giovedì 26 febbraio 2009

Fiamme di Luce nel Cielo - Ungern Khan!

ROMAN FIODOROVIC VON UNGERN-STERNBERG / Barone (1885-1921)

Immensa e gravida di millenni, l’Asia Centrale mi chiamò a sé ed io, un nobile baltico, eroico rampollo di una rude schiatta di guerrieri risalente all’età delle Crociate, non seppi resisterle. Prima di me, innumerevoli mercanti, poeti, viaggiatori e missionari, erano morti alla ricerca di un centro di potere universale. Nessuno, però, tranne forse Alessandro il Bicorne e il sottoscritto, accarezzò l’idea di governare il mondo dal cuore stesso di Shamballa. Nacqui in Austria, precisamente il29 dicembre del 1885 e mi spensi in Mongolia, in un giorno compreso tra il12 e il 21 di novembre del 1921, fucilato da quei maledetti bolscevichi, ai quali mi ero opposto con tutte le forze a disposizione. Nei libri di storia. si parla, è vero, del sottoscritto come di un controrivoluzionario velleitario, di un “russo bianco” ossessionato da mire pan-asiatiche. Fandonie! Oggi come oggi, mi definirei semplicemente un mistico, capace - perché no? - anche di crudeltà inaudite e di gesti plateali, un buddhista coerente. Ricordo ancora le facce stupite dei miei sottoposti mentre sfrecciavo al volante di una grossa Fiat tra le strade polverose di Urga, la testa piccola tra le ampie spalle, i capelli biondi spettinati al vento, i baffi rossicci, il volto stanco ed emaciato come quello di un’icona bizantina. Vi basti sapere questo: prima di ogni battaglia, mi ritiravo in profonda meditazione dinnanzi a una statua dorata dell’Illuminato. Nel frattempo, dall’alto dei loro monasteri, legioni di lama recitavano mantram a mio favore e posso dire che fu grazie alla forza magica di quelle litanie che mi riuscì di liberare il Tibet dai Cinesi. Infine, essendo il bolscevismo non un fenomeno a sé stante, ma l’inevitabile e ultima conseguenza di un processo involutivo più generale della civiltà mondiale, sognai di mettermi, con un esercito, alla testa di un’alleanza indo-giapponese che avrebbe potuto contrastare da Oriente, in nome di un’invitta tradizione spirituale, il dilagare della sovversione rossa. Qualche secondo prima che il plotone di esecuzione facesse fuoco, un dio della guerra si impossessò di me e, attraverso le mie labbra, lanciò una tremenda profezia: «Ungern Khan perirà di una morte atroce, ma la Russia conoscerà il terrore e affonderà in un mare di sangue».


Angelo Iacovella
(in Spoon River da L’Indipendente di martedì 26/04/05)

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