sabato 27 dicembre 2008

Una rivista importante

Segnaliamo la rivista HELIODROMOS - Contributi per il Fronte della Tradizione, un serio e duraturo impegno editoriale, punto di riferimento per il tradizionalismo integrale.

Heliodromos - n. 19 - L'EDITORIALE


Democrazia e violenza


“Un [...] errore, dovuto alla confusione dei concetti di essere umano e individuo, è l’eguaglianza democratica.
Questo dogma si spezza oggi sotto i colpi dell'esperienza dei popoli ed è quindi inutile dimostrarne la falsità, ma ci si deve meravigliare del suo lungo successo.
Come mai l’umanità ha potuto credervi così a lungo? Questo dogma non tiene conto della costituzione del corpo e della coscienza, né si adatta ad un fatto concreto come l’individuo. Certamente gli esseri umani sono uguali, ma tali non sono gli individui e l’uguaglianza dei loro diritti è pura illusione. Il debole di mente e l’uomo di genio non debbono essere considerati uguali di fronte alla legge; l’essere stupido, incapace di attenzione, abulico, non ha diritto ad una educazione superiore ed è assurdo dargli, ad esempio, lo stesso potere elettorale che all’individuo completamente sviluppato. I sessi non sono uguali. È molto dannoso non riconoscere queste disuguaglianze.
Il principio democratico ha contribuito all’indebolimento della civiltà, impedendo lo sviluppo dei migliori, mentre è evidente che le disuguaglianze individuali debbono essere rispettate. Vi sono, nella società moderna, funzioni appropriate ai grandi, ai piccoli, ai medi e agli inferiori; ma non bisogna attendersi di formare individui superiori cogli stessi procedimenti validi per i deboli. La standardizzazione delle creature umane da parte dell’ideale democratico ha assicurato il predominio dei mediocri. Costoro sono ovunque preferiti ai forti: sono aiutati, protetti, spesso ammirati: come se non si sapesse quanto gli ammalati, i criminali e i pazzi attirano la simpatia del grosso pubblico.” [...] “Siccome era impossibile innalzare gli inferiori, il solo mezzo di produrre l’uguaglianza fra gli uomini era di portarli tutti al livello più basso: in tal modo scompare la forza della personalità.”
Così, anche in conseguenza di un tale processo degenerativo, si è potuto accettare nella società il predominio dell’economia e di una industrializzazione che, oltre ad imporre forme di lavoro stupidi e ripetitivi, ha frantumato le naturali comunità umane per risucchiarli nelle vastità urbane. Tanto che: [...] “nella immensità delle città moderne, l’uomo è isolato e sperduto, è una astrazione economica, un capo di bestiame e perde le sue qualità di individuo, perché non ha né responsabilità né dignità. In mezzo alla folla emergono i ricchi, i politici potenti, i banditi in grande stile: gli altri sono polvere anonima.”
Queste sono considerazioni che il premio Nobel per la medicina, Alexis Carrel, poneva ne L’uomo, questo sconosciuto già nel 1935. Da allora, pur avendo avuto questo suo libro molte edizioni in tutto il mondo, solo in Italia sono state una trentina, dell’accorato richiamo, sull’azione corrosiva del principio democratico nella civiltà, di uno scienziato dal livello scientifico e umano così elevato, non è rimasta nessuna risonanza nella decadente cultura europea del dopoguerra. (…)
Piuttosto non possiamo non prendere atto, di quanto l’opinione democratica si sia consolidata dal 1945 nelle coscienze e nelle istituzioni delle società moderne. E ritenendo che le parole non siano semplici espressioni foniche, e non vanno usate con arbitraria disinvoltura, se definiamo la concezione democratica un’opinione, anzi la madre generatrice di tutte le più strampalate opinioni che, purtroppo, si sono imposte nel nostro tempo, lo facciamo nel rispetto di buone ragioni logiche e storiche; ragioni trascurate dalla gran parte dei moderni, ormai logorati nelle loro capacità mentali e intimamente invigliacchiti, tanto da non avere il vigore per contrapporsi alle opinioni dominanti e, come si è detto, alla loro palese radice democratica.
Siamo convinti che questo disastro morale e intellettuale si spieghi anche con gli esiti bellici del 1945; quando il migliore sangue, quello dei più generosi e coraggiosi, fu invano versato.

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L'accettazione passiva nel nostro tempo del sistema democratico, come formula ultima e risolutiva dei problemi dell'uomo e della società, ha mummificato ogni possibile vivacità critica sul piano culturale e, per converso, nel tessuto sociale un inarrestabile clima di violenta sovversione; essendo innegabilmente violenza e sovversione due aspetti del medesimo fenomeno.
Così, il presupposto egualitario, insito nell'idea democratica, sollecita astratte forzature e ostilità in tutti quei rapporti umani e sociali, che normalmente starebbero in relazione di organica complementarietà.
Se nella società si genera una condizione di ostilità tra individuo e stato, datore di lavoro e lavoratore, maestro e allievo, uomo e donna; nella famiglia si riproduce una divaricazione tra genitori e figli, marito e moglie. Di conseguenza, entrano in crisi i vari corpi comunitari, che normalmente hanno bisogno di stabilità per svilupparsi positivamente.
La manifestazione dell'intrinseca attitudine della democrazia alla violenza si evidenzia ancor più nei rapporti tra stati e nelle contese internazionali.
La presunta e consolidata opinione, secondo la quale il sistema democratico rappresenta il termine ultimo e più elevato di organizzazione nella libertà della società, ha motivato spinte impositive nelle relazioni internazionali, tanto da mascherare ipocritamente politiche espansionistiche e guerre di dominio economico e territoriale come necessari "sacrifici" per l'allargamento di un "pacifico" ordine democratico internazionale. In questo contesto rientrano le due guerre mondiali, i conflitti in Korea e nel Vietnam, l'occupazione israeliana della Palestina, la guerra in Serbia e quella americana in Afghanistan e Iraq.

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È interessante sottolineare che il potenziale di violenza delle democrazie non si configura soltanto nell'atto bellico, che come tale mostra l'intima natura dello stato democratico, ma soprattutto nei modi e nei mezzi con cui si compie.
Questo aspetto va riconsiderato con attenzione, perchè mostra il volto veramente demoniaco del potere nelle democrazie. Riteniamo che l'uomo moderno sia tanto incline alle suggestioni del presente per l'incapacità mentale a conservare un minimo di memoria storica. Così, con la sua forsennata fuga in avanti, perde non solo le radici e il senso del suo esistere, ma anche la capacità di collegare il passato con il presente in un rapporto significativamente coerente.
Con questo fine esaminiamo ora brevemente alcuni dei modi e dei mezzi con cui le democrazie affrontano le guerre.
In tre giorni, dal 13 al 16 febbraio 1945, ad appena due mesi dalla fine del conflitto, Dresda fu ridotta un vastissimo bracere. Prima gli inglesi con 773 aerei e poi gli americani con 1000, in varie ondate scaricarono sulla città più di 3500 tonnellate di bombe al napalm. I morti bruciati vivi furono 250.000.
Il 6 agosto 1945 su Hiroshima, in Giappone, viene lanciata la prima atomica. La città di 400.000 abitanti viene distrutta completamente. I morti al primo impatto furono 150.000, tanti altri morirono per le conseguenze delle radiazioni.
Se questa bomba aveva lo scopo di indurre il Giappone alla resa, che senso ha avuto, se non di gratuita crudeltà, la seconda atomica il 9 agosto su Nagasaki?
La tendendenza a bruciare con il napalm o a contaminare con bombe radioattive le popolazioni civili, evidenzia una certa matta bestialità che si ripete in Corea, nel Vietnam, in Serbia, in Afghanistan e in Irak a Faludjar.

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Se l’impiego del napalm e dell’atomica segnano il trionfo della barbarie, il comportamento U.S.A. e israeliano in Afghanistan, Irak e Palestina indica il punto di non ritorno del cinismo più mostruoso e disumano dei tempi ultimi, che si compiono in un’orgia di violenza assolutamente folle. Le atrocità degli americani a Guantanamo e nel carcere di Abu Gharaib sono solo le aberrazioni emerse di un’attività occulta di omicidi generalizzati e non registrati nel bilancio ufficiale del conflitto.
Chi ha dimenticato i tanti ritrovamenti in Irak di salme di sunniti con segni chiari di torture e ammanettate?
Gli israeliani in queste operazioni sporche sono dei veri maestri, sono riusciti a cacciare un popolo dalla sua terra e a decimare i suoi rappresentanti con omicidi mirati, telefonini esplodenti, avvelenamenti, bombe nelle abitazioni e nelle auto.
Il più ignobile di questi atti di killeraggio è certamente l’omicidio di un sheik cieco e paralitico, ucciso solo perchè si poneva come resistenza morale e spirituale del suo popolo. Questi raffinati crimini si accompagnano ai rapimenti, alle incarcerazioni in massa, alla distruzione delle coltivazioni, all’espropriazione delle terre e agli insediamenti diffusi in tutta la Cisgiordania. Il lettore che avrà la pazienza di osservare una mappa degli insediamenti ebraici in Cisgiordania, vedrà quanto ridicole siano le speranze di pace in Palestina.
Se noi occidentali provassimo ad immaginare come sarebbe stata l’area mediorientale in questi ultimi 60 anni, senza l’arrogante pretesa del sionismo ebraico, capiremmo meglio le ragioni del sostegno di quei pochi settori dell’Occidente per i popoli del medioriente; ma capiremmo ancor meglio lo sdegno degli orientali e dei musulmani in particolare verso l’Occidente.

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Quando non c’è speranza, ascolto, comprensione per le violenze subite , nei popoli, come nelle singole persone, subentra la disperazione e quindi il ricorso agli atti assoluti di disperazione.
Sansone nel racconto biblico (cfr. Giudici, 16) non disse a Gaza: Che io muoia insieme ai Filistei? Lo definiamo questo un atto di terrorismo?
Il mondo islamico percepisce in maniera chiara le trame dell’attacco che l’Occidente muove alla sua civiltà e alle sue tradizioni; il popolo in misura maggiore dei suoi governanti, spesso tiranni corrotti, impegnati più a mantenere i loro privilegi che ad alleviare le sofferenze delle genti.
Questi segni di abbandono, e per tanti aspetti di ostilità, appaiono anche da certi atti della Chiesa di Roma, la quale sembra chiudersi in un controproducente esclusivismo, rinunciando al dialogo interreligioso e alla difesa dell’universalità di Gerusalemme.
È triste, per noi che abbiamo in altre occasioni esaltato il coraggio di Benedetto XVI, osservare quanto smarrimento ci sia nei vertici della Chiesa.
Il papa che ha posto alla base del suo magistero l'incontro fra fede e ragione, ignorando la fondamentale unità essenziale delle religioni, si è lasciato trascinare (ammesso che non sia stata una sua determinata scelta) in una plateale spettacolarizzazione della "conversione" di Magdi Allam; dando così prova di un orizzonte intellettuale chiuso nel più esclusivo exoterismo.
In realtà - come osserva René Guénon - colui che "converte" e "colui che si fa convertire" danno prova di una identica incomprensione del senso profondo delle loro tradizioni.
Oltretutto, anche per il palcoscenico scelto, si è trascurata la consueta prudenza che era saggio tenere verso un miliardo di musulmani che, come si è detto, si sentono spiritualmente e materialmente assediati dall'Occidente.
Per concludere su questa sconcertante caduta di livello della Chiesa, che si è posta con la "conversione" di Magdi Allam, è ancora Guénon, sebbene in un contesto più generale, a dire le parole più appropriate: «i convertiti danno prova di una instabilità mentale piuttosto preoccupante, ...perchè quasi sempre tendono a manifestare il "settarismo" più ristretto ed esagerato, sia per effetto del loro stesso temperamento, che spinge alcuni di loro a passare con sconcertante facilità da un estremo all'altro, sia per sviare i sospetti di cui credono essere oggetto nel loro nuovo ambiente».

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Le considerazioni fatte su più temi, in questo eccezionalmente esteso editoriale, anche quando si riferiscono alla sfera morale e spirituale della persona, hanno - al lettore attento non sarà sfuggito - una stretta connessione con il modello di organizzazione della società che si è imposto in Occidente: la società democratica, con le sue ipocrisie, le sue mistificazioni, le sue violenze che influenzano tutti gli aspetti del vivere e dell'esistere.
Noi non siamo né i primi, né gli ultimi a rilevarne l'equivoco. G.G. Rousseau, che fu il teorico del governo democratico, notò: «Se ci fosse un popolo di dèi, si governerebbe democraticamente. Ma un governo così perfetto non è fatto per gli uomini» (Contratto sociale, cap. IV)
Naturalmente il ginevrino non considerò che il pantheon degli dèi è strutturato secondo il principio della gerarchia.


HELIODROMOS
N. 19 - 21 Aprile 2008

in questo numero:
EDITORIALE: Democrazia e violenza
SIMBOLISMO: Ciechi e mendicanti di V. Lovinescu tc "Ciechi e mendicanti di V. Lovinescu
PANNI SPORCHI: Nuovi nemici e nuove alleanze di E. Iurato
GEOPOLITICA: Le tappe del pensiero eurasiatista di C. Mutti
ESPERIENZE: Addio a un amico fedele di A. Medrano
CONTROSTORIA: La Sicilia nel Vento del Sud di O. Ferrara
TESTIMONIANZE: Io che devo morire domani
RIVOLUZIONE ESTETICA: Architettura, psicologia e oggettività di A. Ochoa Machain
ANTOLOGIA: Tolkienmania di M. Tuti
RIFLESSIONI - Dentro e fuori le mura


ANALISI:
Randa Ghazy, Sognando Palestina
Rutilio Sermonti, Una vita di pensiero e militanza
Carmela Crescente, Cola di Rienzo. Simboli e Allegorie


LETTERE A HELIODROMOS
TRADIZIONE E CONTROTRADIZIONE
Cronache di fine ciclo
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