mostrando addirittura le cosce e dividendo coi maschi le palestre nello svolgimento delle attività ginniche (non è un caso che all’epoca solo a Sparta si riproducesse artisticamente la nudità femminile). Questa grandissima libertà si rifletteva anche in ambito amoroso e coniugale, in quanto a Sparta l’adulterio era un concetto assai blando e la famiglia non deteneva quell’aurea sacrale conferitagli in seguito dalla morale cattolica. A Sparta l’unica vera famiglia era la nazione, la comunità stessa. Per questo un uomo non intenzionato a prendere moglie poteva chiedere tranquillamente a una donna e al relativo marito il consenso per avere figli con lei. Oppure le mogli potevano accoppiarsi con altri uomini con il benestare del proprio marito nel caso quest’ultimo non riuscisse ad avere figli. Sparta era infatti ossessionata dal problema del continuo assottigliarsi del numero degli Eguali, a seguito delle continue battaglie e del rifiuto di mischiarsi con le genti assoggettate. Basti pensare che qualora a trent’anni lo spartano non avesse deciso di maritarsi, gli anziani potevano avvalersi delle loro prerogative scegliendo una vergine di nobile famiglia, conducendola in casa del solitario affinchè i due procreassero, garantendo così la continuità della stirpe. Era quindi naturale, per via del fatto che i ruoli politici,militari, educativi venissero svolti dagli uomini, che la gran parte degli affari fosse esercitata dalle donne. Non a caso, le spartane diversamente dalle loro contemporanee potevano detenere la proprietà di vasti appezzamenti di terreno ( i 2/5 delle terre dei 9000 lotti erano di proprietà di cittadine femmine). Inoltre, esse finivano con l’amministrare anche i beni dei figli e dei mariti a causa della loro prolungata assenza, in particolare assicurandosi che giungessero le prestabilite quantità di cibo, in modo da girarne parte alle caserme sotto forma di contributo.

Brano estratto da "L’esempio di Sparta" di Michele Zambelli, contenuto all'interno del Fascicolo " La Forza di Sparta" - Raido

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