« Non tocca a noi dominare tutte le maree del mondo, il nostro compito è di fare il possibile per la salvezza degli anni nei quali viviamo, sradicando il male dai campi che conosciamo. » (John Ronald Reuel Tolkien, Il Signore degli Anelli - Il Ritorno del Re)
venerdì 25 gennaio 2013
Incontro sul Castello di Santa Severa
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Il totalitarismo della “società aperta” antitradizionale.
Ha suscitato una grande indignazione, nel settembre del 2012, l'adozione della risoluzione da parte del Consiglio ONU Per i Diritti Umani che introduceva per la prima volta in materia di diritti umani il concetto di "valori tradizionali". La risoluzione, che ha visto il voto contrario dei paesi dell'Unione europea insieme agli Stati Uniti, è stata criticata per il fatto di voler relativizzare i diritti umani alla luce delle tradizioni locali, minando la loro presupposta universalità.
Tale atteggiamento non deve stupire se pensiamo che negli ultimi anni in Occidente è stata scatenata una vera e propria guerra contro i residui della "società patriarcale", contro gli "arcaismi medievali" che secondo l'élite democratica sono la radice di ogni male. Così, è diventata una moda combattere ogni tipo di "fobia" sociale. L'eradicazione di questi "vizi" sociali è diventata la preoccupazione principale della cosiddetta "società civile" che, alla pari dei commissari politici sovietici, i politruki, vigilano attentamente con la matita in mano sulla "correttezza politica" del "popolo affaccendato". Questi nuovi politruki democratici sono convinti che eliminando qualsiasi tipo di "stereotipo" si raggiungerà l'uguaglianza assoluta in una società, che secondo la loro visione, dovrebbe essere costituita da persone guidate esclusivamente dalla ragione (senza emozioni, senza tradizioni, senza valori, senza pregiudizi,...) cosa che porterà più felicità e libertà per tutti. Questa è la loro definizione di "società aperta", un modello sociale utopico che ricalca le orme del dogmatismo marxista sebbene apparentemente sembra dissociarsene.
"Nessuno può istituire un criterio della moralità", dicono loro, allora, ci domandiamo noi, qual è la fonte del "bene" che loro pretendono di promuovere? Se dobbiamo proprio lottare contro la tradizione e contro gli "elementi arcaici", che rappresentano dei criteri per la delimitazione del "bene" dal "male" in qualsiasi società, allora che cosa e chi ci può dire cosa sia ammesso e cosa sia vietato? Chi stabilisce, de facto, dove finisce la mia libertà e inizia quella di un altro individuo, la libertà di una comunità o di uno Stato? La Costituzione? La Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo o altri documenti internazionali? Non ci dimentichiamo che questi documenti appartengono pur sempre alla dimensione temporale e che possono essere sottoposti alla revisione in qualsiasi momento, oppure, in ultima analisi, essere addirittura denunciati, senza che rappresentino un'autorità di per se. Lo stesso concetto di "diritti dell'uomo" appartiene a un dato contesto storico ristretto e non è il risultato di una "evoluzione" o di un "progresso" dell'umanità. I presupposti culturali secolarizzati che stanno alla base della Dichiarazione del 1789 possono legittimamente essere assenti in altre culture. Se per esempio la concezione dell'Universo nata dalla Rivoluzione francese mette al centro l'individuo, in altre culture è la comunità che viene privilegiata.[1]
Antoine de Saint-Exupery nella sua opera “Cittadella” si domanda: <<Dove inizia e dove termina la schiavitù? Dove inizia e dove termina l’universale? Dove iniziano i diritti dell’uomo? Perché io conosco i diritti del tempio che dà un significato alle pietre e i diritti dell’impero che dà un significato agli uomini e i diritti del poema che dà un significato alle parole. Ma non riconosco i diritti delle pietre ai danni del tempio né i diritti delle parole ai danni del poema né i diritti dell’uomo ai danni dell’impero>> [2]
Tutto ciò dimostra come la presupposta universalità dei diritti dell'uomo è lungi dall'essere realmente universale. Al tempo stesso però nemmeno il consenso o il contratto sociale possono essere una fonte per delimitare il "bene", perché possono essere nella stessa misura una fonte per il "male".
Il bene e il male hanno sempre avuto radici metafisiche, non materiali. Da qui deriva l'incapacità delle ideologie moderne, nate dal materialismo e dal razionalismo illuminista, di rispondere alle domande fondamentali dell'umanità. La ragione individuale e collettiva sono troppo limitate in esperienze per poter offrire delle risposte a delle domande così complesse. La Tradizione, invece, è stata quella che ha risposto a tutte le domande fondamentali dell'umanità.
Per Tradizione, si intende un'eredità la cui origine non è umana, ma essenzialmente spirituale e che ha assunto diverse forme asseconda dei popoli. Essa è qualcosa di metastorico e, in pari tempo, di dinamico, è una forza (...) che agisce lungo le generazioni in continuità di spirito e di ispirazione, attraverso istituzioni, leggi, ordinamenti che possono anche presentare una notevole varietà e diversità.[3] È la Tradizione stessa quindi che istituisce il criterio di delimitazione tra il bene e il male. La Modernità invece è stata quella che ha trasposto la Tradizione in norme giuridiche.
Oggi, assistiamo nella giurisprudenza al tentativo di instaurare l'assurdo e l'inimmaginabile: la purificazione della norma giuridica da ogni tradizione e da ogni "arcaismo" in modo che la legge divenga uno strumento arbitrario, un meccanismo morto, "una dichiarazione di intenti" oppure un manifesto politico-ideologico (come ad esempio la Legge sulle "pari opportunità") che servirebbe come strumento di repressione contro coloro che si oppongono all'ideologia "ufficiale" ed "assoluta".[4] Insomma non sono mai le idee a doversi adattare alla realtà, è la realtà che deve piegarsi agli schemi dell’ideologia. Senza orma di dubbio, con l'eliminazione degli "arcaismi" dalle leggi, si presuppone anche l'eliminazione dalla società degli individui che si fanno promotori di questi "arcaismi" dietro la motivazione che ostacolerebbero "l'ascensione gloriosa della società aperta".
Una fobia viene sostituita da un'altra fobia, una discriminazione prende il posto di un'altra discriminazione. L'equazione non cambia, sono solo i termini dell'equazione che cambiano. Ecco perché non ci si deve stupire quando si fa ricorso alla censura, alla violenza simbolica e fisica in nome della ”liberté, egalité, fraternité".
Nico di Ferro
[1] “Riflessioni sulla cultura dei diritti dell'uomo”, Luigi Arnaboldi, http://www.interculture-italia.it.
[2] Antoine de Sainte-Exupery, Cittadella, ed. Borla, Roma, 1999, pg. 195-196.
[3] Il Mondo della Tradizione, centro studi Raido, Roma, pg. 23.
[4] Octavian Racu, www.octavianracu.wordpress.com.
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Sabato 26 gennaio torna "Il mare d'inverno"
giovedì 24 gennaio 2013
Castello di Santa Severa: Il progetto del Comitato
Sabato 2 febbraio prossimo, alle ore 17,00, sarà
presentato nella Sala Flaminia Odescalchi a Santa Marinella il “Progetto per un
uso pubblico del Castello di S. Severa per fini socio-culturali e turistici”
redatto dal Direttore del Museo Civico Dott. Flavio Enei, in collaborazione con
il Comitato Cittadino e l’architetto David Pennesi. All’importante evento il
Comitato invita tutti i cittadini e le forze politiche e culturali del
territorio per confrontarsi e per porre il sito di Pyrgi-Santa Severa al centro
dell’attenzione generale per le future politiche di sviluppo. Il complesso
monumentale di S.Severa, unico nel suo genere, è sorto a partire dall’alto
medioevo sui resti della città etrusca e romana di Pyrgi così come
documentato dalle ricerche e soprattutto dai recenti scavi che lo hanno
interessato in occasione dei lavori di recupero curati dalla Provincia di Roma.
Il Castello, insieme all’area archeologica, rappresenta un giacimento culturale
e paesaggistico unico nel Mediterraneo per ricchezza e diversificazione di
contenuti, estesi in un arco di tempo plurimillenario. Ormai quasi ultimati gli
interventi di recupero funzionale, il maniero costituisce un’occasione
irripetibile di sviluppo per l’intero comprensorio e in particolare per il
Comune di Santa Marinella nel cui territorio il bene è situato. La Rocca e il
relativo borgo ad oggi sono stati ristrutturati e messi in condizione di poter
ospitare una molteplice serie di strutture e servizi culturali/ambientali,
formativi, di ricerca, ricreativi, artigianali, religiosi, di
accoglienza/guardiania e ristoro. Il progetto del direttore Enei che dal 1994
lavora nel castello, si articola in dieci capitoli che con numerose tavole
grafiche e fotografiche partendo dall’analisi dello stato descrive la possibile
destinazione d’uso del complesso e la proposta di gestione pubblica del bene
che costituisce un sito di straordinaria importanza
storico-archeologico-monumentale di interesse nazionale, fondamentale memoria
storica per i cittadini del litorale nord di Roma e soprattutto del Comune di
Santa Marinella. Il solo indice del progetto ne descrive le caratteristiche: 1.
Il Castello di Santa Severa: un bene pubblico da difendere e valorizzare 2. La
proposta per una gestione comunale di un bene inalienabile 3. La valorizzazione
della Castello: il complesso Rocca-Torre Saracena 4. Il Centro Congressi 5. La
Foresteria 6. Il Punto di ristoro 7. I parcheggi antistanti il castello. 8. Il
Castello di Santa Severa e la Riserva Regionale di Macchiatonda; un’unica
risorsa archeologico-naturalistica per lo sviluppo del litorale 9. Il Castello
di Santa Severa centro del Sistema di valorizzazione dei beni culturali e
naturalistici “Cerite-Tolfetano-Braccianese”. Le considerazioni finali chiudono
la proposta progettuale auspicando che vengano impedite possibili speculazioni
o “privatizzazioni di fatto” di un bene che appartiene a tutti e per tutti deve
restare fruibile per i cittadini come luogo “di cultura e per la cultura”.
Nessun “albergo di lusso” o altri usi impropri devono deturpare il monumento e
la sua storia. Enei è convinto che: “A
fronte di quanto successo in Italia negli ultimi decenni con la svendita del
patrimonio di valore storico-artistico, i condoni ambientali, l’assalto
edilizio al territorio o i tagli alle risorse destinate alle politiche
culturali si rende ora necessaria più che mai una forte e coraggiosa reazione a
queste logiche miopi, dannose, prive di valori e destinate all’insuccesso che
hanno caratterizzato il passato”. Nel progetto si spera che “Il recupero del
Castello fornisca l’occasione per mettere mano ad una vera e propria riscoperta
delle bellezze del nostro territorio per porre le politiche culturali e
turistiche finalmente al centro dei processi di sviluppo e crescita di Santa
Marinella e del litorale nord di Roma. Investire sulla tutela e valorizzazione
dei beni e delle attività culturali, del paesaggio e della qualità della vita e
dei prodotti tipici risulta fondamentale per rilanciare con il turismo una
delle principali vocazioni del nostro territorio. Valorizzare questo insieme
straordinario di beni culturali ed ambientali incentrato sul Castello di Santa
Severa, dalla bellezza del paesaggio, alle tradizioni, all’ingegno, alla
creatività può dare al nostro comprensorio una marcia in più. Può garantire la
tutela e la manutenzione del bene, il restauro e la restituzione al godimento
pubblico, la riqualificazione del sito, la sostenibilità ambientale e culturale
dell’intero processo di sviluppo”. E ancora: “Si ritiene che proprio in un
momento di crisi forte come quello che si sta attraversando sia fondamentale
investire parte delle disponibilità economiche in quelli che possono essere gli
unici veri settori puliti e trainanti dell’economia dell’Italia del futuro: i
Beni Culturali e i Beni Naturalistici. Quando la crisi sarà passata chi avrà
investito nello sviluppo della cultura, della formazione e della ricerca, nel
turismo di qualità avrà di certo una marcia in più rispetto agli altri”.
Il progetto è scaricabile in anteprima sul
sito www.gatc.it.
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martedì 22 gennaio 2013
Aurhelio - Attività Anno 2012
Il Centro Studi Aurhelio è una associazione culturale che si propone come granaio spirituale, in servizio permanente ed effettivo, sul litorale a nord di Roma. L’associazione è presente sul territorio con una sua sede a Santa Marinella, in via Aurelia 571 A, aperta sei giorni su sette e in rete con un proprio blog all’indirizzo aurhelio.blogspot.it.
Sin dalla sua fondazione, nel 2009, il Centro Studi Aurhelio si è
adoperato costantemente per la promozione e diffusione della cultura tradizionale
mediante la costituzione al suo interno di una propria biblioteca e videoteca che
oggi è a disposizione della cittadinanza e al tempo stesso, ha organizzato
cineforum, presentazioni di libri e diverse conferenze, abbordando anche temi
come quello del disagio giovanile e la resistenza del Tibet, riuscendo ad avvalersi della partecipazione
di prestigiosi figure accademiche tra cui il Professor Mario
Polia. L’associazione, in quanto centro studi, offre
attraverso il suo blog recensioni, articoli, riflessioni e commenti relativi
alla dottrina tradizionale, libri, eventi
organizzati nel comprensorio e riguardo alle altre sue attività.
Tra quest’ultime, occorre menzionare la partecipazione del Centro
Studi Aurhelio in qualità di membro, al “Comitato per la difesa del Castello di
Santa Severa”, la collaborazione con la “Laogai research fundation Italia”, su
temi relativi alla geopolitica ed infine con il Centro Studi Raido. Non meno importante,
inoltre, è l’impegno che Aurhelio depone nella promozione e valorizzazione
delle ricchezze archeologiche del territorio attraverso la creazione e
diffusione di poster e magliette raffiguranti i siti di Castrum Novum e del
Santuario di Pyrgi come del Castello di Santa Severa.
L’associazione è al contempo impegnata nella diffusione di libri
concernenti la cultura tradizionale attraverso i suoi soci e tramite rapporti
di collaborazione con varie librerie del territorio. Al suo interno Aurhelio, oltre ai momenti di
studio, ha dato vita ad un laboratorio creativo per la realizzazione di
attività artistiche. Quest’ultime sono indirizzate a valorizzare le energie
inespresse dai giovani, le eccellenze del territorio e la traduzione in oggetti
concreti, le idee che sono alla base della sua attività. In questo modo
l’associazione, oltre che con i contributi dei suoi soci, riesce ad sostenersi
con le sue stesse energie. Altro appuntamento consueto del Centro Studi
Aurhelio è il sostegno ai progetti estivi della Casa Famiglia “Harlock”. Nel
2012, come l’anno precedente per il terremoto che ha colpito L’Aquila, il
Centro Studi si è distinto per l’attività di raccolta di beni di prima
necessità per le popolazioni dell’Emilia colpite dal terremoto, in
collaborazione con la Protezione Civile di Santa Marinella.
L’attività dell’associazione si è avvalso di una costante presenza sui
media locali, sia cartacei che sul web, in particolare modo sui quotidiani: La
Voce, Il Messaggero, L’Opinione, La Provincia.
Cronologia degli eventi realizzati
dal Centro Studi Aurhelio per l’anno 2012:
21 Dicembre: Anniversario di fondazione dell’associazione
“Centro Studi Aurhelio”.
18 Dicembre: Organizzazione del gruppo di studio “Solstizio
d’Inverno”.
15 Dicembre: Promozione e partecipazione alla conferenza “La
grotta di Platone” tenuta da Mario Polia
presso il Centro Studi Raido, a Roma.
14 Dicembre: Promozione e partecipazione alla conferenza del
Comitato Cittadino per il Castello di S. Severa per la presentazione del “Progetto
per un uso pubblico del Castello di S. Severa per fini socio-culturali e
turistici”.
19 Novembre: Conferenza sul “Natale Indoeuropeo” con relatore
il Prof. Mario Polia, presso la sala
"Santa Maria della Provvidenza" della Chiesa di San Giuseppe a Santa
Marinella.
12 Ottobre: Conferenza di presentazione delle attività del Comitato
per il Castello e il lavoro che questo sta portando avanti. Presso la sala
"Santa Maria della Provvidenza" della Chiesa di San Giuseppe,
organizzata dal Centro Studi Aurhelio.
30 Settembre: Incontro
organizzato con Don Giorgio Picu presso la chiesetta del porto di
Civitavecchia, per la sua valorizzazione e salvaguardia.
8 Luglio: Apertura del fondo librario “Niglio - Farinacci”.
Donazione alla biblioteca del Centro Studi Aurhelio, da parte dell’Avvocato Mario
Niglio, di numerosi testi relativi alla cultura tradizionale.
11 Giugno: Organizzazione, in collaborazione con la
Protezione Civile e in concomitanza con il Consiglio comunale
aperto sul Castello di Santa Severa,
di una raccolta
di beni di prima necessità per i
terremotati dell’Emilia.
2 Giugno: Organizzazione, in collaborazione con la
Protezione Civile, di una raccolta di beni di prima
necessità per i terremotati dell’Emilia.
29 Maggio: Organizzazione presso la sede del Centro Studi
della proiezione del film "The Eagle".
27 Maggio: Partecipazione all’evento “Facciamo la festa al
Castello prima che gliela facciano gli altri!” organizzata dal “Comitato per il
Castello”. Presenza con banchetto di promozione delle attività
dell’associazione.
17 Maggio: Incontro con il Dott. Cesare Foschi dal titolo
"Migrazioni: attualità e scenari per il XXI secolo”.
21 Aprile: Incontro conviviale sul Natale di Roma in
collaborazione con il Centro Studi Raido.
17-18-19 Marzo: Partecipazione e allestimento presso l’area
eventi, in occasione della festa del Santo Patrono di Santa Marinella, di un
banchetto di promozione delle attività dell’associazione.
25 Gennaio:
Appuntamento di formazione dottrinaria con il prof. Mario Polia dal titolo “Il dovere dell'azione. La
condotta tradizionale nel mondo moderno”.
21-22 Gennaio: Organizzazione, in collaborazione con il Centro
Studi Raido, di un gruppo di studio sul saggio di René Guénon “La Metafisica Orientale”.
Centro Studi Aurhelio, Via Aurelia 517 A – 00058 Santa Marinella
+39 0766 511781 -
cst.aurhelio@gmail.com - aurhelio.blogspot.it
lunedì 14 gennaio 2013
Nel nome di Yukio Mishima
Documenti per il Fronte della Tradizione - Fascicolo n. 20
di F. Goglio.
In appendice "Una sfida al nostro tempo" un saggio di M.M. Merlino
€4.00 - 32 pp.
Molti considerano Yukio Mishima un fine letterato, un artista geniale che ha saputo elevare la trasgressione a valore di vita, costoro soffermano la propria attenzione solamente sulla sua vasta produzione letteraria e su alcuni aspetti secondari della sua vita personale. Questa visione riduttiva, in realtà, nuoce alla figura del pensatore giapponese, perché è giusto annoverare Yukio Mishima tra gli scrittori che in questo secolo hanno saputo interpretare e risvegliare la forza dello Spirito.
La sua esperienza, che si trova riflessa nelle sue opere, è un chiaro riferimento ai valori della Tradizione, una scelta di che ha il suo fondamento nelle piccole conquiste quotidiane e nei sacrifici totali. Così da giovane, esasperato per i numerosi complessi fisici e psicologici, è riuscito grazie ad una severa disciplina, a trovare il giusto equilibrio tra corpo e intelletto, reagendo con una eccezionale volontà agli ostacoli che il destino gli ha posto dinanzi. Per questo motivo Mishima rappresenta l'uomo della disciplina e dello stile, un uomo che ha saputo tenere desta la tensione interiore, vivendo la sua scelta guerriera come atto d'amore teso ad un continuo miglioramento e al superamento dell'individualità.
Quest'opera di rinnovamento interiore non è avvenuta a chiacchiere, bensì plasmando la realtà con sacrificio, tenacia e purezza; e per realizzare questo ideale non ha esitato a sacrificare la vita terrena, in cambio dell'eternità. La sua scelta pura e impersonale è ancor oggi esempio e sfida contro ogni sterile ideologismo, dove il gusto aristocratico del "pazzo morire " si scontra violentemente contro la volgarità di un'esistenza plebea. Schieratosi contro la contaminazione americana della sua patria, Mishima ha sognato il ritorno ad un'epoca eroica, ad un mondo di samurai e kamikaze, tanto da esortare i suoi connazionali a rinverdire lo spirito guerriero e il supremo amore per la Patria. Scriverà in "II pazzo morire" (ed. Sanno-Kai) "la professione del samurai è il mestiere della morte. Non ha importanza quanto sia pacifica l'epoca in cui vive, la morte è la base di ogni sua azione. Nell'istante in cui ha paura ed evita la morte, egli non è più un samurai ".
II 25 Novembre del 1970 Mishima decide di togliersi la vita come un samurai, un guerriero d'altri tempi, lo fa in modo spettacolare lanciando ancora una volta la sua sfida e il suo "scandalo ".
"Alcuni intellettuali lo ricordano come il raffinato scrittore del Giappone postbellico, noi preferiamo ricordare di lui la Tradizione, l'onore, il coraggio che si fece testimonianza di messaggio e sacrificio volontario ".
RAIDO
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domenica 13 gennaio 2013
Quando il Sole splenderà sarà ancora più luminoso ...
Il discorso di Sam - Il Signore degli Anelli, Le due Torri
Sam: "È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perchè come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte, ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest'ombra, anche l'oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà sarà ancora più luminoso, quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perchè, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so, la persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l'hanno fatto... andavano avanti, perchè loro erano aggrappati a qualcosa."
Frodo: "Noi a cosa siamo aggrappati Sam?"
Sam: "C'è del buono in questo mondo, padron Frodo... è giusto combattere per questo!"
Sam: "È come nelle grandi storie, padron Frodo, quelle che contano davvero, erano piene di oscurità e pericolo, e a volte non volevi sapere il finale, perchè come poteva esserci un finale allegro, come poteva il mondo tornare com'era dopo che erano successe tante cose brutte, ma alla fine è solo una cosa passeggera, quest'ombra, anche l'oscurità deve passare, arriverà un nuovo giorno, e quando il sole splenderà sarà ancora più luminoso, quelle erano le storie che ti restavano dentro, anche se eri troppo piccolo per capire il perchè, ma credo, padron Frodo, di capire ora, adesso so, la persone di quelle storie avevano molte occasioni di tornare indietro e non l'hanno fatto... andavano avanti, perchè loro erano aggrappati a qualcosa."
Frodo: "Noi a cosa siamo aggrappati Sam?"
Sam: "C'è del buono in questo mondo, padron Frodo... è giusto combattere per questo!"
sabato 12 gennaio 2013
mercoledì 9 gennaio 2013
Freud: la sovversione psicanalitica
Documenti per il Fronte della Tradizione - Fascicolo n. 16
di G. Fergola, a cura della comunità militante Raido
€4.00 - 36 pp.
Questo fascicolo ha lo scopo di analizzare in modo critico le principali tesi del padre della psicanalisi: Freud.
La pubblicazione di questo scritto, deriva dalla triste constatazione che. ormai l'analisi psicanalista, fuggendo dal suo eventuale e più ristretto ruolo di cura per le turbe mentali, è diventata una disciplina "necessaria " e "valida " per capire l'essenza umana. La letteratura, il cinema, la sessuologia, lo sport, sono solo una parte della più vasta contaminazione operata dall'infezione psicanalista. Psicologi, sociologi, criminologi e perfino i politici si affannano nel dare una spiegazione "cervellotica" al verificarsi di qualsiasi evento.
Ma su quali principi si basa la psicoanalisi? L'elemento caratteristico è che nell'uomo tutto è mosso dai vari bassifondi del proprio essere, come complessi, impulsi irrazionali, libido, istinti animali, tutti insieme in quel calderone chiamato "súbconscio ". Quest'ultimo è il "vero " motore umano, o meglio di un uomo inesorabilmente aperto verso il basso, privo di qualsiasi possibilità superiore. Lo Spirito è sconosciuto e viene scambiato con un astratto e repressivo intelletto; l'uomo risulta così ignaro della presenza di un Centro spirituale sovrano. II superiore è dedotto dall'inferiore e quest'ultimo si ribella al primo in perfetto stile moderno. Privo della sua forza primordiale, l'uomo è in preda ai suoi complessi di inferiorità ed ai suoi isterismi. E un individuo complessato, ossessionato, fragile, che autodefinendosi non all'altezza di determinati compiti rifugge dall'azione, utilizzando se stesso come alibi, la sua debolezza come scappatoia. Questo è l'uomo di Freud, di Jung (anche quest'ultimo, come vedremo, poco si discosta dal suo maestro) e dei vari "dottori " psicanalisti, ma questo è anche l'uomo del mondo moderno. Un essere debole e malaticcio, figlio legittimo di un'età degradata.
Julius Evola in risposta a questi "dottori" propose una simpatica e sicuramente efficace soluzione: "Invece di tributare ogni rispetto agli psicanalisti, in loro si dovrebbero vedere delle persone bisognose esse stesse di un trattamento, per essere affette da una vera, più o meno acuta paranoia, la quale renderebbe assai più opportuno il loro isolamento ". A questo pensiero di Evola non possiamo che associarci.
RAIDO
sabato 5 gennaio 2013
Dante, Pietra d'Inciampo .......
Presso il Centro Studi Aurhelio ....
ALESSANDRO SCALI
Dante pietra d’inciampo
Il Cinabro, 2009, pag. 271, €20
Per
poter parlare di questo libro, occorre riportare alla luce il concetto
vero di cultura, la quale non è erudizione e non vive nel mondo ideale
della speculazione, ma è vita. Il senso profondo della cultura ci
riporta all’immagine del contadino che coltiva la terra. È dunque tutto
ciò che può servire per coltivare sé stessi e la propria anima,
manifestando così uno dei sommi valori della Roma antica: la pietas
verso se stessi; la responsabilità che si ha verso la propria perso na e
questo senso di dovere verso di sé non può che condurre l'uomo in quel
sentiero che Dante in primis ha descritto nelle sue opere: la
conoscenza.
Conoscere è vivere, consegnare, tramandare, dunque la conoscenza è tradizione e non può dividersi da essa. Dante rappresenta il prototipo umano in cui si fondono l’azione ed il pensiero.
Non si può omettere il fatto che nella Divina Commedia nulla è lasciato al caso e quando Dante scrive dei quattro modi di intendere le scritture, è il poeta stesso a dare un chiaro incitamento, a chi legge, a scavare dietro le parole, per trovare ciò che più intimamente riguarda l’uomo in generale ed ognuno di noi; sì, perché la Divina Commedia parla ad ogni uomo che ne sappia decifrare il linguaggio ed indica a ciascuno, in relazione alle proprie capacità e predi-
sposizioni, la via per la realizzazione di sé.
Dante insegna in ogni pagina qualcosa di nuovo e più si riflette e si vive il suo messaggio più ci si rende conto di come il poeta abbia aperto un vero e proprio varco verso quella philosophia perennis che è fonte di ogni conoscenza particolare, patrimonio di quella ideale tradizione primordiale che permea e dà vita a tutte le singole tradizioni.
Da "Il Borghese", Novembre 2009, Recensione di Dante pietra d'inciampo |
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Dante pietra d’inciampo
Il Cinabro, 2009, pag. 271, €20

Conoscere è vivere, consegnare, tramandare, dunque la conoscenza è tradizione e non può dividersi da essa. Dante rappresenta il prototipo umano in cui si fondono l’azione ed il pensiero.
Non si può omettere il fatto che nella Divina Commedia nulla è lasciato al caso e quando Dante scrive dei quattro modi di intendere le scritture, è il poeta stesso a dare un chiaro incitamento, a chi legge, a scavare dietro le parole, per trovare ciò che più intimamente riguarda l’uomo in generale ed ognuno di noi; sì, perché la Divina Commedia parla ad ogni uomo che ne sappia decifrare il linguaggio ed indica a ciascuno, in relazione alle proprie capacità e predi-
sposizioni, la via per la realizzazione di sé.
Dante insegna in ogni pagina qualcosa di nuovo e più si riflette e si vive il suo messaggio più ci si rende conto di come il poeta abbia aperto un vero e proprio varco verso quella philosophia perennis che è fonte di ogni conoscenza particolare, patrimonio di quella ideale tradizione primordiale che permea e dà vita a tutte le singole tradizioni.
Malgrado questa intima grandezza
spesso si assiste ad un uso elusivamente letterario o al massimo
allegorico dei suoi testi; tutto ciò che ne deriva non può andare oltre
il piano moralistico ed esteriore e tenere a distanza di sicurezza il
lettore da quel senso superiore, quello anagogico, attraverso cui la
lettura stessa porta ad una vera e propria edificazione ed innalzamento
dello Spirito. In relazione a ciò non è un caso che l’ultimo grande
santo della storia, Padre Pio da Pietralcina, abbia letto tutta di
seguito la Divina commedia in circa 36 ore senza mai distogliersi dal
soggetto: ovviamente senza mai mangiare, bere né riposarsi. Confidò alla
fine: «la testa mi scoppiava, ma mi accorsi così che si trattava di un’opera colossale».
Ponendo sé stesso come soggetto Dante pone su un piatto d’argento la via per conoscere sé stessi. Egli, distribuendo peccati e peccatori in misura giusta tra ecclesiastici e laici, lancia un messaggio: scendete nel buio della vostra anima, passate oltre le piccolezze e riscopritevi angeli e santi, figli di Dio.
Egli richiama all’onestà, al coraggio, all’umiltà, alla tenacia, alla fede ed in definitiva, all’assunzione dello stato interiore del guerriero il quale non si risolve nel brutale scontro fisico ma coinvolge una visione del mondo, sintesi del continuo sforzo di perseguire la virtù attraverso l'obbedienza a ciò che si sente giusto, all'etica. L'invito di Dante è quello di indossare l'abito della virtù. Questo il messaggio universale dell'Alighieri che così facendo non solo assume il ruolo di Vate, Evangelista, Poeta e Guerriero ma si rivolge ad ogni singolo uomo rilegando le sue parole a quella dimensione eterna a cui l'uomo, pronto al sacrificio, può sempre attingere.
Quanto detto è magistralmente sintetizzato nel titolo dell’opera di Dante e riassumibile nelle parole di Guido De Giorgio, uomo che fece del suo pensiero uno stile di vita: «Non si può vivere per vivere - materialismo - né vivere per pensare - idealismo - né vivere per sentire - estetismo - né vivere per agire - meccanismo -: la vita ha un senso soltanto se essa è una commedia, una commedia sacra, se essa cioè, è calcata su un sistema rituale il cui riferimento s’innalzi sempre a una sfera superumana, e questa sfera è la Contemplazione, l’Unità Tradizionale, la Scienza Sacra».
Legato a ciò ancora il De Giorgio aiuta a dare un’idea circa l’importanza di Dante nel panorama culturale occidentale: «Con Dante s’è chiusa la primavera dell’Europa che con la Rinascenza, la Riforma, la Rivoluzione è precipitata in braccio alla demenza, all’atrocissima demenza dei vecchi bimbi in delirio. Dante è l’ultimo vate, l’ultimo poeta che ha cercato di integrare due mondi, di far combaciare due sfere, di redimere un’epoca di transizione e di preparazione in trasparenza di simbolo e in sostanzialità di vita».
Il testo del professore Scali mette in risalto alcuni aspetti fondamentali della formazione di Dante come l’influenza della cultura araba sull’autore.
In questi tempi in cui si sente spesso parlare di dialogo interreligioso, Dante è il chiaro esempio di come soltanto chi ha un bagaglio culturale alle spalle ed è sicuro della propria identità può avere un dialogo costruttivo con un’altra cultura; soltanto chi può offrire qualcosa di vissuto può dialogare perché il confronto porti ad una superiore sintesi che esalti i singoli aspetti presi da entrambe le parti per dar vita a qualcosa di simile ad una macedonia, in cui il sapore di ogni singolo frutto si distingue ed è esaltato dalla vicinanza con gli altri.
Al contrario, oggi si assiste ad un vero e proprio frullato di culture e tradizioni da cui non può nascere nulla di diverso da un gusto uniforme e piatto, il popolo di consumatori occidentali che affama i restanti 2/3 di mondo.
Nello specifico il prof. Scali, con una ricca documentazione denuncia l’ascendenza del sufi islamico Abu Bakr Muhammad ibn-al-Arabi del modello utilizzato dalla Commedia.
Nell’opera del maestro orientale, nato cent’anni prima del poeta fiorentino, «si narra il viaggio, sotto la guida di Gabriele, di due sufi, uno razionalista e l’altro mistico, nei tre regni oltremondani strutturati, in senso architettonico, su princìpi geometrici e, in senso gerarchico su princìpi morali e filosofico-religiosi, in forza dei quali un rigoroso contrappasso regola il rapporto peccato pena».
Se ciò non bastasse a convincere dell’esistenza del legame tra le due opere è sufficiente osservare l’aderenza dei due sistemi grafici di inferno, purgatorio e paradiso - riportati nel libro di Scali - per eliminare ogni dubbio.
Il testo passa poi in rassegna i legami di Dante con l’ordine templare e la sua dottrina dell’impero che ristabilisce i giusti rapporti con il papato - evidenziandone la comune discendenza divina - e ponendo in luce la funzione sacra che all’Impero compete in qualità di vicario di Cristo Re.
Ripercorrendo le tappe fondamentali della passione, parallelamente alla critica dei versi, il prof. Scali evidenzia quella legittimazione storica di Roma e dei suoi discendenti che nella commedia si riassume nelle parole di Beatrice quando afferma «…sarai meco sanza fine cive/ di quella Roma onde Cristo è romano».
Tutta l’opera è sostenuta da prove e dallo studio meticoloso dei versi danteschi e proprio questa serietà conferisce una validità che va ben oltre le singole analisi e che fa del libro un faro guida per lo studio della Divina Commedia alla luce della filosophia perennis.
Un viaggio affascinante nella dimensione dello spirito ed un manuale da cui apprendere il metodo giusto attraverso cui poter scoprire ciò che Dante ha ancora da sussurrare all’orecchio di ognuno di noi.
Ponendo sé stesso come soggetto Dante pone su un piatto d’argento la via per conoscere sé stessi. Egli, distribuendo peccati e peccatori in misura giusta tra ecclesiastici e laici, lancia un messaggio: scendete nel buio della vostra anima, passate oltre le piccolezze e riscopritevi angeli e santi, figli di Dio.
Egli richiama all’onestà, al coraggio, all’umiltà, alla tenacia, alla fede ed in definitiva, all’assunzione dello stato interiore del guerriero il quale non si risolve nel brutale scontro fisico ma coinvolge una visione del mondo, sintesi del continuo sforzo di perseguire la virtù attraverso l'obbedienza a ciò che si sente giusto, all'etica. L'invito di Dante è quello di indossare l'abito della virtù. Questo il messaggio universale dell'Alighieri che così facendo non solo assume il ruolo di Vate, Evangelista, Poeta e Guerriero ma si rivolge ad ogni singolo uomo rilegando le sue parole a quella dimensione eterna a cui l'uomo, pronto al sacrificio, può sempre attingere.
Quanto detto è magistralmente sintetizzato nel titolo dell’opera di Dante e riassumibile nelle parole di Guido De Giorgio, uomo che fece del suo pensiero uno stile di vita: «Non si può vivere per vivere - materialismo - né vivere per pensare - idealismo - né vivere per sentire - estetismo - né vivere per agire - meccanismo -: la vita ha un senso soltanto se essa è una commedia, una commedia sacra, se essa cioè, è calcata su un sistema rituale il cui riferimento s’innalzi sempre a una sfera superumana, e questa sfera è la Contemplazione, l’Unità Tradizionale, la Scienza Sacra».
Legato a ciò ancora il De Giorgio aiuta a dare un’idea circa l’importanza di Dante nel panorama culturale occidentale: «Con Dante s’è chiusa la primavera dell’Europa che con la Rinascenza, la Riforma, la Rivoluzione è precipitata in braccio alla demenza, all’atrocissima demenza dei vecchi bimbi in delirio. Dante è l’ultimo vate, l’ultimo poeta che ha cercato di integrare due mondi, di far combaciare due sfere, di redimere un’epoca di transizione e di preparazione in trasparenza di simbolo e in sostanzialità di vita».
Il testo del professore Scali mette in risalto alcuni aspetti fondamentali della formazione di Dante come l’influenza della cultura araba sull’autore.
In questi tempi in cui si sente spesso parlare di dialogo interreligioso, Dante è il chiaro esempio di come soltanto chi ha un bagaglio culturale alle spalle ed è sicuro della propria identità può avere un dialogo costruttivo con un’altra cultura; soltanto chi può offrire qualcosa di vissuto può dialogare perché il confronto porti ad una superiore sintesi che esalti i singoli aspetti presi da entrambe le parti per dar vita a qualcosa di simile ad una macedonia, in cui il sapore di ogni singolo frutto si distingue ed è esaltato dalla vicinanza con gli altri.
Al contrario, oggi si assiste ad un vero e proprio frullato di culture e tradizioni da cui non può nascere nulla di diverso da un gusto uniforme e piatto, il popolo di consumatori occidentali che affama i restanti 2/3 di mondo.
Nello specifico il prof. Scali, con una ricca documentazione denuncia l’ascendenza del sufi islamico Abu Bakr Muhammad ibn-al-Arabi del modello utilizzato dalla Commedia.
Nell’opera del maestro orientale, nato cent’anni prima del poeta fiorentino, «si narra il viaggio, sotto la guida di Gabriele, di due sufi, uno razionalista e l’altro mistico, nei tre regni oltremondani strutturati, in senso architettonico, su princìpi geometrici e, in senso gerarchico su princìpi morali e filosofico-religiosi, in forza dei quali un rigoroso contrappasso regola il rapporto peccato pena».
Se ciò non bastasse a convincere dell’esistenza del legame tra le due opere è sufficiente osservare l’aderenza dei due sistemi grafici di inferno, purgatorio e paradiso - riportati nel libro di Scali - per eliminare ogni dubbio.
Il testo passa poi in rassegna i legami di Dante con l’ordine templare e la sua dottrina dell’impero che ristabilisce i giusti rapporti con il papato - evidenziandone la comune discendenza divina - e ponendo in luce la funzione sacra che all’Impero compete in qualità di vicario di Cristo Re.
Ripercorrendo le tappe fondamentali della passione, parallelamente alla critica dei versi, il prof. Scali evidenzia quella legittimazione storica di Roma e dei suoi discendenti che nella commedia si riassume nelle parole di Beatrice quando afferma «…sarai meco sanza fine cive/ di quella Roma onde Cristo è romano».
Tutta l’opera è sostenuta da prove e dallo studio meticoloso dei versi danteschi e proprio questa serietà conferisce una validità che va ben oltre le singole analisi e che fa del libro un faro guida per lo studio della Divina Commedia alla luce della filosophia perennis.
Un viaggio affascinante nella dimensione dello spirito ed un manuale da cui apprendere il metodo giusto attraverso cui poter scoprire ciò che Dante ha ancora da sussurrare all’orecchio di ognuno di noi.
Alessandro Ricci
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