L’unico pensiero che guida le iniziative dei “grembiulini” è il profitto
A un esame superficiale, l’intreccio fra Italia e massoneria,  potrebbe apparire assurdo e inestricabile. Prima, quando l’Italia era  un’espessione puramente geografica, la Massoneria si diede gran da fare  per aiutarla a divenire una nazione; poi, divenuta nazione, si diede  ancor maggiore da fare per distruggerla e farla tornare espressione  geografica. Ma insomma: che cavolo vogliono, questi col grembiulino? Non  lo sanno neanche loro?
Questo potrebbero chiedersi, gli esaminatori superficiali. C’è poi una  categoria ancora inferiore agli esaminatori superficiali: quelli che non  esaminano per niente, e non sanno che ripetere come pappagalli adulti  quello che hanno loro inculcato da pulcini. Per loro, non c’è alcun  problema. La Massoneria ha prima liberato l’Italia dalla tirannide  straniera, e poi l’ha liberata da quella nazifascista: evviva la  libertà! Ma rimettiamo il ciuccetto in bocca a costoro e rivolgiamoci ai  superficiali, che almeno pensano!
Considerazione generale: nella realtà non esistono contraddizioni. Se  uno ce le vede, deve solo tirare fuori il fazzoletto e pulirsi gli  occhiali. Fatto?
La Massoneria non è che la versione iniziatica dell’illuminismo e, come  quello, è fondata sull’idolatria della Ragione eretta a divinità. È  quindi nemica giurata di ogni autorità fondata su qualcosa di diverso  dalla convenienza, e il suo affermarsi fu facilitato dal fatto che ogni  autorità del genere (e cioè “i troni e gli altari”) mostrasse per molti  versi la corda. ma questo è un altro discorso. Non occorre rievocare il  ruolo determinante che le sue logge rivestirono nelle rivoluzioni  borghesi di fine Settecento: quella francese e quella americana. Massoni  erano gli estensori della parigina Dichiarazione dei Diritti dell’Uomo e  i registi della frode con cui essa fu spacciata per approvata dal  popolo, e massoni erano i bianchi mascherati da indiani che uscirono  dalla loggia di Boston per abbordare la nave del tè e scaricarne le  casse in mare. Del tutto ovvio fu quindi il favore che il Grande Oriente  di Londra riservò ai primi fautori dell’unità d’Italia. Non che quello  fosse travolto da repentino amore per la penisola a forma di stivale: fu  che il formarsi di uno Stato italiano avrebbe rappresentato un brutto  colpo sia per l’impero degli Absburgo (e le sue dipendenze toscana ed  emiliane), sia per il regno napoletano, sia per quello sardo, sia per  quello pontificio, che di trono e altare faceva un tutto unico.  Peraltro, ci aveva già più volte provato Napoleone (che dello stesso  illuminismo rappresentava la versione militare), e gli appassionati  ribelli italiani portavano una coccarda dei tre colori che erano stati  delle effimere repubbliche francofile e massoniche. Per chi mai  avrebbero dovuto “tifare” i fratelli col grembiulino: per il cardinale  Ruffo?
Giunti però alla conclusione della prima Guerra Mondiale, con piena  soddisfazione dell’autorità massonica, avvenne qualcosa di orribile (dal  suo punto di vista). Avvenne che in due nazioni, l’una vincitrice ma  tradita dalla pace e l’altra sconfitta ma mai militarmente battuta, lo  spirito riprese i suoi diritti e giunsero al potere uomini e idee che,  ricollegandosi alle autentiche tradizioni dei due popoli, osarono  proclamare la preminenza della fedeltà ad esse sulla gretta  “convenienza” economica.
Non che non vi fossero state anche in passato voci in tal senso, rimaste  inascoltate. Ma il fatto gravissimo era che, giunte tali “utopie” al  potere, non solo non fossero state smentite dall’economia sovrana, ma  avessero conseguito successi anche economici così clamorosi da  conquistare pacificamente sempre più ampi settori degli stessi popoli di  cui la Massoneria pensava di avere il saldo possesso. Ma c’era di  peggio: stavolta non si trovavano di fronte i cascami decaduti e  svuotati di antiche caste, ma energie giovani e dirompenti, volte verso  l’avvenire.
La minaccia di immatura morte degli “immortali principi” percorse come  un gelido terrore tutta la Terra ancora retta dagli emissari della  Grande Usura, mascherati da “democratici”, tutti insieme, come a un  comando unico, percossi dall’orrore che le “dittature” reprimessero gli  aneliti di libertà dei rispettivi popoli.
Nessuna rilevanza aveva per loro il fatto che i cattivi tiranni  riscotessero punte di consenso popolare che nessuno di loro democratici  si era mai sognate, neanche in preda a stupefacenti. Per chi è in  malafede, infatti, anche l’evidenza può non avere rilevanza. E fu la  grande congiura contro il Tripartito che riuscì a provocare la seconda  (e assai peggiore) Guerra Mondiale. Dove mai poteva collocarsi, date le  premesse, la massoneria se non fra i più fervidi fautori di quella  congiura? E quali altre disposizioni poteva impartire ai propri adepti  in Italia, presenti e ben mimetizzati in ogni ambiente, alti comandi  militari compresi, se non quelle di boicottare in ogni modo le difese  italiane, ponendosi a pieno servizio delle “potenze antifasciste”?
E questo, con assoluta coerenza, essa fece, manovrando ignobili carogne  gallonate e poltronizzate, capaci di assassinare a tradimento, con le  loro “preziose” informazioni, migliaia di giovani della loro gente  mandati volutamente allo sbaraglio. Si tratta degli “articolo 16”, che  l’Alighieri avrebbe ficcato senza esitare in Cocito, tra i denti di  Satana. Ma mettetevi nei panni e nei grembiulini dei vertici massonici.
Di chi dovevano servirsi, per tale infamante bisogna: forse di  galantuomini di specchiate virtù? Se quindi è fuori dubbio che i  manutengoli italioti del dollaresco novus ordo seclorum meriterebbero a  buon diritto di essere allineati ad ornamento dei bastioni, impalati  all’uso turco, è anche certo che le loro alte e fraterne gerarchie si  sono sempre comportate con lineare, implacabile coerenza, fedeli ai loro  sempre dichiarati principi, senza deviarne neppure di una linea. Non  sarebbe il caso che anche noi facessimo altrettanto?
Rutilio Sermonti
Articolo pubblicato su Linea anno XIII numero 225
