« Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo, il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo. » (John Ronald Reuel Tolkien, Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re)
sabato 28 febbraio 2009
giovedì 26 febbraio 2009
Fiamme di Luce nel Cielo - Ungern Khan!

Immensa e gravida di millenni, l’Asia Centrale mi chiamò a sé ed io, un nobile baltico, eroico rampollo di una rude schiatta di guerrieri risalente all’età delle Crociate, non seppi resisterle. Prima di me, innumerevoli mercanti, poeti, viaggiatori e missionari, erano morti alla ricerca di un centro di potere universale. Nessuno, però, tranne forse Alessandro il Bicorne e il sottoscritto, accarezzò l’idea di governare il mondo dal cuore stesso di Shamballa. Nacqui in Austria, precisamente il29 dicembre del 1885 e mi spensi in Mongolia, in un giorno compreso tra il12 e il 21 di novembre del 1921, fucilato da quei maledetti bolscevichi, ai quali mi ero opposto con tutte le forze a disposizione. Nei libri di storia. si parla, è vero, del sottoscritto come di un controrivoluzionario velleitario, di un “russo bianco” ossessionato da mire pan-asiatiche. Fandonie! Oggi come oggi, mi definirei semplicemente un mistico, capace - perché no? - anche di crudeltà inaudite e di gesti plateali, un buddhista coerente. Ricordo ancora le facce stupite dei miei sottoposti mentre sfrecciavo al volante di una grossa Fiat tra le strade polverose di Urga, la testa piccola tra le ampie spalle, i capelli biondi spettinati al vento, i baffi rossicci, il volto stanco ed emaciato come quello di un’icona bizantina. Vi basti sapere questo: prima di ogni battaglia, mi ritiravo in profonda meditazione dinnanzi a una statua dorata dell’Illuminato. Nel frattempo, dall’alto dei loro monasteri, legioni di lama recitavano mantram a mio favore e posso dire che fu grazie alla forza magica di quelle litanie che mi riuscì di liberare il Tibet dai Cinesi. Infine, essendo il bolscevismo non un fenomeno a sé stante, ma l’inevitabile e ultima conseguenza di un processo involutivo più generale della civiltà mondiale, sognai di mettermi, con un esercito, alla testa di un’alleanza indo-giapponese che avrebbe potuto contrastare da Oriente, in nome di un’invitta tradizione spirituale, il dilagare della sovversione rossa. Qualche secondo prima che il plotone di esecuzione facesse fuoco, un dio della guerra si impossessò di me e, attraverso le mie labbra, lanciò una tremenda profezia: «Ungern Khan perirà di una morte atroce, ma la Russia conoscerà il terrore e affonderà in un mare di sangue».
Angelo Iacovella
(in Spoon River da L’Indipendente di martedì 26/04/05)
domenica 22 febbraio 2009
Il Barone Sanguinario

Julius Evola
(articolo apparso sul quotidiano "Roma" il 9 febbraio 1973)
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giovedì 19 febbraio 2009
Le madri di Sparta e l'educazione dei Giovani.....
Le altre donne di Atene, destinate anch’esse a diventare madri, ricevevano sin da giovani, a quanto pare, un’educazione migliore ed erano tenute ad osservare un regime alimentare misurato e parco. Il loro compito risiedeva nell’apprendere le arti della tessitura della lana, per il resto dovevano starsene il più possibile tranquille. Al contrario, a Sparta il compito primo delle donne libere era la procreazione. Pertanto per favorire la nascita di futuri uomini e donne, le spartane dovevano eseguire esercizi fisici, alla stregua degli uomini, che permettesse loro, di rafforzare non solo il proprio fisico ma allo stesso tempo lo spirito. Vennero così istituite competizioni di corsa e di lotta, con la convinzione che da genitori robusti sarebbe nata prole altrettanto vigorosa. La costituzione di Licurgo produsse uomini e donne convinti che la morte gloriosa fosse preferibile ad una vita di infamia, che la salvezza fosse determinata dal coraggio e non dalla codardia. Ai valorosi era assicurata felicità ai vili miseria.
L’educazione dei giovani
una costituzione così attenta alla solidità e alla fierezza del proprio popolo, non poteva certamente trascurare uno degli elementi fondamentali per la costituzione di civiltà sana e orientata verso determinati valori: il sistema educativo. Anche qui è d’obbligo contrapporre i sistemi educativi greci da quelli prettamente spartani. Nel resto della Grecia, i genitori che intendevano impartire la migliore educazione ai propri figli, affidavano questi ultimi agli schiavi i quali svolgevano il loro di pedagoghi o, in età più matura, li mandavano a scuola affinché apprendessero le arti delle lettere, della musica… a questi stessi giovani era consentito l’uso dei calzari e la possibilità di cambiare spesso d’abito. A Sparta l’educazione dei giovani non era affidata agli schiavi bensì al cittadino tra quelli che ricoprivano le cariche più alte. Denominato paidonómos, vale a dire «prefetto dei fanciulli», egli aveva il compito di sorvegliare e punire i giovani in caso di cattiva condotta. Ai giovani spartani era proibito l’uso dei calzari e disponevano di una sola veste per tutto l’anno. Si riteneva che i giovani così addestrati fossero in grado di affrontare meglio le fatiche e le privazioni dei campi di battaglia. Non solo i rappresentanti dello stato erano chiamati a educare i giovani, questa stessa autorità veniva estesa anche a parenti ed amici onde evitare che gli adolescenti finissero per diventare indegni cittadini.
Una madre porgendo al figlio lo scudo, lo incoraggiò così:
«Figlio mio, torna o con questo o sopra questo»
Plutarco - “Le virtù di Sparta”
«Figlio mio, torna o con questo o sopra questo»
Plutarco - “Le virtù di Sparta”
lunedì 16 febbraio 2009
Le Donne di Sparta

La libertà di Sparta
Capire il mondo spartano non è semplice. Ai nostri occhi, intrisi di sentimentalismo e falso pudore, il rigore e la ferrea disciplina del popolo di Sparta appaiono come restrizioni e privazioni della libertà dell’individuo. Se tanto colpisce la durezza dei soldati spartani altrettanto e forse con maggior forza, stupirà lo stile di vita delle donne spartane. Madri, mogli o sorelle, esse esplicavano nella loro vita quotidiana mansioni legate soprattutto all’andamento della vita domestica e familiare. Dal punto di vista di questa ormai degradata società moderna, i più sono portati a considerarle donne prive della loro “libertà” di espressione, succubi prima del padre e poi del proprio marito, esiliate dalla vita politica e sociale, se fosse ancora possibile verrebbe quasi voglia di formare un movimento umanitario che le aiutasse a trovare la loro emancipazione. Eppure, per quanto possa sembrare strano, le donne di Sparta erano libere. Il problema nasce dalla concezione del termine stesso: libertà oggi significa potersi vestire a proprio piacimento, intraprendere una carriera professionale che conduca, a qualsiasi prezzo, sempre più in alto, decidere di sposarsi e poi ricredersi in men che non si dica. Questa è la nostra libertà…? Eppure siamo più schiave di noi stesse di quanto possiamo considerare le donne spartane. La loro non era una libertà fatta di premi e privilegi, era una libertà di spirito. Avulse dalle passioni, la loro azione era frutto della piena consapevolezza di essere le depositarie e mediatrici dei valori tradizionali di coraggio e abnegazione.
Quando chiesero ad una ragazza povera quale dote poteva offrire a un marito, essa rispose:
«La virtù che mi hanno insegnato in famiglia»
Plutarco - “Le virtù di Sparta”
Capire il mondo spartano non è semplice. Ai nostri occhi, intrisi di sentimentalismo e falso pudore, il rigore e la ferrea disciplina del popolo di Sparta appaiono come restrizioni e privazioni della libertà dell’individuo. Se tanto colpisce la durezza dei soldati spartani altrettanto e forse con maggior forza, stupirà lo stile di vita delle donne spartane. Madri, mogli o sorelle, esse esplicavano nella loro vita quotidiana mansioni legate soprattutto all’andamento della vita domestica e familiare. Dal punto di vista di questa ormai degradata società moderna, i più sono portati a considerarle donne prive della loro “libertà” di espressione, succubi prima del padre e poi del proprio marito, esiliate dalla vita politica e sociale, se fosse ancora possibile verrebbe quasi voglia di formare un movimento umanitario che le aiutasse a trovare la loro emancipazione. Eppure, per quanto possa sembrare strano, le donne di Sparta erano libere. Il problema nasce dalla concezione del termine stesso: libertà oggi significa potersi vestire a proprio piacimento, intraprendere una carriera professionale che conduca, a qualsiasi prezzo, sempre più in alto, decidere di sposarsi e poi ricredersi in men che non si dica. Questa è la nostra libertà…? Eppure siamo più schiave di noi stesse di quanto possiamo considerare le donne spartane. La loro non era una libertà fatta di premi e privilegi, era una libertà di spirito. Avulse dalle passioni, la loro azione era frutto della piena consapevolezza di essere le depositarie e mediatrici dei valori tradizionali di coraggio e abnegazione.
Quando chiesero ad una ragazza povera quale dote poteva offrire a un marito, essa rispose:
«La virtù che mi hanno insegnato in famiglia»
Plutarco - “Le virtù di Sparta”
Da "Le Donne di Sparta" articolo apparso sulla rivista Raido
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venerdì 13 febbraio 2009
mercoledì 11 febbraio 2009
Fondo Pertan

Segnaliamo il Fondo Pertan (per informazioni http://www.adesonline.com/) che si fa promotore della raccolta di libri, nuovi ed usati, che valorizzino la cultura e la storia italiana, per poi donarli alle Comunità Italiane di Istria, Fiume e Dalmazia.
Contatti: per qualsiasi tipo di informazione è possibile contattare il “Fondo Italiano Pertan” tramite l’e-mail ufficiale fondoitalianopertan@email.it.
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